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cronache da melfi dal 20 al 27 aprile
liberazione 20-04-04
Sata-Fiat,
i lavoratori davanti ai cancelli e pronti allo sciopero se l'azienda non
risponde alla richiesta di aprire un tavolo di trattativa su condizioni di
lavoro e salario |
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Melfi
in mano alle tute blu |
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La scena si è ripetuta praticamente identica a quelle di
venerdì e sabato scorsi: i lavoratori delle aziende terziarizzate - questa volta
è toccato alla Lear - che entrano in sciopero per il pre-contratto e la
Sata-Fiat che "mette in libertà", per ritorsione, tutti i
lavoratori del sito di Melfi. Loro, ovviamente, non ci pensano nemmeno un
minuto: via dalle linee e corteo interno. I lunghi viali interni si riempiono
di gente in meno di un quarto d'ora. Davanti alle quattro entrate principali
comincia la lunga sosta dei tir carichi di semilavorati. E poi, nel
pomeriggio, dopo l'assemblea un'altra megadelegazione che si reca fin sotto la
palazzina della direzione con la lista delle rivendicazioni: prospettive
dell'occupazione nel settore dell'auto, rinnovo del contratto aziendale,
eliminazione della doppia battuta, equiparazione del trattamento salariale,
migliori condizioni di lavoro, utilizzo della cassa integrazione per la
copertura delle ore non lavorate. «Ora è l'azienda - dice Giuseppe Cillis,
segretario della Fiom di Potenza - che deve parlare. Se n on ci danno
risposte chiare valuteremo il da farsi». Le tute blu, dai cancelli di Melfi
tengono i vertici sotto timing. Oggi stesso, se l'azienda si ostina nel suo
rifiuto, potrebbero partire gli scioperi veri. Questa volta non si può
tergiversare. Che la
situazione dovesse tornare a farsi di nuovo calda era nell'aria. Non sbaglia
poi di molto Giuseppe Cillis a parlare di un clima di rabbia «come quando
vennero quelli di Termini Imerese». Oggi, i nodi e
gli interrogativi sono gli stessi. E i lavoratori di Melfi l'hanno urlato ai
quattro venti anche ieri. Il tritacarne del "prato verde" continua
ad essere la doppia battuta, ovvero quella organizzazione del lavoro che
permette alla Fiat un controllo assoluto dei dipendenti. E poi, perché un
lavoratore di Melfi deve avere mediamente il 20% in meno? Ma soprattutto,
perché l'azienda deve continuare a rispondere con il silenzio, o con la
repressione striscinate? Questa volta i
lavoratori non hanno nessuna intenzione di fare marcia indietro. Questa volta
non si concluderà tutto come quando "vennero le tute blu da Termini
Imerese". Molto esplicita la dichiarazione del segretario generale della
Fiom Gianni Rinaldini. «A Melfi, le lavoratrici e i lavoratori sono in
sciopero per affermare migliori condizioni di lavoro e per richiedere
l'apertura di un confronto nazionale sulle prospettive della Fiat in Italia».
Ed aggiunge: «Appoggiamo la lotta dei lavoratori e delle lavoratrici di Melfi
ai quali esprimiamo tutta la nostra più ampia solidarietà in questo grave
momento di crisi perché le loro lotte sono l'espressione più corretta e vera
per riaffermare la giustizia nel mondo del lavoro». Il clima è
davvero pesante. E la spontaneità della lotta lo dimostra. I lavoratori non
ne possono più non solo delle turnazioni infernali e dei salari da fame, ma
anche delle migliaia di provvedimenti disciplinari che la direzione aziendale
sparge a piene mani, «anche per un ritardo di pochissimi minuti». «L'avevamo
detto che il giochino dello scambio tra diritto al lavoro e diritti dei
lavoratori non poteva continuare all'infinito», sottolinea il segretario
della Fiom provinciale Giuseppe Cillis. «In questi dieci anni abiamo
continuato a fornire indicazioni ai lavoratori e a tallonare l'azienda con la
richiesta di incontri». Ad esprimere il
pieno appoggio alle iniziative di lotta è anche Piero Di Siena, senatore dei
Ds, eletto in Basilicata. «Si può ben dire che la misura è colma. Sarebbe
necessario che la Regione assumesse una iniziativa in grado di aprire nuove
proposte e prospettive. Ma sarebbe necessario anche un intervento del
governo». Fabio
Sebastiani
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LIBERAZIONE
21-04-04
L'azienda
diserta l'incontro in Regione. La Fiom: «Sciopero a oltranza fino
all'intervento del governo» |
Rivolta
a Melfi, la Fiat sceglie il muro contro muro |
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Produzione bloccata per il secondo giorno consecutivo alla
Fiat Sata di Melfi, dove si produce la Lancia Y. Prosegue infatti lo sciopero
ad oltranza proclamato dalla Fiom, con blocchi stradali e la chiusura degli
accessi allo stabilimento. E la protesta non si fermerà, avverte il
segretario delle tute blu Cgil di Potenza, Giuseppe Cillis, «fino a quando
Palazzo Chigi non chiamerà l'azienda e il sindacato intorno a un tavolo». A
dare fuoco alle polveri era stata, lunedì scorso, la provocatoria e
unilaterale decisione della Sata di mettere "in libertà" gli operai
dello stabilimento Fiat come ritorsione per gli scioperi attuati dalla Fiom
nell'indotto. Immediata la reazione dei lavoratori, che hanno incrociato le
braccia dando il via, con la Fiom, a una vertenza che riguarda il salario e
le condizioni di lavoro. A Melfi, infatti, i turni e i carichi per addetto
