LE RIVISTE E I GIORNALI DI MOVIMENTO

Il Manifesto

Dapprima mensile (il primo numero è uscito nel giugno del 1969), poi quotidiano (28 aprile 1971), le figure principali che diedero vita all'esperienza sono Rossana Rossanda, Lucio Magri, Valentino Parlato, Aldo Natoli, Massimo Caprara, Luciana Castellina, Lidia Menapace. Tra gli intervistati è Vincenzo Miliucci a parlare più approfonditamente dell'esperienza iniziale della rivista e del gruppo politico, in particolare nel momento della rottura con il PCI, avvenuta dopo la Primavera di Praga. Oggi lavorano al quotidiano e alla casa editrice de Il Manifesto tre degli intervistati: Benedetto Vecchi, Andrea Colombo e Marco Bascetta.

Lotta Continua

Il primo numero del settimanale data 22 novembre 1969, mentre come quindicinale ha terminato le sue pubblicazioni il 2 febbraio 1972, per diventare (dall'11 aprile dello stesso anno) quotidiano. Parallelamente sono uscite pubblicazioni specifiche, come Prendiamoci la Città, Proletari in divisa (sull'esercito) e Mo' che il tempo s'avvicina (sulle lotte al Sud). Il gruppo di Sofri si sciolse nel congresso di Rimini del 1976, mentre il giornale continuò le pubblicazioni fino all'11 novembre del 1982. Nel merito si può vedere anche l'intervista a Brunello Mantelli.

Nuovo Impegno

Uscita nel dicembre del 1965 come rivista di critica letteraria marxista, Nuovo Impegno entrò in rapporto con il Potere operaio pisano, da cui ben presto si ditaccò per dar vita nel 1969 alla Lega dei Comunisti. Rivista bimestrale e poi trimestrale, chiuse le pubblicazioni col n. 31-32, uscito nel marzo del 1977.

Quindici

Il primo numero del mensile uscì nel giugno del 1967 su iniziativa di persone appartenenti alla neoavanguardia artistica, in particolare il Gruppo 63. L'anno successivo venne dedicato grosso spazio al movimento studentesco, con cronache e analisi. Tra le principali figure animatrici della rivista vi sono Nanni Balestrini, Alfredo Giuliani, Alberto Arbasino, Gabriele Porta, Edoardo Sanguineti.

Classe

La rivista nacque nel giugno del 1969, diretta da Stefano Merli. Richiamandosi alla cultura del "controllo operaio", ha cercato di mettere insieme ricostruzione storiografica, analisi teorica e documentazione delle lotte operaie. Su questi filoni negli anni '70 uscirono diversi numeri monografici. Concluse il suo ciclo nel dicembre del 1982.

Lavoro Politico

Formatasi a Verona per inziaitiva di Walter Peruzzi, il primo numero della rivista uscì nell'ottobre del 1967, raccogliendo una parte dell'area m-l soprattutto veneta e trentina. La redazione ha infine aderito al PC m-l, mettendo fine alle pubblicazioni con il numero 11-12, datato gennaio 1969.

Ombre Rosse

Una prima serie della rivista fatta a Torino, che va dal maggio del 1967 al dicembre del 1969, era incentrata sulla critica cinematografica e sulla documentazione del movimento studentesco del '68. Le pubblicazioni della nuova serie ripresero nel gennaio-marzo del 1973, all'insegna di una maggiore attenzione alla riflessione teorica sulla classe e dentro il movimento e alla critica culturale (intendendosi con ciò soprattutto la cultura umanistica). Tra le figure principali vanno segnalati Goffredo Fofi, Piergiorgio Bellocchio, Luigi Manconi. Il n. 33 del 1981 ha segnato la fine dell'esperienza.

Re Nudo

Dapprima quindicinale e poi mensile, la rivista è stata tra le più significative espressioni della controcultura italiana, mescolando articoli sulla psichedelia, sulle lotte internazionali, sulla musica, sulle donne. L'esperienza, in un difficile e alterno rapporto con i movimenti e con i gruppi politici, ha proseguito dal n. 1 del dicembre 1970 fino al n. 92 del novembre-dicembre 1980.

L'Erba Voglio

Subito dopo la pubblicazione di un libro dall'omonimo titolo (tra i cui autori vi sono Elvio Facchinelli e Luisa Muraro), nel luglio 1971 uscì il primo numero de L'Erba Voglio, rivista inizialmente bimestrale. Il sottotitolo, "Servitù e liberazione di massa", indica la forte connotazione antiautoritaria della rivista, in un rapporto spesso critico con i gruppi e le organizzazioni politiche. I temi affrontati sono molteplici, dal racconto di esperienze autogestite (scuola, case, asili nido), agli studi psicanalitici controcorrente di Facchinelli. Con largo anticipo vi hanno trovato grande spazio il nascente movimento femminista e i temi del "personale": in questo senso fondamentali sono stati i contributi di Lea Melandri, oltre alla già citata Muraro. Con il numero 28 del febbraio/marzo 1976 si concluse il percorso della rivista.

