Il villaggio operaio di Villar Perosa appare inconfondibile, per tipologia la struttura, a chi percorre la SS n° 23 del Sestriere proveniente da Pinerolo, quando, attraversato quasi completamente l’abitato, trova alla sua sinistra lo stabilimento S.K.F. e alla sua destra le file di case per operai ed impiegati. Nell’insediamento di Villar Perosa è possibile rilevare, pure se a scala inferiore, la presenza di alcune costanti progettuali essenziali , ritrovabili già nelle prime esperienze europee, e soprattutto francesi, che diventarono, a metà ‘800, modelli da seguire: contiguità della fabbrica al fiume, per energia motrice ed eventuali trasporti fluviali, raccordo ferroviario o con le principali vie di trasporto merci, direzione degli assi principali del villaggio verso la fabbrica, delimitazione regolare del villaggio, servizi integrati, strade di transito di buon livello[1]. A Villar Perosa la localizzazione fisica ottimale della fabbrica è stata principalmente determinata da un lato, dall’esigenza della fruizione ortogonale della via d’acqua (il canale derivato dal torrente Chisone) occorrente per la disposizione dei reparti di lavorazione, dall’altro dalla necessità di vicinanza alle vie di comunicazione (la strada statale e la linea tramviaria); di fronte ad essa sorgono le case, disposte in modo regolare con la sequenza orto-giardino-abitazione, e gli edifici di servizio. Il villaggio operaio non è stato progettato tutto insieme nello stesso momento. Per prime, e in contemporanea alla costruzione dello stabilimento, vennero costruite le case operaie a “casermone” a lato della fabbrica, lungo la strada Nazionale; insieme ad una palazzina quadrifamigliare per i dirigenti, e agli alloggi per impiegati ai piani superiori dell’ingresso della fabbrica; tutti edifici ora abbattuti. Venne ripercorso in questo modo ciò che si era già verificato in altri casi,[2] e Villar Perosa crebbe come la stessa Riv, con l’aggiunta successiva di costruzioni in base alle esigenze che man mano affioravano[3].
Mi ricordo quegli anni: hanno fatto l’officina, le case operaie e il Municipio nello stesso periodo. Hanno cominciato a costruire nel 1905, ma la produzione iniziò nel 1907[4].
Fig IV. 18. Cartolina datata 1913, si vedono il convitto, la fabbrica, le case operaie a “casermone” e la palazzina per i dirigenti.
Lo sviluppo della fabbrica fu immediato. Gli operai provenivano dai paesi vicini e, ad inizio secolo, molti di loro erano accolti in pensione dai cittadini villaresi:
Un altro ricordo di quegli anni della mia infanzia sono i numerosi pensionanti in casa mia, tutti provenienti dall’ alta val Chisone. Dormivano in tre o quattro per camera su delle brande con pagliericci di foglia di granoturco. Mia madre era l’organizzatrice di questi operai che lavoravano alla Riv[5].
Si legge in un catalogo Riv di quegli anni che le iniziali:
case operaie e case per impiegati, permettono inoltre di mantenere assicurata una mano d’opera di primo ordine sul posto, di modo che lo stabilimento è assicurano da tutte quelle crisi che, nelle grandi città travagliano la produzione regolare di un’industria[6].
Nel 1911 le Officine di Villar Perosa iniziarono la produzione delle sfere, per cui la manodopera crebbe ulteriormente e si rese necessaria la costruzione di nuove abitazioni e pian piano dei servizi, per arrivare alla creazione di un vero e proprio villaggio. I successivi due gruppi di villette, chiamati entrambi impropriamente “villaggi”, sono stati entrambi voluti da Giovanni Agnelli. Nati in momenti diversi, sono ubicati di fronte allo stabilimento Riv; il villaggio operaio “Giovanni Agnelli” viene edificato su di un lotto di terreno irregolare, di proprietà Agnelli[7], ritagliato lungo la s.s. n. 23 di fronte all’ingresso principale dello stabilimento; a fianco vennero di seguito costruiti il villaggio per impiegati “Edoardo Agnelli” e la serie di edifici sociali tutto intorno. La costruzione dell’intero villaggio, pur collocandosi verso il periodo conclusivo dell’epoca di maggior sviluppo dei villaggi operai italiani, ripropone, in una forma che è resa la più semplice e nello stesso tempo economica possibile, il modello di villaggio operaio che si era sviluppato nel secolo precedente[8]. Giovanni Agnelli, afferma M. Bernardi:
Sapeva che il livello della civiltà non sale se non si migliora il tono della vita. Che non si può attendere con serenità al lavoro se la casa è squallida, la mensa è miserabile, e se assilla l’inquietudine per la salute dei propri cari. Il suo concetto delle provvidenze sociali non era quello di un missionario o di un utopista, ma di un uomo pratico dalle vedute vaste e ardite, nemico di un conservatorismo gretto, che il piccolo calcolo irritava perché la sua intelligenza era, a lampi, di natura immaginosa, ed il suo animo volentieri si apriva ad una ragionata ma ampia generosità. Perciò niente di fastoso, di inutilmente appariscente, di vano e di retorico nell’organizzazione assistenziale della RIV; ma ordine, lindura, comodità, utilità armonizzata con la piacevolezza degli aspetti. Tutta Villar Perosa s’è improntata di questo stile cordiale, garbato e umano. Le case per gli operai e gli impiegati, nitide e graziose, si sono inserite nel paese con uno schema urbanistico esemplare. Contemplato dall’alto questo piccolo industre centro valligiano […] appare un modello di coesistenza di tutto ciò che può chiedere il civile attuarsi del lavoro moderno con la circostante natura che va rispettata nei suoi antichi significati poetici[9].
Per quanto riguarda le abitazioni il modello utilizzato è quello della villetta per due o quattro famiglie, delle forme già consolidate all’epoca nella progettazione, che quindi seguivano le tendenze di architettura correnti, e che vengono riproposte nel più piccolo contesto della valle. Una volta definita una cellula – tipo per l’abitazione famigliare, la casa a due o quattro alloggi non è altro che questa nel suo esatto ribaltamento speculare. Gli ingressi sono indipendenti, per non restare privi dell’idea dell’isolamento, ricercato perché l’operaio possa perdere la coscienza del collettivo.
Fig. IV. 19. Il villaggio operaio Giovanni Agnelli ad inizio secolo.
Alla fine del processo di crescita nell’insieme del villaggio aziendale di Villar Perosa le abitazioni si possono raggruppare in tre tipi: 1. Le case operaie propriamente dette del villaggio “Giovanni Agnelli”, a pianta pressappoco quadrata, 2 piani fuori terra, bifamigliari o a quattro alloggi; con il sottogruppo di quelle plurifamigliari a “caserma”, a pianta rettangolare, con ballatoio e latrine esterne, orto privato e lavatoio comune; 2. Le case per gli impiegati del villaggio “Edoardo Agnelli”, a due e quattro alloggi; 3. Le case per la classe impiegatizia dirigenziale, con alzati di due piani, disposte lungo Viale Agnelli, separate dai due villaggi.
Fig. IV. 20. La Riv e il villaggio “Giovanni Agnelli” alla fine degli anni ’30.
Tutti questi edifici, anche se costruiti in momenti differenti, presentano a prima vista una generale omogeneità di volumi, forme e materiali. E’ pur vero che i diversi progettisti appartenevano tutti alla cerchia di tecnici ed architetti che lavoravano spesso per la famiglia Agnelli, od erano occupati nelle sue aziende. Dagli anni ’20 un sicuro lavoro di ricongiungimento ad uno stile, per gli edifici sorti in periodi differenti, veniva compiuto dall’arch. Charbonnet, dello studio tecnico della Fiat, che supervisionava le soluzioni disegnate dai tecnici Riv[10]. La firma dell’arch. G. Chevalley appare su un disegno a carboncino del secondo ampliamento del cimitero di Villar Perosa, nel 1930, e uno dell’attuale municipio[11]. Gli altri disegni originali consultati, tranne quelli del villaggio Giovani Agnelli” dei f.lli Giay, portano infatti tutti la firma dell’ufficio tecnico Riv. L’elemento architettonico che si ripete in diversi edifici del villaggio è la patere arrotondata: agli angoli delle case per impiegati, nell’ex convitto (che è però precedente), l’ambulatorio, la palazzina per “capi”, la palazzina del direttore, e la scuola materna. L’elemento manca invece nel villaggio “Giovanni Agnelli “più antico. Il fatto che si ritrovi nel convitto, coevo del primo villaggio, fa presumere a V. Bruno[12] che Charbonnet abbia ripreso l’elemento inserito dal progettista del convitto nelle costruzioni successive per farne l’elemento distintivo “quasi a ricordare la rotondità del cuscinetto e della sfera cui in definitiva si dovevano tutte quelle realizzazioni”[13]. G. V. Avondo[14] nota come gli interventi delle officine nella costruzione del paese per lo più non risultino nei verbali del Consiglio Comunale del periodo 1915 - 1926, anno di istituzione del podestà, e l’impressione è quella di un’ordinaria amministrazione. Il rapporto tra officine, amministrazione e cittadinanza in quegli anni è invece sempre più intenso; è l’officina a dare servizi ed assistenza alla popolazione, con il Comune come tramite. Le officine forniscono anche i più piccoli aiuti: in una delibera del 6/6/1915 il consiglio nomina un comitato di 7 membri, tra i quali il sindaco Giovanni Agnelli, il parroco e l’ing. G. Vinçon (direttore delle Officine di Villar Perosa), con l’incarico di raccogliere offerte per le evenienze dipendenti dalla guerra, e mentre il comune contribuisce con “Lire 30 da prelevarsi dal Fondo spese impreviste dal Bilancio 1915”, Giovanni Agnelli personalmente dona Lire 1000[15]; nel 1918, quando si sente l’esigenza di un medico condotto solo per il paese di Villar Perosa, le officine corrispondono metà della spesa che il comune dovrà sopportare; infine nel 1922 il Consiglio Comunale non aderisce alla proposta fattagli dalla provincia di un nuovo impianto telefonico, perché già ne esiste uno presso le officine a disposizione del pubblico. La sempre maggior presenza della Riv negli affari comunali è suffragata dalla nomina, con deliberazione podestarile n. 22 del 8/3/1937 del dott. Ing. Pietro Bertolone, direttore dello stabilimento Riv di Villar Perosa, a tecnico comunale a titolo gratuito[16]. Essendo stato destituito nel 1926 il consiglio comunale, da quel momento l’amministrazione comunale viene mandata avanti direttamente presso lo stabilimento:
Si può dire che la Riv era il Comune e il Comune era la Riv, infatti io lavoravo al servizio impianti con il geometra Simondi. Lui in pratica faceva soltanto il lavoro per il Comune, era in quell’ufficio alla Riv e faceva tutto per il Comune, […] Molte cose le facevamo anche noi, per esempio gli impianti, le tubazioni dell’acqua potabile […] perché al tempo la Riv era la padrona di Villar, dava l’acqua, dava l’energia elettrica […] sindaco era Agnelli, ma chi faceva le sue veci era l’ingegnere Bertolone, direttore generale ed amministrava lui fabbrica e Comune, perché Agnelli era presente solo qualche volta […] Non si faceva un passo senza che alla Villa [Agnelli] si sapesse, anche in officina, vicino a noi c’era l’ufficio manodopera e il lunedì mattina l’incaricato mandava a chiamare qualcuno dai reparti e gli chiedeva “perché hai fatto questo a tua moglie” o cose di questo tipo, sapevano vita morte e miracoli di tutti, anche al di fuori dello stabilimento […] Non potevi fare due passi che si veniva a sapere [17].
