IV. 1.   Villar Perosa
        IV. 1. 1.   Configurazione geografica       
        IV. 1. 2.   Cenni storici                                
        IV. 1. 3.   L'andamento demografico        

 


 

IV. 1. 1.   Configurazione geografica

 

L’area geografica del Pinerolese è un territorio di circa 500 km quadrati posto tra la fascia occidentale di industrializzazione pedemontana piemontese e la provincia di Cuneo. Le valli pinerolesi, Chisone, Germanasca e Pellice, appartengono alle Alpi Cozie, fra la valle di Susa e la catena montuosa del Monviso. Un’ulteriore denominazione che le accomuna è quella di valli Valdesi, a causa della presenza, fin da tempi molto antichi, di una popolazione di seguaci della religione valdese che ha caratterizzato la storia e la realtà sociale di questi luoghi.

 

 

Fig. IV. 1.   Individuazione di Villar Perosa sulla carta geografica. 

 

La val Chisone si snoda per circa 50 km dal comune di Porte, dove il fondovalle si separa dalla pianura, al colle di Sestriere. Ne è esclusa la cittadina di Pinerolo che, “sia per la sua posizione geografica sia per la sua realtà socio - economica, presenta poche analogie con le comunità della val Chisone”[1]. Riguardo al toponimo, lo storico A. Pittavino afferma che:

 

Il nome di Valle Chisone appare prima del mille. Esso deriva dal nome del torrente che scaturisce in una valle stretta e chiusa che perciò venne chiamata Vallis Clusium[2].

 

“Con il passare del tempo tale denominazione ha subito varie trasformazioni fino ad arrivare a quella di ‘Vallis Clusonia’ e di ‘Vallis Cluxonis’”[3]. A monte di Porte, nella zona di bassa valle, si trova il paese di Villar Perosa, che dista 8 km da Pinerolo e ha altitudine media di m 591.

 


 

IV. 1. 2.   Cenni storici

 

L’attuale val Chisone dall’ XI fino alla fine del XIX secolo era suddivisa in due tratti, denominati val Pragelato e val Perosa, rispettivamente a monte e a valle di Perosa Argentina[4]. Tale suddivisione era dovuta alle travagliate vicende di questi territori, che dopo l’anno mille videro il succedersi di varie denominazioni da parte del Delfinato, della Francia e dei Savoia. 

Studi scientifici ritengono che nella preistoria Villar Perosa fosse ricoperta da un lago ghiacciato e chiuso da una morena fatta di detriti. Successivamente il clima cominciò a mitigarsi e il ghiaccio iniziò a sciogliersi, facendo crollare la diga naturale[5]. 

 

La valle storicamente ebbe in Perosa Argentina il più importante polo di attrazione […]. Altro centro importante della valle era Pinasca, posto a metà strada tra Perosa Argentina e Villar, mentre quest’ultimo rivestiva un’importanza ben minore. […] Se in altri centri della valle, […] sono riconoscibili i nuclei storici del concentrico, a Villar non ve ne è traccia, proprio perché il cosiddetto capoluogo, nel periodo antecedente l’insediamento dello stabilimento per la produzione dei cuscinetti a sfere, non esisteva[6].

 

Il villaggio originario, che rimase immutato fin all’inizio del XX secolo, “era costituito da piccoli borghi situati sulla parte alta della collina verso il colle di Prà Martino da dove si poteva godere il beneficio del tiepido sole di montagna. Successivamente dal 1906 in avanti, in contemporanea con la costruzione dello stabilimento Riv, iniziò la costruzione della parte bassa del paese, vicino al torrente Chisone”[7]. La distribuzione sparsa dell’abitato, concentrato prevalentemente sulle alture, è una caratteristica della val Chisone, tanto che a metà 800 Villar Perosa annoverava dieci borghi dispersi. Questa antica distribuzione, notano P. Corti e A. Lonni:

 

era dovuta a fattori storici ben precisi tra i quali, […] la presenza dei valdesi[8]. I protestanti, infatti erano stati spesso costretti a risiedere isolati o in alto per rispettare le antiche leggi restrittive e per difendersi dalle ripetute e cruente persecuzioni. Nondimeno, furono altre paure che contribuirono alla distribuzione della popolazione […]: quella di saccheggi degli eserciti […] e […] il timore delle valanghe, delle frequenti inondazioni, delle piene dei torrenti e dello sciogliersi delle nevi[9]