Quaderni di Lotta Femminista

Tra il dicembre 1972 e l'ottobre 1973 uscirono due Quaderni di Lotta Femminista, realizzati dall'omonimo collettivo, nato a Padova e ben presto estesosi in diverse altre realtà (Ferrara, Venezia, Firenze, Milano, Bologna, Modena, Gela, Bolzano). Il percorso del collettivo (animato da Mariarosa Dalla Costa) si è concentrato sull'analisi del ruolo sociale, economico e politico della donna nella società capitalista. Viene rivendicato un salario per il lavoro domestico (lavoro femminile produttivo non riconosciuto come tale), nodo centrale su cui si basa lo specifico sfruttamento capitalistico della donna. "La liberazione della donna" si legge nel primo numero dei Quaderni, "passa attraverso la sovversione non solo della fabbrica e dell'ufficio, ma dell'intero contesto sociale. [...] Lotta di classe e femminismo per noi sono una stessa cosa dal momento che il femminismo esprime la ribellione di quella sezione di classe senza di cui la lotta di classe non può generalizzarsi, allargarsi e approfondirsi".

Controinformazione

Il numero 0 uscì nell'ottobre del 1973, con un importante racconto della lotta dei "fazzoletti rossi" alla Fiat nello stesso anno. Il sottotitolo, "periodico di informazione", indicava la volontà da una parte di rendere pubbliche informazioni particolari (dei servizi segreti o sui fascisti, ad esempio), dall'altra di far circolare documenti delle organizzazioni, dando in seguito notevole spazio all'area della lotta armata. La rivista terminò le sue pubblicazioni nel giugno del 1984. Tra gli intervistati, per una certa fase ha collaborato a Controinformazione Aldo Bonomi.

Il pane e le rose

Nato nel 1973 come supplemento a Quaderni Piacentini, fatto prevalentemente da studenti che si definivano "cani sciolti" (una parte dei quali faceva riferimento a Lotta Continua), è uscito con periodicità irregolare fino al 1976. Si è occupato in particolare della condizione giovanile, della libertà sessuale, della musica, e fu da subito attento al nascente movimento femminista.

Lavoro Zero

Nato tra il 1973 e il 1974 come bollettino ciclostilato della Assemblea Autonoma di Porto Marghera, ne uscì un numero unico nel luglio 1975, per poi diventare dal febbraio 1976 al maggio 1979 "giornale comunista del Veneto". Diretto da Augusto Finzi, partendo dalle lotte del petrolchimico di Marghera affrontò diversi nodi della situazione politica nazionale ed internazionale, in contemporanea con l'uscita negli Stati Uniti di Zerowork, i cui redattori italiani erano Ferruccio Gambino e Bruno Cartosio.

Critica del Diritto

Il primo numero della rivista uscì nel gennaio/aprile 1974, con il significativo sottotitolo "Stato e conflitto di classe", teso a mettere in rilievo il tentativo di elaborare una critica marxista dello Stato, del diritto e delle istituzioni. Hanno partecipato all'iniziativa persone appartenenti ad ambiti spesso diversi: da politici ad avvocati, da sindacalisti a magistrati. Tra le numerose figure che hanno animato la rivista citiamo Antonio Bevere (che ne era il direttore), Johannes Agnoli, Romano Canosa, Pino Ferraris, Luigi Ferrajoli, Giovanni Russo Spena. Tra gli intervistati ha avuto un ruolo importante nell'iniziativa Toni Negri. La rivista, originariamente quadrimestrale, continuò le sue pubblicazioni fino al 1981, orientandosi negli ultimi numeri soprattutto alla critica della legislazione d'emergenza e dei meccanismi repressivi.

Marxiana

Della rivista, fondata e diretta da Enzo Modugno, ne sono usciti due numeri tra il gennaio-febbraio e l'ottobre del 1976. Vennero pubblicati diversi saggi di importanti figure internazionali, da Sartre a Mattick ad Horkheimer a Dutschke a Sohn-Retel.

Metropolis

Tra i promotori della rivista vi erano Enrico Livraghi, Raffaele Sbardella, Sandro Studer. Il primo numero è uscito nell'ottobre del 1977, con il significativo sottotitolo "rivista quadrimestrale di ricerca e documentazione per una scienza dei rapporti sociali". Si valorizzava un pensatore come Galvano Della Volpe, venivano pubblicati alcuni inediti di Tronti, era dedicata una sezione a "Cinema e Società". L'esperienza è terminata con il terzo numero, uscito nel maggio del 1979.

DWF

Il primo numero uscì nell'ottobre-dicembre del 1975 con il sottotitolo "donna woman femme: rivista internazionale di studi antropologici, storici e sociali, sulla donna". Vi fu da subito una forte attenzione ad una ricerca scientifica di tipo nuovo. A partire dall'ottobre del 1976 inizia una nuova serie della rivista, sempre animata da figure importanti del femminismo italiano come, tra le altre, Ida Magli e Annarita Buttafuoco. Con il sottotitolo "quaderni di studi internazionali sulla donna", si scelse la formula dei numeri monografici. DWF continua ad uscire ancora oggi.