sono più pesanti rispetto agli altri siti produttivi della Fiat, mentre la
buste paga sono più leggere mediamente del 15%. Il braccio di
ferro ha subito richiamato l'attenzione della giunta regionale della Basilicata,
che già ieri avrebbe voluto incontrare i vertici dell'azienda per chiarire la
situazione. Invito non raccolto dalla Sata, che invece, con la consueta
arroganza, ha preferito disertare l'incontro, forse a causa di dichiarazioni
a favore dei lavoratori rilasciate da qualche assessore. La Regione non si è
però persa d'animo e ha chiesto a sua volta al governo di «convocare in tempi
rapidi un tavolo di confronto con la Fiat e le parti sociali, al fine di
avere un quadro chiaro della situazione dello stabilimento di Melfi e per
concordare insieme una serie di iniziative, rivolte a rafforzare il distretto
dell'auto in Basilicata». Lo scontro tra
azienda e Fiom rischia a questo punto di scivolare dal terreno sindacale a
quello istituzionale, dal momento che anche il governo sembra avere imboccato
la strada del "muro contro muro". Ieri il "moderato"
Maurizio Sacconi, sottosegretario al Welfare, ha accusato la Fiom di
privilegiare «la permanente radicalizzazione dello scontro», utilizzando
«ogni occasione per perseguire obiettivi di puro "luddismo"». La
tesi di Sacconi è che l'Italia potrà essere competitiva sul mercato «a
seconda che prevalga nel sindacato l'approccio cooperativo o quello
antagonista». La soluzione «positiva», secondo il sottosegretario, «passa
inesorabilmente per la sconfitta politica della Fiom Cgil rispetto alla quale
la stessa confederazione dovrà chiarire se ne condivide i contenuti
(ripristino scala mobile, appiattimento retributivo nazionale, rifiuto della
flessibilità del lavoro) e i metodi». Giorgio
Cremaschi, segretario nazionale dei metalmeccanici Cgil, scuote la testa e
colpisce duro: «Abbiamo un sottosegretario al Lavoro che parla sempre contro
i lavoratori. La sua è una caricatura macchiettistica del ruolo istituzionale
che dovrebbe ricoprire». L'accusa di Sacconi viene respinta al mittente: «E'
vero - ammette Cremaschi -, la Fiom è da dieci anni che lavora a Melfi perché
i lavoratori non accettino quelle condizioni di lavoro disumane e la
differenza di quasi 1500 euro all'anno rispetto a quelli del nord. Adesso
finalmente questo nostro difficile, duro impegno diventa vertenza sindacale e
di questo ne siamo fieri». Perché la rivolta dei lavoratori di Melfi, spiega
Cremaschi «è un segnale a tutto il paese che non si esce né dalla crisi Fiat
né dalla crisi industriale con le gabbie salariali e con il supersfruttamento
dei lavoratori. Quindi - conclude il dirigente della Fiom - la lotta di Melfi
è una lotta avanzatissima, non di retroguardia ma di avanguardia, e la Fiat
dovrebbe riflettere sul fatto che il suo modello paternalistico e autoritario
è fallito». Al fianco delle
tute blu Cgil si schiera Rifondazione: «La violenza della nuova aggressione
alla Fiom da parte del sottosegretario Sacconi - commenta Gigi Malabarba,
capogruppo Prc al Senato - rivela la paura del governo di fronte alla ripresa
del conflitto sociale, in particolare sul salario». Solidale con la
protesta di Melfi è anche la Fiom siciliana, mentre da Torino arriva un nuovo
allarme: «I volumi produttivi di Mirafiori - segnala il segretario
provinciale della Fiom, Giorgio Airaudo - sono oggi 793, ben lontani dalle
1.000 unità al giorno previste dal Piano Morchio». In compenso arrivano nuovi
manager: Stefan Ketter (ex Volskwagen) sarà il nuovo responsabile della qualità
di Fiat Auto mentre Mario Mairano sarà il nuovo direttore delle risorse
umane. Roberto Farneti |
Lotte
operaie nella crisi del neoliberismo |
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La giornata di ieri è stata caratterizzata da numerosi episodi
di lotta operaia. Gli operai di Melfi hanno continuato una mobilitazione
straordinaria e che ha rotto definitivamente la pace sociale all'interno
dello "stabilimento modello" della Fiat. A Palermo gli operai
dell'Imesi di Carini hanno bloccato l'autostrada per protestare contro lo
sfascio progressivo dell'azienda in cui lavorano. Ad Asti, i metalmeccanici
dell'Arvin, hanno bloccato la ferrovia Torino - Roma dopo aver ricevuto la
comunicazione della messa in mobilità di 160 dipendenti su 441. Tutto questo,
dopo le grandi lotte degli autoferrotranvieri, mentre si sta indurendo la
vertenza Alitalia e nel contesto della campagna dei precontratti della Fiom.
Di queste lotte spiccano in primo luogo l'intreccio tra richieste salariali e
protesta contro le crisi industriali. Vi è un disagio operaio, accumulato in
anni e determinato da una somma di elementi che oramai sta esplodendo. In
secondo luogo - in particolare per Melfi - è evidente la contaminazione
avvenuta tra le diverse lotte. Ai capannelli operai di Melfi si sente dire
"dobbiamo fare come Scanzano": Le lotte dei mesi scorsi contro
scorie e tralicci hanno segnato la strada e fatto maturare la convinzione che
"la lotta paga", che "uniti si vince". La radicalità e
i contenuti della lotta operaia - come hanno mostrato anche lo sciopero
generale e la manifestazione dei pensionati - sono quindi all'altezza del
livello dello scontro; quello che manca è un adeguato sostegno politico e una
risposta sindacale che trasformi questa disponibilità alla lotta in vertenza.
