liberazione 29-04-04

Partiti all'alba carichi di lavoratori e vettovaglie per manifestare a Melfi

Pullman della solidarietà dalla Val di Sangro

 

 

Val di Sangro nostro servizio Fiat voluntas tua? Da quanto sta accadendo non è proprio così, anzi, la solidarietà e la partecipazione che è scattata nei confronti degli operai della Fiat-Sata di Melfi tra gli operai del polo Fiat abruzzese testimoniano il contrario. I primi a muoversi sono stati gli operai Fiom della Sevel, che in pochissimo tempo hanno organizzato, insieme alla Failms-Cisal, un paio di pullman: oltre a riempirli di lavoratori hanno pensato bene di metterci anche diversi quintali di vettovaglie per i colleghi della Basilicata che sostengono i presidi dello stabilimento. E sono partiti ieri mattina presto per manifestare con i compagni a Melfi.

Sono già cinque giorni che alla Sevel in Val di Sangro non si produce neanche un furgone, da cinque giorni ci sono oltre 6mila lavoratori (tra Sevel ed indotto) in cassa integrazione per mancanza di pezzi d'assemblaggio causa effetto Melfi; la chiusura forzata sta interessando (oltre la Sevel che ha già perso oltre 2mila furgoni) la Irma, la Mctalsangro, la Ergon e la Isringhausen, la San Marco e la Pierburg in Val di Sangro. A San Salvo (Ch) incominciano a preoccuparsi la Denso (una delegazione dello stabilimento nipponico si è recata a Melfi nel giorno della vile manganellata), la Megatron, la F&B e la Magneti Marelli di Sulmona e la Fiamm di Avezzano (gli operai che si sono salvati dalla precedente mobilità). Questo è quanto ripropone la paralisi della fabbrica più grande della Regione, a dimostrazione dell'eccessiva dipendenza da un indotto che ha le sue radici lontano dalle terre di Abruzzo; una analoga circostanza si è verificata nella prima decade del marzo scorso, causa la protesta degli autotrasportatori che impedì l'ingresso delle merci alla Sevel (che anche quella volta si dimostrò il gigante dai piedi d'argilla che è).

Alcuni temi caldi della vertenza che si è irrigidita a Melfi interessano anche gli operai della Sevel: anche qui da tempo diversi sindacati chiedono l'apertura di un tavolo di confronto sull'organizzazione dei carichi di lavoro, che nel tempo sono aumentati con l'aumento dei furgoni prodotti, in quest'ultimo periodo si superano anche i 900 furgoni al giorno su sei giorni lavorativi in cambio di poche briciole, tra questi l'assunzione di ulteriori 150 giovani interinali.

«Se la lotta dura deve esserci», ci dice Mario operaio a tempo indeterminato Sevel, «lotta dura sarà; ma ho molta difficoltà a crederlo, visto i tempi che corrono, questa vallata non è zona di lunga resistenza, sono molti quelli che spesso si smarriscono; mentre Melfi vorrei che durasse, che fosse come Mirafiori, quando era il trionfo del sindacalismo collettivo».

A Melfi si resiste a muso duro, si sciopera, in Abruzzo si sciopera (non tutti) per solidarietà e si attende la fine della cassa integrazione per tirare un sospiro di sollievo e affogare la paura.

Gianni Fogliani 

 

 

Presidi, cortei, proteste in prefettura: migliaia a Milano, Torino, Brescia

Si ferma il nord metalmeccanico

 

 

Milanonostro servizioCon le orecchie tese alla riapertura della trattativa e il cuore a Melfi. Migliaia di tute blu hanno scioperato tra Lombardia, Piemonte e Liguria, in solidarietà con la lotta dei lavoratori della Basilicata. Presidi, manifestazioni, assemblee; con la consueta articolazione la Fiom del triangolo industriale continua senza sosta a mobilitarsi per il contratto da più di un anno e per non svendere l'ultimo pezzo di dignità del lavoro a Melfi.