QUADERNI ROSSI

Il primo numero dei Quaderni Rossi uscì il 30 settembre 1961. Mario Tronti sostiene che l'esperienza è originata dall'incontro di "una realtà operaia fresca con un'intellettualità anch'essa fresca perché liberata dai pesi tradizionali e culturali di un vecchio marxismo". Nel gruppo dei QR Alquati e Gasparotto, ben presto affiancati da Soave e Gobbi, cercarono di portare e proseguire le importantissime esperienze di conricerca già iniziate negli anni precedenti, rispetto a cui Panzieri si dimostrò da subito diffidente se non addirittura apertamente ostile. Tra gli intervistati, ai primi tre numeri collaborarono (in parte o in toto) Tronti, Alquati, Asor Rosa, Di Leo, Gobbini, Soave, Gobbi, Gasparotto, Daghini, Negri, Bologna, Berti, Greppi; Rieser, invece, partecipò all'esperienza fino alla fine. Le riunioni di redazione venivano fatte all'Istituto Gobetti di Torino, città che fino alla fine degli anni '60 era il centro focale delle lotte operaie in Italia. Dopo il terzo numero e successivamente all'aspra divisione sulle vicende di Piazza Statuto, vi fu la rottura "tra chi voleva accentuare l'elemento dell'intervento nelle lotte e chi voleva invece rimanere più su un livello di analisi". I primi daranno vita a Classe Operaia, gli altri (tra cui Raniero Panzieri, Dario e Liliana Lanzardo, Giovanni Mottura, Michele Salvati, Edda Saccomani) faranno ancora tre numeri dei Quaderni Rossi (l'ultimo dei quali è datato maggio-dicembre 1965), di taglio molto più accademico.

GATTO SELVAGGIO

Con il sottotitolo "Giornale di lotta degli operai della FIAT e della LANCIA", Gatto Selvaggio uscì nella primavera del 1963 nelle fabbriche torinesi, fatto in particolare da Romolo Gobbi e Romano Alquati. Il titolo è eloquente: "Nel sabotaggio continua la lotta e si organizza l'unità". Si descrive la spontaneità-organizzata degli operai, al di fuori di partito e sindacato. Il nome (datogli dagli operai inglesi) indicava una forma caratterizzata "da una continua rotazione e cambiamento delle tattiche, dei tempi e dei metodi di lotta: da' il massimo danno al capitale col minimo dispendio operaio. [...] Il gatto selvaggio non si sa dov'è, non si sa quando e non si sa come, improvviso, e gira sempre più rapidamente". In seguito alla pubblicazione del giornale, Gobbi venne condannato a dieci mesi di reclusione con l'accusa di istigazione a delinquere e al sabotaggio: "per me è un onore dire che sono stato condannato per apologia di reato, sono stato il primo italiano ad esserlo dalla fine del fascismo, poi vennero gli altri".

CLASSE OPERAIA

Nata per iniziativa del gruppo che ruppe con i Quaderni Rossi, il primo numero di Classe Operaia, con il sottotitolo "mensile politico degli operai in lotta", uscì nel gennaio del 1964. L'editoriale d'esordio della rivista, "Lenin in Inghilterra", indicava la necessità di cambiare segno rispetto ad una certa tradizione marxista, rovesciando la prospettiva con cui guardare ai processi: prima la classe operaia e le sue lotte, poi il capitale ed il suo sviluppo. La breve ma importantissima esperienza di Classe Operaia fece da levatrice al sorgere di un'articolazione di diversi gruppi operaisti locali e regionali, impegnati nella collaborazione e nella diffusione del giornale e nell'intervento politico a livello operaio. I gruppi più consistenti erano quelli piemontese, lombardo, ligure, veneto-emiliano, toscano e romano. Il conflitto all'interno della redazione si scatenò sul problema del rapporto con il PCI, provocando una divisione tra l'ipotesi di creare un gruppo di quadri in grado di dare una battaglia interna al partito e il tentativo invece di costruire una nuova organizzazione ad esso alternativa. Più in profondità, come sostiene Alquati, il grosso limite va probabilmente individuato nell'incapacità di re-iventare nuovi obiettivi e una nuova cultura politica che fosse adeguata alla dirompente individuazione dell'operaio-massa come referente collettivo. L'ultimo numero della rivista uscì nel marzo del 1967. Tra gli intervistati sono stati interni o comunque hanno in vario modo preso parte all'esperienza Tronti, Alquati, Asor Rosa, Di Leo, Gobbini, Gasparotto, Daghini, Gobbi, Bologna, Negri, Zagato, Berti, Greppi, Livraghi, Pozza, Gambino (soprattutto per la dimensione internazionale), Piperno (nell'ultima fase).

CONTROPIANO

Il primo numero del quadrimestrale diretto da Alberto Asor Rosa e da Massimo Cacciari uscì nel gennaio del 1968, pochi mesi dopo la fine dell'esperienza di Classe Operaia. Faceva parte del gruppo dei fondatori di Contropiano anche Toni Negri, il quale si allontanò poco dopo, al fronte della ormai evidente divergenza rispetto al rapporto con il PCI e con il Movimento Operaio. Lo stesso Negri scriverà sui numeri a cui prenderà parte due importanti saggi ("La teoria capitalistica del '29: John M. Keynes" e "Marx sul ciclo e la crisi"). La rivista si componeva di tre sezioni (Saggi, Materiali, Note). Svolse un importante ruolo sul piano politico-culturale, come sottolinea lo stesso Tronti (il quale ebbe nell'esperienza un ruolo più defilato rispetto a Classe Operaia), soprattutto nella valorizzazione (di cui l'operaismo politico è stato portatore) di "quel tipo di cultura che veniva da tutt'altri luoghi, anzi da luoghi esattamente opposti, perché era una cultura della grande decadenza borghese, con forti spunti irrazionalisti, ma con grande attenzione a tutto il fenomeno delle avanguardie artistiche, storiche, nelle arti figurative, nella letteratura, in poesia, nella musica". Oltre alle persone già citate, tra gli intervistati ha collaborato a Contropiano anche Rita Di Leo. L'ultimo numero della rivista è quello del settembre/dicembre del 1971.

