È uscito Le grandi dimissioni. Il nuovo rifiuto del lavoro e il tempo di riprenderci la vita (Einaudi, 2023), un'analisi sociologica di Francesca Coin sul cambiamento del mondo del lavoro e della società. Sulla rivista abbiamo già avuto modo di recensire testi sulla fine del lavoro, sull'automazione e sulla "disoccupazione tecnologica"; il libro di Coin ha il merito di affrontare la nuova tendenza che si sta sviluppando in diversi paesi del mondo e che si risolve in una disaffezione crescente verso il lavoro salariato. Il fenomeno è esploso in concomitanza con la pandemia: nel 2021 negli Stati Uniti 48 milioni di lavoratori hanno deciso di licenziarsi, e nello stesso anno in Italia sono stati in 2 milioni a lasciare il posto di lavoro. Anche in Cina i lockdown hanno rappresentato un giro di boa, portando all'emersione dei fenomeni "Tang ping" ("sdraiarsi") e "Let it rot" (bailan, "lascialo marcire"): siccome il sistema si è rotto, i giovani cinesi pensano che tanto vale sdraiarsi e lasciare che esso marcisca. Come nota Coin, "in India come in Cina, da mesi si è diffusa una controcultura che mette in discussione l'etica del lavoro e l'obbligo al lavoro salariato." Studiare e fare sacrifici per poi ritrovarsi disoccupati o precari a vita produce odio verso il sistema. L'ondata di rifiuto del lavoro non è un movimento (almeno per adesso), e non è nemmeno un fenomeno chiaro come, ad esempio, la mobilitazione del settore automobilistico negli USA. Chi incrocia le braccia ha un obiettivo collettivo da raggiungere, ha delle rivendicazioni; chi si licenzia lo fa individualmente e senza una motivazione esplicita, se non quella che non ce la fa più. Scioperare in America non è una passeggiata, non ci sono i cuscinetti sociali che invece esistono in Europa, l'operaio è in balia del mercato. Occupy Wall Street ha rappresentato una boccata d'ossigeno in un panorama asfittico portando per le strade il 99%, senza riserve che si sono ribellati al sistema dell'1%, colpevole di affamarli. |