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La vita
vedi speciale pasolini l'unità 1975:
il massacro del Circeo, l'omicidio Pasolini
Pasoliniana di/con Claudio Canal e galina gonzalez, isavella bonapace,ivana ferraris, laura gandellini, laura manassero, roberta valetti, silvia gena, vesna scepanovic, zarko vujovic Pinerolo-teatro del lavoro 18.9.2010 La voce di Paoslini.
Pochissimi monologhi, molta recitazione
collettiva accompagnata da movimenrti delle braccia e delle mani.
Giochi verbali di gruppo, danze, musiche, fotografie,
didascalie elettroniche.
Tutto questo sul tema della morte di
Pasolini e del suo rapporto con la madre, dell'amore. della morte
Scarno e terribile.
L'audio per rendere tutto questo è insufficiente.
Pasoliniana
Pasolini in Friuli .di Massimiliano Valente
Pier Paolo Pasolini nasce a Bologna il 5 marzo 1922, primogenito di Carlo Alberto Pasolini, tenente di fanteria, e di Susanna Colussi, maestra elementare. Il padre, di vecchia famiglia ravennate di cui ha dissipato il patrimonio sposa Susanna nel dicembre del 1921 a Casarsa. I due sposi si trasferiscono in seguito a Bologna. "Sono nato in una famiglia tipicamente rappresentativa della società italiana: un vero prodotto dell'incrocio... Un prodotto dell'unità d'Italia. Mio padre discendeva da un'antica famiglia nobile della Romagna, mia madre, al contrario, viene da una famiglia di contadini friulani che si sono a poco a poco innalzati, col tempo, alla condizione piccolo-borghese. Dalla parte di mio nonno materno erano del ramo della distilleria. La madre di mia madre era piemontese, ciò non le impedì affatto di avere egualmente legami con la Sicilia e la regione di Roma". (1) A Bologna la famiglia Pasolini resta poco: si trasferiscono a Parma, Conegliano, Belluno, Sacile, Idria, Cremona, ancora Bologna ed altre città del nord. "Hanno fatto di me un nomade. Passavo da un accampamento all'altro, non avevo un focolare stabile". Nel 1925, a Belluno, nasce il
secondogenito, Guido. Pier Paolo vive con la madre un rapporto di simbiosi, mentre si accentuano i contrasti col padre. "Tutte le sere aspettavo con terrore l'ora della cena sapendo che sarebbero venute le scenate [...] In me c'era una iniziale rimozione della madre che mi ha procurato una nevrosi infantile. Questa nevrosi mi aveva fatto diventare inquieto, di un'inquietudine che metteva in discussione in ogni momento il mio essere al mondo. [...] Quando mia madre stava per partorire ho cominciato a soffrire di bruciori agli occhi. Mio padre mi immobilizzava sul tavolo della cucina, mi apriva l'occhio con le dita e mi versava dentro il collirio. E' da quel momento simbolico che ho cominciato a non amare più mio padre." (2) Riferendosi alla madre: "Mi raccontava storie, favole, me le leggeva. Mia madre era come Socrate per me. Aveva e ha una visione del mondo certamente idealistica e idealizzata. Lei crede veramente nell'eroismo, nella carità, nella pietà, nella generosità. Io ho assorbito tutto questo in maniera quasi patologica". (3) Con il fratello Guido vive un rapporto di amicizia. Il fratello minore vive in una sorta di venerazione per il maggiore: bravo nello studio e nei giochi con gli altri ragazzi. Questa ammirazione accompagnerà Guido fino al giorno della sua morte. I primi anni di scuola sono compiuti tra innumerevoli trasferimenti che, comunque, non intaccano il rendimento scolastico di Pier Paolo. Frequenta la scuola elementare con un anno d'anticipo. Nel 1928 è l'esordio poetico: Pier Paolo annota su un quadernetto una serie di poesie accompagnate da disegni. Il quadernetto, a cui ne seguirono altri, andrà perduto nel periodo bellico. Ottiene il passaggio dalle elementari al ginnasio che frequenta a Conegliano. Di quegli anni il passo noto come Teta veleta, che Pasolini più tardi spiegherà in questo modo: "Fu a Belluno, avevo poco più di tre
anni. Dei ragazzi che giocavano nei giardini pubblici di fronte a casa
mia, più di ogni altra cosa mi colpirono le gambe soprattutto nella parte
convessa interna al ginocchio, dove piegandosi correndo si tendono i nervi