LA CLASSE

La Classe, "giornale delle lotte operaie e studentesche", durò appena tre mesi, con i suoi 13 numeri usciti tra il maggio e l'agosto del 1969. Ha tuttavia avuto una grossa importanza, collocandosi in una fase politicamente cruciale. Come sostiene Piperno, "il vero merito de La Classe è stato di essere il megafono di quello che avveniva alla Fiat". Baricentrale era infatti Torino, con "il valore emblematico di un grande movimento nella città e dentro-fuori la fabbrica, quando questa ha ancora un valore enorme di centralità di classe e di elaborazione di pensiero politico, e l'operaio, o anzi meglio gli operai sono il soggetto individuale e collettivo di una storia che si sta facendo" (Daghini). Sul capoluogo piemontese hanno quindi fatto rotta i gruppi operaisti veneto-emiliani, romani, milanesi, in appoggio a quelli torinesi già esistenti. Il giornale ha avuto anche la capacità di dedicare una grossa attenzione a nodi importanti, come il ruolo dei tecnici. Nel convegno nazionale delle avanguardie operaie e studentesche, tenutosi nel luglio del '69, vennero a galla le profonde differenze tra il gruppo de La Classe e il Potere operaio pisano, che darà poi vita a Lotta Continua (sigla in realtà coniata da Dalmaviva e Rieser e usata proprio da La Classe). Dopo l'estate il giornale cessò dunque le sue pubblicazioni e confluì nella fondazione di Potere Operaio. Tra gli intervistati hanno fatto parte dell'esperienza Dalmaviva, Bologna, Negri, Piperno, Scalzone, Daghini, Gambino, Zagato, Magnaghi.

POTERE OPERAIO

Il primo numero del giornale uscì nel settembre del 1969, continuando e allargando l'esperienza de La Classe. Come osserva Piperno "ci sono state tre versioni di Potere Operaio: una è il settimanale, quindi il mensile, poi c'è stato un Potere Operaio del lunedì. La prima versione di Potere Operaio e Potere Operaio del lunedì avevano una redazione a Roma; il mensile aveva invece la redazione a Milano ed era anche in parte fatto da compagni diversi. Il mensile era diventato (se mi si passa il termine pomposo) la rivista teorica, invece il settimanale tentava di avere un foglio di quotidiano, aveva quel tipo di impostazione rapida". I gruppi principali erano quello veneto, emiliano, romano, toscano, in parte quello napoletano, mentre un ruolo ridotto hanno avuto Milano e Torino.
Tra il 1969 e il 1970 uscirono quattro opuscoli dal titolo Linea di Massa: uno sulla scuola, uno sui tecnici, uno sulla Snam Progetti (fatto dal Comitato di base di Milano) ed uno su Porto Marghera.

 Tra il '72 ed il '73 maturò la crisi interna a PO (come del resto avvenne anche per gli altri gruppi): la rottura fu sancita nel convegno di Rosolina del maggio 1973. La parte più legata a Negri confluirà in Rosso e nell'Autonomia, l'altra (il gruppo dei romani e di Piperno, in un primo momento seguito dai veneti) cercheranno di mantenere viva l'esperienza di PO (l'anno successivo uscirà ad esempio Fuori dalle Linee). Altri (come, ad esempio, Bologna, Daghini, Berti o Bifo), fin da prima critici della strada iperoganizzativista secondo loro imboccata da Potere Operaio, prenderanno strade diverse. Oltre alle persone già citate, tra gli intervistati hanno preso parte all'esperienza di PO Scalzone, Dalmaviva, Virno, Magnaghi, Del Re, Gobbini, Greppi, Zagato, Gambino, Benvegnù, Marazzi, Paba, Contini, Bascetta, Colombo.
Infine, va segnalata l'esperienza svizzera di Lotta di Classe, che si iscriveva in una certa derivazione operaista: il suo percorso viene descritto nell'intervista a Marazzi.

COMPAGNI

Tra l'aprile del 1970 e il maggio/giugno del '71 uscirono due numeri di Compagni, iniziativa nata principalmente dall'area di Potere Operaio. La rivista ha offerto un ricco dibattito sui movimenti internazionali, oltre ad interventi sulle nuove lotte operaie in Italia. Molteplici e variegati i contributi: sul primo numero, ad esempio, si segnala l'articolo di Guido Neri e Paolo Gambazzi su "La rivoluzione della Rivoluzione culturale proletaria". Da citare poi i contributi di Sandro Serafini, Luciano Ferrari Bravo, Bruno e Giuseppe Bezza, Ed Grossman. Tra gli intervistati, hanno scritto sulla rivista Negri, Daghini, Bologna, Berti, Magnaghi, Scalzone.

