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Iniziano
gli scioperi, una media di tre ore al giorno
Piano governo anticrisi: nel decreto sono contenute
misure per rilanciare gli acquisti e la produzione di
elettrodomestici e di mobili.È prevista infatti una detrazione Irpef del
20% su un tetto di spesa di 10 mila euro, legata a una ristrutturazione
edilizia. Anche questo intervento varrà fino al 31 dicembre
cosa
dicono gli operai Indesit- audio
spezzone L'infedele
indice - indesit
in quattro pagine
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eco del chisone
nazionalizziamo l'indesit!
accordi
indesit 2009
antonio merloni- marzo
2010
di Paolo Periati- il manifesto 4 agosto 2010
ELETTRODOMESTICI
Indesit rompe con i sindacati. E insegue il «modello
Pomigliano»
Tensioni per alcuni magazzini occupati. L'azienda: «Non
rispettano la tregua siglata». Fim e Fiom: «No a cig e ferie forzate»
Non c'è più dialogo tra la Indesit e il sindacato. A causa di una nuova
protesta degli operai, che ha visto il blocco dei magazzini dello stabilimento
di Brembate, l'azienda ha deciso di annullare l'incontro tra le parti già
programmato per il 3 settembre, in cui si sarebbe dovuto discutere sul piano
di investimenti e consolidamento delle attività produttive in Italia, il
cosiddetto «Piano industriale Italia Indesit».
Come riferisce l'amministratore delegato di Indesit, Marco Milani, «il
sindacato non ha rispettato l'accordo stabilito lo scorso 15 luglio al tavolo
del ministero dello Sviluppo economico» quando, in prospettiva del confronto
autunnale, si era presa la decisione di sospendere qualsiasi azione di
protesta.
Invece, la Fiom e la Fim hanno indetto il presidio mattutino davanti ai
cancelli del magazzino, a cui hanno partecipato 670 operai, per protestare
contro l'introduzione di una settimana di cassa integrazione e delle ferie
forzate tra quindici giorni, ovvero la chiusura collettiva. Eppure per l'Indesit
oggi il clima sembra più roseo: «Una gestione prussiana dei costi ha
permesso il ritorno al profitto, le consegne ai negozi sono aumentate del 4% e
per l'intero anno si stima che il mercato del bianco salga del 3%», scriveva
il 30 luglio il Sole 24 Ore citando dati aziendali.
Solo poche settimane fa i sindacati erano riusciti a strappare un accordo di
compromesso per evitare il rischio che gli operai venissero messi in libertà
- causa magazzini pieni - e ricominciare a lavorare garantendo la fuoriuscita
di un quantitativo di elettrodomestici (lavatrici) pari a quelli prodotti. Il
tavolo di confronto era stato convocato dopo una serie di agitazioni sindacali
che avevano contraddistinto gli stabilimenti nel bergamasco e nel trevigiano
perché, a quanto pare, la società della famiglia Merloni sarebbe stata
intenzionata ad accorpare alcuni siti di produzione per ragioni di «competitività
sostenibile» - sulla falsa riga del Pomigliano style - portando così alla
chiusura delle fabbriche di Brembate e Refrontolo, con la conseguente perdita
del posto di lavoro per più di cinquecento operai.
Non solo, i lavoratori rifiutano di sottostare al diktat aziendale che
vorrebbe imporre la revisione del contratto, avere mano libera su orari, pause
e ferie, oltre alla disdetta degli accordi sulle indennità di turno che
garantiscono condizioni migliori rispetto al contratto nazionale. «Tutte
decisioni unilaterali che l'azienda pensa di non dover discutere col sindacato
- Marchionne docet - ma di dare solo tramite comunicato», afferma Mirco Rota
della Fiom di Bergamo.
Dunque si profila un agosto rovente per gli operai dell'Indesit, un mese in
cui i presidi continueranno «anche con i magazzini chiusi». Il sindacato
rivendica i suoi diritti di contrattazione con l'azienda, la quale «anziché
cancellare gli appuntamenti degli incontri, dovrebbe invece aprire una vera e
propria discussione con le organizzazioni dei lavoratori per stabilire insieme
i passi da affrontare nel prossimo futuro».
luglio 2010
Alla Indesit di Brembate erano arrivati Calderoli e altri capi leghisti,
promettendo cha la fabbrica non avrebbe chiuso e i 430 posti di lavoro
sarebbero stati salvati. Dopo più di un mese cosa è cambiato? Il padrone
oltre a riconfermare la chiusura della Indesit di Brembate (Bg), e di
Refrontolo, 90 licenziamenti (Treviso), pretende di applicare nelle altre
fabbriche Indesit in Italia, nuove regole restrittive in produzione simili a
quelle volute da Marchionne alla Fiat: mano libera sugli orari, taglio della
pausa da 30 a 20 minuti, disdetta degli accordi interni sull’indennità
turnistica. Come se ciò non bastasse proprio a Brembate dove avevano sfilato
gli alti papaveri leghisti, il padrone per far togliere il presidio della
fabbrica ha deciso di slittare 2 settimane la cassa integrazione che doveva
partire il 19 luglio, far rientrare tutti a lavorare per queste 2 settimane,
in modo di smontare il presidio, e poi tutti a casa nell’anticamera del
licenziamento, soli, isolati in santa pace senza più disturbare i piani del
signor padrone. Al padrone Indesit il presidio da fastidio e le studia tutte
per farlo togliere. Le operaie e gli operai finora hanno risposto picche, e lo
hanno riconfermato anche nell’assemblea dell’altro giorno. Il sindacato
farebbe bene a non lasciare sola questa fabbrica, ma chiamare a turni altre
fabbriche in lotta di solidarietà con le operaie e gli operai della Indesit
che stanno resistendo.