A Brescia, hanno sfilato in 5mila, in maggioranza della Om-Iveco, Beretta, Ocean, Lonati e Breda, per le vie della città. Davanti alla prefettura lanciano slogan contro la polizia, non si sentivano da decenni, segno che le cariche della vergogna hanno tracciato un solco. Le Rsu bresciane si erano già fermate lunedì e martedì in appoggio ai compagni di Melfi in oltre un centinaio di aziende. Da un anno scioperano e lottano tutte le settimane. Scorza dura e santa pazienza. Qui le divisioni con gli altri sindacati pesano ancora di più, anche per la forza egemone della Fiom. Nonostante alla Ocean e alla Profilatinave gli iscritti a Fim e Uilm abbiano partecipato alle iniziative dei giorni scorsi, ieri nelle bacheche sindacali sono comparsi volantini contro lo sciopero. Recidivi.

Racconta un delegato della Om Iveco: «La riapertura della trattativa a Melfi con la Fiom significa che la lotta dei lavoratori ancora una volta ha pagato, gli hanno fatto rimangiare l'accordo separato». Sulle frequenze di Radiopopolare Assunta da Brescia parla con Michela lavoratrice di Melfi: «Non credete alle balle dei giornali, l'80% degli operai a Brescia sono usciti dalla fabbriche, siamo tutti con voi». Il filo rosso ininterrotto della solidarietà operaia.

All'Iveco di Mantova erano in 200 davanti ai cancelli. Altrettanti alla Magneti Marelli di Corbetta, mentre davanti alle prefetture di Lodi, Bergamo, Pavia e Varese, sfilavano lavoratori e militanti del Prc lombardo. A Milano al presidio all'Alfa di Arese si sono ritrovati in duemila con le bandiere di tutte le categorie della Cgil e la solidarietà dello Slai Cobas. Nessun lavoratore è entrato in fabbrica, come all'Iveco, Innse, Lear, Pompe Gabbioneta, Brollo, Ansaldo Camozzi, Alstom, Microfusione, Alupieve, Allupex, Faema, Kone, OM Carelli, dove c'è stato il blocco totale della produzione. Altri presidi si sono svolti alla Siemens e alla Alcan. Tutti davanti alle fabbriche.

A Torino, si registra il 100% di partecipazione allo sciopero in diverse aziende (Ganfior, Flexsider, Microtecnica), alle acciaierie Ast-Tyssen l'80%, mentre l'adesione nel gruppo Fiat supera il 70% (solo all'Iveco 50%). Secondo l'azienda si sarebbe astenuto dal lavoro solo il 5% dei lavoratori. A Mirafiori si sono ritrovati in 300 alla porta 2 con cartelli e scritte: "Siamo tutti operai di Melfi" e "Manganellate e licenziamenti, no grazie". Mentre i lavoratori della Power Train (Fiat-General Motors) in costante cassaintegrazione si sono diretti verso la prefettura in corteo spontaneo. Davanti alla Bertone oltre 500 operai hanno organizzato un presidio. Il dato torinese, anche in molte aziende medio-piccole è la permanenza dei lavoratori fuori dai cancelli per tutte le quattro ore.

A Novara si registra una media del 90% di adesione allo sciopero tra Meritor, Ego, Rubinetterie stella, Amut, Sant'Andrea, Aiscom, Eure. A Verbania, alla Bialetti e alla Alessi adesioni al 80%. Nell'astigiano oltre il 60%.

A Genova in 3mila lavoratori delle fabbriche genovesi, dei trasporti e della funzione pubblica si sono diretti alla prefettura in corteo. Adesione dell'80% nelle riparazioni navali e segnali importanti in tante piccole e medie imprese. A Savona si sono svolti presidi davanti alle aziende. Da segnalare alla Magrini Galileo di Cairo Montenotte, l'adesione unitaria delle Rsu. Un caso raro ma non impossibile.

La Fiom incassa un ottimo successo, mai scontato e si ripropone al tavolo più forte. E in molti si chiedono già se, a scanso di equivoci, non sarebbe il caso di andare tutti a Melfi per il 1° maggio.