Giovanni Agnelli era l’imprenditore e il sindaco nello stesso tempo. Il primo fece costruire case e servizi, il secondo accettava le donazioni e richiedeva interventi di manutenzione che il primo concedeva, in modo che in quegli anni era difficile capire dove finiva la Riv e cominciava l’amministrazione comunale e viceversa. Il legame tra Giovanni Agnelli e la sua terra natale fu certamente forte, tanto che, nel centenario della nascita del nonno Gianni Agnelli, nella sua qualità di sindaco di Villar Perosa, affermerà:
posso infatti dire che l’orizzonte entro cui maturarono e si mossero gli affetti, i pensieri, la volontà di Giovanni Agnelli fu sempre racchiuso fra due poli: questa valle e la sua Villar da un lato, dall’altro la Fiat e il mondo, in una costante prospettiva di fantasia e di forza creatrice. Due fatti che si svilupparono lungo l’arco della vita di Giovanni Agnelli esprimono tutto ciò: la guida, per 50 anni della amministrazione comunale e la guida della Fiat [18].
Il 3 novembre 1944 Villar Perosa subì un bombardamento che rase quasi completamente al suolo il villaggio e lo stabilimento.
Fig. IV. 21. La scuola elementare, il villaggio e l’ingresso della Riv dopo il bombardamento. Nel dopoguerra, scomparso il senatore, alcuni edifici distrutti non vennero più ricostruiti, altri, rifatti, cambiarono destinazione. Per quanto riguarda l’edilizia privata va segnalata l’edificazione delle “case Fanfani”, a Villar, Torino e Pinerolo, dove “la Riv collaborò in modo sostanziale alla realizzazione concedendo gratuitamente le aree fabbricabili, accollandosele spese di finanziamento, mettendo a disposizione la propria organizzazione tecnica e prevedendo la dotazione di impianti più completi di quelli prescritti dalle norme che regolamentavano l’edilizia economica.“[19]. Negli anni settanta le case di entrambi i villaggi sono state vendute a prezzi di favore ai privati che, generalmente, ne erano già affittuari. Per quanto riguarda gli edifici di uso collettivo. il cine-teatro e il campo sportivo sono stati venduti al Comune, l’albergo di Villar Perosa e quello di Prà Martino a privati, il corpo musicale è diventato comunale, i sanatori di Pra Catinat, ceduti alla Regione Piemonte sono diventati una struttura di soggiorno all’interno del Parco Orsiera-Rocciavrè, la scuola professionale una casa di riposo per anziani, e l’ospedale di Pinerolo è passato sotto la gestione pubblica.
[1] Si veda: MALVICINO B., PEIRANO P. E., La Bassa val di Susa industriale: 1870-1918. Lineamenti storici per l’analisi di un territorio, in: AA.VV., Patrimonio edilizio esistente - Un passato e un futuro, Atti del convegno, a cura di A. Abriani, Torino, Designers Riuniti, 1980, p. 87; Le costanti fanno riferimento ai villaggi francesi di Noisiel del 1874, la Cité ouvrière de Moulhouse del 1853, la Cité Ouvrière del Marcq et Marquette (presso Lilla); la Cité Ouvrière di Guebwiller. [2] Si veda ad esempio il villaggio di Larderello in Toscana, dove gli edifici costruiti per primi servivano ad ospitare i soli tecnici stranieri, fonte: GUIOTTO L., La fabbrica totale, Milano, Feltrinelli, 1979. [3] Questo riconoscimento finale di un perfetto villaggio aziendale solo alla fine del processo di ampliamento, in analogia con la crescita seguita, fino a fine ‘700, dalla tipologia edilizia della fabbrica in cui il disegno edilizio iniziale era immediatamente superato da una continua serie di adeguamenti funzionali. A proposito si veda: PALMUCCI L., Gli insediamenti protoindustriali in Piemonte tra 6 e 700. Aspetti di localizzazione e scelte tipologiche, “Storia urbana”, n. 20, Milano, 1982. [4] Dall’intervista ad E. Ribetto, in: “Notiziario RIV_SKF”, n. 72/81, p. 23. Per primo venne costruito, e fu attivo, il municipio, comprendente scuole elementari ed ufficio postale. [5] Dall’intervista a B.A. Gay, classe 1912, in: PITON U.F., Voucasioun, metìe e proufesioun de ma gent - Biografie di uomini e donne delle nostre valli, collana Ma Gent n. 8, Perosa Argentina, GBF Grafica Valchisone editrice, 1995, p. 83. [6] Officine di Villar Perosa - Villar Perosa (Pinerolo), Milano, ed. officina Bertieri e Vanzetti, [catalogo di cuscinetti Riv, s. a., ma 1914]. [7] Si veda: Archivio Storico di Torino, sezioni riunite, Catasto Rabbini, Libro figurato, 1867; il lotto in questione è indicato con il n. 2025. [8] Si veda: II.3.1.1. Un villaggio artificiale che sembri naturale. [9] BERNARDI M., I cinquant’anni della Riv 1906 - 1956. Storia di una valle, di un uomo, di un’industria, Milano, Tip. Pizzi, 1956, p. 109. [10] Si veda: AVONDO G. V., BRUNO V., TIBALDO L., RIV storia dello stabilimento di Villar Perosa, Pinerolo, Alzani, 1999, p. 234. [11] Tra le costruzioni edilizie eseguite da G. Chevalley ci sono per lo più ampliamenti e decorazioni interne di palazzine, ville e castelli per conto di nobili piemontesi e un certo numero di cappelle funerarie. Tra questi: 1930 - progetto per la casa in via don Minzoni a Torino degli ingg. Fratelli Giay (i progettisti del villaggio operaio “Giovanni Agnelli”); 1918 –‘19 - palazzina del sen. Agnelli a Torino in via Giacosa; 1920 e 1928 - ampliamento e decorazione dell’edificio in corso Matteotti per Edoardo Agnelli; 1931 - sistemazione uffici S.A. Officine di Villar Perosa sede di Torino; 1932 - albergo Principi di Piemonte al Sestriere; 1936 - altare e decorazioni della cappella S. Edoardo a Sestriere; 1945 - 1947 - ricostruzione e restauro di Villa Agnelli a Villar Perosa per i danni della guerra. Si veda: AA.VV., Giovanni Chevalley architetto, edito a cura della Società degli Ingegneri ed Architetti in Torino, Torino, Tipografia Vincenzo Bona, 1951, pp. 45 - 48. [12] Ibidem. [13] Ibidem. [14] AVONDO G. V., BRUNO V., TIBALDO L., RIV storia dello stabilimento di Villar Perosa, Pinerolo, Alzani, 1999, p. 204. [15] Fonte ASCVP, faldone 70, Deliberazioni del consiglio comunale. [16] Pietro Bertolone sarà ancora consigliere comunale nel dopoguerra “anzi, possiamo dire che il vero sindaco, almeno fino agli anni ’60, fu lui, perché se Agnelli nonno interveniva direttamente anche con finanziamenti nelle faccende comunali, il nipote lo faceva attraverso la Riv, facendo disperare Bertolone”; AVONDO G. V., BRUNO V., TIBALDO L., RIV storia dello stabilimento di Villar Perosa, Pinerolo, Alzani, 1999, p. 218. [17] Intervista a Giulio Bessone, citata in: AVONDO G. V., BRUNO V., TIBALDO L., RIV storia dello stabilimento di Villar Perosa, Pinerolo, Alzani, 1999, pp. 212 - 231. [18] “Con una corsa d’auto d’epoca e un concorso ippico Villar Perosa ha ricordato la nascita di Giovanni Agnelli”, L’Eco del Chisone”, n. 39, Pinerolo, 6 ottobre 1966. [19] AVONDO G. V.,BRUNO V., TIBALDO L., RIV storia dello stabilimento di Villar Perosa, Pinerolo, Alzani, 1999, p. 235.
Il villaggio operaio “Giovanni Agnelli”
Il villaggio operaio “Giovanni Agnelli” nasce a partire dal 1915 di fronte allo stabilimento Riv in quanto le prime case operaie, sorte a valle dello stabilimento ed ora abbattute, non sono sufficienti alla ricezione delle maestranze che vanno costantemente crescendo: da 180 operai dell’inizio, si arriva a 898 nel 1915. “Le casette vennero costruite dall’impresa Ing. Emilio Giay e costarono in media […] ben 11.000 lire cadauna”[1]. Il villaggio ha una struttura a ventaglio che si apre di fronte all’ingresso principale della fabbrica, ed è delimitato da via Trasversale (unico toponimo rimasto) e via della Circonvallazione (ora via S. Aniceto). L’insediamento è allineato secondo due assi fra loro ortogonali. Il primo è costituito dalla strada centrale interna del villaggio, che va dalla fabbrica alla chiesa, su cui si affacciano le case operaie, e che è posto come ideale prolungamento dell’ingresso principale della Riv. Questa strada è ortogonale alla strada statale, che costituisce il secondo asse, sulla quale insistono, da un lato i due villaggi, operai ed impiegati, e gli edifici dei servizi, dall’altro la fabbrica, con la più antica palazzina dei capi e le vecchie case operaie a “caserma”.
Fig. IV. 22. Uscita degli operai dalla Riv, a sinistra le vecchie case operaie a“caserma” (anni ’20).
Il villaggio “Giovanni Agnelli” è costituito da sei unità abitative quadrifamigliari e da diciotto unità bifamigliari con accesso da cinque vie chiamate via Centrale (ora via Verdi) in linea con la rotonda di ingresso dello stabilimento, via Prima e Seconda destra (ora rispettivamente via Rossini e via Puccini) e via Prima e Seconda sinistra (ora rispettivamente via Bellini e via Mascagni). La rete viaria suddivide così l’area in cinque lotti: il primo, che fa da base al ventaglio, ospita ai lati due unità abitative quadrifamigliari e in mezzo Piazza della Pace con il munumento all’Alpino. Gli altri quattro lotti formanti il ventaglio sono speculari alla via centrale, e hanno sui due lati della via due lotti, il più esterno con due unità abitative quadrifamigliari e una bifamigliare, e il più interno con otto unità abitative bifamigliari. Il villaggio dunque è in grado di ospitare sessanta famiglie, raggruppate in diciotto blocchi bifamigliari e sei quadrifamigliari.
Fig. IV. 23. Veduta odierna del villaggio operaio.