con un gesto elegante e violento. Vedevo in quei nervi scattanti un
simbolo della vita che dovevo ancora raggiungere: mi rappresentavano
l'essere grande in quel gesto di giovanetto corrente. Ora so che era un
sentimento acutamente sensuale. Lo stesso Pasolini preciserà: "La mia infanzia finisce a 13 anni. Come tutti: tredici anni è la vecchiaia dell'infanzia, momento perciò di grande saggezza. Era un momento felice della mia vita. Ero stato il più bravo a scuola. Cominciava l'estate del '34. Finiva un periodo della mia vita, concludevo un'esperienza ed ero pronto a cominciarne un'altra. Questi giorni che hanno preceduto l'estate del '34 sono stati tra i giorni più belli e gloriosi della mia vita". (5) Pier Paolo conclude gli studi liceali e a 17 anni si iscrive all'Università di Bologna, facoltà di lettere. Negli anni del liceo crea, insieme a Luciano Serra, Franco Farolfi, Ermes Parini (di cui Guido Pasolini prenderà a prestito il nome per la sua militanza partigiana nella Osoppo), Fabio Mauri, ad un gruppo letterario per la discussione di poesie. Collabora a "Il Setaccio", il periodico della Gil bolognese. In questo periodo Pasolini scrive poesie in friulano e in italiano, che saranno raccolte in un primo volume, Poesie a Casarsa. Partecipa poi alla redazione di una rivista, "Stroligut", con altri amici letterati friulani, con cui ha creato la Academiuta di lenga furlana. Il dialetto rappresenta una sorta di opposizione al potere fascista: "Il fascismo non tollerava i dialetti, segni / dell'irrazionale unita' di questo paese dove sono nato / inammisibili e spudorate realta' nel cuore dei nazionalisti /" (6) L'uso del dialetto rappresenta anche un tentativo di privare la Chiesa dell'egemonia culturale sulle masse sottosviluppate. Mentre la sinistra predilige infatti, l'uso della lingua italiana, e se si eccettuano alcuni sporadici casi del giacobinismo, l'uso dialettale è stata una prerogativa clericale, Pasolini tenta appunto di portare anche a sinistra un approfondimento in senso dialettale della cultura. Il ritorno a Casarsa rappresenta, negli anni dell'università, il ritorno ad un luogo felice per Pasolini. Scrive a Silvana Ottieri in una lettera dell'aprile 1947: "Che si fosse di sabato Santo era un particolare che mi lasciava freddo. Tu avessi visto i colori dell'orizzonte e della campagna! Quando il treno si fermò a Sacile, in un silenzio fittissimo, da ultima Tule, ho sentito di nuovo le campane. Là, dietro alla stazione di Sacile si spiegava verso la campagna una strada che non so se ho percorso durante l'infanzia o se ho sognato..."(segue)____________________ (1) P.P. Pasolini, Il sogno del centauro,
a cura di Jean Duflot, Editori Riuniti, Roma 1983. La seconda guerra
mondiale. di
Massimiliano Valente La seconda guerra mondiale rappresenta per Pasolini un periodo estremamente difficile. Il suo stato d'animo si intuisce anche dal tenore delle sue lettere: "Quanto a salute non c'è male, anzi bene. Quanto a morale, anche, quando tutto è calmo, cioè raramente. Del resto, molta paura. Paura di lasciarci la pelle, capisci, Rico? E non soltanto la mia, ma quella degli altri. Siamo tutti così esposti al destino; poveri uomini nudi". (7) "Non so se ci rivedremo, tutto puzza di morte, di fine, di fucilazione.... Tutto puzza di spari, tutto fa nausea, se si pensa che su questa terra cacano quei tali. Vorrei sputare sopra la terra, questa cretina, che continua a mettere fuori erbucce verdi e fiori gialli e celesti, e gemme sugli alberi..." (8) Pasolini viene arruolato a Livorno nel 1943. All'indomani dell'8 settembre disobbedisce all'ordine di consegnare le armi ai tedeschi e fugge. Dopo vari spostamenti in Italia torna a Casarsa. La famiglia Pasolini decide di recarsi a Versutta, piccolissima frazione di Casarsa, luogo meno esposto ai bombardamenti alleati e agli assedi tedeschi. Qui insegna ai ragazzi dei primi anni del ginnasio. Ma l'avvenimento che segnerà quegli
anni è la morte del fratello Guido. Guido non
accetta di rimanere nascosto a Versutta, e decide di intraprendere la