Claudio Jampaglia 

La trattativa si avvia soltanto. Oggi l'assemblea a Melfi per il via libera

Per il tavolo, Fiom vuole il sì degli operai

 

 

«Verranno tolti i blocchi quando partirà il negoziato e sono certa che i lavoratori seguiranno le indicazioni». La segretaria nazionale della Cgil Carla Cantone usa un tono risoluto ed esplicito entrando, ieri sera, nella trattativa con la Fiat. E quando l'incontro si conclude, la posizione sostanzialmente non muta. La trattativa è avviata. Oggi la Fiom deciderà assieme ai lavoratori il da farsi.

Il tono della Cantone è servito anche a sgombrare il campo da qualsiasi equivoco sul comportamento della Fiom, e ha lanciato un chiaro segnale a tutti quelli che nel corso della giornata di ieri hanno continuato a sparare bordate contro il sindacato diretto da Gianni Rinaldini.

Ancora ieri sera, entrando nella sede della Fiat a Roma, Antonino Regazzi, segretario generale della Uilm, continuava a ripetere: «Presumo che non ci sarà nessuna apertura. Se si sbloccano i cancelli si apre la trattativa, prima non si può aprire, si devono togliere i presidi perché la trattativa si possa avviare». Messa così è una vera e propria pregiudiziale. Dietro, ovviamente, c'è dell'altro. Si vuol vedere capitolare la Fion, l'unica organizzazione ad uscire a testa alta da questa vicenda.

Lo "sport" anti-Fiom mette insieme Sacconi e Pezzotta, Angeletti e il presidente di Federmeccanica Bomabassei, da poco promosso a fianco di Montezemolo con la delega ai rapporti sindacali. Come si vede, la "nuova" Confindustria ha tutta l'intenzione di acquisire l'accordo separato nei metalmeccanici.

Ed è proprio di Bombassei l'attacco più duro nei confronti della Fiom, accusata di «comportamento antisociale». Bombassei, non entra nel merito della trattativa su Melfi ma sottolinea sottolinea che non c'è un problema con Cgil, Cisl e Uil che «sono d'accordo nel riaprire il dialogo». Il problema «è solo la Fiom». «La Fiom deve decidere stasera stessa la sua posizione sulla vertenza di Melfi», chiedeva ieri il segretario della Uil, Luigi Angeletti. «C'è una chiara e condivisa intesa tra le tre confederazioni e cioè che la ripresa della trattativa è contestuale alla fine dei blocchi». Si gioca, ovviamente sui termini. Innanzitutto, sulla parola "blocchi": nessuno a Melfi ha attuato i blocchi. Semplicemente, i lavoratori non riprendono a lavorare. E lo sciopero di ieri lo ha dimostrato ancora una volta. Secondo, la ripresa della trattativa non può essere di facciata, come si è verificato in altre occasioni, ma sostanziale. E' questo che la Fiom aspetta di vedere. Ecco perché una decisione vera sulle forme di lotta verrà presa soltanto oggi, dopo una attenta valutazione dell'andamento del tavolo aperto a Roma.

Un po' più pacato il tono del segretario della Cgil Guglielmo Epifani, che invita tutti ad usare buon senso. Epifani è convinto che «una vera trattativa si fa e si può fare normalmente, non avendo in piedi forme di lotta che la rendano difficile. Tutti lo sanno e anche i lavoratori lo capiscono benissimo».

La vicenda Fiat, ovviamente, è andata in "onda" su "Porta a Porta" di ieri sera. Da Vespa, l'unica buona notizia che passa è che il 73% degli italiani sta con i lavoratori di Melfi: nessun trattamento salariale differenziato, quindi. Lo sa bene Maroni che, dopo il segretario del Prc Fausto Bertinotti, ha almeno il coraggio di ammettere la ragionevolezza delle loro ragioni. Lo fa per lo stesso motivo per cui non vuole occuparsi di Alitalia. Una pura preoccupazione elettorale. A Pezzotta, che vuole prendersi a tutti i costi il merito, che non ha, di aver riaperto la trattativa con la Fiat, il segretario del Prc obietta chiaramente che «senza la rivolta non si sarebbe riavviato un bel niente». «Perché non sono state eliminate prima le ingiustizie?», lo incalza Bertinotti. «Stavamo cercando di farlo», è la risposta del segretario della Cisl. La memoria di Pezzotta è evidentemente molto labile. Dimentica, per esempio, che sono stati proprio i rappresentanti sindacali della Fim, e della Uilm, dello stabilimento di Melfi a negare in tutti questi mesi una riapertura della trattativa.