LINEA DI CONDOTTA

 Con il sottotitolo "materiali sulla crisi e l'organizzazione operaia", di Linea di Condotta ne uscì un solo numero, nel luglio del 1975. La sua importanza, sostiene Virno, è consistita nell'essere stato "un estremo tentativo, condotto tra l'autunno del '74 e l'inizio del '75, di riconnettere tra loro alcune delle schegge seguite alla rottura di Potere Operaio", specificatamente quella parte "che non aveva fatto la scelta chiamiamola dell'Autonomia, che si ruppe a sua volta. [...] Il numero di Linea di Condotta, se ci si pensa, è molto eterogeneo, è molto volenteroso, si capisce la voglia di questi compagni di fare ancora una cosa significativa insieme". Di particolare rilievo è l'editoriale, titolato "Da Potere Operaio a Linea di Condotta" e scritto da Piperno. Oltre a questi e a Virno, tra gli intervistati hanno collaborato alla rivista Zagato, Daghini, Dalmaviva, Scalzone, Magnaghi, Benvegnù.
In precedenza, poco dopo la fine di Potere Operaio e in occasione della seconda occupazione della Fiat, una parte dell'ex PO (tra cui Virno, i veneti e i fiorentini) fecero uscire come quotidiano gratuito quattro numeri di Fuori dalle Linee.

 ROSSO

Il primo numero di Rosso uscì nel marzo del 1973 come quindicinale del Gruppo Gramsci, affiancando la rivista teorica del gruppo stesso, Rassegna Comunista. Tra gli altri, presero parte all'iniziativa Romano Màdera, Paolo Gambazzi, Carlo Formenti. Nel novembre dello stesso anno, quasi contemporaneamente alla rottura di Potere Operaio, anche il Gramsci decise di sciogliersi, con un documento significativamente titolato "Un passo avanti - Dal Gruppo all'Organizzazione dell'autonomia operaia: fare un passo in avanti!". Dall'incontro con una parte dell'ex PO nasceva quindi Rosso "giornale dentro il movimento". Nel giro di pochi anni, parallelamente all'uscita degli ex dirigenti del Gramsci, Rosso diventò il punto di riferimento dell'area dell'Autonomia a livello nazionale, situazione in parte mutata dall'uscita della redazione romana prima del '77. Rosso fu da subito attento alle emergenti questioni del proletariato giovanile e delle trasformazioni produttive, con il diminuire di centralità dei luoghi fisici di concentrazione operaia, il declino dell'operaio-massa e la teorizzazione della nuova figura dell'operaio sociale. Nel novembre del 1977 il sottotitolo variò, diventando "per il potere operaio". L'ultimo numero uscì nel maggio del 1979, lo stesso anno delle retate del 7 aprile e del 21 dicembre che colpirono duramente l'area dell'ex Potere Operaio e dell'Autonomia. Tra gli intervistati, oltre a Màdera e Formenti, animatori del primo Rosso, hanno fatto parte dell'esperienza Negri, Dendena, Bianchi, Corbella, Bonomi.

 

A/TRAVERSO

 

Inizialmente uscito come supplemento a Rosso, A/traverso iniziò le sue pubblicazioni nel 1975, per iniziativa soprattutto di Franco "Bifo" Berardi e dell'area dell'autonomia bolognese. L'attenzione del giornale era posta in particolare sui nodi del linguaggio, della produzione culturale, dell'allora nuova composizione giovanile, a partire da una ricerca grafica visibile in tutti i numeri del giornale. Tutto ciò in una critica continua alle ideologie e alle organizzazioni, al ruolo oppressivo del PCI e del socialismo realizzato, con una forte attenzione al tema del rifiuto del lavoro. L'esperienza del giornale venne affiancata da quella di Radio Alice, entrambe particolarmente importanti per nuove forme di ricerca comunicativa creativa in grado di rompere con gli schemi esistenti. A/traverso e Radio Alice hanno avuto un ruolo importante nel movimento del '77 a Bologna, la città che insieme a Roma è stata l'epicentro conflittuale del periodO.

 

SENZA TREGUA

 

Senza Tregua uscì con una periodicità e una numerazione irregolare tra l'ottobre del 1975 e il 1978. Nato come supplemento a Linea di Condotta, il sottotitolo variò, da "comitati comunisti per il potere operaio" a "giornale degli operai comunisti". Vi hanno fatto parte Oreste Scalzone, una frazione radicale uscita da Lotta Continua, un gruppo operaio della Magneti Marelli. Del processo contro questi ultimi (iniziato nel 1976) se ne parlò ampiamente, così come grosso spazio hanno avuto i temi legati alla capacità di esercitare potere sul territorio da parte dell'autonomia, la ristrutturazione capitalistica, il radicalizzarsi dello scontro.

 

RIVOLTA DI CLASSE

 

Il primo numero di Rivolta di Classe, "giornale della autonomia operaia romana", uscì il 28 giugno 1974 e continuò le sue pubblicazioni (con periodicità irregolare) fino al giugno del 1978. Come osserva Miliucci, "è il resoconto delle battaglie che si fanno in quest'area, è il resoconto dell'informazione di quelle che sono le componenti dell'autonomia operaia senza a ed o maiuscole, ed è anche il confronto con gli altri gruppi a cui si indica per via critica una strada di interlocuzione. In questo contesto non si poteva, dovendo affrontare il contesto milanese, non incontrarci con Negri e Rosso". Ma nel giro di pochi anni i Comitati autonomi operai arrivarono alla rottura con l'area di Rosso.