lotta partigiana. Pier Paolo accompagna Guido alla stazione, dopo aver
preso un biglietto per Bologna, in modo da sviare i sospetti. Guido da
Spilimbergo raggiunge Pielungo aggregandosi alla divisione partigiana
Osoppo. Assume il nome di battaglia di Ermes, il nome di Parini, uno degli
amici di Pier Paolo disperso nella campagna di Russia. Nel febbraio del 1945 Guido viene massacrato, insieme al comando della divisione Osoppo. I fatti avvengono nelle malghe di Porzus: un centinaio di garibaldini si avvicinano fingendosi sbandati, catturano quelli della Osoppo e li passano per le armi. Guido, seppure ferito, riesce a fuggire e viene ospitato da una contadina. Viene trovato dai garibaldini, trascinato fuori e massacrato. La famiglia Pasolini saprà della morte e delle circostanze solo a conflitto terminato. Scrive Pasolini: "Spesso penso al tratto di strada tra Musi e Porzus, percorso da mio fratello in quel giorno tremendo, e la mia immaginazione è fatta radiosa da non so che candore ardente di nevi, da che purezza di cielo. E la persona di Guido è così viva". Così Pasolini racconterà su "Vie nuove", periodico comunista, del 15 settembre 1971, rispondendo a un lettore che chiedeva chiarimenti sulla morte di Guido: "La cosa si racconta in due
parole: mia madre, mio fratello ed io eravamo sfollati da Bologna in
Friuli, a Casarsa. Mio fratello continuava i suoi studi a Pordenone:
faceva il liceo scientifico, aveva diciannove anni. Egli è subito entrato
nella Resistenza. Io, poco più grande di lui, l'avevo convinto
all'antifascismo più acceso, con la passione dei catecumeni, perché
anch'io, ragazzo, ero soltanto da due anni venuto alla conoscenza che il
mondo in cui ero cresciuto senza nessuna prospettiva era un mondo ridicolo
e assurdo. Degli amici comunisti di Pordenone (io allora non avevo ancora
letto Marx, ed ero liberale, con tendenza al partito d'azione) hanno
portato con sé Guido ad una lotta attiva. Dopo pochi mesi egli è partito
per la montagna, dove si combatteva. Un editto di Graziani, che lo
chiamava alle armi, era stata la causa occasionale della sua partenza, la
scusa davanti a mia madre. L'ho accompagnato al treno, con la sua
valigietta, dov'era nascosta la rivoltella dentro un libro di poesie. Ci
siamo abbracciati: era l'ultima volta che lo vedevo. Pasolini metterà in versi nel Corus
in morte di Guido, che appariranno nello Stroligut dell'agosto
1945:
La morte di Guido avrà effetti devastanti per la famiglia Pasolini, soprattutto per la madre, distrutta dal dolore. Il rapporto tra Pier Paolo e la madre diviene ancora più stretto, anche a causa del ritorno del padre dalla prigionia in Kenia: "Egli finì così a Casarsa, in una specie di nuova prigionia: e cominciò la sua agonia lunga una dozzina di anni". (10) Nel 1945 Pasolini si laurea discutendo una tesi intitolata "Antologia della lirica pascoliniana (introduzione e commenti)" e si stabilisce poi definitivamente in Friuli. Qui trova lavoro come insegnante in una scuola media di Valvassone, in provincia di Udine. In questi anni comincia la sua militanza politica. Nel 1947 dà la propria adesione al Pci, iniziando una collaborazione al settimanale del partito "Lotta e lavoro". Le circostanze della morte del fratello Guido rappresentano sicuramente una difficoltà da superare per l'adesione al Pci. Pasolini comunque ha sempre evitato strumentalizzazioni di quella faccenda, gli sembrava di infangare la memoria di Guido. Pier Paolo dovrà giustificare quell'adesione anche verso la madre e il padre, il quale incolpava la moglie di aver permesso che Guido frequentasse degli sbandati. L'adesione al Pci rappresenta per il giovane poeta un atto di profondo coraggio: intendeva con ciò sacrificare il profondo dolore inferto a sé e alla propria famiglia a un ideale sociale da condividere in pieno con quello stesso Pc friulano che aveva ispirato politicamente gli assassini del fratello. Pasolini diventa segretario della sezione di San Giovanni di Casarsa, ma non viene visto di buon occhio nel partito, e soprattutto dagli intellettuali