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Cassa integrazione dal 13 luglio 2009 al 14 luglio 2010 per tutti/e i/le 610
dipendenti/e.
La notizia arriva l'altro ieri dopo il tavolo d'incontro avutosi presso il Ministero
dello Sviluppo Economico tra il rappresentante Istituzionale Giampietro Castano,
Massimo Lapolla e Luciano Romano per la Regione Piemonte, 8 delegati dell'azienda
Indesit S.P.A., Gabriele Fenouil per l'AMMA di Torino (Aziende Meccaniche
Meccatroniche Associate) più il coordinamento nazionale INDESIT, delegati dei
sindacati confederali e le RSU delle maestranze di None.
Dal verbale d'incontro si legge che lo stabilimento rimarrà produttivo nella
"realizzazione delle lavastoviglie da incasso (escluso le 45 centimetri) per i
mercati di Italia, Spagna, Francia, Portogallo, Olanda, Belgio, Lussemburgo e UK". Si
stabilisce inoltre che None rimarrà centro di sviluppo e ricerca in questo
particolare settore. Viene dunque tutelato il 40% circa della produzione attuale da
parte della INDESIT. E qui terminano le buone notizie: la pillola amara i/le 600
dipendenti dovranno comunque ingoiarla.
Già dal terzo punto del documento redatto, infatti, si tiene a sottolineare il
"negativo andamento del mercato" e la situazione di crisi che INDESIT sta
attraversando. A fronte di ciò, le parti in causa si accordano per un periodo di
cassa-integrazione. Gianluca Ficco, coordinatore nazionale della UILM del settore
elettrodomestici, non nasconde su "Il Sole 24 Ore", quotidiano di Confindustria, la
propria soddisfazione per i risultati conseguiti: sottolinea la permanenza del centro
di ricerca e sviluppo ed il mantenimento di una discreta quota di produzione, che
conserverà tra Italia e Paesi Europei sopraelencati "il 70% delle vendite attuali".
Ficco, presente all'incontro per la UILM insieme al collega Dario Basso, dimentica
però di aggiungere un particolare, che il documento riporta in evidenza: il paragrafo
A del terzo punto, il quale delibera la cassa-integrazione a zero ore ("I lavoratori
ineterssati dal provvedimento saranno collocati in CIGS, di regola, con sospensione a
zero ore settimanali). Non pare cosa di poco conto, ma ha ritenuto di sorvolare.
La cassa-integrazione avverrà a rotazione a seconda della "fungibilità delle
mansioni" con cadenza mensile; la settimana di prestazione sarà di 32 ore lavorative
settimanali distribuite su 8 ore giornaliere, implementate dall'intervento della
CIGS. Scatterà poi un meccanismo di "esodi volontari incentivati", come li definisce
Ficco, ovvero incentivi in denaro per chi deciderà spontaneamente di ricorrere alla
mobilità e, quindi, di abbandonare l'azienda. Il "premio" sarà di 23.000 euro lordi,
ridotti di volta in volta a partire da novembre 2009 di 1.500 euro per arrivare ai
5.000 euro di incentivo minimo.
Per chi ha maturato o maturerà i requisiti per andare in pensione, il tavolo si
accorda su due opzioni: in caso di accettazione della mobilità il lavoratore
percepirà la differenza tra quanto deve erogare l'INPS ed il 90% della busta paga,
sino al raggiungimento dell'anzianità di servizio.
Chi diversamente non accetterà di farsi da parte subirà un taglio del 10% ogni
bimestre sul 90% mensile garantito, fino ad un minimo del 60%.
INDESIT inoltre si farà carico insieme alle Istituzioni di "premiare" aziende con più
di 15 dipendenti che vorranno assumere il personale "in esubero".
In parole povere, l'azienda si impegna a mantenere gli impegni su ricerca e svilppo,
tentando di rilanciare il settore in crisi, ma incentiva in compartecipazione con lo
Stato i/le dipendenti ad abbandonare la fabbrica.
Inoltre, pare prendere piede la brutta abitudine di "Postale" impronta con la quale
chi accetta la mobilità rinuncia da accordi ad impugnare eventualmente il
licenziamento. A pensare male, se un lavoratore dovesse denunciare irregolarità di
qualsiasi tipo nel suo posto di lavoro e l'azienda decidesse di licenziarlo, sarebbe
estremamente ostico per il medesimo farsi riassumere. Se non impossibile. Questa
postilla, se non un ricatto vero e proprio, pone termini di forte disparità tra la
tutela aziendale e quella delle maestranze.
Il 31 luglio prossimo ci sarà un nuovo incontro tra le parti presso il Ministero
dello Sviluppo Economico, contestualmente agli impegni assunti dalla Regione
Piemonte, che promette "entro luglio (deliberato) un programma specifico di
interventi ad hoc" puntando su "ricollocazione delle attività produttive" e
"finanziamenti per ricerca e sviluppo".
Terminata la prima puntata, aspettiamo dunque la fine del mese per tirare nuovi
bilanci, sperando di non dovere scrivere di spiacevoli episodi nei confronti delle
maestranze.