Tutte le palazzine, costituite da un piano rialzato più mansarda e dotate di un giardinetto antistante, si rifanno a modelli già noti e pubblicizzati dai manuali del periodo. Il modello proposto, economico ed igienico, è tuttavia tra i più semplici possibili di casa operaia. Essa dispone inoltre di una piccola cantina e di un lavatoio sul retro. Per l’Amoruso:
In generale le case per operai si compongono di un ammezzato e dei piani superiori. Si presceglie questa disposizione per non tenere al livello stradale il pavimento delle camere e d i più, se esistono le cantine, per poter praticare delle luci per illuminare e ventilare gli ambienti sotto terra[2].
Al piano terra un piccolo ingresso immette direttamente alla cucina e alla scala per il piano superiore[3], mansardato, dove sono ricavate due stanzette. Anche nel caso di questo villaggio, come in altri, si nota che “le dimensioni della cucina, vero esempio sintetico nella casa popolare operaia, […] si presentano decisamente ampie, in considerazione delle dimensioni massime occorrenti qualora esplicasse unicamente una funzione di servizio domestico”[4]. Questo perché la funzione della cucina è anche quella di servire in qualche modo al riscaldamento della casa, e quindi “deve essere situata in punto centrale, e di conseguenza il camino deve passare per il muro divisorio e non nei muri esterni”[5].
Fig. IV. 24. Villaggio “Giovanni Agnelli”: piante di casetta Tipo D.
I tipi di casetta per due e quattro famiglie vennero pubblicate nel manuale Hoepli Fabbricati civili di abitazione dell’ing. C. Levi:
Il tipo ideale di abitazione popolare è quello di una sola casetta contenente i locali per una sola famiglia, separata da consimili casette contigue e dalla strada per mezzo di un recinto ad uso di orto e giardino; tali abitazioni possono essere costruite dagli industriali che mirino al maggior interesse dei loro operai, quando il terreno attiguo alle fabbriche sia stato ottenuto a mite prezzo, e la mano d’opera sia poco costosa, ma per evidenti ragioni economiche esse non sono in generale adottabili per le abitazioni popolari cittadine. Più economiche risultano, sia dal lato dell’area che delle strutture costruttive, le case doppie, cioè formate di due casette accoppiate aventi preferibilmente ciascuna l’entrata e la scala indipendenti; esse sono soddisfacenti pel riguardo igienico, avendo ogni abitazione luce e aria da tre lati. Se le case doppie hanno pianterreno e primo piano sufficientemente ampi per comprendere ciascuno due alloggi, si ha un tipo di casa per quattro famiglie, il quale presenta il solo inconveniente che gli appartamentini superiori non possono essere, come quelli inferiori, in diretta comunicazione col giardino. E’ bene che l’orientamento delle casette a quattro alloggi sia diagonale rispetto ai punti cardinali, per evitare il grave inconveniente di una cattiva esposizione per due degli alloggi. A dare buoni esempi di casette economiche rispondenti ai tipi sovra indicati, servono le […] casette (progetto e costruzioni fratelli ing. Giay, Torino) [che] costituiscono un villaggio operaio nel territorio di Villar Perosa (Pinerolo); esse sono attualmente in numero di 24, di cui 18 a 2 alloggi e 6 a 4 alloggi. Le singole casette, […], hanno un proprio giardinetto circondato da cancellata su zoccolo in muratura; ogni alloggio ha la sua cantina indipendente nel sotterraneo; la muratura è di mattoni a cassa vuota; gli orizzontamenti (i solai) sono tutti in cemento armato; il coperto in corrispondenza delle camere centrali è soffittato con rete metallica intonacata. Dai detti disegni appare come, grazie alla linea opportunamente movimentata dei muri perimetrali e dalla conseguente particolare disposizione delle falde del tetto, non solo si sia ottenuta una comoda e conveniente distribuzione degli alloggi ma siasi raggiunta con semplicissimi mezzi una certa leggiadria di aspetto, che non hanno le monotone casette a forma parallelepipeda[6].
Fig. IV. 25. Le case a due e quattro alloggi (tipi D e Q) del villaggio “Giovanni Agnelli”pubblicate nel manuale del Levi, 1917.
Di seguito il Levi ricorda come questo tipo di soluzione non possa essere utilizzato nelle grandi città, e indica la soluzione delle casette a schiera, nei quali più alloggi sono ordinati gli uni accanto agli altri, in modo tale da costituire come tante casine accoppiate, ma distinte[7].
Questo tipo di soluzione deve essere stata pensata anche per Villar Perosa: nell’archivio dei f.lli Giay sono infatti conservate due planimetrie del 1917 dove, nella prima compare un quartiere di “casette – giardino” a schiera per un totale di 140 alloggi; nel secondo un gruppo di fabbricati a 3 – 4 piani comprendente un “totale di 400 alloggi a due, a tre e a quattro camere per un totale complessivo di 1000 camere”[8]. Successivamente, ancora negli anni ’30 si pensò ad un ampliamento sul lato destro del villaggio[9] che non fu mai realizzato.
Il villaggio per impiegati “Edoardo Agnelli”
Il villaggio per impiegati “Edoardo Agnelli” è più recente, essendo stato costruito verso la fine degli anni ‘30, in un lotto adiacente al villaggio operaio più antico, sfruttando l’opportunità fornita da alcune leggi del periodo[10]. La struttura del villaggio è di forma triangolare, e corrisponde a due triangoli isosceli affiancati, con il lato più lungo parallelo alla strada statale. Nel primo, parallelo alla strada statale, si trovano sette edifici, nel secondo solo quattro perché la restante parte dell’appezzamento è occupata dal convitto. Le undici villette sono disposte intorno alla piazzetta centrale ottogonale: piazza Edoardo Agnelli, ed insistono su lotti allungati, corrispondenti alla divisione simmetrica delle case e dei giardini relativi.
Fig. IV. 26. Villaggio “Edoardo Agnelli”: progetto di casetta a 4 alloggi, 1940.
Nella domanda di permesso di costruzione delle undici casette, fatta al podestà Giovanni Agnelli, l’ing. B. Beria, Amministratore Delegato della S.A. Officine Villar Perosa dichiara che:
La costruzione delle casette in oggetto avrà luogo con totale esclusione di strutture in cemento armato: che i muri saranno eseguiti parte in muratura in pietrame e parte in mattoni, che gli orizzontamenti saranno a volta, le coperture con tegole piane su armatura in legname e tutte le ringhiere e parapetti pure in legno. Fa presente l’assoluta mancanza di locali disponibili per uso abitazione nel comune di Villar Perosa e d’altra parte la necessità, per molto del proprio personale, di avere abitazione nelle vicinanza dello stabilimento, specialmente in conseguenza dei turni notturni di lavorazione[11].
Il progetto in questo caso risulta interamente prodotto dall’ufficio tecnico Riv, con una tipologia abitativa che consiste in due modelli, entrambi con bagni, diversa rispetto a quella del villaggio operaio Giovanni Agnelli. Sei palazzine sono bifamigliari e costituite da piano rialzato e dal primo piano. Le altre cinque, che si affacciano sulla piazzetta, si sviluppano su due piani ma sono quadrifamigliari e presentano ai lati l’elemento arrotondato a semicerchio al quale si è accennato in precedenza. In totale ospitano dunque 32 famiglie.
Fig. IV. 27. Villaggio “Edoardo Agnelli”: progetto di casetta a 2 alloggi, 1940.
Fin dalla costruzione della fabbrica erano stati contemplati alloggi per i dirigenti, posti nella palazzina di ingresso dello stabilimento. “Ai piani superiori […] erano ricavati alloggi destinati al direttore, a due capi officina e al ragioniere. Al piano terra erano invece ospitate l’entrata, la portineria, il centralino telefonico e l’infermeria. A valle dello stabilimento, poi, immediatamente prima delle case operaie [a “caserma”], venne eretta un’altra costruzione, destinata ad ospitare gli altri capo officina”[12]. Entrambe le costruzioni non sono più visibili: l’ingresso, distrutto nel bombardamento è stato ricostruito con un corpo centrale cilindrico (la “rotonda”); la palazzina non è più stata ricostruita. Nel 1935 - ‘36 in viale Littorio (ora Viale Agnelli) dopo l’asilo infantile per chi si dirige verso il municipio, vennero costruite la villa del direttore e quella dei capi servizio, sfruttando la legge (Testo Unico 30-12-1922 n. 2318) che permetteva l’esenzione dalle imposte di costruzione per 25 anni[13]. Le palazzine, ospitano alloggi diversi come dimensione e conformazione planimetrica e distributiva, corrispondenti alle classi di merito, e in esse viene ripreso il motivo della parete semicircolare.
[1] TOSEL M., Guida di Pinerolo, Sestriere e vallate, Pinerolo, [s.e.], 1950. [2] AMORUSO M., Case e città operaie, Torino - Roma, 1903, p. 272. [3] Soluzione che era stata criticata dall’Amoruso:” Sono […] da criticarsi tutte quelle disposizioni che conducono a porre la scala all’interno delle case, e che mettono in diretta comunicazione la cucina del pian terreno con le camere da letto del piano superiore”; AMORUSO M., op. cit., p. 275. [4] MALVICINO B., PEIRANO P. E., La Bassa val di Susa industriale: 1870 - 1918. Lineamenti storici per l’analisi di un territorio, in: AA.VV., Patrimonio edilizio esistente - Un passato e un futuro, Atti del convegno, a cura di A. Abriani, Torino, Designers Riuniti, 1980, pp. 74 - 79. [5] AMORUSO M., op. cit., p. 276. [6] LEVI C., Fabbricati civili di abitazione, Milano, Hoepli, 1896 (5° edizione 1917), pp. 42 – 45. [7] Ivi, p. 45. [8] Si veda nella documentazione allegata: Archivio F.lli Giay: progetti per il villaggio operio di Villar Perosa (Torino), in particolare i progetti n. 27 – 29 – 31 e 32. [9] Si veda nei documenti allegati: Archivio dell’ufficio tecnico Riv, progetti. [10] Fra le misure che vennero adottate dopo la prima guerra mondiale per favorire la ripresa e lo sviluppo dell’attività edilizia, ci fu il Testo Unico 30-12-1922 n. 2318 che coordinava ed unificava le norme esistenti in materia di case popolari ed economiche. Per le costruzioni di iniziativa privata, vennero concesse agevolazioni fiscali varie, tra cui importantissima, l’esenzione venticinquennale totale dall’imposta fondiaria per tutti i nuovi fabbricati, che ebbe termine per le abitazioni dichiarate abitabili il 31-12-1945. Fonte: ALBERTI S., Il problema della casa in Italia sotto l’aspetto statistico ed economico, Roma, 1948. [11] Si veda: ASCVP, faldone 333, fascicolo 9, Disposizioni e documenti relativi all’industria. [12] AVONDO G. V.,BRUNO V., TIBALDO L., RIV storia dello stabilimento di Villar Perosa, Pinerolo, Alzani, 1999, pp. 234 - 235. [13] Si veda: ASCVP, faldone 333, fascicolo 9, Disposizioni e documenti relativi all’industria; dagli stessi documenti si ricava che i verbali e certificati di collaudo, datati 5/10/1937 vennero firmati dal Dr Ing. Vittorio Bonadè – Bottino di Torino.