Anche perché,
la risposta delle classi dirigenti è emblematica ed inequivoca: da un lato si
schiera la polizia, cercando di trasformare le lotte sociali in questione di
ordine pubblico. Dall'altra il governo non fa nulla per rispondere ai
problemi salariali e di qualificazione dell'apparato produttivo. Addirittura
ieri Finmeccanica ha approvato un piano di ristrutturazione che - se
praticato - porterà ad ulteriori chiusure e dismissioni di quello che resta
delle partecipazioni statali. La conquista di
qualche risultato non potrà essere quindi frutto di mediazioni e
ammiccamenti, ma solo il prodotto di un consapevole movimento di lotta. E'
quindi necessario, in primo luogo, sostenere fino in fondo queste lotte, realtà
per realtà. E' però indispensabile lavorare per aprire una vera e propria
vertenza generale, contro governo e confindustria, sui temi del salario e
della riqualificazione dell'apparato produttivo del paese. La nostra campagna
sul salario è un primo passo, ma occorre allargarla e sfidare le diverse
forze di opposizione e la stessa Cgil, portandole a misurarsi su questo
terreno. Dobbiamo fare sul terreno sociale quello che abbiamo fatto sul tema
della pace: la costruzione di una ampia mobilitazione, al tempo radicale e di
massa, che dia una risposta alla crisi delle ricette neoliberiste; solo così
possiamo costruire uno sbocco politico positivo alle lotte operaie di questi
giorni. di Paolo Ferrero |
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LIBERAZIONE
22-04-04
Nello stabilimento
Sata-Fiat situazione al limite |
Melfi |
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Quanti costosi convegni buttati via, quanta propaganda
aziendale mascherata da modernità sociologica crollano in questi giorni davanti
ai cancelli dello stabilimento Fiat di Melfi. Di fronte alla fabbrica
modello, che doveva inaugurare un nuovo sistema di governo della forza
lavoro, migliaia di giovani operai sono in sciopero per la dignità e per i
loro diritti. Questa lotta
viene da lontano, non è frutto di un temporale improvviso. Da anni la Fiom
contesta, spesso in silenzio e solitudine, il modello Melfi. Alla faccia
della modernità, nello stabilimento Sata-Fiat di Melfi si lavora con i ritmi
e con le procedure del taylorismo più spinto e antico. A Melfi è stato
sperimentato, usando le persone in carne ed ossa come cavie, quel TMC2 che
riduce del 20 per cento le pause di riposo nei ritmi della catena di
montaggio. A Melfi si lavora su tre turni, su sei giorni alla settimana e quando
si fa la notte, essa non finisce più. Dopo un'intera settimana di turno di
notte, ce n'è subito un'altra. E' questa l'odiatissima "doppia
battuta", contro cui da tempo protestano i lavoratori e che desta
scandalo in chiunque abbia a mente le più elementari norme di salute e
sicurezza sul lavoro. A Melfi i lavoratori ricevono in media 1500 euro
all'anno in meno dei loro colleghi degli altri stabilimenti Fiat, i quali
peraltro hanno già le paghe più basse tra tutti i lavoratori dell'auto in
Europa. Sono queste ingiustizie che vengono da lontano, dal ricatto iniziale
verso i lavoratori, il sindacato, le popolazioni del sud, con il quale fu
impiantato lo stabilimento in Basilicata. «O accettate queste condizioni, o
non se ne fa niente». Dopo molti anni finalmente si ha la forza di rifiutarle
quelle condizioni.
A Melfi vengono
così affondate le gabbie salariali e tutti quei disegni padronali e governativi
che puntano a fare del Mezzogiorno una nuova terra di lavoro, che deve
guadagnarsi il pane rinunciando a diritti e a salario. Sarà per questo
clamoroso fallimento che il sottosegretario al lavoro ha reagito con tanta
rabbia. Egli ha riproposto i suoi deliri contro la Fiom, e non si è accorto
così di annunciare la sconfitta di chi in questi anni ha puntato a
distruggere il principale sindacato dei metalmeccanici. Con il suo
comportamento caricaturale per un uomo di governo, che dovrebbe teoricamente
difendere gli interessi del lavoro, e che invece assume le posizioni più
becere e oltranziste a favore dell'azienda, il sottosegretario al Lavoro ha
semplicemente manifestato la propria ringhiosa pavidità e impotenza. Ma anche
la Fim la Uilm e Fismic i tre sindacati che a Melfi raccolgono oltre il 60%
dei consensi dei lavoratori, registrano in queste ore un clamoroso fallimento
della loro linea moderata e collaborazionista con l'azienda. Sono i loro
iscritti, i loro delegati a scioperare insieme agli altri, anch'essi non ne
possono più. Fim e Uilm hanno reagito a tutto questo secondo il copione di
quest'ultimi anni, quello degli accordi separati in Fiat e sul contratto
nazionale. Ma questa volta le lore parole suonano vuote e inutili, anch'essi
sono di fronte alla fine di un disegno, la loro vecchia politica non funziona
più. Ma il
fallimento principale è quello della Fiat. Il gruppo torinese in questi anni
ha cercato di creare intorno a Melfi un'isola che esorcizasse la crisi del
gruppo. Melfi doveva essere una sorta di vetrina del lavoro a basso costo e
ad alto rendimento, necessaria per convincere qualcuno all'estero a comprarsi
l'intera produzione dell'auto. Questa strategia miope, che non ha puntato
sullo sviluppo di Melfi, ma solo sul suo supersfruttamento, è giunta alla
fine. Ora chiunque vorrà fare i conti con Melfi sa che non ha più di fronte
una scatola di montaggio buona per qualsiasi uso, ma una fabbrica con storie,
lavoratori, professionalità e dignità, che come tale vuole essere
considerata. Da oggi Melfi vale molto di più.
Giorgio
Cremaschi |
Quinto
giorno di protesta. Paralizzata la zona industriale |
Ancora
blocchi |
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Zona industriale di Melfi (Pz) ancora paralizzata dai
blocchi stradali effettuati dai lavoratori della Fiat-Sata e delle aziende
dell'indotto, che durano ormai da cinque giorni. La protesta dei lavoratori,
che ha ricevuto l'appoggio di Fiom e Slai-Cobas, è contro la politica delle
relazioni sindacali e industriali e per una piattaforma che chiede più
salario e diverse condizioni di lavoro (doppia battuta). La regione,
attraverso l'assessore al Lavoro, Carmine Nigro, sta cercando di mediare, pur
condannando l'atteggiamento di Corso Marconi, che per tutta risposta ha fatto
ventilare l'ipotesi di spostare l'assemblaggio delle Y a Termini Imerese. Non
solo, secondo quanto denuncia lo stesso segretario generale della Fiom Gianni
Rinaldini, la Fiat sta telefonando ai singoli lavoratori per invitarli a
tornare al lavoro. Ovviamente, la Fiat è alla ricerca della prova di forza
attraverso la strumentalizzazione e il ricatto dei lavoratori. Intanto, oltre
cento deputati di quasi tutti i gruppi politici lhanno sottoscritto un
appello in cui chiedono in intervento immediato del presidente del Consiglio.