 

Le origini del Comune di Villar Perosa sicuramente sono legate a quelle della sua parrocchia, intitolata a San Pietro in Vincoli; “le parrocchie erano formate nei nuclei abitati non appena gli abitanti erano un buon numero. Allora era anche fatto il Municipio, per gli atti di compravendita e gli altri atti necessari alla vita civile”[10]. Alcune notizie sulla Parrocchia di Villar Perosa si ricavano dal libro del canonico Pietro Caffaro, dove si legge che: 

 

 Il feudo di “Villar Pinasca” venne donato nel 1064 e nel 1078 al monastero benedettino di Santa Maria di Pinerolo, da Adelaide, figlia di Olderico Manfredi e sposa in terze nozze di Ottone I di Savoia nonché marchesa di Susa[11].

 

“La casa di Savoia a quell’epoca possedeva la val d’Aosta, la Val di Susa e alcuni feudi in pianura (Barge, Bagnolo, Luserna, Cumiana e Piossasco). […] Dopo la morte di Adelaide (1091) l’abbazia iniziò a perdere lentamente il suo prestigio, a decadere e a cedere gran parte dei suoi privilegi e delle sue terre”[12]. L’unità della valle venne spezzata fino al definitivo trattato di Utrecht nel 1713, con il quale Vittorio Amedeo II di Savoia riuscirà a ricomporla.

“L’alta valle, a partire dal 1091 e fino al 1349, fu infatti subito occupata fino alle porte di Perosa dai conti di Albon, i signori di Vienne nel Delfinato, che già possedevano Cesana e Oulx, e successivamente dal re di Francia”[13].

Nella bassa valle “Tommaso di Maurienne, il primo conte di Savoia, si impadronirà di Pinerolo verso la fine del sec. XII. La Val Perosa nel 1246 diventerà feudo dei Savoia e nel 1295 passerà ai principi di Piemonte e d’Acaja.[…] La bassa Val Chisone [sarà quindi] alternativamente sabauda (1246/1536 e 1574/1630) o francese (1536/1559), o sabauda sulla sponda destra del Chisone e francese su quella sinistra (1560/1574 e 1630/1696). Dal 1696 e fino all’occupazione napoleonica (1798/1814) l’intera valle sarà ininterrottamente governata dei duchi di Savoia poi re di Sardegna e d’Italia”[14]. Un inquadramento storico, seppur molto generale, non può tralasciare un fatto che venne a complicare ancor più le complesse vicende di queste terre: l’insediamento dei Valdesi dal sec. XIII. Erano per lo più predicatori e profughi dalla Provenza “seguaci di Pietro Valdo, un mercante di Lione che predicava la povertà e l’assoluta obbedienza all’Evangelo. Dapprima essi trovarono asilo presso i vari signorotti locali e gli stessi signori di Albon, poi questi pressati dalla Chiesa di Roma, iniziarono un’aspra lotta contro l’eresia, che mise a ferro e a fuoco per alcuni secoli le valli”[15].

Si comprende così “il motivo per cui  mancano in Villar Perosa, e in tutta la Valle Chisone, insigni monumenti, castelli ed opere artistiche anteriori al 1400”[16]. I Valdesi sopravvissuti alle persecuzioni aderirono alla Riforma protestante nel 1532, divenendo così una Chiesa vera e propria, che “a poco a poco si diffuse […] abolendo le parrocchie cattoliche esistenti. Poi seguirono le repressioni da parte di Luigi XIV e del duca di Savoia, e i Valdesi furono costretti nel 1686 a varcare la frontiera svizzera. Tornarono tre anni più tardi attraversando le Alpi ed […] ottennero nel 1848 dal re Carlo Alberto le libertà civile e politica”[17]. Seguendo nuovamente le notizie sulla parrocchia di Villar dal libro del canonico Caffaro si legge che:

 

Il toponimo di Villar Pinasca era ancora in uso negli atti del 1374 e del 1386, mentre nel 1466 si parla di alcuni lasciti per la chiesa Villaris Peruscie[18].