 

I VOLSCI

 

Nel febbraio del 1978 uscivano dunque I Volsci, con il sottotitolo "mensile dell'autonomia operaia romana", in seguito "mensile per il Movimento dell'autonomia operaia", poi "giornale per il Movimento dell'autonomia operaia". Ne usciranno in tutto 11 numeri, fino all'ottobre del 1981. Gli articoli erano incentrati sulle lotte nei servizi (Policlinico, Enel, Sip), contro il lavoro nero e il nucleare, sulla repressione e il carcere

 

1° MAGGIO

 

Il primo numero della rivista uscì nel giugno del 1973, fondata da Sergio Bologna, Bruno Cartosio e Franco Mogni. Primo Maggio nasceva con l'intenzione di arricchire le esperienze operaiste, collocandosi al contempo al di fuori dagli schieramenti e dai gruppi. "Nessuno di noi" sottolinea Cartosio "era membro di alcuno dei gruppi allora esistenti: questo è il presupposto di fondo, cioè di riuscire a mettere in piedi un'iniziativa contemporaneamente di segno politico chiaro, di un qualche impegno culturale, di una certa rilevanza, capace di contribuire sul piano dell'elaborazione teorica alla vita dei movimenti, o del movimento in generale, senza però riconoscersi in nessuno dei gruppi allora esistenti". Già nel primo numero sono presenti articoli che preludevano a due importanti filoni che verranno arricchiti negli anni seguenti: il discorso su Marx e la moneta, iniziato da Bologna e proseguito tra gli altri da Lapo Berti; un'analisi storiografica curata da Cartosio sugli Industrial Workers of the World, che apriva prospettive di ricerca sulla storia delle lotte operaie negli Stati Uniti fino ad allora occultata. L'idea della storia militante fu un altro degli elementi forti seguiti dalla rivista, che aprì redazioni in diverse città (tra cui Torino, Genova, Bologna, Firenze, Roma, oltre ovviamente a Milano) e fu letta da un pubblico numeroso e variegato, assumendo un respiro internazionale. Dunque, largamente condivisibile è la valutazione di Bologna: "non so che effetto fa oggi, a rileggerla, o farà tra vent'anni. Ma siamo riusciti a fare una rivista che si distingue dalle altre, c'era stile, c'erano idee o almeno spunti di riflessione. Non era un prodotto ripetitivo. Aveva del sangue, non era lo smorto erudito eloquio di tanta storiografia o sociologia italiana. Era figlia del suo tempo ma anche il modo di stare dentro quel tempo così difficile, complesso e agitato, aveva la sua originalità, la sua dignità". Alla fine degli anni '70 Primo Maggio iniziò ad occuparsi dei trasporti, specifico seguito con particolare attenzione da Bologna nei due decenni successivi. Tra gli intervistati, oltre ai nomi già citati, vi hanno collaborato Ferruccio Gambino, Marco Revelli, Brunello Mantelli. La rivista continuò le pubblicazioni fino al numero 29, uscito nell'autunno del 1988

 

MAGAZZINO

 

Della rivista ne sono usciti due soli numeri, tra il gennaio e il maggio del 1979: l'arresto, il 7 aprile, di molti dei soggetti di punta dell'iniziativa rese nei fatti impossibile continuare le pubblicazioni. Nel primo numero si può leggere un ampio dossier dedicato alla situazione di classe negli Stati Uniti, la "faccia nascosta del pianeta operaio". Il secondo numero era invece incentrato sui processi di ristrutturazione delle fabbriche italiane, interpretati come passaggio alla fabbrica diffusa. Importante è l'attenzione dedicata al movimento femminista, ai giudizi sull'autonomia del politico, al ruolo dei mass media. Da segnalare sul secondo numero la pubblicazione della sintesi di una relazione tenuta da Mario Tronti ad un convegno a Bologna ed un articolo di Karl Heinz Roth sulle carceri tedesche. Tra gli intervistati hanno fatto parte o comunque collaborato alla rivista Negri, Del Re, Marazzi, Magnaghi, Moroni.

 

METROPOLI

 

Il primo numero della rivista, sottotitolata "l'autonomia possibile", uscì nel giugno del 1979, subito accompagnata da un grande clamore legato al suo sequestro e agli articoli sull'appena avvenuto 7 aprile. Il progetto iniziale era, come sottolinea Paolo Virno, quello di fare "una rivista larghissima, di tutta l'area del '77", anche se poi "le cose vanno in maniera diversa [...] Insomma, la rivista poi materialmente la si fa tra il gruppo romano, i senza partito e i senza organizzazione e Oreste". I primi due numeri hanno dedicato un ampio spazio alle retate e alla contingenza repressiva. "Metropoli" continua Virno "esiste come organo di riflessione sul postfordismo, sulla crisi della società del lavoro, sulle nuove forme della soggettività, nell'anno in cui ne escono, in qualità di mensile, cinque numeri, ed è l'81". Precedentemente e complementarmente a Metropoli uscirono, tra il dicembre del 1978 e l'ottobre del 1980, tre numeri di Preprint, pubblicazione di approfondimento teorico. Oltre ai già citati Virno e Scalzone, all'esperienza di Metropoli tra gli intervistati hanno partecipato Piperno, Zagato e Berardi. Da ricordare inoltre il vitale contributo di Lucio Castellano.