MATTIA LACONCA - PARTITO DELLA RIFONDAZIONE COMUNISTA - SEZIONE PAVIA
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INDESIT/FIRMATO L'ACCORDO PER IL SITO DI NONE
Nessun licenziamento, ma cassa integrazione e
investimenti
È stato siglato ieri al ministero per lo sviluppo economico
l'accordo tra Indesit e sindacati per la riorganizzazione dello
stabilimento di None (Torino) di cui l'azienda aveva annunciato la
chiusura lo scorso febbraio (e il contestuale spostamento della
produzione in Polonia). Nessuno dei 600 lavoratori occupati sarà
licenziato e nello stabilimento del torinese resteranno il centro
ricerche e la produzione di lavastoviglie a incasso per l'Europa
occidentale, circa il 70% delle vendite attuali delle lavastoviglie
da incasso. I licenziamenti saranno evitati grazie alla cassa
integrazione a rotazione. I livelli occupazionali - è scritto
nell'accordo - dipenderanno dall'andamento dei mercati di
riferimento nei prossimi anni: nel periodo compreso tra il 2009 e il
2012 sono previsti 100 prepensionamenti incentivati, di cui la metà
nel corso dell'anno e, per gli altri lavoratori, cassa integrazione
straordinaria a rotazione. L'azienda prevede inoltre una serie di
incentivi per coloro che sceglieranno l'esodo volontario e si è
impegnata a lavorare per ricollocare i dipendenti presso altre
aziende. L'accordo prevede anche l'impegno a proseguire nella
politica di investimenti per il lancio di nuovi prodotti innovativi
nel segmento più alto di mercato. il manifesto 8 luglio
edizione del 8 luglio 2009 eco del
chisone
Accordo sulla ristrutturazione
Indesit None: c'è la firma
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Nella tarda mattinata di martedì, a Roma, nella sede del
ministero per lo Sviluppo, è stato firmato l'accordo tra i
sindacati e l'Indesit Group per la ristrutturazione dello
stabilimento di None.
Il documento ricalca in sotanza quanto già pattuito
nell'incontro precedente a Torino. Confermati dunque il
ridimensionamento, l'applicazione per tutti i lavoratori a
rotazione della cassa integrazione straordinaria per crisi,
incentivazioni all'esodo sia per pensionamento, sia
volontario; incentivi e sostegno alla ricollocazione per chi
accetta di lasciare il gruppo.
«Vista la situazione possiamo dire di aver raggiunto un
accordo sosddisfacente - afferma Anna Trovò, segretaria
nazionale della Fim-Cisl - certo lo stabilimento verrà
ridimensionato, ma resterà aperto e nessuno verrà
licenziato, mentre sacrifici e opportunità saranno distributi
tra tutti».
Pochi passi avanti invece per quanto riguarda il contributo
della Regione e la ricollocazione di nuove industrie nell'area
Indesit. «Per quantificare l'impegno della Regione a
sostegno della ricerca e sviluppo occorrerà attendere fine
luglio, quando verrà definita la bozza di bilancio di
previsione - precisa ancora Anna Trovò -, mentre sul
fronte dell'individuazione di nuove aziende non c'è nulla di
concreto».
Alberto Maranetto
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Edizione del 24 giugno 2009 eco del
chisone
Verso un accordo sulla cassa integrazione e sulla mobilità
Indesit: paracadute di sei anni
Lunedì è arrivato il via libera dalle
assemblee dei lavoratori
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Via libera ai sindacati, a grande
maggioranza, da parte dei lavoratori dell'Indesit di None
sulla bozza di accordo raggiunto nei giorni scorsi con
l'azienda.
Sembra ormai assodato che lo stabilimento resterà aperto,
anche se con personale ridotto, di quanto oggi nessuno però
è in grado di dirlo con precisione. Sicuramente verrà
mantenuto il numero necessario alla produzione di
lavastavoglie da incasso destinate ai principali mercati
dell'Europa occidentale e per l'attività di ricerca e
sviluppo. «Ottenere il mantenimento del sito e stabilire
per quale mercato si sarebbe lavorato era il nostro obiettivo
e l'abbiamo ottenuto - sottolinea Claudio Suppo della
Fiom, soddisfatto dell'esito positivo della consultazione -. Quanti
saranno i lavoratori che resteranno in azienda dipenderà
molto dall'andamento del mercato e dalla durata di questa
crisi, che speriamo di superare presto».
La discussione piuttosto si è incentrata sull'applicazione
della cassa integrazione straordinaria e sulla mobilità per
coloro che volontariamente accetteranno di lasciare l'azienda.
Per quanto riguarda la cigs, la bozza di accordo, secondo
fonti sindacali, prevede la rotazione per tutto il personale a
partire dal 24 agosto,
L'apertura della procedura di mobilità volontaria
seguirebbe il seguente percorso: incentivo di 23.000 euro a
chi accetterà subito, e poi a scalare progressivamente di
1.500 euro al mese, fino a raggiungere un minimo di 5.000.
Incentivo anche per coloro che verranno accompagnati alla
pensione, ai quali verrebbe corrisposta un'integrazione (a
carico dell'azienda) all'indennità di mobilità che
consentirebbe di percepire il 90 per cento dello stipendio.