 

“Questa parrocchia esistette fino al 1592-93, quando i Valdesi ebbero il sopravvento ed adibirono la chiesa a tempio. […] Nel 1632 la chiesa fu rioccupata da Fra Maurizio da Ceva. […] Infine nel 1686, ai Valdesi di Villar fu imposto di stabilirsi al di là del [torrente] Chisone”[19]. Nella primavera del 1700 il duca Vittorio Amedeo II di Savoia infeudava il territorio comprendente Perosa Argentina, Pinasca, Gran Dubbione, Villar e Porte ai fratelli Francesco, Giuseppe e Luigi Piccon figli di un ricco banchiere torinese e ricchi proprietari terrieri e conferiva loro il titolo comitale. Scrive a riguardo il Pittavino:

 

Del fondo di Villar Perosa facevano parte quelli di Dubbione e di Villar Perosa. Dopo vari trapassi il duca Vittorio Amedeo II ne concedeva nel 1700 la infeudatura ai fratelli Francesco Giuseppe e Luigi Piccone[20].

 

I Piccon fecero costruire un sontuoso palazzo adibito a villa di caccia in barocco piemontese e la chiesa (entrambe spesso attribuite a Filippo Juvarra), a spese di Vittorio Amedeo II, desideroso di affermare il suo predominio sulla valle dopo la cacciata dei Valdesi. Il palazzoarieggia la facciata di palazzo Madama di Torino, passato alla famiglia Gamba della Perosa, ai marchesi Turinetti di Priero, e, nel 1853, alla famiglia Agnelli […] è tutto in barocco piemontese e presenta notevole interesse artistico”[21].

 

Scrive a riguardo Marella Agnelli

 

Nonostante la mancanza di documenti [...] molti storici sono propensi a credere che la villa fosse stata concepita originariamente come casino di caccia per Vittorio Amedeo II duca di Savoia e re di Sardegna. [...] Invece è certo che re Carlo Vittorio Emanuele III, il quale nel 1730 destituì ed imprigionò il padre Vittorio Amedeo II [...] si fermava spesso nella villa di Villar Perosa durante le sue frequenti battute di caccia nelle montagne circostanti, o quando era diretto ad ispezionare il vicino forte di Fenestrelle. […] La chiesa […] per la sua posizione dominante […] pare voler segnare inequivocabilmente la presenza cattolica […] su questa sponda soleggiata della valle ed essere visibile alle comunità valdesi arroccate nei piccoli villaggi alpini sul lato opposto, nei gelidi pendii a nord chiamati “Inverso”[22]. 

 

I feudi dei Piccon furono acquistati successivamente dai Gamba di Moncalieri: 

Ai Piccone succedevano il Conte Giacomo Gamba, la cui famiglia si estinse in Polissena, moglie di Giuseppe Antonio Turinetti, Marchese di Priero[23].

 

In una guida di Pinerolo pubblicata nell’800 si legge che: 

 

Il feudo appartiene all’illustrissimo signor Conte Gamba della Perosa [...] Quivi riscontrasi una delle sue principali villeggiature con magnifico palazzo, e giardino sul moderno gusto, situati in amena regione, e nella parte più ampia, e deliziosa della perduta Valle. Detto palazzo è un piccolo modello della facciata del Palazzo Madama Reale di Torino. La Chiesa Parrocchiale principiata nel 1711 compita nel 1718 è una delle singolari, e più bella chiesa di quei contorni; essa va adorna di due campanili, e di una sontuosa cupola, il tutto edificato con gran maestria, esprimente in piccolo la Chiesa di Superga. La Parrocchia è di concorso. Compone essa terra 900 anime, e 4070 giornate sparse fra colline e montagne, ed in parte in piano: 400 di dette giornate appartengono al feudatario predetto, che ha tra altri feudi in detta Valle (Porte, Inverso Pinasca, Perosa) [24].

 

Nel 1853 la grande Villa, insieme ai terreni, venne ufficialmente acquistata da Giuseppe Francesco Agnelli, e da quel momento la storia del paese di Villar Perosa è strettamente legata a quella della famiglia Agnelli.

 


 

IV. 1. 3.   L’andamento demografico

 

L’evoluzione demografica del comune di Villar Perosa può essere seguita a partire dalla fine del XVII secolo.