«La tensione che esiste tra gli scioperanti è molto
forte - sottolinea Rinaldini - perché l'azienda non vuole fissare la data
dell'incontro». Rinaldini avverte: «La responsabilità di questa situazione
ricade per intero sulla Fiat». |
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LIBERAZIONE 23-04-04
Si
fermano anche la Sevel e Termini Imerese. L'azienda: parliamo solo con Fim,
Uilm e Fismic. La Fiom: pura provocazione |
Melfi,
la Fiat cerca sponda tra i sindacati "amici". E la trova |
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Tutti contro la Fiom e i lavoratori di Melfi. In primo
luogo la Fiat, ovviamente, che sta mettendo in libertà gli operai di altri
stabilimenti nel tentativo di dividere i lavoratori e fiaccare la coraggiosa
lotta avviata sei giorni fa dalle tute blu lucane, che continuano a bloccare
la produzione con l'obiettivo di costringere l'azienda ad aprire una
trattativa su salario (a Melfi le retribuzioni sono inferiori in media del
15%) e ritmi di lavoro. Per tutta risposta ieri mattina a Mirafiori circa un
migliaio di addetti alle linee "Punto" e "Idea" sono
stati di nuovo messi in "senza lavoro" per il mancato arrivo di
componenti da Melfi, mentre tra oggi e domani resteranno fermi anche 2500
operai della Sevel, in Val di Sangro, dove si produce il "Ducato" e
1400 tute blu di Termini Imerese (Punto). La Fiat può contare anche
sull'aiuto del governo - che fa finta di non vedere quanto sta accadendo,
ignorando persino gli appelli della Regione Basilicata - e sulla compiacenza
di alcuni sindacati "amici". Quali siano gli interlocutori più
graditi, lo ha fatto capire chiaramente il responsabile delle relazioni
Industriali del gruppo torinese, Paolo Rebaudengo: «Siamo disponibili alla
richiesta fatta da Fim, Uilm e Fismic e stiamo definendo le modalità
dell'incontro», ha detto Rebaudengo, aggiungendo che invece «la Fiom non ha
chiesto alcun incontro». Una dichiarazione definita dal segretario generale
della Fiom, Gianni Rinaldini, come «una pura provocazione», dal momento che
al primo punto delle richieste dei metalmeccanici Cgil c'è proprio quella
dell'apertura di una trattativa. La segreteria nazionale della Fiom
parteciperà alla manifestazione di domani a Melfi promossa dalle Rsu della
Fiat Sata e delle aziende dell'indotto. Nel frattempo, insiste Rinaldini,
«rimaniamo in attesa della convocazione». Quanto alle manovre della Fiat per
dividere i lavoratori, «auspico che le altre organizzazioni - conclude il
segretario della Fiom - non si prestino a tale operazione». Speranza vana. In
soccorso del Lingotto arriva infatti la Uilm di Torino, che «dichiara
soddisfazione per la risposta positiva che Fiat ha dato alla richiesta di
incontro di Fim, Uilm e Fismic». |
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LIBERAZIONE
24-04-04 Oggi a
Melfi, |
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Priorità
del sindacato: questione salariale e discussione sul nuovo modello
contrattuale |
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Partire
da un'altra qualità dello sviluppo |
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Una campagna politica, è una campagna politica, e quella
che Rifondazione sta lanciando, "Prima il lavoro e il salario! ", è
assolutamente centrata nell'argomento e nel titolo. Ma oltre all'agitazione e
alla propaganda è bene scavare un po' più in profondità. Mi pare ci sia un
largo consenso sull'analisi, non solo degli interventi su Liberazione, della
drammaticità della questione salariale, della drastica riduzione della quota
di reddito complessivo prodotto che va ai salari e alle pensioni,
dell'estendersi della frammentazione e della precarietà del lavoro (ancor
prima degli effetti della legge 30), del degrado dell'apparato produttivo
italiano. Il problema semmai è l'efficacia dell'iniziativa politica e
sindacale per invertire questa tendenza. Mi pare che parecchi interventi
pubblicati, soprattutto dal versante del sindacalismo extraconfederale, non
si pongano minimamente la questione. Si preferisce polemizzare con la linea
della Cgil, dando ormai come irrimediabilmente conclusa l'inversione di
tendenza operata all'ultimo congresso, rispetto alle politiche concertative
precedenti al patto per l'Italia. Naturalmente spinte forti in questo senso
esistono dentro e fuori la Cgil, ma quest'inversione non è (almeno per ora)
avvenuta e si può contrastare (partendo ovviamente dall'assunto che non è
desiderabile avvenga). A lavorare in questo senso, pur tra molte
contraddizioni, non c'è solo la generosa iniziativa della Fiom, la categoria
più esposta all'attacco governativo e confindustriale, né solamente la
sinistra di Lavoro Società, ma esistono anche pratiche diffuse dentro la
Cgil. Se questa resistenza reggerà ad una ipotesi "neocentrista",
che sembra far convergere le posizioni del "triciclo" con il nuovo
corso in Confindustria e un nuovo corso di concertazione sindacale, dipende
dall'iniziativa sia sindacale che politica (nelle rispettive autonomie) che
riusciremo a mettere in campo, e qui torniamo alla questione dell'efficacia. Per quanto
riguarda il sindacato, per porre efficacemente la questione salariale e quindi
la discussione sul nuovo modello contrattuale che deve sostituire quello del
23 luglio, occorre partire da una priorità strategica, che io credo possa
essere oggi così definita: la necessità di un'altra qualità dello sviluppo a
cui legare la valorizzazione del lavoro e quindi la lotta alla precarietà. Se
questo è l'orizzonte strategico, il problema non è se deve essere più forte
il contratto nazionale o invece la contrattazione decentrata. Serve un forte
ruolo del contratto nazionale che recuperi diritti comuni e quote di reddito
andate in questi anni ai profitti (quindi non solo adeguamento all'inflazione
reale ma anche quote di produttività, di ricchezza prodotta) ma serve anche