È prevista inoltre la possibilità di essere ricollocati
in un'altra azienda (sempre della zona) individuata dall'Indesit
anche tramite incentivi, che varierebbero a seconda dei casi
da 11 a 15mila per singolo lavoratore. Al dipendente che
accetta il trasferimento invece verrebbe riconosciuto un
incentivo di 6.000 euro. In questo modo l'arco di copertura
per i dipendenti sarebbe di circa sei anni: tre di cassa
integrazione (un anno per crisi e due per ristrutturazione) e
tre di mobilità. Su 600 attualmente occupati se ne
salverebbero circa 200-250, altri 100 sarebbero interessati
dalla mobilità volontaria.
Per ora si tratta solo di una bozza di accordo, un
ulteriore momento della trattativa è stato fissato per il 6 e
7 luglio al ministero dello Sviluppo economico.
Per Enrico Tron della Cisl, se da una parte il giudizio
sugli ammortizzatori sociali può essere positivo, dall'altra «restano
molte perplessità sulla reale possibilità di intervenire per
la reindustrializzazione del sito».
Alberto Maranetto |
Rete
di resistenza alla Crisi
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pdf2
(Del 17/6/2009 Sezione: Cronaca di Torino
Pag. 70)la stampa
NONEL’ACCORDO IERI POMERIGGIO; ORA SI ATTENDE
LA RATIFICA DA PARTE DEI DIPENDENTI
Assemblee in fabbrica con i delegati da
lunedì prossimo per la votazione
E’ stata una lunga giornata, ma alla fine, malgrado qualche
momento di tensione, Indesit e sindacato hanno raggiunto una intesa.
Non è stato firmato un verbale, ma l’accordo c’è. Lunedì
l’assemblea dei lavoratori sarà chiamata a dare il mandato
definitivo al sindacato; il 6 ci sarà un nuovo incontro nazionale e
il 7 le parti si ritroveranno al Ministero. A quel punto di dovrà
capire che cosa la Regione è riuscita a mettere insieme rispetto
alla rendustrializzazione dell’ara; per ora ci sono stati
incontri, ma nulla di definitivo. La filosofia dell’intesa è il
criterio della volontarietà; nessuno degli strumenti che si
utilizzeranno per ridurre gli addetti sarà imposto, ma ogni singolo
lavoratore dovrà sceglierlo volontariamente. Sarà così per la
mobilità verso la pensione. In questo caso la procedura sarà
aperta per 150 dipendenti di cui almeno cento hanno i requisiti per
la pensione nell’arco dei tre anni. Chi andrà via volontariamente
riceverà, se rimarrà in mobilità tutti i tre anni 33 mila euro
lordi che sono l’integrazione - si somma all’assegno pubblico -
che l’azienda pagherà per far raggiungere al lavoratore l’80
per cento del suo reddito.
Chi, invece, senza avere i requisiti per la mobilità verso la
pensione, si dimetterà volontariamente avrà un incentivo di 23
mila euro se lo farà nei primi tre mesi e a scalare di 1500 euro in
meno ogni mese. E’ previsto anche che ci possano essere percorsi
di ricollocazione in altre aziende. Sarà volontario e per i terzi
livelli ci sarà un incentivo di 15 mila euro pagato dalla Indesit
alla ditta che assume e di 6 mila per il lavoratore. Si dovrà
trattare di un posto a tempo indeterminato e in una impresa sopra i
15 addetti. La cassa integrazione, infine, sarà a rotazione e si
articolerà in un anno per crisi e in due per ristrutturazione.
Siamo giunti quasi alla fine della lunga vertenza seguita
attentamente dal sindaco Maria Luisa Simeone. Con l’intesa di ieri
l’accordo è praticamente fatto: a None rimarrà la produzione
delle lavastoviglie da incasso per Gran Bretagna, Francia, Spagna,
Portogallo, Italia, Benelux capace di occupare ameno 300 addetti.
Dice Claudio Suppo della Fiom: «Rimane il pezzo sulla
reindustrializzaizone, ma i risultati economici raggiunti sono
importanti e migliori che in analoghe vertenze». Commentano
Gianluca Ficco e Dario Basso della Uilm: «Se i contenuti convenuti
saranno approvati dai lavoratori raggiungeremo il maggior risultato
possibile in questo particolare periodo economico-produttivo».
Edizione del 27 maggio
2009- eco del
chisone
Indesit, schiarita ma non c'è la
firma
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Se sono rose fioriranno. Sembra avviata ad una soluzione la
vertenza sul caso Indesit. L'Indesit Group, in un comunicato
stampa, parla apertamente di «intesa raggiunta con i
sindacati sul futuro dell'area industriale di None». I
sindacati confederali in un proprio comunicato unitario a
firma Fim, Fiom e Uilm hanno dato un'interpretazione più
prudente dell'incontro tra le parti avvenuto il 21 maggio, e
affermano che in quella sede «sono stati raggiunti
inportanti avanzamenti della trattativa, in particolare per
quanto riguarda produzione e ammortizzatori sociali».
Comunque sia, non vi è ancora nulla di scritto e
soprattutto firmato, tutto è demandato all'apertura di un
tavolo ministeriale con la presenza della Regione Piemonte
dove si discuta non solo del destino dello stabilimento
Indesit, ma anche delle azioni a sostegno del rilancio, almeno
parziale, dell'area produttiva di None. Sembra che
quest'ultimo aspetto non sia irrilevante rispetto ad una
chiusura dell'accordo.