Nella ricerca condotta da Franco Bronzat sul ripopolamento di Villar Perosa dopo l’esodo dei Valdesi si legge che:

 

Nel 1698 la parrocchia di Villar […] contava trenta persone delle quali ventiquattro cattolicizzate […], nel 1699 la parrocchia di Villar contava 31 cattolicizzati e 64 cattolici  [e saliva] nel 1700 a 132 persone  […] il conte Piccon dovette quindi procurarsi dei mezzadri che mettessero a coltura le sue terre, poiché la maggioranza degli abitanti di origine locale conduceva i propri fondi. […] Nel 1704 la popolazione ammonta a 300 persone, […] nel 1718 […] sono presenti circa 380 persone, […] [dopodichè] la popolazione tra l’inizio del XVII secolo e la metà del XIX si è mantenuta sostanzialmente stabile[25].

 

Fino ad inizio secolo Villar Perosa è un piccolo centro agricolo, come testimonia un “Questionario sulle condizioni igienico-sanitarie dei comuni del Regno” del 1885[26], dal quale si ricava che le case sono quelle tipiche dei nuclei rurali di montagna, basse, riscaldate a legna, con i letamai e le latrine all’aperto, e non esistono né industrie né telai a domicilio. Nel municipio di Villar Perosa esistono archivi e dati precisi solo a partire dal 1866. I dati ricavati dai censimenti permettono comunque di avere l’andamento demografico delle valli Chisone e Germanasca nel periodo 1861-1981[27].

 

 

                Fig. IV. 2.   Popolazione residente ai censimenti.

 

 

Fig. IV. 3.   Distribuzione percentuale della popolazione nei comuni.

 

P. A. Alberto osserva come il generale decremento di popolazione è:

 

il risultato della combinazione […] [della] rapida contrazione dei comuni [più montani], a cui si contrappone una minoranza di Comuni che si presentano in aumento, con tassi globali di crescita che raggiungono livelli eccezionali, [come] Villar Perosa, che ha visto la propria popolazione aumentare costantemente, con un’accentuazione di crescita nel periodo 1951-1961[28]. 

 

A partire dagli ultimi anni dell’Ottocento anche l’intera val Chisone subisce lo spopolamento montano che contraddistingue la vicenda sociale delle comunità del versante occidentale delle Alpi. Per A. Ambrosini:

 

Durante la prima metà del Novecento la perdita di popolazione di alcune comunità fu alla base dei provvedimenti amministrativi inerenti all‘accorpamento dei comuni minori a quelli di maggiore estensione [29] […]. Due sostanzialmente furono le scelte compiute dagli abitanti di queste vallate: una, più tradizionale, li portava all’estero in cerca di occupazione, [soprattutto in Francia e Svizzera, ma anche Stati Uniti ed Argentina] l’altra, più nuova. li spingeva verso il piano dove le industrie, la rete di servizi ad essa connessa e la maggior circolazione di denaro, fungevano da polo di attrazione […]. Nel secondo dopoguerra […] l’espandersi dell’industria […] contribuì a far cessare l’emigrazione verso l’estero, tipica dell’Ottocento e del primo Novecento, determinando il progressivo abbandono delle attività agricolo-pastorali a favore delle occupazioni nel campo industriale, favorendo l’inurbamento della popolazione e il conseguente abbandono di interi villaggi di montagna[30].

 

Determinante, in questo processo, fu il ruolo della Riv di Villar Perosa.

“Da piccolo agglomerato rurale, dopo la creazione della Riv, [Villar Perosa] si trasformò in cittadina industriale, con insediamenti e servizi sorti dal nulla ad uso e consumo della fabbrica […] [e] nel giro di 30 anni la sua popolazione ebbe una crescita del 30%”[31], dovuta in massima parte dalla manodopera proveniente dall’alta valle, a differenza di Perosa Argentina, che crebbe di popolazione grazie soprattutto al flusso migratorio dalle “regioni dell’Italia nord-orientale, (Veneto e Friuli in particolare), gravemente devastate dalla seconda guerra mondiale”[32].

Alla Riv nel “1911 […], gli operai erano già 300 e 40 gli impiegati, mentre nel 1915 si arriva a 898 unità, salite a 1930 nel ‘17 […] si ritorna a livelli più bassi, con 1152 operai e 117 impiegati nel 1920”[33].