una forte contrattazione decentrata che sappia contrattare e stimolare l'innovazione,
la qualità, quindi: l'organizzazione del lavoro, la formazione, gli
inquadramenti, i percorsi di carriera ecc. ma sappia intervenire anche sulle
politiche industriali, possibilmente con un'ottica generale e non solo
aziendalista. In questo contesto l'architettura contrattuale può trovare
diverse soluzioni, ma sicuramente va abbandonato il riferimento
all'inflazione programmata, scegliendo invece parametri credibili di
inflazione reale e a questo scopo credo andrebbe rivendicata una riforma per
la trasparenza dell'Istat e per la definizione di "panieri
differenziati" a seconda dei diversi tenori di consumi (single,
pensionati, ecc.). La cadenza contrattuale nazionale potrebbe anche tornare
ad essere triennale, magari prevedendo una forma vincolante di riallineamento
degli scostamenti tra aumenti ottenuti e inflazione reale. Non si tratterebbe
di una scala mobile, anche perché, paradossalmente, oggi un meccanismo di
scala mobile annuale garantita per legge potrebbe non solo depotenziare il
ruolo del contratto nazionale (obiettivo che molti perseguono) ma anche
inibire la contrattazione di secondo livello. Naturalmente un nuovo modello
contrattuale dovrebbe anche rapportasi alla situazione europea, non per
copiarne gli aspetti peggiori (un solo livello contrattuale), ma piuttosto
per andare verso un corpo di diritti comuni e accorpamenti contrattuali più
ampi. Se il cuore del modello contrattuale è non solo il recupero salariale
ma anche un'altra qualità del lavoro e dello sviluppo, la sacrosanta rivendicazione
di forme di salario sociale per i disoccupati, per i precari, ecc. non può
essere intesa come un reddito minimo garantito che invece di promuovere il
contrasto alla precarietà e al lavoro dequalificato e disagiato, rischierebbe
di legittimarli. A livello
politico, per Rifondazione, ma anche per tutte le altre forze che si pongono
su posizioni antiliberiste, declinare più precisamente cosa significa e cosa
implica un'altra qualità dello sviluppo è ancora più necessario, altrimenti
la scelta (importante) di una intesa con il centrosinistra, per battere il
centrodestra e prospettare una alternativa di governo, risulterebbe
subalterna e destinata al fallimento. La scelta di un altro modello di
sviluppo, che significa anche sostenibilità ambientale, adeguate politiche
economiche, fiscali, industriali, un nuovo intervento pubblico in economia,
parla anche ai bisogni e alle aspettative di altri soggetti e movimenti
sociali. Ma si tratterebbe di andare oltre la cosiddetta "via alta dello
sviluppo" (quella che compete sulla qualità e l'innovazione,
contrapposta a quella "bassa" che si rifà unicamente ai tagli ai
diritti e al costo del lavoro) progettando uno sviluppo fondato non sulla
crescita quantitativa, ma sulla qualità sociale complessiva. Una volta avremmo
parlato della necessità di una sponda politica alle lotte sociali e
sindacali, oggi forse potremmo dire che le lotte sindacali autonome e
coerenti e la battaglia politica per una alternativa di governo, pur nelle
rispettive autonomie, possono farsi reciprocamente da sponda e il lavoro
tornare ad essere al centro di un progetto di trasformazione sociale. Vittorio Bardi segreteria Cgil Emilia
Romagna |
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liberazione
25-04
Dal 25
aprile al 1 Maggio |
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Quest'anno le due date del 25 aprile e del 1 maggio sono
davvero qualcosa di più di due ricorrenze importanti e simboliche. Ci
propongono la ripresa di un cammino: parlano degli eventi da cui sono nate,
ma anche del futuro. Ricordano un passato importante e glorioso, ma indicano
anche nuovi obiettivi e nuovi progetti. E soprattutto ci indicano la
costruzione di un nuovo movimento operaio. La possibilità - grande - che
nasca un nuovo soggetto politico. Il 25 aprile è
la festa della Liberazione, della nostra liberazione dal fascismo. E'
l'affermazione di una memoria irriducibile ad ogni interessato revisionismo.
Oggi noi celebriamo un grande rito dell'unica religione civile del paese: la
religione dell'antifascismo come atto fondante della Repubblica. Ma lo celebriamo
con accresciuta passione, perché la storica lotta dei partigiani contro la
guerra scatenata dal fascismo e dal nazismo oggi vive di nuovo in un grande
movimento mondiale. Essa è il terreno fondamentale di una nuova resistenza
alla violenza, alla distruzione, alla guerra e alle guerre che sconvolgono il
pianeta.
Questa
ricongiunzione di passato e futuro è il simbolo forte della ricomposizione
unitaria del soggetto della trasformazione. Già annunciata e vivente nelle
lotte di questi anni, quando il movimento operaio è sceso in piazza, con le
sue organizzazioni, insieme ai giovani e ai pacifisti.
Oggi, in questo
25 aprile, è più forte che mai il problema della costruzione della nuova
coalizione sociale e culturale e della forma politica che la può
rappresentare. E' il problema non inedito dell'unità fra la classe operaia
tradizionale e il nuovo proletariato, fra le vecchie e le nuove forme di
conflitto, fra liberazione del lavoro e liberazione della vita. Vediamo
questa nuova soggettività oggi nelle piazze che celebrano il 25 aprile. La
vedremo nel Primo Maggio di Torino, nel Mayday di Milano. Il nuovo movimento
operaio è già nato. Fausto Bertinotti |
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L'azienda
intanto cerca di dividere i lavoratori. I siti bloccati dalla cig |
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Maroni:
«Problema che non ci riguarda» |
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Mentre tutto il pianeta Fiat è bloccato dalle lotte dei
lavoratori di Melfi, e l'azienda cerca di mettere i lavoratori gli uni contro