Ritornando allo stabilimento Indesit, le parti avrebbero
trovato un punto di convergenza sulla proposta di mantenere a
None la produzione di lavastoviglie da incasso destinate ai
mercati dell'Europa occidentale, il che equivarrebbe al 70 per
cento della produzione destinata a questo settore, per un
totale di circa 240.000 pezzi. Rimarrà a None, inoltre,
l'attività di ricerca e sviluppo che occupa 52 addetti.
Per quanto riguarda l'occupazione, si lavorerà per
ottenere tre anni di cassa integrazione straordinaria e la
rotazione di tutti i lavoratori, l'incentivazione all'esodo
volontario e la disponibilità all'accompagnamento alla
pensione.
A.M.
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(Del 22/5/2009 Sezione: Cronaca di Torino
Pag. 70)la stampa
NONE TRA AZIENDA E SINDACATO POSITIVO INCONTRO:
LA TRATTATIVA VERSO L’ACCORDO FINALE
Le lavastoviglie salvano il futuro della
Indesit
Tre anni di cassa a rotazione e nessun
licenziamento
È andata bene la trattativa tra Indesit e sindacato di ieri; la
vertenza sta infilando la strada della conclusione. L’azienda ha
accettato in parte le richieste di Fim, Fiom, Uilm e porterà nel
sito di None la produzione delle lavastoviglie da incasso - il «built
in» - per i mercati di tutta l’Europa occidentale comprese Gran
Bretagna e Benelux. Una produzione che potrebbe arrivare a 560 mila
pezzi pari - ma si deve considerare che i conti sono fatti su una
annata drammatica come questa - a 230-240 addetti.
Molto positiva è giudicata dal sindacato anche la scelta della
Indesit di mantenere tre linee produttive su quattro su due turni,
giudicato un segno che c’è l’intenzione di preservare la
fabbrica e darle un futuro. La riunione non si è chiusa con un
accordo, ma con una intesa, perché adesso è fondamentale il pezzo
che compete a Regione e Ministero. E forse già il 28 potrebbe
esserci una riunione a Roma: il ministero deve garantire che la
cassa straordinaria sarà di un anno per crisi e di due per
ristrutturazione mentre la Regione Piemonte è detentrice di una
soluzione per la reindustrializzazione del sito con aziende che
assumano gli eccedenti della Indesit. Timore del sindacato, infatti,
è che al termine dei tre anni i lavoratori che non hanno trovato un
altro posto diventino esuberi.
Serve, quindi, un passaggio formale con l’ente locale - e
l’assessore Bairati da tempo sta cercando aziende che si insedino
a None anche garantendo commesse pubbliche - per avere la garanzia
che alla fine del percorso tutti saranno al lavoro. Ma nel contempo
- Indesit lo ha ribadito - nessuno sarà licenziato e la cassa
integrazione verrà applicata a rotazione per suddividere il peso
economico per i lavoratori. Oggi nelle assemblee i sindacalisti
spiegheranno l’andamento delle vertenza - ma è chiaro che i passi
avanti sono notevoli e positivi. Claudio Suppo della Fiom apprezza
che «si dia stabilità al sito con il mantenimento di tre linee e
la produzione di almeno 540 mila lavastoviglie». E aggiunge: «E’
molto importante anche che non si arrivi a alcun licenziamento, ma
si pensi all’utilizzo di una gamma di ammortizzatori sociali dalla
mobilità verso la pensione alla cassa a rotazione». Per Gianluca
Ficco della Uilm nazionale «si è raggiunto un possibile punto di
incontro sul mantenimento a None di circa il 40 per cento
dell’attuale produzione. Tuttavia per siglare un accordo occorrerà
andare ad un tavolo istituzionale, poiché l’apporto delle
istituzioni, in particolare della Regione Piemonte, è di
fondamentale importanza sia per la reindustrializzazione nella parte
di stabilimento che rimarrà libera». E Dario Basso della Uilm
torinese dice: «Dopo tre mesi di percorso in un tunnel buio vediamo
una parvenza di luca. Infatti abbiamo acquisito la continuità
produttiva del sito di None e, soprattutto, la continuità di tutti
i lavoratori all'interno della Indesit».
(Del 13/5/2009 Sezione: Cronaca di Torino
Pag. 70)la stampa
VERTENZA INDESIT
Per None l’accordo è ancora lontano
Si rivedranno il 21, ma non è andato bene l’incontro di ieri tra
sindacato e vertici della Indesit. Fim, Fiom e Uilm - presenti
all’incontro con i dirigenti locali e nazionali - si aspettavano
una risposta alla richiesta avanzata nel round precedente; tutta la
produzione delle lavastoviglie da incasso a None. L’azienda aveva
proposto che questa produzione riguardasse Italia, Spagna,
Portogallo e Francia. E ieri la Indesit ha ribadito che non è
disponibile a portare a None tutta la produzione e ha spiegato che
realizzare qui le lavastoviglie destinate all’Est non è
sostenibile per ragioni logistiche. Ha, quindi, rilanciato: si può
trattare una soluzione che stia tra il tutto chiesto dai sindacati e
i quattro paesi offerti dall’impresa. Ha anche precisato che, sui
dati di vendita del 2009, quell’intera produzione non porterebbe a
300 addetti - ne aveva annunciati 190 - ma a 245. Il sindacato ha
però ribattuto che i conti non si possono fare su una annata di
grave crisi come questa. Dice Gianluca Ficco della Uilm: «Nel 2008
le lavastoviglie da incasso totali sono state 381 mila con un
impiego di 290 addetti». Non c’è stata rottura, ma le posizioni
sembrano ancora distanti. Il sindacato nazionale chiederà un
formale incontro alla Regione Piemonte a cui spetta l’onere di
mettere insieme il piano di reinsediamenti a None. L’assessore
Bairati sta valutando una serie di ipotesi tra cui una importante
azienda milanese che produce autobus; nodale per la trattativa è,
infatti, capire il numero di lavoratori ricollocabili. E nodale è
anche la certezza dell’utilizzo di ammortizzatori sociali; per
questo verrà chiesto anche un incontro al Ministero delle Attività
produttive. Oggi le assemblee in fabbrica. Ma Claudio Suppo della
Fiom e Dario basso della Uilm sono molto insoddisfatti: «Sono due
mesi e mezzo che questi lavoratori vivono nell’incertezza sul
futuro; una situazione che sta diventando insostenibile».