IV. 3. 2. Gli edifici pubblici
Il villaggio, dopo la costruzione delle case operaie venne, man mano dotato di una innumerevole serie di servizi sociali e di un’organizzazione assistenziale attraverso i quali si attuò una ingerenza sul territorio che, già presente fin da subito, si allargava di pari passo con il veloce sviluppo della Riv e la creazione di un dominio monopolistico nell’area territoriale di influenza. E. Godino afferma:
In questi ultimi quattro lustri il paese ebbe un notevolissimo incremento e progresso, mercé l’attività del suo sindaco comm. Agnelli, che in gran parte a sue spese, fece edificare un palazzo per le scuole, un altro pel Municipio, dotando la Società Operaia di una casa [1] e facendo erigere lungo la strada provinciale un intero villaggio, dotandolo di graziose casette costruite sul modello svizzero, di un ampio refettorio, di un palazzo per la cooperativa Operaia, di un altro per la stazione ferroviaria, ed infine di un bellissimo monumento in bronzo e marmo “L’Alpino”, opera dello scultore E. Ceragioli. […] Qui tutto, si può dire, è opera sua […], vie, asilo infantile, scuole, illuminazione, acqua potabile, e quanto vi si ammira ed è cosa bella, utile e buona [2].
I numerosi edifici pubblici, disposti attorno alle case operaie e lungo la statale prospicienti alla fabbrica, se non sono altamente figurativi per decoro o dimensione come in altri villaggi operai, restano però punti di riferimento ottici e simbolici, essendo stata posta attenzione ad una distribuzione spaziale di tipo semplicemente prospettico degli edifici.
Fig. IV. 28. Il villaggio “Giovanni Agnelli” in una cartolina di inizio secolo.
Dopo il bombardamento aereo del 3 gennaio 1944, alcuni fra questi fabbricati, andati distrutti, non saranno più ricostruiti, ed altri cambieranno la sua destinazione negli anni. Gli edifici tutt’ora visibili nel villaggio sono: gli ex bagni pubblici (ora sede della biblioteca comunale; lo spaccio alimentare (ora vi si trovano esercizi commerciali privati); la chiesa dedicata a Sant’Aniceto; l’ex dopolavoro (ora sede della banca S. Paolo); la scuola materna; l’ex cinema Riv, (ora sede di associazioni); l’albergo (in ristrutturazione), l’ex colonia elioterapica (ora sede del poliambulatorio); l’ex scuola elementare (ora oratorio); l’ex scuola di avviamento professionale (ora centro anziani, bar e sede di associazioni); e l’ex stazione del tram, (ora bar).
Nel 1905, prima ancora che fosse costruita la fabbrica, Agnelli, già sindaco di Villar Perosa da dieci anni, si era accollato i due terzi della spesa ed aveva donato il terreno per la costruzione dell’edificio delle scuole comunali, comprendente alloggi per i maestri, gli uffici del comune, e l’ufficio postale. Questa costruzione, che sembrerebbe dettata da pura filantropia, si spiega però meglio considerando che nello stesso periodo Agnelli affrontò contro amministrazione comunale e collettività una questione legata al futuro utilizzo industriale da lui richiesto della “bealera comunale”. Questione che si protrarrà per alcuni anni, e porterà anche alle momentanee dimissioni di Giovanni Agnelli dalla carica di sindaco.[3]
Fig. IV. 29. Particolare del progetto, non firmato, di sistemazione della Casa Comunale di Villar Perosa. Progettato dall’arch. G. Chevalley, l’edificio divenne in seguito sede del solo municipio, che restò per anni dipendente dall’officina, sua fornitrice ufficiale, dal punto di vista degli amministratori, che erano dipendenti Riv, ma anche per la fornitura di materiale e manutenzione[4]. Davanti al municipio ci sono il busto in bronzo di Giovanni Agnelli, opera di Luigi Aghemo, eretto ed inaugurato nel 1966[5], e l’ala comunale.
Fig. IV. 30. Il municipio, cartolina anni ’70.
L’ala comunale, comprendente nella parte sottostante due grandi magazzini, venne costruita da Giovanni Agnelli sul terreno proprio, e donata al comune nel 1930. Per far sì che la donazione fosse esente da tasse di registro e successione, Giovanni Agnelli si richiamò all’art. 1 del R.D. 9 Aprile 1925 n.380 che permetteva l’esonero in caso di donazione a favore di enti a scopo di beneficenza, istruzione od educazione, e dichiarò che lo stabile sarebbe stato adibito: ad uso palestra per istruzione all’ aperto e scuola estiva delle scolaresche del comune, per un sempre maggior incremento della istruzione ed educazione della gioventù[6].
L’ala comunale è stata restaurata nel dopoguerra e il tetto, prima piano, è stato rifatto a falde con tegole marsigliesi.
Costruite le officine e le prime case a “caserma”, queste si rivelarono in breve tempo insufficienti poiché si dovette ricorrere per la veloce crescita dell’impresa, a manodopera proveniente da altre regioni. Nella fabbrica appena sorta gli operai erano pochi, “avevano preso tanta gente da Cremona, e per la maggior parte donne. C’erano anche persone di Villar, ma non molte”[7]. Le fabbriche tessili che esistevano sul territorio prima della Riv, avevano già eretto i convitti e le prime case operaie. Dal 1875 al 1928 erano state costruite le case operaie per il setificio Bolmida e per il cotonificio Jenni e Ganzoni a Perosa Argentina, e il convitto (1900) e le case operaie Gütermann a San Germano Chisone[8]. Nel 1909 venne costruito il convitto a Villar Perosa, una struttura a tre piani fuori terra, che per prima presenta l’elemento architettonico della parete arrotondata poi ripresa nelle costruzioni degli anni ’30.
Fig. IV. 31. Convitto per le operaie, metà anni ’10.
Negli anni ’30 il convitto, gestito dalle suore del Santo Natale, giunse a contare oltre cento presenze. L’edificio viene ricordato nelle pubblicazioni dell’epoca:
Venne pure creato un Ospizio per le ragazze che lavorano nell’officina a che sono lontane dalle loro famiglie. Questo Ospizio è governato da Suore e dà ricovero fino a 100 ragazze[9].
Per quelle operaie residenti troppo lontano, fu costruita apposita casa, ove esse ricevono vitto ed alloggio, dietro una lieve retribuzione giornaliera; questo ospizio, mentre garantisce la famiglie delle nostre operaie, permette di contribuire notevolmente all’educazione di queste ultime e alla loro istruzione nelle ore di riposo. Inoltre, adatte forme di previdenza a di assicurazione, permettono alle operaie di conservare il loro guadagno e di ritrovarlo alla fine del lavoro, capitalizzato col relativo interesse[10].
Non si sa fino a quale anno lo stabile venne usato a questo scopo, di sicuro dal 1913 esso ospitò una scuola materna, e dal 1935 divenne sede della scuola professionale, della banda aziendale, e del CRIC, circolo ricreativo per impiegati e capi, sigla con la quale attualmente l’edificio è conosciuto.
Fig. IV. 32. La Riv e il villaggio “Giovanni Agnelli” visti dalla terrazza dell'ex convitto, 1957.
Nelle cantine dell’edificio del convitto aveva sede la scuola di musica, alla quale presto aderirono molti aspiranti suonatori, anche perché era garanzia di un’assunzione in fabbrica e “le ore sottratte al lavoro erano regolarmente retribuite”[11]. Il Corpo musicale nacque nel 1921, per il volere di Giovanni Agnelli che chiamò a dirigerla Oreste Casaleggio, un giovane maestro torinese, prima a tempo pieno, e successivamente, da quando fu assunto come operaio Riv, per mezza giornata. Il nipote Gianni afferma che:
Anche la creazione del corpo musicale di Villar Perosa è un’altra dimostrazione di interesse [di Giovanni Agnelli] per tutto ciò che riguardava questi luoghi, sotto ogni aspetto[12].
Solo nel 1985 il Corpo Musicale si costituirà come ente autonomo.
Un edificio adibito principalmente allo scopo di refettorio venne costruito all’inizio degli anni ’10 di fronte al convitto, e successivamente ampliato nell’area ora occupata dalla Piazza del Mercato. Una pubblicazione dell’epoca riporta che:
Nel villaggio sorge pure un ampio refettorio con annesso teatrino, ove gli operai possono riposarsi nelle ore in cui il lavoro in officina è interrotto e possono farsi servire un buon pranzetto ad una modestissima quota. Il refettorio può venir utilizzato come teatrino e come salone per proiezioni cinematografiche che istruiscono e dilettano gli operai[13],
e a quest’ultimo impiego era riservato il sabato sera. Nello stesso edificio si svolgevano anche le lezioni della scuola di avviamento al lavoro.
Fig. IV. 33. Il refettorio operaio, metà anni ’10.
In una delibera del consiglio comunale del 7/4/1918 “Rivendita generi di privativa” viene deciso di istituire “una seconda rivendita nel capoluogo, trasferendo, se del caso, per maggior comodità della classe operaia, la rivendita numero I dalla casa Laurenti al villaggio operaio, dirimpetto allo stabilimento”[14]. Così, in una palazzina a lato della stazione, di fronte allo stabilimento, “venne eretto un magazzino cooperativo ed un Panificio affichè gli operai potessero trovare sul posto un vitto sano a modestissimo prezzo”[15].
Il dopolavoro e i bagni pubblici La rigida divisione tra operai ed impiegati, che era già impostata alle scuole professionali continuava nei due circoli aziendali, “uno destinato agli impiegati, conosciuto con il nome di ‘CRIC’ e l’altro, il dopolavoro aziendale, riservato agli operai”[16]. Il dopolavoro operaio venne accolto negli anni del fascismo in un edificio costruito di fronte alla fabbrica, al quale diede il nome. Il fabbricato era stato costruito all’inizio degli anni ’20 per ospitare una piccola centrale di trasformazione per la tramvia, e fu sede, per un certo periodo, della scuola professionale; oggi ospita la Banca San Paolo. Accanto a questo si costruì un edificio destinato ai bagni pubblici che ospita oggi, debitamente ristrutturato, biblioteca ed archivio storico comunali.
Fig. VI. 34. Prospetto dell'edificio dei bagni pubblici.
La stazione, l’ufficio postale e la farmacia
Nel 1883 era entrata in funzione la tranvia Pinerolo-Perosa Argentina, gestita da una società autonoma formata da alcuni notabili dell’area Pinerolese[17], ma l’avvio fu stentato perché i passeggeri erano molti solo di sabato, giorno di mercato a Pinerolo. L’installazione di una fabbrica a Villar Perosa permise l’aumento dei proventi e l’elettrificazione della linea[18], che avvenne dopo che Giovanni Agnelli nel 1918 era divenuto il maggior azionista della società. Davanti alla Riv venne costruito un edificio per la stazione dei tram che servivano le maestranze provenienti da monte e da valle[19].