comunisti friulani. Questi ultimi scrivono soggetti politici servendosi della lingua del Novecento, mentre Pasolini scrive con la lingua del popolo senza cimentarsi per forza in soggetti politici. Agli occhi di molti tutto ciò risulta inammisibile: in Pasolini molti comunisti vedono un sospetto di disinteresse per il realismo socialista, un certo cosmopolitismo, e un'eccessiva attenzione per la cultura borghese. In questi anni Pasolini conosce il pittore Zigaina, cui rimarrà legato per tutto il resto della sua vita da una profonda amicizia. Questo periodo, il periodo della militanza comunista, è l'unico in cui Pasolini si sia impegnato attivamente nella lotta politica. Di questi anni i manifesti murali disegnati e scritti da Pier Paolo Pasolini; scritti di denuncia contro il costituito potere democristiano. Il 15 ottobre del 1949 Pasolini viene segnalato ai Carabinieri di Cordovado per corruzione di minorenne: è l'inizio di una delicata e umiliante trafila giudiziaria che cambierà per sempre la vita di Pasolini. Anni dopo, in una lettera inviata a Silvana Ottieri da Roma dove aveva stabilito la propria residenza Pasolini dirà, tra l'altro: "Su di me c'è il segno di Rimbaud, o di Campana o anche di Wilde, ch'io lo voglia o no, che gli altri lo accettino o no". Pasolini viene accusato di essersi appartato il 30 settembre 1949 nella frazione di Ramuscello con due o tre ragazzi. I genitori dei ragazzi non sporgono denuncia ma i Carabinieri di Cordovado venuti a sapere delle voci che girano in paese indagano sul fatto. E' un periodo di contrapposizioni molto aspre tra la sinistra e la Dc, siamo in piena guerra fredda e Pasolini, per la sua posizione di intellettuale comunista e anticlericale rappresenta un bersaglio molto vulnerabile. La denuncia per i fatti di Ramuscello viene ripresa sia dalla destra che dalla sinistra: prima ancora che si svolga il processo, il 26 ottobre 1949, Pasolini viene espulso dal Pci. Ecco quanto riportato da "l'Unità" del 29 ottobre: "ESPULSO
DAL PCI IL POETA PASOLINI Pasolini si trova proiettato nel giro di qualche giorno in un baratro apparentemente senza uscita. La risonanza a Casarsa dei fatti di Ramuscello avrà una vasta eco. Davanti ai carabinieri cerca di giustificare quei fatti, intrinsecamente confermando le accuse, come una esperienza eccezionale, una sorta di sbandamento intellettuale: questo non fa che peggiorare la sua posizione: è espulso dal Pci, perde il posto di insegnante, si incrina momentaneamente il rapporto con la madre, è la disfatta. Pasolini decide di fuggire da Casarsa, dal suo Friuli spesso mitizzato; insieme alla madre si trasferisce a Roma, è l'inizio di una nuova vita per Pier Paolo. Scriverà in seguito: "Fuggii con mia madre e una
valigia e un po' di gioie che risultarono false, / su un treno lento come
un merci, / per la pianura friulana coperta da un leggero e duro strato di
neve. / Andavamo verso Roma. / Andavamo dunque, abbandonato mio padre /
accanto a una stufetta di poveri, / col suo vecchio pastrano militare / e
le sue orrende furie di malato di cirrosi e sindromi paranoidee. / Ho
vissuto quella / pagina di romanzo, l'unica della mia vita: / per il
resto, / son vissuto dentro una lirica, come ogni ossesso". (11) (7) Lettera al pittore De Rocco,
autunno '44 Quel tragico 2 novembre 1975 di Massimiliano Valente. I primi anni romani sono difficilissimi per Pasolini, proiettato in una realtà del tutto nuova e inedita quale quella delle borgate romane. Sono tempi d'insicurezza, di povertà, di solitudine. Una situazione drammatica che meglio si evince dalle stesse parole di Pasolini: "Era un periodo tremendo della mia vita. Giunto a Roma dalla lontana campagna friulana: disoccupato per molti anni; ignorato da tutti; divorato dal terrore interno di non essere come la vita voleva; occupato a lavorare accanitamente a studi pesanti e complicati; incapace di scrivere se non ripetendomi in un mondo ch'era cambiato. Non vorrei mai rinascere per non rivivere quei due o tre anni". (12) "Nei primi mesi del '50 ero a Roma, con mia madre: mio padre sarebbe venuto anche lui, quasi due anni dopo, e da Piazza Costaguti saremmo andati a abitare a Ponte Mammolo; già nel '50 avevo cominciato a scrivere le prime pagine di Ragazzi di vita. Ero disoccupato, ridotto in condizioni di vera disperazione: avrei potuto anche morirne. Poi con l'aiuto del poeta in dialetto abruzzese Vittori Clemente trovai un posto di insegnante in una scuola privata di Ciampino, a venticinuque mila lire al mese". (13) Scrive Pasolini in quegli anni a Silvana Ottieri: "Una cosa che non capisco, e che non