M. CAS.
(Del 12/5/2009
Sezione: Cronaca
di Torino Pag. 62)la stampa
NONE OGGI INCONTRO CON L’AZIENDA AD ANCONA
I sindacati: all’Indesit non meno di 300
posti
C’è grande attesa tra i lavoratori della Indesit per l’incontro
sindacale di stamattina a Ancona. Le posizioni paiono essere ancora
parecchio distanti e la trattativa rischia di essere ancora
parecchio lunga. Spiega Claudio Suppo della Fiom: «Noi andiamo alla
trattativa con le idee chiare: non possiamo accettare una soluzione
diversa da quale di ottenere per lo stabilimento di None tutta la
produzione delle lavastoviglie da incasso». E Dario Basso della
Uilm aggiunge: «Il mandato che ci hanno dato i lavoratori è netto:
come minimo 300 addetti devono avere il posto assicurato. Non siamo
disposti a scendere». Nell’ultimo incontro Fim, Fiom, Uilm
avevano chiesto all’azienda di garantire la produzione delle
lavastoviglie a incasso e oggi è attesa la risposta della Indesit.
Ma nell’incontro precedente l’azienda - che aveva rinunciato
all’ipotesi di chiusura del sito di None - aveva proposto
l’impiego di 190 addetti - di cui 50 impiegati - su 600 per
produrre lavastoviglie a incasso per soli quattro Paesi europei .
Una ipotesi che il sindacato aveva respinto nettamente rilanciando.
Nei prossimi giorni - forse già domani - ci sarà in incontro in
Regione tra il sindacato e gli assessori Migliasso e Bairati.
Compete alla Regione l’individuazione di imprese che si vogliano
collocare nel sito Indesit e assumere i lavoratori in esubero. Ci
sono contatti con una impresa milanese di autobus, ma nulla di
definito.
M. CAS.
Mercoledì 06 Maggio 2009 00:00
Il Consigliere del Prc Juri Bossuto si è recato oggi
all’assemblea dei lavoratori della Cabind di Chiusa San Michele
nella quale è venuta fuori anche l’idea dell’autoimprenditorialità:
“Sono assolutamente solidale con le lotte dei lavoratori Cabind e
comprendo chi ha scelto il gesto estremo di salire su un tetto per
manifestare la sua rabbia. Si tratta di una battaglia che interessa
uno stabilimento di cui ancora non si riescono a capire fino in
fondo le reali cause che portano ad una chiusura quasi immediata con
conseguente licenziamento di 70 lavoratori”.
“Le dichiarazioni della parte padronale (“le macchine, meglio
distruggerle”) legittimano ancor di più il necessario spendersi
delle istituzioni per tentare di avviare un percorso di
auto-imprenditorialità come avevo sollecitato ieri nella lettera
inviata agli Assessori competenti “.
“L’arroganza della classe dirigente ed imprenditoriale denota
ancora una volta l’impotenza del pubblico che subisce bugie e
ricatti di questo tipo senza avere gli strumenti per reagire. Se è
vero che la proprietà preferisce distruggere le macchine
(ancora in buona stato) assisteremmo all’ennesimo atto di
irresponsabilità di chi sta buttando questo Paese in una situazione
simile all’Argentina di qualche anno fa”.
(Del 7/5/2009 Sezione: Cronaca di Torino
Pag. 71)la stampa
CHIUSA S. MICHELE. DA OGGI L’AZIENDA NON
C’È PIÙ
L’ultima protesta Cabind . Sul
tetto del capannone per chiedere di lavorare
La Cabind (legata al ciclo Indesit n.d.r.)chiude. Ieri sera i
rappresentanti dei 78 licenziati hanno firmato l’accordo in
Regione: due anni di cassa integrazione e 15 mila euro d’incentivo
al licenziamento.
Un’intesa che giunte dopo una mattinata di
tensioni e polemiche. Al punto che due operai sono saliti sul tetto
dell’azienda ed hanno minacciato di lasciarsi cadere. È accaduto
alle 10.30. Circa mezz’ora prima era iniziata nella sala mensa
l’assemblea per discutere il mancato accordo in Regione Piemonte.