Fig. IV. 35. Bagni pubblici, scuola professionale, stazione, ufficio postale, farmacia e tracciato dei binari del tram.
Con la costruzione dello stabilimento e il conseguente spostamento a monte del baricentro del paese, derivò l’esigenza di spostare in prossimità l’ufficio postale, (inizialmente posto nell’edificio del palazzo comunale insieme alle scuole elementari), o perlomeno di aprirne una succursale nei pressi delle officine. Di questa intenzione c’è traccia nei verbali del Consiglio Comunale dal 1918[20], quando la Riv mise a disposizione i locali per la posta a lato della palazzina della “stazione” dei tram che servivano lo stabilimento con il trasporto delle maestranze provenienti da monte e da valle, posta a pochi passi dallo stabilimento, e qui vi rimase fino al 1986. Nello stesso edificio trovò posto più tardi, in alcuni locali nel lato est, la farmacia, la cui necessità era stata esposta da Giovanni Agnelli in una seduta del Consiglio Comunale del 28/9/1924 per l’aumento della popolazione ed operai a Villar Perosa e la distanza delle due farmacie esistenti, di Pinasca e San Germano Chisone:
Di fronte a tutte queste ragioni, l’impianto di una farmacia del Comune è diventata assolutamente indispensabile e tale circostanza è stata riconosciuta anche dalle officine locali che offrono di mettere a disposizione della farmacia un negozio di vendita con retrostante laboratorio ed un alloggio per il farmacista; inoltre esse officine sarebbero anche disposte a concorrere con una certa somma per un compenso fisso da stabilirsi di comune accordo [21].
Fig. IV. 36. La stazione del tram.
La chiesa è stata eretta nel 1928 su progetto dell’arch. Charbonnet per volontà del sen. Giovanni Agnelli che così volle onorare la memoria della madre Aniceta Frisetti […] precedentemente esisteva una cappella che venne così ampliata per dotare il luogo stesso di una chiesa più capiente[22]. Dieci anni dopo la chiesa del villaggio venne ampliata per ospitare i locali di servizio, e nel 1947 una seconda volta per ospitare l’oratorio femminile. Giovanni Agnelli pur non essendo cattolico praticante, restò molto legato al parroco del villaggio don Carlo Gay (1924-1966)[23]. Questi, già prima della guerra mondiale aveva istituito gli oratori parrocchiali, chiedendo l’intervento della Riv per i locali. Vennero così messi a disposizione per l’oratorio maschile i locali costruiti a fianco di Sant’Aniceto e per quello femminile delle stanze del poliambulatorio[24].
Fig. IV. 37. Villaggio operaio “Giovanni Agnelli”: la via Centrale con la chiesa di S. Aniceto.
Nel dopoguerra l’oratorio femminile venne spostato in appositi locali a lato della chiesa, e lo stesso si fece per quello maschile, spostato nei nuovi locali costruiti nel 1952 al posto della scuola elementare andata distrutta nel bombardamento. Ancora nel 1954 A. De Bonis ricordava l’utilità dell’oratorio:
anche per i fanciulli in età scolare e non ancora in età di lavoro si presenta il gravissimo problema dell’occupazione del tempo libero. Conosciamo le terribili conseguenze dell’educazione data dalla “maestra strada”. […] [Per ovviarvi, l’oratorio] raccoglie i figli dei dipendenti nelle ore libere dalla scuola e ad essi viene pure fornita la refezione scolastica. Vi si svolgono: il doposcuola, corsi di lavori per fanciulli non più in età scolastica, attività ricreative [25].
Con l’aumento dei residenti negli anni successivi alla costruzione del villaggio più antico si sentì, insieme il bisogno di un ampliamento del piccolo cimitero a monte della parrocchia di San Pietro in Vincoli. Il consiglio comunale deliberò il 7/4/1918 di ampliare il cimitero, affidando l’incarico di allestire il progetto all’ing. Gustavo Vinçon, all’epoca direttore delle Officine di Villar Perosa[26], e il terreno necessario venne ceduto nel 1920 come documenta una autorizzazione prefettizia:
Al prezzo di favore di £. 20 complessive, circa 762 mq di terreno […] da servire per l’ampliamento del cimitero [considerato che] […] l’attuale cimitero è troppo angusto per i bisogni della popolazione, raggiungendosi circa 30 decessi l’anno [27].
Fig. IV. 38. Progetto del cimitero, in alto la cappella degli Agnelli.
Dieci anni dopo Giovanni Agnelli propose[28] al Comune un secondo ampliamento a spese proprie a condizione che gli venisse concessa a titolo gratuito e perpetuo nel cimitero stesso un’area per la costruzione di un sepolcro di famiglia. La cappella sarà costruita su progetto dell’arch. Carlo Charbonnet nella parte più alta del cimitero, in stile romanico in diorite del Malanaggio, con un pregevole Cristo risorto in bronzo dello scultore Ceragioli.
Fig. IV. 39. Il cimitero con la cappella degli Agnelli.
L’edificio che è ancora oggi sede ambulatoriale, venne costruito fra le due guerre in un appezzamento attiguo al lato superiore destro del villaggio Giovanni Agnelli. Inizialmente costituito da un solo piano fuori terra e dotato di una piscina e di un solarium, era all’epoca indicato come “Colonia elioterapica”. All’iniziale primo piano fuori terra venne aggiunto in epoca recente un secondo piano.
Con il verbale di deliberazione del podestà del 27/7/33 si approvava il progetto di costruzione di “un fabbricato da adibirsi temporaneamente a sede del Fascio locale, Opere assistenziali, Organizzazioni giovanili ed Associazioni Combattentistiche”[29]. Il progetto, che venne affidato all’arch. Carlo Charbonnet, riguardava:
Un edificio a due piani, facciata di 7,5 m. verso il municipio e 9,5 m. di lunghezza lungo la strada. La sala del fascio a piano terra, due camere al primo piano e verso la piazza l’immancabile balcone [30].
L’appalto dell’opera fu vinto dall’impresa del geom. Duilio Bona di Pinerolo, e la somma necessaria di £. 41.500 venne anticipata dalla Riv, e il comune le ripagò in “tre annualità eguali di £. 13.833,33 cadauna scadenti […] il 1° luglio 1934/1935/1936 senza corresponsione di alcuna somma a titolo di interessi”[31]. La casa del fascio resterà al suo posto fino agli anni ’60, quando si costruiranno nell’area tutta un serie di condomini.
I dipendenti Riv venivano “assistiti” anche nelle loro escursioni domenicali. Sul colle di Prà Martino a 916 metri, poco più in là della colonia estiva per i figli dei dipendenti, sempre nel comune di Villar Perosa, Giovanni Agnelli costruì un albergo ristorante con 20 posti letto, oggi dimesso. Nello stesso luogo, nel secondo dopoguerra Gianni Agnelli vi costruirà, in occasione del cinquantenario Riv, un campo di tiro a volo. Un secondo edificio fu iniziato sul finire degli anni ’30 con la destinazione di convalescenziario, mai entrato in funzione, nell’attuale Viale Agnelli, prossimo al municipio. Danneggiato nel bombardamento del 1944 e, ricostruito, venne convertito in albergo, e fu per anni l’albergo della Juventus. Dopo diversi cambi di proprietà, chiuse definitivamente i battenti nel 1977.
Fig. IV. 40. L’albergo di Prà Martino.
Fin dal periodo anteguerra fu costruito, dove ora c’è il convitto valdese, un campo sportivo. Nel dopoguerra, anche grazie ad un contributo del CONI venne costruito un nuovo moderno impianto a valle dello stabilimento lungo il torrente Chisone, che ospitò per molti anni la preparazione precampionato della Juventus.
Il teatro, costruito alla fine degli anni ’30 nell’area ora occupata dal Giardino Avis, era per il tempo una costruzione modernissima ad anfiteatro. Distrutto nel bombardamento del 1944, non fu più ricostruito.
Fig. IV. 41. Asilo, teatro e case per capi, in una cartolina degli anni ’30.
Nel dopoguerra venne adibita a cinema teatro e palestra una struttura preesistente, usata come deposito, a monte del villaggio “Edoardo Agnelli”[32].
Dopo il bombardamento del novembre 1942 a Torino, dove per la prima volta erano state lanciate bombe dirompenti e spezzoni incendiari, nei primi mesi del 1943, la Riv iniziò la costruzione dei rifugi antiaerei sui terreni della famiglia Agnelli nella collina retrostante la chiesa di S. Aniceto[33]. Interamente realizzati a mano da una ditta del luogo, e terminati nel giugno 1943, avrebbero garantito il ricovero ad un minimo di 2500 persone, contando Villar Perosa, nel 1940, 2680 abitanti, e “non meno di quattromilacinquecento [dipendenti Riv] divisi in quattro turni di lavoro”[34].
Fig. IV. 42. La costruzione dei rifugi antiaerei.
Sotto trenta metri di terreno vennero scavati 730 metri di galleria, con muri e volta in mattoni pieni in buona parte coperti da lamiera contro lo stillicidio. “Furono così previsti cinque accessi più un sesto per i servizi, ogni porta era in ferro e contro lo spostamento d’aria le entrate erano regolate da labirinti. I cinque corridoi di entrata larghi due metri e alti due metri e trenta centimetri, s’inoltravano dritti nella collina per cinquantasei metri e a lato di questi, dieci corridoi mediamente di quarantacinque metri avrebbero fornito un posto a sedere a tutti, su di una panca a lato del passaggio”[35]. All’interno sei blocchi di bagni, un’infermeria, sei blocchi di pronto soccorso, un gruppo elettrogeno per assicurare l’illuminazione e una postazione radio. Una volta terminati, vennero eseguite delle prove cronometrate per razionalizzare l’evacuazione dello stabilimento. L’utilizzo dei rifugi fu immediato. In un primo bombardamento il 9 e 10 novembre 1943 gli aerei non colpirono l’obiettivo. Il vero bombardamento avvenne il 3 gennaio 1944, alle 11,45; per sette minuti, cinquantatre B17 “fortezze volanti”, scortate dai caccia P-38 scaricarono su Villar Perosa 312[36] bombe e cento spezzoni incendiari. Tutti i dipendenti e gli abitanti del villaggio operaio prossimo alla Riv erano nei rifugi, che ressero perfettamente. Non ci furono morti né feriti, ma fabbrica e villaggio, in gran parte distrutti, dovettero essere interamente ricostruiti.