 

AUTONOMIA

 

Il primo numero del "settimanale politico comunista" uscì il 7 novembre del 1978, inizialmente come espressione dell'area dell'Autonomia Operaia veneta. In seguito, parallelamente al concretizzarsi dell'ormai evidente sconfitta dei movimenti, Autonomia è diventata uno dei rari punti di riferimento del dibattito politico a livello nazionale ed in buona misura anche internazionale, dai processi di ristrutturazione produttiva alle lotte contro il nucleare. Il blitz ordinato da Calogero il 7 aprile del 1979 colpì, tra gli altri, diversi esponenti della rivista (tra cui Emilio Vesce, allora direttore), rendendo difficoltosa la regolarità delle pubblicazioni, comunque mai interrotte. Autonomia continuò ad uscire fino ai primi anni novanta, mantenendo un'attenzione e un'internità ai frammentati movimenti che hanno attraversato un lungo e difficile decennio di buio politico.

 

AUT AUT

 

Aut Aut, sottotitolata "rivista bimestrale di filosofia e cultura", è nata nel gennaio del 1951, creata e diretta da Enzo Paci. Da subito la rivista si connotava per un dibattito antiaccademico, diventando ben presto luogo centrale di apertura alla fenomenologia e al filone husserliano di discussione sulla crisi delle scienze europee. Negli anni '60 si accentuò l'interazione tra il pensiero fenomenologico e Marx, parallelamente al formarsi a Milano di un ambito di fenomenologi che si raccoglievano intorno a Paci e di cui fecero parte Giairo Daghini, Giovanni Piana, Enrico Filippini, Guido Neri, Renato Rozzi, frequentato da Lapo Berti, Pierluigi Gasparotto, Romano Alquati. All'interno dell'idea paciana di "unificazione e unità possibile dei campi del sapere", Pier Aldo Rovatti (che ha diretto la rivista dopo la morte del suo maestro) rimarca che "la rivista a immagine di Paci è molto meno dibattito filosofico in senso stretto quanto sia possibilità di fare delle incursioni attraverso lo strumento critico della fenomenologia e della filosofia dentro dei campi che secondo lui avevano bisogno di essere attraversati dalla critica filosofica". Tra la fine degli anni '60 e i '70 si sviluppò un maggiore legame con il dibattito di movimento e ci furono forti intrecci con varie declinazioni delle tematiche operaiste. Come fa notare Maria Grazia Meriggi, collaboratrice di Aut Aut, "nel '77 andai a Napoli ad una riunione di riviste militanti [...] Aut Aut era ritenuta una rivista che faceva parte con ogni diritto di questo ambito. C'era, ad esempio Modugno con Marxiana; c'era Ombre rosse; era insomma un incontro di situazioni che, solo qualche anno prima, sarebbe stato impensabile per una rivista di filosofia". "Aut Aut" sostiene Rovatti "si identifica con una posizione anti-istituzionale (l'istituzione può essere anche il partito)". Va inoltre segnalato il respiro internazionale che ha avuto la rivista: si pensi alla collaborazione con Agnes Heller e al dibattito sulla sua teoria dei bisogni. Alla rivista hanno collaborato occasionalmente molti degli intervistati: va ad esempio ricordato il numero 154, interamente dedicato all'università e alla formazione e curato da Alquati. Del nucleo storico di Aut Aut ha fatto parte Renato Rozzi. La rivista continua ancora oggi le sue pubblicazioni, con un certo mutamento dei temi trattati, in parte dovuto all'assenza di movimenti che ha caratterizzato gli anni '80 e '90.

 

QUADERNI PIACENTINI

 

Il primo numero della rivista diretta da Bellocchio è uscito nel marzo del 1962 con il sottotitolo "a cura dei giovani della sinistra" e con una caratterizzazione prevalentemente locale. Nel giro di pochi anni i temi politico-culturali trattati si ampliarono notevolmente (con grossa attenzione alle questioni internazionali e soprattutto alla Cina), mentre importanti furono le collaborazioni in particolare di Franco Fortini ed Edoarda Masi. Durante l'esplosione studentesca del '68 i Quaderni Piacentini sono stati uno dei punti di riferimento del movimento. In questa fase va segnalato soprattutto l'importante articolo di Daghini e Bologna "Maggio '68 in Francia", uscito nel luglio dello stesso anno. Del comitato di direzione hanno fatto parte, tra gli altri, Bianca Beccalli, Francesco Ciafaloni, Giovanni Jervis, Goffredo Fofi, Michele Salvati, oltre allo stesso Bellocchio. La rivista continuò le pubblicazioni fino al n. 74, uscito nell'aprile del 1980, mentre una nuova serie, cominciata nel febbraio dell'anno successivo, terminò nell'aprile del 1985.

 

QUADERNI DEL PROGETTO

 

Tra il 1974 e il 1976 uscirono due numeri di Quaderni del Progetto, importante rivista animata da Guido Bianchini. Si legge nella breve premessa al primo Quaderno: "Il progetto diventa merce, si trasforma in forma mistificata, e costa in prezzi. La sua rappresentazione in oggetti, macchine, beni, valori d'uso, tende a nascondere tutti i passaggi che il lavoro vivo è stato obbligato a percorrere senza che alcun economista, sociologo, sindacalista, trovi il tempo e la voglia, l'opportunità politica di decristallizzare tali passaggi e di amministrarli come fatti che attengono non solo all'attività umana in astratto, ma all'attività lavorativa comandata. Molto spesso al progetto si allude quando si parla di rinnovamento, ma si tratta di una breve 'epifania', di un'accezione il cui uso strumentale è evidente. Di innovazione si parla quando essa significa comando sul lavoro altrui, per sottacere l'altro aspetto della sua ambiguità di essere lavoro comandato vero e proprio. Dunque da un lato l'innovazione e dall'altro l'oggetto; con un silenzio sui passaggi intermedi sui quali intendiamo aprire squarci. Queste pagine intendono solo essere un'apertura verso i tecnici del progetto e rimanere opera aperta che si chiude solamente in brevi periodi per dare tempo all'analisi successiva". Del primo numero vanno segnalati l'articolo "Tecnologia e organizzazione di classe" dello stesso Bianchini e "Utopia e progetto: loro possibilità e rapporto" di Luciano Ferrari Bravo; nel secondo Quaderno (relativo al terziario) è presente un corposo contributo di Magnaghi su "La produzione dei servizi sociali: verso nuove forme di controllo di impresa sul mercato del lavoro".