Fabio Sebastiani 

Grande manifestazione in Lucania, scioperi in tutta Italia

Tute blu,
tutti con Melfi

 

 

Melfi n ostro inviato Sarà l'assemblea di tutti i lavoratori Fiat Sata, questa mattina davanti allo stabilimento di Melfi, a decidere se, dopo dieci giorni di contrapposizione dura, i presidi che controllano le vie di accesso alla fabbrica saranno sospesi. «Alcune novità ci sono, le lotte hanno prodotto un cambiamento di posizione della Fiat», spiega il segretario generale della Fiom, Gianni Rinaldini, poco prima che prenda il via la grande manifestazione di ieri, accompagnata dallo sciopero generale di otto ore della Basilicata. Successivamente, parlando dal palco ai 15mila lavoratori presenti al corteo, Rinaldini ribadirà punto per punto qual è il percorso alla base per l'apertura della trattativa: «E' chiaro che il negoziato - sottolinea Rinaldini - non può avere pregiudiziali né sulle richieste retributive, né per quanto riguarda lo schema dei turni. Deve vedere la partecipazione diretta della rappresentanza sindacale della Fiat Sata e ogni accordo deve essere validato con un referendum tra i lavoratori interessati. Questo implica la non possibilità di fare ulteriori accordi separati. Inoltre, la Fiat deve escludere in partenza qualsiasi intervento punitivo nei confronti dei lavoratori che stanno partecipando alla lotta». Se queste condizioni ci sono, ribadisce Rinaldini, la trattativa può partire. In ogni caso, chiarisce il leader della Fiom, spetta ai lavoratori decidere quali sono le forme di lotta appropriate per affrontare la nuova fase, che non è più di richiesta del tavolo ma di "accompagnamento" del negoziato.

Rinaldini fa anche capire di temere il logoramento prodotto da dieci giorni e altrettante notti passate a vigilare sui presidi. E tuttavia non sarà facile convincere le tute amaranto di Melfi ad abbassare la guardia. «Vogliamo risultati concreti, le parole non ci bastano», ripete Rosario, delegato Fiom, uno degli operai pestati dalla polizia durante le vergognose cariche di lunedì scorso. Come lui la pensa Michele, addetto al reparto verniciatura: «La nostra lotta andrà avanti - afferma - fino a quando non ci daranno quanto abbiamo chiesto». I lavoratori chiedono risposte certe, a partire dalle condizioni di lavoro: «I ritmi sono massacranti - insiste Michele -, se prima eravamo in cento in produzione adesso siamo al massimo in quaranta». Poi c'è la questione salariale. Le buste paga degli operai di Melfi infatti sono in media più basse del 15% rispetto a quelle degli altri lavoratori Fiat: «Facendo le turnazioni guadagno tra i 900 e i mille euro al mese. Sono prossimo al matrimonio - spiega Michele - ma con quello che costa la vita oggi come può pensare un giovane di farsi una famiglia?».

Mentre parliamo, il corteo ha cominciato a muovere i primi passi sotto un sole che picchia peggio dei carabinieri. In apertura c'è lo striscione della Fiom di Potenza, ma è significativo che, pur di testimoniare la loro solidarietà, siano giunte a Melfi anche delegazioni della Fiom di Padova e degli operai di Termini Imerese, i quali hanno addirittura portato in dote ai compagni della Sata una sottoscrizione di ben 25mila euro. «Abbiamo viaggiato tutta la notte con un pullman, siamo circa 50 - dice Roberto Mastrosimone, delegato Fiom -. Questioni come salario, diritti e relazioni sindacali sono fondamentali per tutti noi che lavoriamo in Fiat. La forza dei lavoratori è quella di essere uniti, dobbiamo continuare così».

