S. MOLLI, L’orto della casa operaia
Si tratta di un estratto dalla rivista “Urbanistica” del maggio - giugno 1937 interamente dedicato alla questione dell’orto famigliare annesso alla singola casetta operaia. Il compito che si prefigge l’autore è di arrivare a definire la misura del lotto e la disposizione delle colture adatti ad una famiglia operaia tipo. S. Molli spiega innanzitutto la convenienza di portare abitazioni ed industrie fuori dei confini della città, in un ambiente sano e tranquillo, dove:
lontano dal centro urbano in una località ove il valore delle arre non si scosta molto da quello del terreno agricolo, sarà possibile realizzare, insieme all’ideale di una casa, quello di un piccolo orto […]. L’orto per l’operaio, oltre che un luogo di riposo ideale, di svago piacevole, è una vera palestra per esercizi fisici ed intellettuali, che non stancano, ma ritemprano; per la donna di casa è inoltre l’ambiente ove molte faccende domestiche (lavatura, pulizia abiti, ecc.) possono essere sbrigate in modo più comodo e più igienico per lei e per la casa: per i bambini poi è il più benefico dono che si possa fare: al sicuro dai pericoli della strada, e dai contagi dell’affollamento, il loro corpo, al contatto dell’aria continuamente rinnovatesi, dei raggi benefici e della varia temperatura, si indurisce; tutto il loro organismo funziona più attivamente: si provoca un più rapido e armonioso sviluppo e si offre maggiore resistenza ad un’infinità di malattie. Le stigmate della tubercolosi e della rachitide, le malattie dei locali chiusi, così sovente impresse nei piccoli infelici che soggiornano nei centri urbani, sono in questi luoghi completamente ignorate. Inoltre, la coltivazione dell’orto può recare un benefico apporto all’economia. Nel bilancio della famiglia operaia, le spese dell’alimentazione […] sarebbero sensibilmente ridotte: nel bilancio nazionale, ad un forte consumo di verdura corrisponderebbe una forte diminuzione delle importazioni dall’estero di vari generi alimentari[…]. Con l’amore alla propria casa non potrà che nascere e rafforzarsi l’amore al risparmio, sicura base economica della famiglia e della nazione[1].
Fig. 1 Tabella riassuntiva del fabbisogno alimentare degli individui.
Il problema impostato dal Molli è quello di arrivare a definire “l’area di terreno agricolo necessaria e sufficiente a soddisfare i fabbisogno ortofrutticolo di una famiglia-tipo cittadina di ceto operaio […] destinata ad abitare in un borgo di casette con orto[2]”. Per condurre il suo ragionamento l’autore utilizza statistiche di vario tipo, e ricava diverse tabelle per la distribuzione delle colture.
Fig. 2. Schema per il calcolo della rotazione delle colture.
Il Molli, dopo aver stabilito come famiglia tipo quella di quattro componenti, e il suo fabbisogno medio annuo di 560 Kg di verdura e di 290 Kg di frutta, arriva a definire una superficie necessaria di 308 mq, dei quali mq 42 per la casa, mq 65 per il cortile ed i passaggi, mq 121 per l’orto coltivato e mq 80 per il frutteto, e indica una pianta tipo di villetta con orto:
Una striscia lunga e stretta sarà la disposizione migliore da adottare. La casetta dovrà sorgere in testa alla striscia, presso il lato minore, lungo la strada di servizio. […] Data l’esiguità delle casette, per aumentare la loro massa architettonica e ridurre la soggezione sul terreno ed anche un po’ le spese di costruzione e di riscaldamento, generalmente si abbinano due casette fra di loro.[…] [Inoltre] la casa naturalmente dovrà essere ideata anche in relazione alle piccole esigenze agricole: una minuscola cantina per la custodia di attrezzi e la conservazione dei prodotti, un piccolo loggiato e un ripostiglio per la frutta. Un lavatoio, un pollaio ed una fossa per il concime, un cortiletto, completeranno le installazioni di questa minuscola azienda agricola di famiglia operaia[3].
Fig. 3. Pianta-tipo di villetta con orto determinata dal Molli.
[1] MOLLI S., L’orto della casa operaia, estratto dalla rivista “Urbanistica”, n. 3 - 4, Roma, maggio - giugno 1937, XV, pp. 2 - 3. [2] Ivi, p. 3. [3] Ivi, p. 9 - 10.
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