Una crescita così rapida dell’occupazione spiega l’importanza della Riv nella formazione di un concentrico in quello che, fino ad inizio secolo, era solo un insieme di borgate[34]

Da una ricerca fatta scorrendo i dati dei censimenti dal 1861 al 1991, G.V. Avondo e V. Bruno rilevano che:

 

Dal 1861 al 1901, […] periodo che precede l’insediamento dello stabilimento per la produzione di cuscinetti, praticamente tutti gli abitanti risiedevano nelle borgate non esistendo un concentrico […]. Nel 1910 furono costruite le prime case operaie, ma i dati del censimento tenutosi l’anno successivo non evidenziano variazioni di rilievo […] evidentemente [dapprima] si verificò un flusso migratorio interno al Comune, dalla periferia al concentrico in via di formazione. Nel 1921 è già stato costruito il villaggio “Giovanni Agnelli” e i numeri cambiano sostanzialmente […]. Il concentrico […] grazie allo stabilimento, ha avuto modo di crescere in modo esponenziale, raccogliendo quegli operai, che con le loro famiglie, hanno deciso di trasferirsi a Villar dalla val Chisone o dalla pianura pinerolese per essere più vicini al posto di lavoro[35].

 

Dal confronto con i dati relativi agli anni 1931 e 1951, si nota una diminuzione del fattore di crescita e un concentrico 

superiore come numero di abitanti, [alla periferia] mentre vent’anni prima […] succedeva il contrario […]. All’inizio degli anni ‘50, quindi, Villar vede la sua popolazione divisa per circa la metà tra concentrico e borgate, ambedue in crescita: […] l’inurbamento non ha ancora assunto [le] dimensioni massime [che avrà] nel decennio successivo[36].

 

 

Fig. IV. 4.   Popolazione residente a Villar Perosa.

 


[1] AMBROSINI A., Industrializzazione, attività estrattive e flussi migratori in un’area alpina tra 800 e 900, tesi di laurea, Università degli studi di Torino, facoltà di scienze della formazione,  anno accademico 1995 – ‘96, relatore Valerio Castronovo, p. 17.

[2] PITTAVINO A., Storia di Pinerolo e del Pinerolese, Milano, Bramante, vol I, 1963, p. 49.

[3] AMBROSINI A., op. cit., p. 15.

[4] “Fino a Perosa la valle era chiamata Val Dubiasca, poi Valle Pineirasca, e più tardi Valle di Perosa (secolo XII) a partire dal Malanagio fino al Bec Dauphin” [ PITTAVINO A., op. cit., p. 49].

[5] Ivi, p. 12. Si veda anche: Paesaggio agrario ed architettura rurale, Atti del convegno, S. Germano Chisone (TO), 8 dicembre 1995.

[6] AVONDO G.V., BRUNO V., TIBALDO L., RIV Storia dello stabilimento di Villar Perosa, Pinerolo, Alzani, 1999, p. 9.

[7]  S. Pietro in Vincoli. Una piccola copia di Superga a Villar Perosa,  opuscolo n. 2 della serie “Una valle per amica“, a cura della Comunità Montana Valli Chisone e Germanasca, Torino, Stamperia Artistica Nazionale, 1997, p. 12.

[8] Vengono così chiamati i seguaci della dottrina protestante di Pietro Valdo.

[9] CORTI P., LONNI A., Da contadini ad operai, in: AA.VV., La cassetta degli strumenti. Ideologie e modelli sociali dell’industrialismo italiano, a cura di V. Castronovo, Milano, Franco Angeli, 1986, pp. 208 - 209.

[10] Il restauro del pilone della Miandassa di Villar Perosa, opuscolo stampato per l’occasione a cura dell’ADMO di Villar Perosa, Pinerolo, Tipografia Giuseppini, agosto 1997, p. 38.

[11]CAFFARO P., Notizie e documenti della Chiesa Pinerolese, vol. VI, Pinerolo, Tipografia Chiantore - Mascarelli, 1893 -1903, p. 102.

Il territorio donato comprendeva tra i numerosi possedimenti sparsi in Piemonte e Liguria, l’intera val S. Martino (l’attuale Val Germanasca) e parte della val Chisone (Porte, Turina, Malanaggio, S. Germano, Pramollo, Villar, Villaretto, Mentoulles, Fenestrelle, Usseaux, Balboutet, Pourrières, Fraisse, Pragelato e Sestriere), Pinasca e Perosa saranno annesse nel 1078. I monaci esercitavano la sovranità temporale, mentre quella spirituale era di loro competenza solo nella val S. Martino e nella bassa val Chisone, poiché l’alta valle faceva parte della prevostura di Oulx.