gli altri ripetendo fino alla nausea il leit motiv "è tutta colpa di
quelli di Melfi", il governo, per bocca di Maroni, propone... di lavarsi
le mani di tutta la vicenda. Un atteggiamento quantomeno sconsiderato. Primo,
perché tenta di evitare la politicizzazione della vertenza e insinua una
manovra di isolamento della Fiom e della Cgil; secondo, perché lancia un
preciso segnale repressivo: la lotta sarà trattata come un mero fatto di
ordine pubblico. Maroni docet: il governo non ricomporrà la frattura tra Fiat
e Fiom, «perché non è nel suo potere, non è nelle sue competenze e non è
nella sua volontà intervenire visto che si tratta di un problema che riguarda
un rapporto tra azienda e sindacati». Il ministro delle Attività produttive
Antonio Marzano se la cava con un più modesto «sarebbe bene che questa
iniziativa finisse al più presto». Secco il
commento del segretario della Fiom di Torino: «Il governo in questo modo si
schiera contro i lavoratori». Intanto, una ad
una tutti si siti della Fiat si stanno avviando verso la paralisi della
poduzione. L'azienda sta
"spalmando" cassa integrazione in ogni angolo del suo impero. La copertura
ufficiale è quella del "senza lavoro". La cassa è legata solo in
parte ai reali problemi di approviggionamento. Serve anche a coprire le
magagne e i flop dell'azienda. E' il caso di Cassino, per esempio, dove i
livelli produttivi della Stilo continuano a scendere vistosamente. Domani si
dovrebbe rientrare dopo due settimane di assenza forzata. Ma il condizionale
è d'obbligo. Il secondo turno potrebbe non entrare in fabbrica. Si naviga a
vista anche a Mirafiori. La situazione viene monitorata di due turni in due
turni. Fino a lunedì i lavoratori rimarranno a casa. «Il problema - spiega
Giorgio Airaudo, segretario provinciale della Fiom - non è tra la Fiat e la
Fiom ma tra l'azienda e i lavoratori». Airaudo parla del tentativo
dell'azienda di costruire un "sistema" in cui lo storico
stabilimento di Torino doveva essere tenuto "a bagno", spostando il
baricentro a Melfi. «E' questo disegno che è fallito». A Termini Imerese,
poi, i lavoratori vivono praticamente alla giornata da giovedì scorso. La
direzione aziendale ha annunciato che sarà così fino a quando «non si sblocca
Melfi». Ieri un gruppo di tute blu della Sicilia sono andate a manifestare in
Basilicata solidarizzando con i loro colleghi. Più che altro un ritorno, dopo
la "visita" di più di un anno fa, quando cominciò la cosiddetta
crisi Fiat. «Anche negli altri siti c'è il problema dei ritmi di lavoro e
dell'applicazione del Tmc2 (la metrica utilizzata dall'azienda per aumentare
artificiosamente del 20% la velocità delle linee di produzione, ndr) -
sottolinea Roberto Mastrosimone, delegato Fiom di Termini - proprio perché
l'idea era quella di melfizzare tutti i siti. Certo, se la crisi scoppia
proprio lì vuol dire che va in crisi tutto il sistema». Di fatto, la
cassa integrazione serve a bloccare le reazioni dei lavoratori. Non è una
novità. Ma questo non ferma la protesta. A Termoli, ieri, lo Slai. Cobas ha
dichiarato uno sciopero dalle 14 alle 22. Qui, da lunedì alle 22 la Fiat
ricorrerà alla cassa integrazione. Anche a Pomigliano lo Slai. Cobas sta
indicendo scioperi contro lo straordinario del sabato. Fabio Sebastiani |
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Fiat,
oltre 10mila tute blu manifestano davanti alla fabbrica |
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Melfi
come |
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Melfi (Potenza) Gli operai della Fiat Sata di Melfi non sanno che farsene degli
accordi separati firmati da Fim, Uilm e Fismic. Non hanno nessuna intenzione
di siglare rese umilianti in cambio di niente, come chiede loro l'azienda con
l'appoggio dei sindacati venduti al padrone. E' netto e inequivocabile il
messaggio che viene dagli oltre diecimila lavoratori che hanno partecipato
ieri mattina alla manifestazione indetta dalle Rsu davanti ai cancelli dello
stabilimento: la lotta iniziata una settimana fa, con il blocco delle vie di
accesso al sito dove sorge l'impianto più moderno e produttivo della casa
automobilistica torinese, proseguirà fino a quando la Fiat non metterà da
parte l'abituale arroganza e accetterà di sedersi a un tavolo con i
rappresentanti dei lavoratori per discutere di contratto, salari e turni di
lavoro massacranti. Nel frattempo, gli operai vanno avanti, forti
dell'appoggio della Fiom - che a sostegno della vertenza di Melfi ha
proclamato ieri quattro ore di sciopero di tutto il gruppo per martedì
prossimo - e della solidarietà di Rifondazione comunista, che per domani ha
organizzato una iniziativa a Mirafiori e che sostiene in modo attivo la lotta
alla Sata: «Siamo qui con loro, ci scambiamo i turni, raccogliamo fondi»,
riassume Angela Lombardi, segretaria del Prc di Potenza. Una bella
giornata di sole e le verdi colline soprastanti la zona industriale di Melfi
fanno da cornice all'imponente corteo che prende il via dagli ingressi della
Barilla, una delle tante fabbriche ospitate nel sito. Il colore predominante
nella manifestazione, manco a dirlo, è il rosso: quello delle bandiere della
Cgil e della Fiom, il cui striscione apre il corteo. Ma il rosso riverbera
anche sugli striscioni delle Rsu dell'Alfa di Arese e dei Cobas di Pomigliano.
Il tentativo della Fiat di dividere i lavoratori non ha funzionato, sembrano
dire con la loro presenza i delegati di Mirafiori, della Sevel Val di Sangro
e di Termini Imerese, dove nei giorni scorsi la produzione si è interrotta a
seguito del blocco di Melfi. Nonostante il timore di un possibile intervento
della polizia sui picchetti, con il pretesto della vergognosa intesa siglata
da Fim, Uilm e Fismic, il clima appare tranquillo e disteso. «La lotta è dura
e non ci fa paura», grida un gruppo di operai in mezzo al corteo.