Non diversamente dagli altri villaggi operai, in quello di Villar Perosa l’educazione dei bambini avveniva fin dalla più tenera età, e la famiglia Agnelli vi intervenne direttamente fin da inizio secolo. La moglie di G. Agnelli risulta già nel 1906 membro della commissione di vigilanza scolastica[37], e una deliberazione del 24/09/1923 testimonia la nomina di Edoardo Agnelli come rappresentante comunale nel patronato scolastico[38]. Ancora prima di diventare industriale, Giovanni Agnelli, come amministratore aveva costruito di sua iniziativa un edificio, che insieme al municipio, conteneva i locali scolastici. A questa iniziativa seguirono tutta una serie di interventi in ambito scolastico, che andavano dalla scuola materna all’istruzione professionale dei futuri dipendenti Riv. Nel 1913 venne iniziata la Scuola Materna, ubicata al piano terreno dell’edificio del convitto, dove l’ insegnamento fu sin dall’inizio affidato alle suore del Santo Natale. Solo nel 1934 venne costruito un edificio apposito nell’attuale Viale Agnelli, e l’asilo venne intitolato a “Tina Nasi Agnelli”[39]. La scuola elementare era invece, dal 1918, ospitata nell’edificio del municipio.
Fig. IV. 43. L’asilo infantile “Tina Nasi Agnelli” nel 1940.
Nel periodo fra le due guerre, insieme alle nuove strade di collegamento, furono costruite le scuole nelle frazioni, oggi sede di associazioni o vendute a privati. La costruzione di questi edifici è ben documentata dal materiale presente nell’archivio comunale[40]:
- Geometra G. Grosso: progetto in data 21/06/1935 di scuola per la frazione Ciabot. Costo = 47.438,42; ditta costruttrice Impresa geom. Duilio Bona di Pinerolo; certificato de regolare esecuzione dei lavori del 21/12/1938. Pagamento anticipato dalle officine Riv, poi regolarizzato verso di essa dal Comune di Villar Perosa. - Costruzione edificio scolastico frazione Caserme. Anni 1930-1932. Appalto affidato alla ditta Garzena di Pinerolo. Progetto dell’arch. Carlo Charbonnet; spesa = £. 24.424,62; muri in pietra, faccia a vista, solaio con plafone in tela metallica e cemento, serramenti in legno; - Nuova scuola in frazione Cascinette, viene usato il progetto approvato nel 1931 dell’arch. Carlo Charbonnet; delibera di costruzione del 1932 (5 marzo, n. 1887); ditta costruttrice Garzena Giovanni; costo = £. 313.84,29.
Fig. IV. 44. Progetto di una scuola elementare in B.ta Caserme, 1931.
Una nuova apposita sede della scuola elementare per il capoluogo fu voluta da Agnelli su di un terreno da lui donato nel 1938[41]. Consegnata nel mese di maggio del 1939, la nuova scuola elementare,“con palestra e piscina coperta”[42], fu distrutta completamente dal bombardamento del 1944, e al suo posto venne costruito l’oratorio maschile, che per alcuni anni ospiterà ancora le aule elementari in attesa della loro definitiva collocazione, quella attuale vicino al municipio.
Fig. IV. 45. I resti della scuola elementare dopo il bombardamento. Ovviamente, sono sempre le officine a fornire manutenzione, riscaldamento ed illuminazione; ad esempio, nel 1943, il podestà “delibera di mettere e favore della S.A. Officine di Villar Perosa mandato di £. 10.805,70” per la fornitura di kg 19.280 di carbone coke gas, alle locali scuole elementari[43]. L’attuale edificio delle scuole elementari venne progettato dall’ing. Alberini della Fiat e costruito nel 1958, in un lotto posto di fianco al municipio [44]. Giovanni Agnelli non si limitò a costruire le scuole, ma si interessò in prima persona anche del livello di preparazione degli allievi. Una lettera del maggio 1933 indirizzata al segretario comunale da parte della Direzione Riv chiede la nomina di una commissione comunale per controllare l’andamento scolastico. Il 1° giugno dello stesso anno una lettera del podestà Giovanni Agnelli al provveditore agli studi di Torino chiede la raccomandazione:
onde […] venga esaminata la possibilità di designare un insegnante maschile il quale, pur non avendo le vesti di un vero e proprio direttore possa in certo qual modo espletare la necessaria sorveglianza sul corpo insegnante composto da 8 maestre […] ed assumere altresì la direzione delle molteplici attività parascolastiche (Doposcuola, Opera Nazionale Balilla, etc..)[45].
Una seconda lettera del 1 ° giugno del segretario comunale al cav. Ing. Pietro Bertolone, direttore delle Officine Riv, rileva come la lamentata deficienza culturale sia in gran parte dovuta ad un criterio di eccessiva larghezza adottato dalle Insegnanti negli esami di licenza, per le pressioni su di loro esercitate dai genitori, che si vedono categoricamente rifiutato dal questo Municipio il libretto di ammissione al lavoro pei loro fanciulli che non abbiano ottemperato all’obbligo della istruzione elementare fino al 14° anno di età[46].
Terminate le elementari, e prima della scuola professionale, per i futuri dipendenti c’era al scuola di avviamento, localizzata nell’edificio del “refettorio”. Fu in seguito spostata nei locali dell’ex convitto. Nel 1960 venne istituita la scuola media dal provveditore agli studi di Torino, che prese il posto della scuola di avviamento. I locali dell’ex convitto furono affittati dalla Riv al Comune per una modica somma, e la stessa Riv continuò ad occuparsi di forniture e manutenzione, attraverso il Comune, finché un edificio del tutto nuovo per la scuola media venne costruito in due lotti tra il 1964 e il 1968 come nuovo corpo di quello delle scuole elementari, in prossimità del municipio.
Fig. IV. 46. Le nuove scuole elementari e medie in una cartolina degli anni ’70.
Dopo la scuola di avviamento, per chi intendeva continuare, c’era la scuola professionale.
Vanto della istruzione tecnica del gruppo Fiat è anche la Scuola Professionale “Edoardo Agnelli” della S.A. Officine Villar Perosa (RIV) in Villar Perosa, scuola istituita nel 1930 per volere del sen. Giovanni Agnelli e diretta a cura della Riv. Nel 1935 la scuola prese il nome di Edoardo Agnelli: il compianto figlio del sen. Agnelli, in quell’anno tragicamente scomparso e che della “Villar Perosa” fu il presidente [47].
La scuola professionale, affidata alla guida dell’Amministratore Delegato della Riv Pietro Bertolone, nasce per migliorare i corsi serali che la Riv aveva iniziato fin dal 1922. L’orario era di 48 ore di lezione, 24 di esercitazioni pratiche e 24 di lezioni teoriche. Le lezioni hanno inizio il 15 ottobre 1930 e comprendono i corsi 1° e 2°, con un massimo di 20 allievi per ogni corso, possibilmente figli o congiunti di residenti a Villar Perosa. Le ore di officina venivano retribuite, con una paga oraria massima di L.1,60 per il 2° corso e di L. 2,20 per il 3°; erano previsti inoltre 4 premi di studio per ogni corso (per il 3° lire 250,150,100 e 50)[48]. Inizialmente situata in un edificio attiguo a quello della stazione, prima destinato ad ospitare una centrale di trasformazione della corrente elettrica per il tram, (poi sede del dopolavoro, oggi ospita la banca S. Paolo), la scuola professionale, dato il successo ottenuto, venne trasferita nel 1935 nella sede più idonea dell’ex convitto. E lì vi resterà fino al 1963, quando sarà costruito un nuovo edificio per le scuole professionali, moderno, a monte dello stabilimento. La scuola dal 1979 non è più gestita dalla Riv – Skf, ed è oggi sede del Consorzio aziendale per la formazione professionale in Val Chisone. Infine i bambini erano seguiti nella propria educazione anche fuori dall’orario scolastico, negli oratori, e, nel periodo estivo, con l’istituzione delle colonie[49]. Presso Prà Martino, al confine del comune di San Pietro Val Lemina, la Riv aveva, già negli anni antecedenti l’ultimo conflitto mondiale, ha la sua colonia estiva “elioterapica”montana per figli dei dipendenti.[50]
[1] La Società Operaia era stata istituita nel 1889 da alcuni cittadini villaresi, Giovanni Agnelli ne divenne il presidente onorario (anni 20-30). Verrà sciolta durante il fascismo e ricostituita nel 1945. [2] GODINO E., San Germano, Villar, Pinasca, Pramollo, Perosa Argentina, fascicolo n. 9 in: Pinerolo e il Pinerolese, 11 fascicoli, Pinerolo, Tipografia sociale editrice, 1922, pp. 15 - 18. [3] Si veda: AVONDO G. V., BRUNO V., TIBALDO L., RIV storia dello stabilimento di Villar Perosa, Pinerolo, Alzani, 1999, p. 197 e sgg. [4] Si veda nella documentazione allegata al Cap. III: Elenco dei verbali di deliberazione del Podestà relativi al pagamento di spese in favore delle S.A. Officine di Villar Perosa, anni 1939 – 1945. [5] La nomina di un Comitato per l’erezione di un busto al senatore Giovanni Agnelli c’era stata nell’ultima deliberazione del Consiglio Comunale prima dell’avvento del podestà nel 1926; ASCVP, faldone 70, Deliberazioni del consiglio comunale. [6] ASCVP, faldone 89, fascicolo 3, Donazione di tettoia pubblica. Inizialmente Giovanni Agnelli intendeva cedere dietro tenue compenso la tettoia al Comune; si veda AVONDO G. V.,BRUNO V., TIBALDO L., RIV storia dello stabilimento di Villar Perosa, Pinerolo, Alzani, 1999, pp. 210 - 211. [7] Intervista a Edoardo Ribetto, “Notiziario RIV_SKF”, n. 72/81, p. 23. [8] La provenienza delle operaie tessili era in gran parte esterna alle valli. Lo scarso entusiasmo per il lavoro in fabbrica da parte della popolazione valdese, almeno fino alla seconda guerra mondiale, spinse gli imprenditori a cercare la manodopera in zone lontane. Ad esempio, per il