L’azienda aveva offerto due anni di cassa integrazione e 12 mila
euro lordi per ogni dipendente ma le maestranze non avevano
accettato. All’assemblea erano presenti i funzionari Fiom, Claudio
Suppo e Giuseppe Jacovella con Stefano Capello del Cub. Ad un certo
punto i toni si sono alzati ed è scoppiata la polemica. «Mancano
48 ore per trovare un valiudo accordo - avrebbe sottolineato Claudio
Suppo - . Dobbiamo fare in fretta perché anche le istituzioni ci
stanno abbandonando». È stata la goccia che ha fatto traboccare il
vaso. «Non possiamo accettare ricatti - ha urlato Marino Cavezzale,
rappresentante Rsu-Sdl - ci sono 74 famiglie con 68 figli che
rimangono in mezzo alla strada». Quindi è uscito di corsa ed è
salito sul tetto del primo capannone. Un altro operaio l’ha
seguito. «Se è vero che tutti ci hanno abbandonati non mi rimane
che buttarmi sotto» ha urlato in modo provocatorio l’operaio. Gli
altri dipendenti sono poi subito usciti tutti sul piazzale ed hanno
cercato di calmarlo. Alle ore 12.15 i due dipendenti sono scesi dal
tetto. Poco dopo sono giunti anche alcuni amministratori: Angela
Migliasso, assessore al lavoro della Regione e i consiglieri Nino
Boeti e Juri Bossuto. Ed è iniziata una nuova assemblea per
decidere se e come portare ancora avanti la trattativa. E alla fine
i dipendenti hanno votato per l’accettazione dell’ accordo: 45
si e 8 no.
accordo cabind-
pdf
(Del 25/4/2009 Sezione: Cronaca di Torino
Pag. 56)la stampa
Trattativa Indesit
Lavastoviglie da incasso “Tutta la
produzione può restare in Piemonte”
La risposta arriverà l’11 maggio in un nuovo incontro, che ancora
non si sa se avverrà a Torino o a Roma: nel corso della trattativa
di ieri i sindacati hanno chiesto alla Indesit di destinare allo
stabilimento di None tutta la produzione delle lavastoviglie da
incasso. L’azienda si è riservata di decidere, ma non ha detto
no. Le lavastoviglie a incasso rappresentano la metà della
produzione complessiva; fino a oggi l’azienda voleva portare qui
la produzione destinata solo a Francia, Belgio, Spagna e Portogallo;
questo avrebbe consentito di occupare solo 190 addetti su 600.
Nell’ipotesi dell’intera produzione, invece, i numeri potrebbero
salire notevolmente, anche fino a 300 addetti. In sostanza si
tratterebbe, come più volte richiesto da sindacato e enti locali,
di suddividere il lavoro che c’è - compatibilmente anche con la
crisi generale - con lo stabilimento polacco.
Se arrivasse l’intera produzione gli addetti utilizzati potrebbero
arrivare intorno ai 300. In quel caso si potrebbe utilizzare un
variegato piano programma di ammortizzatori sociali come la cassa
straordinaria per due anni nel corso dei quali circa cento persone
maturerebbero i requisiti per la mobilità verso la pensione. Gli «esuberi»
- ricordando che la Indesit ha ribadito che non licenzierà -
rimarrebbero un po’ meno di 200. A quel punto diventerebbe
essenziale il progetto di reinsediamento produttivo nel sito di None
di aziende in grado di assumere gli esuberi. Ci sta lavorando la
Regione che ha già un paio di ipotesi e il sindacato ha chiesto un
incontro. Claudio Suppo della Fiom commenta: «E’ importante che
l’azienda non abbia rifiutato il confronto sulla nostra proposta;
il confronto prosegue e il ruolo degli enti locali assume sempre
maggiore importanza». Gian Luca Ficco e Dario Basso della Uilm
spiegano che «salvare la produzione di lavastoviglie in Italia è
fondamentale non solo per i lavoratori di None, ma per l’intero
gruppo e per questo motivo chiediamo l’interessamento e il
sostegno attivo delle istituzioni locali e governative». E Anna
Trovò della Fim ritiene che «lo stabilimento di None può trovare
l’equilibrio economico se sarà specializzato nella produzione di
lavastoviglie da incasso».
MARINA CASSI
Oggetto: Ancora nulla di fatto
Torino, 24 apr. - Concentrare tutta la produzione di lavastoviglie
da
incasso nello stabilimento Indesit (Gruppo Merloni) di None, nel
torinese. E' quanto chiesto oggi dai sindacati all'azienda durante
un
lungo incontro tenuto all'Amma di Torino che ha sede nell'edificio
dell'Unione Industriale. Al centro della trattativa: il progetto
presentato dall'azienda per salvare la fabbrica di None che impegna
611 dipendenti. Il vertice Indesit rispondera' ai sindacati nei
prossimi giorni.
Il progetto dell'azienda mira ad assegnare a None il 60 per
cento
della produzione di lavastoviglie da incasso mantenendo in attivita'
190 lavoratori in tutto. Nessuna indicazione circa i previsti 400
tagli. I sindacati hanno scelto di analizzare prima il piano di
'salvataggio' dello stabilimento e poi il problema 'tagli'. "Il
progetto dell'azienda secondo noi puo' ancora essere perfezionato -
ha
spiegato Anna Trovo', segretaria nazionale Fim - siamo convinti che
si
possa riorganizzare produzione e marketing delle lavastoviglie da
incasso concentrando tutta la produzione a None. Secondo noi salvare
la fabbricazione di lavastoviglie in Italia e' fondamentale non solo
per i dipendenti di None, ma per tutto il comparto di
elettrodomestici". All'incontro hanno preso parte pure il
segretario
nazionale della Uilm, Gianluca Ficco, e Claudio Suppo della Fiom.
Il prossimo appuntamento e previsto per l'11 maggio ad Ancona.