Non passa inosservato il grande striscione della Cub, che ha una presenza significativa in alcune aziende della zona di Melfi: «Questa lotta, assieme a quella degli autoferrotranviari e dei dipendenti Alitalia - sottolinea Pierpaolo Leonardi, leader del sindacato di base -, sta rimettendo al centro dell'agenda politica del paese il conflitto capitale/lavoro. La storia di Melfi è iniziata dieci anni fa con un accordo terribile sottoscritto da Cgil, Cisl e Uil. Oggi è partita la lotta che rimette in discussione quell'accordo. Sarebbe grave se questa vertenza splendida si concludesse senza un risultato effettivo che migliori le condizioni dei lavoratori alla Fiat Sata».

Tra le forze politiche, si fa notare l'assenza di esponenti di rilievo dei Ds, a cui fa da contraltare la partecipazione del dissidente Achille Occhetto. Rifondazione comunista è invece rappresentata, a livello nazionale, dal deputato Nichi Vendola e da Paolo Ferrero, della segreteria. «La battaglia di Melfi, comunque vada a finire la trattativa - commenta Vendola -, apre una nuova stagione di straordinarie lotte per i diritti in fabbrica. Qui si è combattuto su un terreno avanzatissimo: non quello della difesa dai licenziamenti, ma del salario e delle condizioni di lavoro. Una vertenza che ripropone il lavoro come accesso alla cittadinanza e non come merce grezza a disposizione di qualunque comando autoritario. Per questo dico che, comunque vada a finire, i lavoratori di Melfi hanno vinto».

Roberto Farneti 

Alta adesione in tutta Italia allo sciopero proclamato ieri dalla Fiom Cgil a sostegno dei lavoratori della Fiat di Melfi. In Veneto la Fincantieri di

 

 

Alta adesione in tutta Italia allo sciopero proclamato ieri dalla Fiom Cgil a sostegno dei lavoratori della Fiat di Melfi. In Veneto la Fincantieri di Porto Marghera si è praticamente svuotata, così come gli stabilimenti a Padova, Rovigo, Treviso e le acciaierie vicentine. Momenti di tensione davanti allo stabilimento della Fincantieri a Marghera (Venezia) per un corteo che ha bloccato il traffico. Anche a Brescia e Pordenone le cifre si aggirano intorno o sopra l'80%. Manifestazioni e cortei in mattinata nelle principali città dell'Emilia Romagna: centinaia i lavoratori che si sono ritrovati a Bologna davanti allo stabilimento della Magneti Marelli. Anche a Modena, Reggio Emilia, Parma, Forlì, Rimini, Ferrara, Imola, Cesena, Piacenza e Ravenna i lavoratori si sono mobilitati in varie forme. Per la segreteria regionale della Fiom, lo sciopero in Emilia Romagna ha avuto un'adesione nelle aziende più significative tra il 70 e il 90%. Solidarietà ai lavoratori di Melfi anche dai compagni di Ancona, dove si è mosso un corteo di 1000 persone, e da tutte le Marche dove gli scioperi hanno coinvolto dal 55 al 90% dei dipendenti. A Napoli ha preso vita un presidio davanti alla prefettura con la partecipazione di 3mila persone e sono rimaste ferme anche la Fiat e l'indotto auto a Pomigliano d'Arco. Il 90% dei dipendenti della Fincantieri di Palermo ha incrociato le braccia, tanti quanti alla Breda di Pistoia, alla Bonferraro di Verona e alla Meritor di Novara. Cifre altissime (fra l'80 e il 100%) pure negli stabilimenti di Foggia, Pontedera, Siena e Verona. Anche alcuni scioperi unitari, come a Salerno e Savona, hanno avuto un ottimo riscontro.

Classe
dirigente

 

 

Sulla vicenda di Melfi molto si è scritto, sulla classe operaia giovane, sull'assenza di cultura sindacale. Credo che ieri, di fronte alla svolta che si è determinata nella vertenza, i giovani delegati della Fiom di Melfi abbiano dato prova di una maturità e di una capacità di direzione politica, che deve essere sottolineata.