Evidentemente l'essere così in tanti, insieme, l'uno accanto all'altro, è una
garanzia: ci si chiede infatti chi avrà il coraggio di sfidare la rabbia dei
lavoratori finché questa avrà un consenso così grande. Non a caso ci sono
anche i gonfaloni dei comuni della zona. Presente anche Rocco Rivelli,
presidente del consiglio provinciale di Matera. Del resto Scanzano, qui in
Basilicata, ha fatto scuola. Ha dimostrato che compatti si può battere
persino il governo. «Il vento di Scanzano - sottolinea Nichi Vendola,
deputato del Prc - attraversa i cancelli del più inviolabile santuario del
capitalismo italiano, la Fiat, per entrare nella fabbrica simbolo di una
condizione di lavoro che assomiglia alla Corea del Sud. C'è una comunità che
rivendica un nuovo destino. Melfi è stata muta dal punto di vista operaio e
splendente nell'autoritarismo che esprimeva. Adesso l'incantesimo si è rotto,
gli operai hanno ripreso la parola». E allora
eccoli, gli operai. «La Fiat - attacca Emanuele De Nicola, Rsu Fiom - ha
avuto la faccia tosta di sostenere che a Melfi c'era una minoranza che
bloccava la maggioranza degli operai che volevano venire a lavorare. Questa
manifestazione è la dimostrazione che i lavoratori sono con noi. Dopo
Scanzano, dopo Rapolla c'è anche Melfi». Michele Iacovera, anche lui delegato
Fiom, collauda le macchine sui rulli: «I ritmi sono pazzeschi. In Fiat si
parla di Tmc2 (sistema che incrementa il numero di operazioni da compiere nel
tempo dato ndr) ma qui sembra che ci sia il Tmc4». Il clima in fabbrica è
insopportabile: «Chi aderisce agli scioperi - riferisce Michele - spesso
subisce spostamenti punitivi. Accade persino che chi si mette in malattia
viene chiamato personalmente a casa e invitato a tornare al lavoro. Dopo
dieci anni di questa vita la gente è arrivata al punto che non ne può più ed
è scattata la rivolta». La ribellione ha il volto di Luciana, addetta del
reparto verniciatura: «Sono mamma di due bambini e per me fare due settimane
di notte consecutive significa non vederli per niente». Se per gli assunti è
così, figurarsi per i precari: «Dall'inizio dell'anno - denuncia Roberto,
lavoratore interinale - vado avanti con contratti di tre giorni, di una
settimana. Ai precari danno carichi di lavoro che vanno oltre le normali
mansioni. E noi zitti, altrimenti non ci rinnovano il contratto». Il bello è che
tutto è cominciato con gli scioperi nelle aziende dell'indotto, tremila
addetto alle dipendenze di un consorzio, l'Acn, che raggruppa 23 aziende
fornitrici della Sata. «Il contratto integrativo è scaduto da anni e non
viene rinnovato - spiega Gaetano Cardacino, delegato Fiom alla Reina -. Per
questo la battaglia della Fiat si incrocia con la nostra». Va ricordato
infatti che a Melfi i salari sono del 15% inferiori rispetto agli altri
stabilimenti del gruppo. Dal palco,
l'ultimo affondo è del segretario della Fiom Gianni Rinaldini: «Non è vero
che la Fiom è andata via - sottolinea con forza - è stata esclusa. Ci è stata
chiesta una dichiarazione che condannava ciò che stavamo facendo. La Fiat
voleva prima l'umiliazione e poi la trattativa. Non può avere futuro una
trattativa nata dopo aver umiliato i lavoratori». La richiesta della Fiom è
chiara: «Il governo convochi l'incontro con l'azienda e i dirigenti sindacali
e le Rsu dello stabilimento di Melfi. Se non lo fa - avverte Rinaldini - si
assume la responsabilità politica di coprire e di stare con le posizioni
della Fiat». Roberto Farneti
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La stupenda manifestazione di lavoratori e popolo
davanti alla fabbrica vuota a Melfi ha affondato il vergognoso accordo
dettato dall'azienda ai sindacati a tutto disposti. La manifestazione, è
avvenuta dopo che ai vari turni di cambio lavoro non c'è stato bisogno di
discutere o di spiegare: tutti hanno capito che quell'"accordo" era
una truffa e un'offesa. Una truffa perché non concedeva nulla e un'offesa
perché aveva solo lo scopo di imporre ai lavoratori l'umiliazione della
sconfessione della loro lotta. Quanto è avvenuto in queste 24 ore è
indicativo delle ragioni di fondo della crisi della Fiat. Esse richiedono
prima di tutto nell'ottusità, nell'arroganza, nella prepotenza,
nell'incapacità di capire di un gruppo dirigente che nei confronti dei
lavoratori è capace solo di comportarsi come un vecchio ufficiale di
cavalleria sabauda. Novemila provvedimenti disciplinari in tre anni, in una
fabbrica di 5mila persone spiegano da soli la brutalità e la stupidità di un
sistema Fiat, contro cui i lavoratori si sono ribellati. L'azienda, messa
alle strette dalla lotta ha pensato di fare con i sindacati la stessa cosa
che fa con i propri dipendenti: dare ordini e punizioni. L'incontro della
notte tra venerdì e sabato è stato un ridicolo trucco organizzato alle spalle
dei lavoratori e della Fiom. Si è chiesto di sottoscrivere preventivamente un
testo che condannasse l'illegalità delle lotte. Chi firmava veniva ammesso a
discutere, chi non firmava no. E' solo a vergogna della Fim e della Uilm, non
del Fismic, che è solo il nuovo nome dell'antico sindacato giallo del gruppo
Fiat, la sottoscrizione di quel verbale. La Fiom ovviamente non l'ha fatto.
Che trattativa è quella che comincia dopo la punizione dei lavoratori in
lotta? Tecnicamente un'intesa di questo genere è solo un atto di crumiraggio,
serve soltanto a provare a rompere lo sciopero. Ed è proprio in questo che
l'intesa è fallita. La Fiat avrebbe dovuto imparare qualcosa proprio
dall'esperienza di questi giorni. La lotta a Melfi infatti è iniziata con la
ribellione e un piccolo accordo separato. Quando otto giorni fa, i capi
convocarono i delegati del primo turno per concordare con loro la mandata a
casa dei lavoratori per rappresaglia contro lo sciopero delle aziende
dell'indotto, i delegati della Fim, da soli, sottoscrissero la posizione
dell'azienda. Allora ci fu la prima ribellione dei lavoratori che si è poi
estesa a tutta la fabbrica. Su base più ampia oggi la Fiat ci riprova, chiama
i sindacati ad essa servili, chiede la solidarietà della parte più becera e reazionaria
del governo, e prova ancora una volta a rompere la lotta e a imporre
l'obbedienza alle sue decisioni. Fallirà di nuovo. La Fiat non ha capito una
cosa fondamentale che i tempi sono cambiati, lo dimostra un piccolo episodio.
Il sindaco di Melfi, unico tra quelli del territorio a non essere in piazza
con i lavoratori, d'accordo con i sindacati amici dell'azienda ha tentato di
organizzare una piccola marcia dei 40mila. Si sono trovati in una cinquantina
di capetti, che tra i frizzi e i lazzi della popolazione hanno fatto 100
passi per le vie di Melfi e poi se ne sono andati a casa. Il popolo della
Lucania, quello stesso che ha bloccato la regione per Scanzano, sta con i
lavoratori di Melfi. I metalmeccanici di tutt'Italia, le cui delegazioni
erano davanti alla fabbrica stanno con i lavoratori di Melfi. Questa è una
lotta che suscita entusiasmo e consenso perché è una lotta sacrosanta per i
diritti e la dignità del lavoro. La lotta andrà avanti e alla fine le cose
dovranno cambiare. Questo dicevano tutti ieri davanti alla fabbrica con
determinazione, ma anche con gioia. Giorgio
Cremaschi |
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«Adesso
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Rifondazione |
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«Un pieno successo, la prima risposta all'accordo separato
fatto dai sindacati gialli». Con queste parole Paolo Ferrero, della
segreteria nazionale di Rifondazione, commenta da Melfi la grande
manifestazione indetta dalle Rsu della Fiat Sata. «Adesso - sottolinea
Ferrero - è necessario che intervenga il governo. Berlusconi si tolga la
testa di usare l'accordo separato per mettere in atto politiche repressive.
