le
miniere di grafite di Inverso Pinasca tra fine Ottocento e primo
Novecento
Terra
nera, grafite, piombaggine, terra graffite: questo minerale era
chiamato nei modi più disparati, fino a quando non se ne conobbe
l’esatta combinazione chimica. Il termine piombaggine, deriva dal
latino plumbago-plumbum, e indica genericamente un minerale friabile
che lascia tracce nere ed ha lo splendore metallico del piombo.
Per
gli Inversini è stata ed è téaro
nìaro, terra nera. L’illusione di uscire dalla povertà per
molti, qualche briciola di benessere per pochi. Per tutti, una vita
segnata dal nero che non ti si toglie di dosso, e che ti costringe a
dormire tra lenzuola scure per non vedere la tua ombra stampata sul
letto.
Dalla metà dell’800
si scopre l’esistenza della grafite in una zona compresa
tra Bricherasio e Roure.
Il territorio di Inverso Pinasca è uno di quelli interessati dalla
presenza della “terra graffite”. Comincia dunque un periodo di
fervore minerario, una specie di “febbre della grafite” che,
evidentemente è richiesta sui mercati; anche gli Inversini
intravedono in essa la possibilità di arricchirsi, o semplicemente
di sbarcare il lunario in modo dignitoso. Alcuni iniziano a scavare
a cielo aperto nei loro terreni, boschi o vigne che siano,
lanciandosi nell’avventura pionieristica dell’estrazione. Molti
di questi tentativi non resteranno neppure documentati (uno per
tutti, lo scavo del Telh). Alcuni raggiungeranno le
scrivanie degli ingegneri del Corpo Minerario del Distretto di
Torino per chiedere ufficialmente il permesso di cercarla, pochi
approderanno alla concessione, ossia al permesso dello Stato di
scavare nel sottosuolo per estrarre un minerale.
I documenti più antichi comprovanti l’esistenza di
miniere nel nostro Comune risalgono al 1884; ciò significa
che l’avvìo dei lavori era avvenuto alcuni anni prima.
D’altronde l’esistenza della grafite è citata nelle statistiche
mineralogiche del Regno di Sardegna fin dal 1835. Si può
ritenere quindi che le prime coltivazioni siano state avviate tra il
1835 e il 1860. Scrisse l’ingegner Ridoni nel 1917:
“Essa
era usata allora solamente come materia colorante e come tale
scavata abusivamente con lavorazioni saltuarie e sporadiche sugli
affioramenti, e considerate come cave. Questo stato di cose si
protrasse sino al 1886-87, anni in cui si richiamarono i coltivatori
all’ osservanza della legge sarda del 1859 e cominciarono le
coltivazioni in miniere regolari, almeno di fronte alla legge”
(Da: Ercole RIDONI, Grafite, Tipografia Olivero, Torino 1917)
In molti posti si è scavato inutilmente: ricerche che hanno lasciato pochissime tracce sul terreno, e pochi documenti. Talvolta solo una domanda per ottenere il permesso di cercare la grafite, e più nulla: segno che non la si è trovata, o che qualcosa non ha funzionato. Eppure queste storie, di cui resta qualche labile traccia, qualche documento, sono solo la parte emergente di tante altre storie e ricerche che non sono nemmeno arrivate sul tavolo dell’Ingegnere del Reale Corpo Minerario. Da quanto è giunto fino a noi, pare che nella seconda metà dell’Ottocento molti abbiano provato a scavare il terreno, che fosse prato, campo, vigna o bosco...
Couchaouvin
Clot Cioino
Bertetto Giovanni Enrico e Gardiol Luigi
chiedono al Corpo delle Miniere il permesso di ricerca nel 1889, su
un terreno di diversi proprietari; lo ottengono nel 1892,
nonostante il parere contrario della Giunta Municipale. Non si hanno
notizie in seguito.
Lh’Ëdvé
Deveri
Coumbo dal Clot
Comba del Clot: A Bernard Serafino, Vinçon e Rostan viene accordato il permesso di ricerca della grafite nel 1900. Non ci sono altri documenti
Saretto d’Arena o Grand’Indritto
Ad esplorare questa zona è Louis Sery, che
viene autorizzato a farlo nel 1885, sebbene le ricerche fossero
cominciate in precedenza. Nei documenti si parla di “ lavori
antichi, però di nessuna entità, consistendo in scavi superficiali
di esigue dimensioni”. Compare nel 1897 il nome di Giustetto
Giovanni Alessio, che si dichiara esercente di questa galleria e
di quella di Cucetta. Poi si perdono le tracce.
Giustetto Giovanni Alessio denuncia la
coltivazione delle miniere di Cucetto e Saretto d’Arena davanti a Gardiol
Bernardino, sindaco di Inverso Pinasca, il 6 aprile 1897.
(Cuchëtto ou
Malënvèrs)
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