[12] S. Pietro in Vincoli. Una piccola copia di Superga a Villar Perosa,  opuscolo n. 2 della serie “Una valle per amica“, a cura della Comunità Montana Valli Chisone e Germanasca, Torino, Stamperia Artistica Nazionale, 1997, p. 7.

[13] Ibidem.

[14] Ibidem.

[15] Ivi, p. 8.

[16] Il restauro del pilone della Miandassa di Villar Perosa, opuscolo stampato per l’occasione a cura dell’ADMO di Villar Perosa, Pinerolo, Tipografia Giuseppini, agosto 1997, p. 38.

[17] S. Pietro in Vincoli. Una piccola copia di Superga a Villar Perosa,  opuscolo n. 2 della serie “Una valle per amica“, a cura della Comunità Montana Valli Chisone e Germanasca, Torino, Stamperia Artistica Nazionale, 1997, pp. 8-9.

[18] CAFFARO P., op. cit. p. 102.

[19] Il restauro del pilone della Miandassa di Villar Perosa, op. cit., p. 38.

[20] PITTAVINO A., Storia di Pinerolo e del Pinerolese, Milano, Bramante, vol. I, 1963, p. 50.

[21] PITTAVINO A., op. cit., p. 481.

[22] AGNELLI M., Giardino segreto, Milano, Rizzoli, 1998, p. 40 - 41.

[23] PITTAVINO A., op. cit, p. 50.

[24] GROSSI A., Corografia della città e provincia di Pinerolo, Torino, Stamperia Pane e Barberis, 1800.

[25] BRONZAT F., Villar Perosa dopo l’esodo dei valdesi - il ripopolament , “Valados usitanos”,  n. 59, Torino, gennaio - aprile 1998, pp. 21 - 31.

[26] ASCVP, faldone 88, fascicolo 2, Servizio di sanità ed igiene pubblica. Si veda la documentazione allegata.

[27] Tratte da: ALBERTO P. A., Lo stabilimento FIAT di Villar Perosa: un caso di studio, tesi di laurea, Università degli studi di Torino, facoltà di scienze politiche, anno accademico 1989 -’90, relatore Gino Lusso.

[28] Ivi, p. 5.

[29] “In Val Pellice e in Val Germanasca (tra il 1901 e il 1911) [...] si riscontrava [...] una flessione del 6% e la differenza tra la popolazione residente e quella presente, che nel 1901 era di oltre 3.000 unità, si riduceva, per effetto delle nuove tendenze all’emigrazione permanente, a circa 1500 unità” [CASTRONOVO V., Economia e società in Piemonte dall’Unità al 1914, ed. a cura della Banca Commerciale Italiana, Milano, 1969, p. 255].

[30] AMBROSINI A., Industrializzazione, attività estrattive e flussi migratori  in un’area alpina tra 800 e 900, tesi di laurea, Università degli studi di Torino, facoltà di scienze della formazione, anno accademico 1995 - ’96, relatore Valerio Castronovo, pp. 23 - 25.

[31] AA.VV., Val Chisone e Sestriere. Storia, Natura, Itinerari, Torino, Kosmos, 1994,  pp. 21 - 22.

[32] Ibidem.

[33] AA.VV., Archeologia industriale in Val Chisone - la trasformazione del territorio: dall’archivio al survey, supplemento al “Bollettino del centro studi e Museo d’Arte preistorica di Pinerolo”, Pinerolo, 1994, p. 18. 

La popolazione di Villar Perosa al 31/8/1917 è di 3460 abitanti, dei quali 1035 sono popolazione agricola e 2425 non agricola; fonte: ASCVP, faldone 4, fascicolo 4, Amministrazione e territorio.

Si veda nel presente studio:  IV. 2.   La Riv.

[34] Si veda: TRIVERO Q., Guida storica  e commerciale del circondario di Pinerolo, Pinerolo, Tipografia Sociale, 1887.

[35] AVONDO G.V., BRUNO V., TIBALDO L., RIV Storia dello stabilimento di Villar Perosa, Pinerolo, Alzani, 1999, pp. 11 - 16.

[36] Ibidem.