cotonificio di S, Germano Chisone, “molto probabilmente esisteva una sorta di accordo per l’assunzione delle orfane di alcuni istituti per minori [di Torino] e la direzione dello stabilimento, la quale provvedeva direttamente alla sistemazione delle ragazze. La maggior parte trovava infatti ospitalità nei locali del convitto adiacente allo stabilimento, capace di oltre cento posti, e nel quale vigeva un regolamento da caserma. Nel primo periodo di soggiorno, le ragazze mantenevano generalmente la residenza del luogo di origine, per cercare poi in tempi successivi una sistemazione più stabile, nelle ‘case operaie’ o nelle frazioni limitrofe” [BOTTAZZI A., BOUNOUS C., Quando la sirena suonava. Il cotonificio di S. Germano Chisone in un secolo di storia, Pinerolo, Alzani,1994, p.79.] [9] GODINO E., San Germano, Villar, Pinasca, Pramollo, Perosa Argentina, fascicolo n. 9 in: Pinerolo e il Pinerolese, 11 fascicoli, Pinerolo, Tipografia sociale editrice, 1922, p. 17. [10] Officine di Villar Perosa - Villar Perosa (Pinerolo), Milano, ed. officina Bertieri e Vanzetti, [catalogo di cuscinetti Riv, s. a., ma 1914] p. 10. [11] Ivi, p. 14. La costituzione di una banda aziendale si riscontra anche in molti altri casi di paternalismo: a Larderello, “feudo” degli industriali De Larderel, la banda nel periodo 1850 -’92 arrivò a comprendere fino a 120 elementi. [12] G. Agnelli, nella presentazione all’opuscolo: 1921 - 1996 Corpo Musicale di Villar Perosa, Pinerolo, Tipolitografia Giuseppini, 1996. [13] GODINO E., San Germano, Villar, Pinasca, Pramollo, Perosa Argentina, fascicolo n. 9 in: Pinerolo e il Pinerolese, 11 fascicoli, Pinerolo, Tipografia sociale editrice, 1922, p. 17. [14] ASCVP, faldone 70, Deliberazioni del consiglio comunale. [15] GODINO E., op. cit., p. 17. [16] AVONDO G. V., BRUNO V., TIBALDO L., RIV storia dello stabilimento di Villar Perosa, Pinerolo, Alzani, 1999, p. 248. [17] Si veda: AVONDO G. V., BRUNO V., SEGLIE D., Il Gibuti - Storia della tramvia Pinerolo Perosa Argentina, Torino, Kosmos, 1995. [18] Di fronte al precedente Consiglio di Amministrazione, titubante rispetto alla elettrificazione, Giovanni Agnelli fece circolare la voce di aver l’intenzione di costruire una nuova linea ferroviaria elettrica per far giungere i vagoni ferroviari direttamente a Villar Perosa; ma il Consiglio di Amministrazione restava contrario, alché Agnelli passò ai fatti acquistando il maggior numero di azioni della società e nominando una nuova amministrazione; fonte: AVONDO G.V., BRUNO V., TIBALDO L., RIV storia dello stabilimento di Villar Perosa, Pinerolo, Alzani, 1999, p. 253. [19] La tramvia si trasformò più tardi in un problema per l’aumento del traffico automobilistico e la insufficiente larghezza della statale 23. Il problema venne risolto utilizzando in sostituzione dal 1963, gli autobus della società SAPAV, anch’essa di proprietà della famiglia Agnelli. Questa società per il servizio automobilistico da Perosa Argentina verso l’alta val Chisone era stata voluta fin dal 1911 da Giovanni Agnelli “con due veicoli ‘17°’ ed un ‘Rapid’ di produzione Fiat, seguiti dopo qualche anno dal ‘Norge’, primo mezzo dotato di ruote anteriori con semi pneumatici, si potevano raggiungere Fenestrelle e Pragelato con tre corse giornaliere. La stessa cosa avveniva in senso inverso, con tempi di percorrenza di tre ore e mezza in salita e tre ore in discesa”. [AVONDO G. V., BRUNO V., TIBALDO L., RIV storia dello stabilimento di Villar Perosa, Pinerolo, Alzani, 1999, p. 254]. [20] Delibera C.C. del 26/10/18; ASCVP, faldone 70, Deliberazioni del consiglio comunale. [21] ASCVP, faldone 67, citato in: AVONDO G. V., BRUNO V., TIBALDO L., RIV storia dello stabilimento di Villar Perosa, Pinerolo, Alzani, 1999, p. 206. [22] La Draja, a cura della Comunità Montana Valli Chisone e Germanasca, Pinerolo, Alzani, 1998, p. 178. [23] Si veda: AVONDO G. V., BRUNO V., TIBALDO L., RIV storia dello stabilimento di Villar Perosa, Pinerolo, Alzani, 1999, pp. 245 e sgg. [24] Fin dal 1863 gli Agnelli erano diventati i primi benefattori della Parrocchia di San Pietro in Vincoli. Un particolare curioso è che le campane della chiesa portano incisa una invocazione religiosa ed il riferimento ai componenti della famiglia Agnelli: PIE JESU DONA EIS REQUIEM (Joannes Agnelli Senator – Clara); VOX MEA VOX VITAE: VENITE AD SACRA (Laura); REGI SAECULORUM HONOR ET GLORIA (Joannes); SALVATORIS NOSTRI GLORIA RESONET (Susanna); A FULGURE ET TEMPESTATE LIBERA NOS DOMINE (Umberta); AVE MARIA GRATIA PLENA (Maria Sol); DULCI MATER GRATIAE TU NOS AB HOSTE PROTEGE (Clara Augustina); VENITE EXULTEMUS DOMINO (Christiana); GLORIA IN EXCELSIS DEO (Emmanuel Filibertus); VERBUM CARO FACTUM EST (Joanne Eduardus); SANCTUS,SANCTUS,SANCTUS (Georgius). Fonte: S. Pietro in Vincoli. Una piccola copia di Superga a Villar Perosa, opuscolo n. 2 della serie “Una valle per amica “, a cura della Comunità Montana Valli Chisone e Germanasca, Torino, Stamperia Artistica Nazionale, 1997. [25] DE BONIS A, Riflessioni sull’ambiente sociale e di lavoro dei dipendenti di un grande complesso industriale, visti attraverso l’attività svolta presso l’ufficio di assistenza di fabbrica, E.N.S.I.S.S. Scuola Pratica di Servizio Sociale di Milano, tesi di diploma, anno accademico 1953 - 1954, relatore Gino Neri. [26] ASCVP, faldone 70, Deliberazioni del consiglio comunale. [27] Autorizzazione prefettizia del 11/3/1920, ASCVP, faldone 88, fascicolo 18, I progetti di ampliamento del cimitero. [28] La proposta è accettata in un verbale di deliberazione prefettizia del 29/5/1930 ASCVP, faldone 88, fascicolo 13, Concessioni aree ventennali, trentennali e perpetue nel cimitero. [29] ASCVP, faldone 332, fascicolo 11, Edilizia pubblica. [30] MORERO P. C., Via Arnaldo Mussolini … e via anche l’altro, “l’Eco del Chisone”, Pinerolo, 26 novembre 1992. [31] ASCVP, faldone 332, fascicolo 11, Edilizia pubblica. [32] L’edificio in questione, indicato come “Fabbricato per pollaio” nei primi disegni del 1940, porta negli anni successivi la dicitura “Padiglione Opera Nazionale Dopolavoro”. [33] Fin dal 1940 erano state scavate trincee a valle della Villa Agnelli per riparare la popolazione, e un piano interrato a valle dello stabilimento puntellato con pali di larice avrebbe dovuto accogliere le maestranze Riv, ma le conseguenze dei bombardamenti a Torino avevano convinto che tali sistemi sarebbero stati inefficaci in caso di bombardamento alleato di Villar Perosa. [34] MORERO P.C., Villar Perosa, 3 gennaio 1944: una pioggia di fuoco, “L’eco mese”, Pinerolo, gennaio 1995, p. 24; si veda anche:Villar Perosa e la guerra, opuscolo edito in occasione del 50° anniversario della lotta di liberazione, Comune di Villar Perosa ed altri, 1995. [35] MORERO P.C., op. cit., p. 25 [36] Molti autori ricavano le notizie dal memoriale dell’allora parroco di Villar Perosa don C. Gay: Giorni difficili durante la guerra 1940 - 1945. [37] Fonte: ASCVP, faldone 70, Deliberazioni del consiglio comunale. [38] Con voti 10 su 10; fonte: ASCVP, faldone 70, Deliberazioni del consiglio comunale. [39] Precisamente il 10/12/1913; fonte: DE BONIS A., Riflessioni sull’ambiente sociale e di lavoro dei dipendenti di un grande complesso industriale, visti attraverso l’attività svolta presso l’ufficio di assistenza di fabbrica, E.N.S.I.S.S. Scuola Pratica di Servizio Sociale di Milano, tesi di diploma, anno accademico 1953 - 1954, relatore Gino Neri. [40] ASCVP, faldone 327, fascicolo 2, Documenti relativi alle scuole. [41] Fonte: ASCVP, faldone 327, fascicolo 2, Documenti relativi alle scuole. [42] Le opere sociali della FIAT per la preparazione al lavoro, per l’assistenza ai lavoratori, Servizio stampa Fiat, Stampato n. 4011, Torino, dicembre 1940 - XIX, Tipografia de “La Stampa”, p. 53. Le nuove scuole elementari saranno inoltre la sede di una biblioteca con il seguente orario: lun. merc. ven. e sab. feriali dalle ore 20 alle 21; fonte: ASCVP, faldone 327, fascicolo 2, Documenti relativi alle scuole. [43] Delibera n. 38 dell’11/09/1943; ASCVP, faldone 71, Verbali di deliberazione del podestà vistati. [44] Si veda: AVONDO G. V., BRUNO V., TIBALDO L., RIV storia dello stabilimento di Villar Perosa, Pinerolo, Alzani, 1999, p. 242. [45] ASCVP, faldone 327, fascicolo 1, Scuole ed edifici scolastici. [46] Ibidem. [47] Le opere sociali della FIAT per la preparazione al lavoro, per l’assistenza ai lavoratori, Servizio stampa Fiat, Stampato n. 4011, Torino, dicembre 1940 - XIX, Tipografia de “La Stampa”. [48] Fonte: FAUDONE G., La scuola professionale di Villar Perosa, “Notiziario RIV-SKF”, n. 72/81. Si veda anche:ASCVP, falcone 327, Scuole ed edifici scolastici, fascicolo IX - 2, Edilizia scolastica; un documento testimonia l’istituzione della scuola nel 1930 e ne descrive il futuro funzionamento. [49] Si veda nella documentazione allegata al Cap. III: DE BONIS A., Riflessioni sull’ambiente sociale e di lavoro dei dipendenti di un grande complesso industriale, visti attraverso l’attività svolta presso l’ufficio di assistenza di fabbrica, E.N.S.I.S.S. Scuola Pratica di Servizio Sociale di Milano, tesi di diploma, anno accademico 1953 - 1954, relatore Gino Neri. [50] Come colonia marina verrà utilizzata quella Fiat, prima a Loano, poi a Rimini, e a Marina di Massa dal 1949; dal 1960 una colonia solo per i dipendenti Riv, verrà costruita a Tirrenia (Pisa).