QUADERNI DEL TERRITORIO

Usciti tra il 1976 e il 1978 i Quaderni del Territorio nacquero dal tentativo di portare a sintesi numerose attività di ricerca fatte da collettivi di docenti e urbanisti in particolare della facoltà di Architettura di Milano. Centrale è ovviamente stata l'analisi dei processi di trasformazione del territorio, anche in rapporto alla riorganizzazione e ristrutturazione produttiva, dal decentramento alla terziarizzazione. Grossa attenzione è stata dedicata ai modelli di sviluppo locale e alle diverse aree regionali italiane, nella costante comparazione con le allora nuove geografie internazionali. Grande animatore della rivista è stato Alberto Magnaghi, che ha nel corso degli anni mantenuto costante la sua attenzione sul territorio, sul locale e sulla comunità. Analogo è il discorso che si può fare per un altro degli intervistati, Giancarlo Paba. Oltre ai nomi citati, hanno preso parte alla rivista alcune persone provenienti dall'area di Potere Operaio (Franco Piro e Lucia Martini, ad esempio). Tra gli intervistati, va segnalata l'importante partecipazione di Giairo Dagh

 

LABORATORIO POLITICO

 

La rivista uscì tra il 1981 e il 1983. Come osserva Tronti, "questa fu un'esperienza completamente diversa, anche lontana dallo stesso Contropiano, perché fu una rivista veramente tutta di intellettuali. [...] Fu un'esperienza in cui teorizzammo la necessità di unire vari specialismi, che poi erano dati da nomi anche notevoli di personalità intellettuali, ebbe anche un certo seguito, una certa funzione, con anche dei buoni contatti internazionali, anche delle buone elaborazioni. [...] Oggi, a distanza di tempo, la vedo molto dentro i processi di modernizzazione di quelli che poi saranno gli anni '80, mi sembra un'anticipazione di processi che anch'essi poi saranno in mani altrui e molto interna anche a meccanismi di gestione, di governo, più di ammodernamento degli strumenti di gestione che di rottura degli schemi, dei modelli, di comprensione della realtà o di intervento su di essa. [...] Però anche lì io la vidi come una forma di intervento, anche se il rapporto anche personale e umano con la cosa era molto diverso da quello con le riviste operaiste, dove c'era un rapporto e una tensione umana molto più forte, mentre qui c'era un distacco evidente". Oltre a Tronti, tra gli intervistati hanno preso parte o comunque scritto sulla rivista Asor Rosa, Di Leo, Buran.

 

ALFABETA

 

Sottotitolato "mensile di informazione culturale", il primo numero di Alfabeta è uscito nel 1979. Nella fase di ormai evidente riflusso dei movimenti, la rivista ha tentato di aprire dei multiformi campi di sperimentazione, che sapessero far interagire e confrontare più generazioni, con un certo fascino per le allora nascenti teorie postmoderniste. Come sottolinea Rovatti, "Alfabeta crea un suo stile", svolgendo "un servizio di collettore, [...] di rivista su cui puoi scrivere sempre che tu ti adegui allo stile della rivista". Alla redazione partecipavano, oltre allo stesso Rovatti, Nanni Balestrini, Maria Corti, Umberto Eco, Francesco Leonetti, Antonio Porta, Mario Spinella. Persone differenti, che trovarono in Alfabeta "una sorta di ricomposizione, certamente attraverso alcuni elementi intellettuali che a loro volta erano elementi di radicalità critica, degli scontenti delle loro istituzioni di riferimento, ma che non per questo cessavano di avere dei riferimenti a queste istituzioni". Un ruolo significativo svolse Carlo Formenti, il quale analogamente osserva come la rivista fu "un po' l'ultima barriera o l'ultimo strumento comunque che ha tenuto insieme un gruppo di intellettuali anche molto differenziati come posizioni e come matrice ideologica, ma sostanzialmente unificati ancora da un atteggiamento critico nei confronti del potere politico e non di pura adesione ai percorsi della sinistra istituzionale. [...] Diciamo che Alfabeta è l'unica voce critica non di puro accompagnamento di questo processo negli anni '80, quindi è stata una battaglia culturale abbastanza importante che tentava in qualche modo di spostare l'attenzione dalla socialdemocratizzazione spinta e rapida della sinistra ad un tentativo invece di analisi critica approfondita dei processi sociali, economici e culturali di trasformazione che stava subendo già allora il mondo". Va inoltre segnalato il ruolo avuto nella battaglia contro la retata del 7 aprile, in cui fu coinvolto anche Balestrini, così costretto alla latitanza. Alfabeta chiuse la sua storia con il n. 114, uscito nel dicembre del 1988. Nel 1996

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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