rientra nei calcoli, nel conto tra me e chi mi punisce, è il destino di
mia madre. Non te ne scriverò a lungo, perché ho già le lacrime agli
occhi. Ha trovato lavoro presso una famigliola (marito e moglie con un
bambinello di due anni): e con un eroismo e una semplicità che non ti so
dire, ha accettato la sua nuova vita. Il padre è malato, e dopo i fatti di Casarsa si sono accentuati i contrasti con il figlio: "Due anni di lavoro accanito, di pura lotta: e mio padre sempre là, in attesa, solo nella povera cucinetta, coi gomiti sul tavolo e la faccia contro i pugni, immobile, cattivo, dolorante; riempiva lo spazio del piccolo vano con la grandezza che hanno i corpi morenti". (15) Pasolini piuttosto che chiedere aiuto ai letterati che conosce, per pudore, cerca da solo di trovarsi un lavoro. Tenta la strada del cinema, ottenendo la parte di generico a Cinecittà; fa il correttore di bozze e vende i suoi libri nelle bancarelle rionali. Finalmente, grazie al poeta in lingua abruzzese Vittori Clemente trova lavoro come insegnante in una scuola di Ciampino. Sono gli anni in cui Pasolini trasferisce la mitizzazione delle campagne friulane nella cornice disordinata della borgate romane, viste come centro della storia, da cui prende spunto un doloroso processo di crescita: nasce il mito del sottoproletariato romano. "Sono due o tre anni che vivo in un mondo dal sapore "diverso": corpo estraneo e quindi definito di questo mondo, mi ci adatto con prese di coscienza molto lente. Tra ibsnesiano e pascoliniano (per intenderci...) sono qui in una vita tutta muscoli, rovesciata come un guanto, che si spiega sempre come una di queste canzoni che una volta detestavo, assolutamente nuda di sentimentalismi, in organismi umani così sensuali da essere quasi meccanici; dove non si conosce nessuno degli attegiamenti cristiani, il perdono, la mansuetudine ecc... e l'egoismo prende forme lecite, virili [...] Nel mondo settentrionale dove io sono vissuto, c'era sempre, o almeno mi pareva, nel rapporto tra individuo e individuo, l'ombra di una pieta' che prendeva forme di timidezza, di rispetto, di angoscia, di trasporto affettuoso ecc.: per vincolarsi in un rapporto di amore bastava un gesto, una parola. Prevalendo l'interesse verso l'intimo, verso la bontà o la cattiveria che è dentro di noi, non era un equilibrio che si cercava tra persona e persona, ma uno slancio reciproco. Qui tra questa gente ben più succube dell'irrazionale, della passione, il rapporto è sempre invece ben definito, si basa su fatti più concreti: dalla forza muscolare alla posizione sociale". (16) Pasolini prepara le antologie sulla poesia dialettale; collabora a "Paragone", una rivista di Anna Banti e Roberto Longhi. Proprio su "Paragone" pubblica la prima versione del primo capitolo di Ragazzi di vita. Angioletti lo chiama a far parte della sezione letteraria del giornale radio, accanto a Carlo Emilio Gadda, Leone Piccioni e Giulio Cartaneo. Sono definitivamente alle spalle i difficili primi anni romani. Nel 1954 Pasolini abbandona l'insegnamento e si stabilisce a Monteverde Vecchio (un quartiere piccolo-borghese di Roma). Pubblica il suo primo importante volume di poesie dialettali: La meglio gioventù. Nel 1955 viene pubblicato da Garzanti il romanzo Ragazzi di vita, che ha un vasto successo, sia di critica che di lettori. Il giudizio della cultura ufficiale del Pci è in gran parte negativo. Il libro viene definito intriso di "gusto morboso, dello sporco, dell'abietto, dello scomposto, del torbido". La