IV. 3. 3. L’urbanizzazione primaria e le infrastrutture
Tutte le opere di urbanizzazione che rendevano veramente funzionante il villaggio operaio vennero fornite dalla famiglia Agnelli attraverso la Riv. Prima ancora che il Prefetto di Torino autorizzasse la Società forze elettriche Alto Po ad impiantare la conduttura elettrica Porte - Perosa, il 20/06/1912, nel mese di aprile la autorizzazione per l’impianto di una conduttura elettrica ad uso illuminazione pubblica di Villar Perosa era già stata data alla ditta Officine di Villar Perosa[1]. E fin dal 1912 le officine forniranno “dietro tenue compenso” l’illuminazione pubblica al comune. Sarà dunque la Riv a fornire di energia elettrica il comune secondo contratto, e dal 1935 anche la Villa Agnelli, in quest’anno infatti venne accolta la domanda fatta al comune dal senatore per una conduttura da 0,5 KV dallo stabilimento Riv al “castello”[2]. Nel capitolato per il servizio di illuminazione pubblica che la Riv si impegna a fornire al comune, registrato nel 1932 si legge:
Art. 1) Il Comune di Villar Perosa affida alla Società Officine di Villar Perosa il servizio di illuminazione pubblica elettrica delle vie e piazze pubbliche dei locali degli edifici Municipali del Comune, intendendo con ciò tutti i locali del Palazzo Municipale […], alle condizioni di cui infra e cioè: Art. 2) Il servizio della pubblica illuminazione sarà eseguito mediante l’impianto da farsi a cura della Società Officine di Villar Perosa […]. Per l’impianto stesso il Comune verserà alla Società Officine di Villar Perosa la somma di Lire dodicimila (L.12.000) […] conchè l’impianto l’impianto rimarrà di esclusiva proprietà del Comune. […] Art. 3) La manutenzione straordinaria dell’impianto sarà a carico del Comune, la manutenzione ordinaria come pure il cambio delle lampadine sarà a carico della Società Officine di Villar Perosa. […] Art. 8) Per il servizio della illuminazione pubblica e degli edifici municipali […] il Comune verserà alla Società Officine di Villar Perosa un canone annuo in ragione di L. 1 per candela […]. Con tale prezzo la Società si intende compensata in tutte le spese [3].
La fornitura di energia elettrica da parte della fabbrica al comune si ebbe ancora almeno fino al 1966 quando già il pacchetto di maggioranza Riv era passato alla SKF.[4] Dagli anni ’30 l’energia veniva prodotta dalla Riv in due centrali idroelettriche: quella (1930) in laterizio e cemento della potenza di 3000 KW nel comune vicino di Inverso Pinasca, sulla destra orografica del torrente Chisone, e la moderna centrale di Fenestrelle (1952) in cemento armato e tetto a falde, che sfruttava l’acqua raccolta dal bacino artificiale di Pourrieres, ed aveva una potenza di 13.000 KW. Entrambe ancora attive, costituirono all’epoca della costruzione un vanto per le officine:
Aggiungiamo che la costruzione del complesso di tali opere ha portato un effettivo e sentito benessere – nei trascorsi due anni – nella nostra valle,in quanto gran parte delle maestranze necessarie ai lavori […] è stata assunta in loco[5].
Fig. IV. 47. Progetto di illuminazione pubblica, 1931.
L’acquedotto al servizio del concentrico di Villar Perosa risale al 1929, mentre solo dopo la guerra vennero raggiunte anche le borgate esterne. Entrambi gli acquedotti furono progettati all’interno dello stabilimento Riv[6]. Al 1931 risale invece la costruzione della fognatura unica[7]. Infine, per l’interessamento di Giovanni Agnelli ed Officine Riv si ebbe la progettazione, costruzione e manutenzione (con la relativa fornitura di materiale) delle numerose strade comunali di collegamento alle preesistenti borgate, a titolo quasi gratuito o comunque di favore. L’elenco delle strade costruite dai primi del ‘900 fino agli anni ’50 comprende praticamente l’intero sistema viario comunale[8]:
Anni 1928/’30/’31 Strada dei Sartetti Anni 1903/’31 Strada Capoluogo – Cascina Grossa Strada Cascina grossa – Sartetti Strada Cascina grossa - Cascinetta – Ciardossina Strada Cascinetta – Campassi – Via Nazionale Anni 1928/’31 Strada Capoluogo - Prietti Anni 1929/’30 Strada Capoluogo – Frieri Anni 1930/’31 Strada di allacciamento b.te Caserme e Lerda Anno 1932 Sistemazione Strada Comunale dei Muretti Sistemazione casa comunale Prietti - Miandassa Anno 1938 Sistemazione s.s. del Sestriere – Viale Littorio (ora Viale Agnelli) Anno 1940 Strada Caserme – colle Prà Martino e sistemazione strade di allacciamento alle borgate Anno 1941 Strada Cascinette – Prietti Strada Cascina Grossa – Cascinette – Strada Nazionale del Sestriere (ora Via Piave) Anno 1942 Srada Frieri – Ciabot – Muretto Anni 1950/’51 Strada Cascinette – Chiadossina (con l’obbligo di utilizzare manodopera villarese) Anni 1950/’54 Strada Chiardossina – Sartetti.
Tra queste, la strada per il colle di Prà Martino venne costruita nel 1940 dalla Riv e ceduta a titolo gratuito al Comune. Alla Riv restava demandata la manutenzione con contratto triennale[9].
Fig. IV. 48. Planimetria delle strade per le borgate.
Nel 1929 e nel 1930 vennero costruiti i due sanatori, “Edoardo Agnelli” (maschile) e “Tina Nasi Agnelli” (femminile) a Pra Catinat a 1800 m sull’alpe che sovrasta la strada Villar Perosa - Sestriere, nel comune di Finestrelle; erano raggiungibili tramite la carrozzabile e una funivia, di cui si conservano poche tracce. I due convalescenziari per le persone affette da malattie polmonari, in particolare tubercolotici, erano in grado di ospitare 400 ammalati. “La struttura degli edifici è interamente in cemento armato, con tipologia assimilabile a fabbricati industriali multipiano coevi (vedi Lingotto) costituito da pilastri, travi ribassate principali e secondarie e orizzontamenti in soletta piena estesi alle balconate esterne rette su mensole e travi di bordo”[10]. I padiglioni saranno donati nel 1935, alla morte del figlio, all’Istituto Nazionale Fascista di Previdenza Sociale. La loro destinazione originaria venne mantenuta fino alla fine degli anni ’70, quando passarono alla Regione Piemonte, che li ha ristrutturati destinandoli a centro didattico di educazione ambientale.
Fig. IV. 49. I sanatori "Edoardo e Tina Agnelli" a costruzione terminata.
Infine nel 1938 Giovanni Agnelli fece erigere a Pinerolo l’ospedale civile, tuttora funzionante, intitolato al figlio “Edoardo Agnelli”.
Dal 1931 al 1938 in alta Val Chisone venne costruita Sestriere, che fino a quel momento, come località sciistica à la page, non esisteva:
In pochi anni, però, il sogno diventa realtà. Nel 1931 si costruisce il primo albergo, il “Monte Sises”, con l’adiacente torre rosa che conta 150 stanze distribuite su 11 piani. Seguono il lussuoso “Principe di Piemonte” (1932) e il “Duca d’Aosta” (1933). Il tutto corredato […] dalle moderne funivie del monte Alpette e Sises (1932), Banchetta (1933) e Fraiteve (1938)[11].
“Gli alberghi- torre […] a pianta cilindrica per eliminare dai fabbricati le zone d’ombra nel corso del sole”[12] progettate dall’ing. Bonadè Bottino[13] diverranno il simbolo della località. A Sestriere in quegli anni:
Si aprivano e miglioravano strade che confluivano ai vasti piazzali per il passaggio, l’arrivo, lo smistamento e la sosta dei capaci autobus e delle vetture private […] sorgeva una minuscola città, perfetta di servizi, di agi, di provvidenze varie, dalla bottega economica al negozio di gran lusso, dai bar […] alle tepide sale panoramiche […], dal cinema-teatro alla farmacia e all’ambulatorio: e tutto organicamente disposto secondo un preciso concetto urbanistico (qui si ripeteva ciò che era accaduto a Villar Perosa perché le menti direttive eran le medesime) che consisteva nello studio di raggiungere, e non turbare, ordine e bellezza. […] La vita del Sestrières quale stazione di sport invernali s’iniziò ufficialmente il 18 gennaio 1932. fu allora che si inaugurò il suo stemma, un’aquila con le ali spiegate e il motto “Ad Petram Sistrariam” [14].
L’operazione venne affiancata alla costruzione, negli anni 1933-1934, della strada in prolungamento di corso Stupinigi fino alla s.s. 23 in appoggio agli insediamenti turistici delle valli Po, Pellice, Chisone e Dora, voluta da un comitato presieduto da Giovanni Agnelli[15].
Fig. IV. 50. Sestriere in una cartolina degli anni ’30.
La residenza degli Agnelli, ex villa dei Piccone della Perosa, è chiamata “castello” dai villaresi. Acquistata nel 1853 da Giovanni Francesco Agnelli, si trova nella parte alta del paese, accanto alla parrocchia settecentesca di San Pietro in Vincoli.
Fig. IV. 51. Villa Agnelli danneggiata dal bombardamento del 3 -1-1944.
La manutenzione di questo immobile fino agli anni ’50 era demandata all’ufficio impianti della Riv per la progettazione, ed al reparto manutenzione per i lavori. Questo finché Gianni Agnelli non ebbe sposato donna Marella Caracciolo di Castagneto che, preso possesso della villa, scelse diversamente: da allora ad occuparsi della villa vennero chiamati tecnici, progettisti e personale esterni alla Riv.
Fig. IV. 52. Villa Agnelli oggi.
[1] Fonte: ASCVP, faldone 330, fascicolo 3, Illuminazione pubblica. [2] ASCVP, faldone 330, fascicolo 3, Illuminazione pubblica. [3] ASCVP, faldone 330, fascicolo 3, Illuminazione pubblica. Si veda copia “dell’orario di illuminazione” nella documentazione allegata al presente capitolo. [4] Fonte: AVONDO G. V., BRUNO V., TIBALDO L., RIV storia dello stabilimento di Villar Perosa, Pinerolo, Alzani, 1999, p. 236. [5] GUIGAS G., Inaugurazione della nuova centrale Riv di Fenestrelle, “L’Eco del Chisone”, Pinerolo, 10 maggio 1952. [6] Fonte: ASCVP, faldone 332, fascicolo 2, Acquedotto, disposizioni e documenti relativi. [7] Fonte: ASCVP, faldone 330, fascicolo 2, Costruzione fognatura. [8] Fonte: ASCVP, faldone 328, Strade comunali e reali: costruzione, manutenzione e documenti relativi. [9] Le delibere di incarico alla S. A. Officine di Villar Perosa per la manutenzione della strada comunale della b.ta Caserme al colle di Prà Martino dal 1941 al 1947, “mediante la corresponsione di £. 650 mensili”, sono presenti nell’ASCVP, faldone 71, Verbali di deliberazione del podestà vistati. [10] Relazione allegata al progetto di recupero e trasformazione del padiglione “Tina Agnelli” in centro di soggiorno, Comune di Fenestrelle, Pratiche edilizie, anno 1995. [11] RIVOLO T., Giovanni Agnelli? “Guardava al futuro”, “L’eco del Chisone”, Pinerolo, 9 dicembre 1999. [12] BERNARDI M., I cinquant’anni della Riv 1906-1956. Storia di una valle, di un uomo, di un’industria, Milano, Tip. Pizzi, 1956, p. 125. [13] Il cui padre era dirigente del Fascio a Pinerolo. Bonadè - Bottino progetterà delle torri analoghe per la colonia marina di Massa della Fiat. [14] BERNARDI M., op. cit., p. 125. [15] Fonte: GABETTI G., Architettura Industria Piemonte negli ultimi 50 anni, Torino, ed. a cura della Cassa di Risparmio, 1977, p. 147.
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