I fatti sono noti: dieci giorni fa è iniziata una lotta contro la mandata a casa senza stipendio che la Fiat praticava per contrastare gli scioperi delle aziende dell'indotto. Dopo qualche giorno Fim e Uilm hanno firmato un accordo separato che aveva l'unico scopo di indebolire la lotta e aprire la strada all'intervento della polizia. La Fiat ha così ottenuto, in pochi giorni, le cariche della polizia ed un pronunciamento della magistratura di Melfi sull'obbligo di rimozione dei blocchi ai cancelli. La prova di forza repressiva non ha però piegato i lavoratori; anzi, ha aumentato il consenso attorno alla lotta, sia sul territorio, che in fabbrica. Il tentativo della Fiat di vincere attraverso la divisione sindacale e l'uso repressivo dello Stato è quindi fallito. A questo punto, lo scenario è cambiato; si è riaperta la strada della trattativa con due elementi: la rimozione dei blocchi - ordinata dalla magistratura - e la garanzia del voto vincolante dei lavoratori su qualsiasi ipotesi di accordo. Il frutto del blocco della fabbrica ha cioè determinato la possibilità di vincere la vertenza che però, per continuare, deve modificare le forme di lotta: dal blocco dei cancelli allo sciopero interno. Chi ha qualche esperienza di lotta operaia, sa quanto sia difficile modificare le forme di lotta e passare dal blocco totale all'articolazione. Il rischio è che i lavoratori la vivano come una sconfitta, un cedimento e che, una volta rientrati in fabbrica, il potere di capi e capetti riproduca la paura e metta in pericolo la riuscita degli scioperi. Il problema che i compagni e le compagne che dirigono la lotta a Melfi si sono trovati davanti ieri, è stato questo: continuare i blocchi, aprendo la strada alla repressione poliziesca e della Fiat, oppure cogliere l'occasione della possibilità di aprire la trattativa, modificando le forme di lotta. I delegati hanno deciso, in sintonia con il gruppo dirigente della Fiom, di passare all'articolazione per verificare fino in fondo la possibilità di ottenere risultati concreti: in primo luogo aumenti salariali e modifica dell'organizzazione del lavoro.

In queste due settimane a Melfi sono quindi avvenuti due fatti straordinari. In primo luogo si è rotta la pace sociale e la cappa ideologica dell'accettazione passiva dello strapotere della Fiat. Si è sperimentato che «ribellarsi è giusto, ribellarsi è possibile». In secondo luogo però, è anche cresciuto un gruppo dirigente di fabbrica, che ha saputo proporre il passaggio dalla "rivolta", alla costruzione di una soggettività operaia consapevole, in grado di costruire un possibile sbocco positivo al conflitto. Si tratta di due passaggi enormi e sarebbe sbagliato vedere solo il primo senza sottolineare il secondo. In realtà, in queste due settimane a Melfi, si è confermata l'osservazione di Marx per cui, nei periodi rivoluzionari, di lotta e movimento, vi sono giorni che valgono anni. Adesso il conflitto proseguirà, su un piano più difficile, con una molteplicità di forze - come mostrano le provocatorie dichiarazioni di Pezzotta - che operano per mandare tutto all'aria. Un conflitto più difficile che vede però la possibilità di una vittoria che modifichi strutturalmente i rapporti di classe alla Fiat di Melfi. Per questo la solidarietà, l'attenzione e la lotta a sostegno di questi lavoratori, non devono finire ora. Devono proseguire più forti a partire dal lancio di una "cassa di resistenza" a sostegno della lotta e dalla partecipazione alla manifestazione che si terrà a Melfi nel pomeriggio del primo maggio. A Melfi oggi si può vincere; grazie alla volontà e all'unità dei lavoratori; grazie alla capacità di direzione politica dei giovani delegati operai che molti di questi, siano iscritti a Rifondazione comunista è per noi, motivo di orgoglio e speranza.

Paolo Ferrero