Presidenza del Consiglio (nella persona dell'allora ministro degli Interni, Tambroni) promuove un'azione giudiziaria contro Pasolini e Livio Garzanti. Il processo dà luogo all'assoluzione perché "il fatto non costituisce reato". Il libro, per un anno tolto dalle librerie, viene dissequestrato. Pasolini diventa uno dei bersagli preferiti dai giornali di cronaca nera: viene accusato di reati al limite del grottesco: favoreggiamento per rissa e furto; rapina a mano armata ai danni di un bar limitrofo a un distributore di benzina a San Felice Circeo. Nel 1957 Pasolini, insieme a Sergio Citti, collabora al film di Fellini, Le notti di Cabiria, stendendone i dialoghi nella parlata romanesca. Firma le sceneggiature insieme a Bolognini, Rosi, Vancini e Lizzani, col quale esordisce come attore nel film Il gobbo del 1960. In quegli anni Pasolini collabora alla rivista "Officina" accanto a Leonetti, Roversi, Fortini, Romanò, Scalia. Nel 1957 pubblica le raccolte di poesie Le ceneri di Gramsci da Garzanti e l'anno successivo, il 1958, da Longanesi, L'usignolo della Chiesa cattolica. Nel 1960 Garzanti pubblica la raccolta di saggi Passione e ideologia", e nel 1961 un altro volume di versi La religione del mio tempo. Nel 1961 Pasolini realizza il suo primo film da regista e soggettista, Accattone. Il film viene vietato ai minori di diciotto anni e suscita non poche polemiche alla XXII Mostra del cinema di Venezia. Del 1962 è Mamma Roma. Nel 1963 l'episodio La ricotta diretto da Pasolini e inserito nel film RoGoPaG, viene sequestrato e Pasolini è imputato per reato di vilipendio alla religione dello Stato. Nel '64 dirige Il Vangelo secondo Matteo; nel '65 Uccellacci e Uccellini; nel '67 Edipo re; nel '68 Teorema; nel '69 Porcile; nel '70 Medea; tra il '70 e il '74 la triologia della vita, ovvero Decameron, I racconti di Canterbury e Il fiore delle mille e una notte; il suo ultimo film è Salò o le 120 giornate di Sodoma del 1975. Il cinema lo porta a intraprendere numerosi viaggi all'estero: nel 1961 è, con Elsa Morante e Moravia, in India; nel 1962 in Sudan e Kenia; nel 1963 in Ghana, Nigeria, Guinea, Israele e Giordania (dove girerà un importante documentario dal titolo Sopralluoghi in Palestina). Nel 1966, in occasione della presentazione di Accattone e Mamma Roma al festival di New York, compie il suo primo viaggio negli Stati Uniti; rimane molto colpito da quel paese e soprattutto da New York. Confesserà a Oriana Fallaci: "Non mi era mai successo di innamorarmi così di un paese. Fuorché in Africa, forse. Ma in Africa vorrei andare e restare, per non ammazzarmi. Sì, l'Africa è come una droga che prendi per non ammazzarti. New York invece è una guerra che affronti per ammazzarti". (17) Nel 1968 Pasolini è di nuovo in India per girare un documentario. Nel 1970 torna in Africa: in Uganda e Tanzania realizzerà il documentario Appunti per un'Orestiade africana. Nel 1972, presso Garzanti, pubblica i suoi interventi critici, soprattutto di critica cinematografica, nel volume Empirismo eretico. Negli anni della contestazione studentesca Pasolini assume una posizione originale rispetto al resto della cultura di sinistra. Seppure accetta e appoggia le motivazioni ideologiche degli studenti, ritiene che questi siano antropologicamente dei borghesi, e in quanto tali destinati a fallire nel loro tentativo rivoluzionario. Nel 1968 Pasolini ritira dalla competizione del Premio Strega il suo romanzo Teorema e accetta di partecipare alla XXIX Mostra del cinema di Venezia solo dopo che, come gli è stato garantito, non ci saranno votazioni e premiazioni. Pasolini è tra i maggiori sostenitori dell'Associazione Autori Cinematografici che si batte per ottenere l'autogestione della mostra. Il 4 settembre il film Teorema viene proiettato per la critica in un clima arroventato. Pasolini interviene alla proiezione del film per ribadire che il film è presente alla Mostra solo per volontà del produttore, ma in quanto autore prega i critici di abbandonare la sala. Ciò non avviene. Il regista si rifiuta allora di partecipare alla