Il governo deve invece obbligare la Fiat al tavolo di trattativa per
discutere dell'aumento dei salari, della riduzione dei carichi di lavoro e
complessivamente degli assetti produttivi del gruppo Fiat». L'impegno del Prc
nei prossimi giorni, annuncia Ferrero «è per allargare la lotta di Melfi sul
territorio e negli altri stabilimenti della Fiat». |
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"Mirafiori
day" domani a Torino |
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Un'intera giornata dedicata ad un problema urgente,
macroscopico e pure invisibile agli occhi dei decisori "che
contano". Una giornata in cui riportare prepotentemente all'attenzione
pubblica il caso Fiat come caso emblematico. Da questi assunti
"categorici" muove l'iniziativa del Prc piemontese per organizzare,
domani, un vero e proprio "Mirafiori Day", capace di partire dal
cuore malato delle produzioni Fiat per estendersi territorialmente lungo la
filiera dell'indotto auto. L'idea è quella di coinvolgere sia i lavoratori e
le lavoratrici, sia i livelli istituzionali, sia, più in generale, l'intera
cittadinanza. E' ormai evidente, infatti, che senza l'estensione e la
radicalizzazione dei momenti di lotta e vertenza a Torino rischia di vincere
l'ideologia dell'abbandono delle produzioni legate all'auto; un'ideologia
foriera di disastri sociali. Lo sa bene la Fiom che ha avviato, da tempo,
un'articolata consultazione con diverse realtà istituzionali e di movimento,
con l'obiettivo dichiarato di ottenere un salto di qualità sul terreno della
mobilitazione consapevole. L'iniziativa di Rifondazione, incrocerà
positivamente quella del sindacato metalmeccanico e rappresenterà un
ulteriore elemento moltiplicatore del "campo che non si rassegna". Nella giornata
di domani, dunque, promuoveremo una batteria di interventi. Sosterremo una
petizione promossa dai lavoratori che chiede ai candidati alle prossime
elezioni ed alle forze di centro sinistra un impegno preciso per la
salvaguardia di Mirafiori, anche attraverso l'intervento pubblico.
Presenteremo un ordine del giorno in Comune e Provincia di Torino, e Regione.
Saremo davanti a dieci porte dello stabilimento Fiat Mirafiori con un
volantino portato da compagne e compagni di diversi circoli e da consiglieri
circoscrizionali. Alle 12.30, conferenza stampa di fronte alla porta 2 a cui
parteciperà il capogruppo al Senato Gigi Malabarba. Quest'ultimo, sempre
davanti alla porta 2, insieme alla capogruppo Prc di Torino Marilde Provera,
terrà un comizio alle ore 13.00. Alla stessa ora, ma davanti alla porta 20,
parleranno con i lavoratori e le lavoratrici i consiglieri regionali e
provinciali Rocco Papandrea e Sergio Vallero. Poi volantinaggi e interventi
in tutta la città e su insediamenti produttivi a Rivoli, Collegno, Venaria,
Grugliasco, Asti. Sui muri sarà affisso un manifesto che chiede di "non
spegnere il motore del Piemonte" e di attivare subito l'intervento
pubblico. Per queste
ultime sacrosante richieste, per la loro soddisfazione, deve spirare, anche
in Piemonte l'aria di Terni e di Scanzano. Con la giornata di domani
proveremo a dare un parziale contributo affinchè questo avvenga. Alberto
Deambrogio |
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liberazione
26-04 internet
FIAT: FERRERO (PRC), GOVERNO CON AZIENDA SU FRONTE
REPRESSIVO |
Torino - "E' interessante che il Governo si schieri
con la Fiat sul fronte della repressione, ma questo non cambia il fatto che
il livello di consenso alla lotta dei lavoratori di Melfi è tale che la
produzione non riprende. Il Governo da un lato, infatti, si rifiuta di
riaprire la trattativa e dall'altro il sottosegretario Sacconi chiede
l'intervento delle Forze di Polizia". Davanti alla Porta 2 dello
stabilimento di Mirafiori, Paolo Ferrero, responsabile nazionale del lavoro
di Rifondazione Comunista, così commenta l'acuirsi della protesta di Melfi e
ribadisce la richiesta di un intervento pubblico. "Una cosa deve essere
chiara all'azienda: o si apre un tavolo di trattativa che risponde ai
problemi di sfruttameno dei lavoratori di Melfi e che riguarda gli assetti complessivi
del gruppo, oppure da questa situazione non si esce. Noi continuamo a
chiedere un intervento pubblico, l'unica strada a nostro giudizio possibile,
per costruire innovazione sul versante della mobilità: abbiamo proposto la
costruzione di un'agenzia pubblica sulla mobilità a partire dalla mobilità
urbana". Ed a chi vuole aprire un conflitto tra i diversi stabilimenti
Fiat, tra Mirafiori e Melfi, replica Marilde Provera, capogruppo in Consiglio
comunale di Rifondazione Comunista a Torino, "in realtà - dice - la
lotta di Melfi a noi torinesi interessa molto perché se loro ripristinano la
condizione lavorativa precedente, senza il terzo turno con doppia battuta,
ossia il turno prolungato di notte, per Torino si riapre la concreta
possibilità di recepire parte della produzione della Punto, che per noi è
vitale. In realtà, la lotta di Melfi serve per dare vita a Mirafiori".
Rifondazione Comunista oggi farà presidi davanti a Mirafiori e a diversi
stabilimenti dell'indotto auto "per provare a costruire un livello di
unità auspicabile che obbighi la Fiat a discutere seriamente". Infine,
Paolo Ferrero polemizza con il sindaco di Torino Sergio Chiamparino, che
aveva invitato la Fiom a riprendere la trattativa: "la Fiom è stata
esclusa dal tavolo della trattativa - osserva - perché si è rifiutata di
firmare un verbale, proposto dalla Fiat, dove si chiedeva di condannare la
protesta dei lavoratori. Chiamparino, quindi, straparla quando chiede a Fiom
di riprendere la trattativa. Fiom - conclude - è disponibile a trattare, anzi
è la prima chiedere un confronto". |
Agi
(lunedì 26 aprile) |
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liberazione
27-04-04
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per
non appesantire il file prosegue su file separati
articoli su liberazione del 28-04-04