Nella giornata di domenica 16 dicembre si è svolta a Villar
Perosa una manifestazione dei lavoratori delle aziende delle valli
Chisone e Germanasca e degli enti locali.
Di fronte alla Tekfor, prima conosciuta come RIV e poi come SKF, si
sono radunati circa 300 manifestanti, preoccupati per la situazione
occupazionale del Pinerolese e più in generale per l’indifferenza
di molti per questa situazione.
Il risultato è ritenuto buono, soprattutto perché – ci racconta
Enrico Lanza, dell’ALP-CUB – è necessario che siano i
lavoratori a prendere l’iniziativa, e a riformare un sentire
comune simile a quella coscienza di classe che sembra essere ormai
sepolta sotto l’individualismo.
Un piccolo passo indietro: quali erano le motivazioni
della manifestazione?
Sono molte le ragioni di questa iniziativa, in
particolare la situazione di degrado della nostra vallata e in
particolare di due realtà produttive, la NewCoCot e la Tekfor, ma
in realtà molte altre cose, come l’ospedale e la Comunità
Montane, o anche Scopriminiera, tutte situazioni che per noi sono
molto delicate e finalmente siamo riusciti a mettere un po’ alla
luce del sole.
Una grossa preoccupazione è quella legata
all’assetto istituzionale che si andrà a delineare. Ieri che
cosa è emerso?
Ieri non era una giornata nella quale si costruivano
delle prospettive, ieri era la prima iniziativa che dopo sei mesi
di insistenze siamo riusciti a mettere in piedi visto che sembrava
che solo qualcuno sentisse la necessità di mettere in evidenza
questa situazione. Ieri è stata una cosa importante perché
finalmente si è riusciti ad uscire allo scoperto e coinvolgere
soprattutto i lavoratori di numerose realtà, ma anche
commercianti ed istituzioni, anche se abbiamo dovuto tirare un
po’ per i capelli i sindaci. La cosa anomala è che questa
manifestazione non è stata organizzata da CGIL, CISL e UIL,
mentre erano presenti la pastora valdese e il vescovo di Pinerolo,
che già al presidio della NewCoCot erano state le due figure che
più si erano messe a disposizione.
A cosa si può far risalire questa relativa lontananza
dei principali sindacati?
Questa situazione è scoppiata quando il 30 di aprile
le operaie NewCoCot hanno deciso di occupare la Comunità Montana,
e questa scelta ha diviso, perché è stata fatta solo da chi era
d’accordo. Lì c’è stato il distacco, la causa. Ovviamente
poi ci sono cause molto più sostanziali, per esempio non tutti
sono d’accordo sulle soluzioni: quando anche le istituzioni e i
sindaci, oltre a pastori e vescovi, dicono che non è giusto che
gli operai devono pagare questa crisi, bisogna poi anche avere il
coraggio di dire che per fare questo bisogna tagliare da altre
parti, tipo le grandi opere, le spese militari, centrali elettrice
locali e non. Bisogna andare a tagliare da qui per poter fornire
garanzie ai lavoratori. La ricchezza è concentrata nel 10% della
popolazione, e questo dovrebbe essere il punto di partenza, mentre
crea dissenso.
a coperta è corta, e nel 2012 sembra essersi
ulteriormente accorciata. Quali sono i punti più critici della
situazione lavorativa pinerolese?
I punti più critici sono numerosi.
Innanzitutto la NewCoCot, ferma da un anno e mezzo e a cui nessuno
sembra interessato, tanto che le lavoratrici da tre mesi stanno
studiando modelli produttivi alternativi, anche se non è una cosa
semplice per chi ha fatto per trent’anni il lavoro
dell’operaia. Si stanno comunque reinventando, cosa che forse
dovrebbero fare gli imprenditori o le istituzioni.
La seconda è sicuramente la Tekfor, perché qui la situazione
vede un gruppo dirigente decisamente non all’altezza, dove le
banche che erano prima dentro il gruppo si sono defilate, dove la
SKF ha sbolognato questo stabilimento e poi si è tirata via. È
la situazione più importante, perché ci sono ancora 600 persone
tra operai e impiegati.
Una logica del disinvestimento che fa impressione.
L’anno si chiude con un bilancio estremamente negativo. A
livello di assetti istituzionali c’è la speranza che qualcuno
possa prendere in mano la situazione?
Io sono molto pessimista, la mia idea è che le persone
devono prendersi in carico gli impegni: noi infatti nel nostro
piccolo cerchiamo di fare questo, il futuro è nell’autogestirsi
i problemi. Certo, poi ci sarà qualcuno che a livello
istituzionale potrà intervenire, ma non vedo grandi cambiamenti
all’orizzonte.
Vorrei sottolineare invece un dato relativo a ieri: è stata una
bella manifestazione, c’era una presenza importante, anche se
– come ha detto anche la pastora di Villar Perosa – sarebbe
stato meglio se ci fosse stata una presenza più massiccia, in
grado di bloccare la strada. Tuttavia credo sia stata
un’iniziativa importante che ha smosso e smuoverà qualcosa,
perché a questo punto si impongono scelte e forse gli assenti si
dispiaceranno di non esserci stati. Almeno per quanto riguarda il
nostro lavoro, l’obiettivo ora è ricostruire una coscienza
solidale, perché ora se qualcuno viene messo fuori alcuni
colleghi sembrano quasi essere sollevati, perché si riduce il
rischio individuale. Bisogna ricostruire la comunità, l’idea di
solidarietà tra lavoratori. Queste iniziative devono servire per
ricostruire una coesione. Non bisogna fare squadra, c’è bisogno
di qualcosa di più, cioè che tutti coloro che stanno dalla
stessa parte lavorino con più solidarietà.