tradizionale conferenza stampa, e invita i giornalisti nel giardino di un albergo per parlare non del film, ma della situazione della Biennale. Nel 1972 Pasolini decide di collaborare con i giovani di Lotta Continua, ed insieme ad alcuni di loro, tra cui Bonfanti e Fofi, firma il documentario 12 dicembre, sulla strage di piazza Fontana a Milano. Nel 1973 comincia la sua collaborazione al "Corriere della Sera", con interventi critici sui problemi del paese. Nel 1970 Pasolini acquista quel che resta di un castello medievale nei pressi di Viterbo. Lo ristruttura e qui comincia la stesura della sua opera che resterà incompiuta, Petrolio. Nel 1975, presso Garzanti, pubblica la raccolta di interventi critici Scritti corsari, e ripropone le poesia friulana con il titolo di La nuova gioventù. La mattina del 2 novembre 1975, sul litorale romano di Ostia, in un campo incolto in via dell'idroscalo, una donna, Maria Teresa Lollobrigida, scopre il cadavere di un uomo. E' Ninetto Davoli a riconoscere il corpo di Pier Paolo Pasolini. "Quando il suo corpo venne ritrovato,
Pasolini giaceva disteso bocconi, un braccio sanguinante scostato e
l'altro nascosto dal corpo. Nella notte i carabinieri fermano un giovane, Giuseppe Pelosi, detto "Pino la rana" alla guida di una Giulietta 2000 che risulterà di proprietà di Pasolini. Il ragazzo, interrogato dai carabinieri, e di fronte all'evidenza dei fatti, confessa l'omicidio. Racconta di aver incontrato Pasolini presso la Stazione Termini, e dopo una cena in un ristorante, di aver raggiunto il luogo del ritrovamento del cadavere; lì, secondo la versione di Pelosi, Pasolini avrebbe tentato un approccio sessuale e vistosi respinto avrebbe reagito violentemente; questo avrebbe scatenato la reazione del ragazzo.Il processo che segue porta alla luce retroscena inquietanti. Si ipotizza da diverse parti il concorso di altri nell'omicidio. Non vi sarà mai chiarezza su questo punto. Pino Pelosi viene condannato, unico colpevole, per la morte di Pasolini. Pasolini è sepolto a Casarsa, nel suo mai dimenticato Friuli. "E' dunque assolutamente necessario morire, perché finché siamo vivi manchiamo di senso, e il linguaggio della nostra vita (con cui ci esprimiamo, e a cui dunque attribuiamo la massima importanza) è intraducibile: un caos di possibilità, una ricerca di relazioni e di significati senza soluzione di continuità. La morte compie un fulmineo montaggio della nostra vita: ossia sceglie i suoi momenti veramente significativi (e non più ormai modificabili da altri possibili momenti contrari o incoerenti), e li mette in successione, facendo del nostro presente, infinito, instabile e incerto, e dunque linguisticamente non descrivibile, un passato chiaro, stabile, certo, e dunque linguisticamente ben descrivibile (nell'ambito appunto di una Semiologia generale). Solo grazie alla morte, la nostra vita ci serve ad esprimerci". (19) * * * Pochi giorni dopo la morte, esce La Divina Mimesis, singolare «riscrittura» dell'Inferno dantesco; negli anni seguenti vedono la luce numerosi altri suoi testi inediti, sparsi o incompiuti. Ricordiamo, per quanto riguarda la narrativa, Amado mio. Atti impuri (1983) e Petrolio (1992); per la poesia, Le poesie (antologia, 1975), Poesie e pagine ritrovate (1980), Poesie dimenticate (1980). Per quanto riguarda la saggistica e gli scritti giornalistici, oltre ai volumi già menzionati, sono usciti postumi, Il sogno del centauro (1983), Lettere agli amici. 1941-1945 (1976), Lettere 1940-1954 (1986), Volgar'eloquio (1987), Lettere 1955-1975 (1988), Il portico della morte (1988), I dialoghi (1992), Antologia della lirica pascoliana (1993), Vita attraverso le lettere (1994), Interviste corsare (1995). Recentemente, Tutte le opere di Pasolini sono state pubblicate da Mondadori nei Meridiani. ____________________ (12) Pier Paolo Pasolini, Il treno di
Casarsa, in "FMR", n. 28, novembre 1984, Franco Maria Ricci,
Milano. La poesia Le ceneri di Gramsci
Pubblicata nel 1957, questa
raccolta di poesie rappresenta il punto più alto della poesia pasoliniana.
Consiste in undici poemetti: 'Appennino, Il canto popolare, Picasso,
Comizio, L'umile Italia, Quadri friulani, Le ceneri di Gramsci, Recit, Il
pianto della scavatrice, Una polemica in versi, La terra di lavoro. Le ceneri di Gramsci è
il poemetto centrale dell'opera; composto nel 1954 ne rappresenta il punto
più alto. Così Pasolini nelle note alla fine del volume: Il poemetto si apre con un
inizio lento, con ritmo cadenzato. Vi è contrasto tra il laico cimitero
in cui è sepolto Gramsci e il lontano battere delle incudini dal
quartiere popolare di Testaccio, non lontano da lì, ma già un altro
mondo, un'altra vita. Il Gramsci di quel cimitero non è quello della
prigionia, della lotta, "non padre, ma umile fratello" (2),
quindi indifeso e solitario. E' riscontrabile in questa idealizzazione di
Gramsci la figura del fratello partigiano assassinato: anch'egli giovane e
indifeso. Ma il centro del poemetto si sposta sulla figura del poeta,
mentre Gramsci viene "preso, ripreso e abbandonato più volte con un
ritmo spezzato quasi a testimoniare la difficoltà di una precisa
definizione. [...] Come se il poeta, volgendo lo sguardo direttamente su
di sé, acquistasse maggior forza, maggior interesse". (1)
con te e contro di te; con te nel cuore, in luce, contro te nelle buie viscere; del mio paterno stato
traditore degli istinti, dell'estetica
passione; la sua allegria, non la
millenaria dell'uomo, che nell'atto s'è
perduta, io non so dirne, che non sia Il pianto della scavatrice è un lungo pometto in cui si fondono il ricorrente tema del tormento interiore del poeta, e il dramma di una società aberrante. Il pianto della scavatrice è l'emblema di uno sviluppo che è anche, e soprattutto, sofferenza per un futuro che si compie attraverso la lacerazione del passato. Un progressivo sviluppo che non avrà mai fine, portatore, quindi, di nuove ferite e nuove sofferenze. La scavatrice lancia il suo urlo quasi umano; ma in realtà e l'urlo del passato che muore. "La notizia di cui si parla in questi versi, e che ne costituisce il trauma, è l'annuncio, datomi da Attilio Bertolucci, della denuncia "per oscenità" del mio romanzo Ragazzi di vita". (4) Con queste parole lo stesso Pasolini spiega nelle note finali del volume il poemetto Recit. "Mi aspettava nel sole della vuota piazzettaIn Comizio Pasolini ricorda il fratello Guido, assassinato in circostanze particolarmente tragiche e laceranti durante la lotta partigiana. "Mio fratello Guido, dopo un anno di eroica lotta partigiana nelle file della 'Osoppo', è caduto sui monti della Venenzia Giulia nel febbraio del 1945." (4)
per la prima volta, dall'inverno in cui la sua ventura fu
appresa, nel sorriso, la luce con cui
vide, con vera dignità, con furia
indenne Egli chiede pietà, con quel
suo modesto, il troppo puro, che deva
andare a capo chino?
ormai rossa di assassini, e gli è nemico chi, fedele, la loro resa, e il compagno
che pretende Una polemica in versi:"Sul n. 6 della rivista 'Officina' usciva un mio scritto intitolato 'La posizione', dove, quasi a concludere, si leggeva: "Quanto al posizionalismo, per così dire, tattico dei comunisti, o nella fattispecie dell''Unità' o de 'Il contemporaneo', sarebbe atto da Maramaldo, in questo momento, infierire. La crudezza e la durezza ideologico-tattica di Salinari e altri era viziata da quello che Lukács - in una intervista concessa a un inviato appunto dell''Unità' durante i lavori del congresso del Pcus - chiama prospettivismo. L'ingenua e quasi illetterata (e anche burocratica) coazione teorica derivava dalla convenzione che una letteratura realistica dovesse fondarsi su quel prospettivismo; mentre in una società come la nostra non può venire semplicemente rimosso, in nome di una salute vista in prospettiva, anticipata, coatta, lo stato di dolore, di crisi, di divisione." Questo passo ha suscitato una reazione, certo sproporzionata presso la redazione de 'Il contemporaneo', che con illazioni poco generose (a cui generosamente, poi, si è assunto l'incarico di rispondere Calvino, su 'Il contemporaneo' stesso) mi ha attaccato in una sua rubrica polemica". (4) ----------------------- (1) Alberto Asor Rosa - Scrittori
e popolo - il populismo nella letteratura italiana contemporanea-
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