Edizione del 22 aprile 2009 eco del
chisone
Indesit None: torna la protesta
Dopo l'annuncio dell'azienda di voler
salvare solo 190 posti
|
Venerdì torneranno a manifestare davanti alla sede
dell'Unione industriale di Torino i lavoratori dell'Indesit
di None. La decisione è stata presa lunedì al termine
delle assemblee tenutesi all'interno dello stabilimento
nonese, quando i sindacalisti hanno riferito sulle
intenzioni dei vertici dell'azienda, comunicate venerdì
scorso a Roma, nel primo incontro con i sindacati, dopo la
rinuncia all'ipotesi di chiusura dello stabilimento di None.
L'incontro ha deluso le aspettative sia dei sindacati,
sia del mondo politico-amministrativo, a partire dal sindaco
di None Maria Luisa Simeone. «I numeri comunicati
dall’azienda sono troppo bassi - sintetizza la Simeone
- su questi livelli è difficile pensare di trattare, i
numeri del Piano di salvataggio vanno rivisti al rialzo».
I numeri di cui parla il sindaco sono quelli messi sul
tavolo a Roma dall'ad dell'Indesit Marco Milani, ovvero il
mantenimento in organico di 140 operai e 50 impiegati su un
totale di circa 600 dipendenti. «Cifre inferiori anche
rispetto a quanto era stato anticipato nell'incontro dello
stesso Milani con la presidente della Regione Mercedes
Bresso; si era parlato di 250 posti e già allora sembravano
pochi: viene da pensare che si tratti di una presa in giro»,
spiegava Enrico Tron della Fiom-Cisl al termine
dell'assemblea di lunedì.
«Con questi numeri non si va da nessuna parte -
aggiunge Pino Logioco della Fiom-Cgil - per il semplice
fatto che con questa forza lavoro non è possibile sostenere
alcun progetto industriale credibile. Devono fare di più
per convincerci che non siamo di fronte al semplice
tentativo di allungare l'agonia dello stabilimento così da
fiaccare la resistenza dei lavoratori».
L'azienda per addolcire la pillola ha espresso la volontà
di richiedere la cassa integrazione straordinaria per
ristrutturazione. «Questa è forse l'unica cosa positiva
- spiega Tron -. In questo modo si allungano i tempi e si
permette l'accompagnamento verso la pensione di un numero
maggiore di lavoratori. Inoltre, per ottenere questo tipo di
ammortizzatore l'azienda è obbligata a garantire nuovi
investimenti nello stabilimento, bisognerà però vigilare
che non siano indirizzati a opere per la riduzione delle
linee». Inoltre il Gruppo si è impegnato a trovare un
percorso per la ricollocazione di chi perderà il lavoro.
Venerdì riprende la trattativa in cui si cominceranno ad
affrontare i vari nodi. Per questo motivo, come detto in
apertura, i dipendenti saranno di fronte alla sede
dell'Unione industriale per farsi sentire ancora una volta.
«È necessario che i lavoratori si facciano ancora
sentire, bisogna ottenere di più anche se non sarà una
cosa facile e la trattativa si prospetta lunga e complicata»,
concordano i sindacati.
A.M.
|
(Del 18/4/2009 Sezione:
Cronaca di Torino Pag. 65)la stampa
OCCUPAZIONE LA CASSA INTEGRAZIONE ORDINARIA E’
CRESCIUTA DEL 1276% NEL PRIMO TRIMESTRE DELL’ANNO
Indesit: ne restano solo 190 su 600
NONE
Centonovanta - di cui 50 nella ricerca e sviluppo - al lavoro su
oltre 600 addetti. È questa la proposta che la Indesit ha
presentato ieri al sindacato, che l’ha giudicata - come pure il
sindaco di None, Simeone - insufficiente. Però l’azienda ha
assicurato che nessuno verrà licenziato e che verrà utilizzata -
tra gli altri ammortizzatori sociali - la cassa straordinaria per
ristrutturazione che può durare da 2 a 4 anni. La Indesit vuole
produrre qui le lavastoviglie da incasso per quattro Paesi europei;
una scelta che, sulle previsioni del 2009, può portare a 180 mila
pezzi e 140 persone in produzione. Se la crisi si allenterà i
numeri potrebbero salire. Ma, spiega Gianluca Ficco della Uilm -
resta il fatto che l’azienda sostiene di lavorare in perdita e
questo lascia «dubbi sul lungo periodo». Comunque la trattativa
prosegue venerdì prossimo. Per Anna Trovò della Fim «ci sono gli
ingredienti, ma sarà lunga». E Claudio Suppo, della Fiom, annuncia
che il sindacato chiederà un incontro alla Regione e dice: «Lunedì
faremo le assemblee con i lavoratori, ma è chiaro che i numeri sono
troppo bassi». Il sindacato ha anche proposto alla Indesit di
produrre a None oltre alle lavastoviglie da incasso pure quelle
normali sempre per gli stessi Paesi. Mentre la crisi della grande
azienda metalmeccanica ondeggia tra spiragli di ottimismo e
difficoltà, ieri si sono riuniti - per la prima volta unitariamente
dall’inizio del ciclo recessivo - i direttivi di Cgil, Cisl, Uil.
I segretari confederali Canta, Tosco e Cortese hanno lanciato la
proposta che il Primo Maggio sia una occasione per difendere Torino
e la sua produzione. Un appello alla città mentre le notizie del
dilagare della crisi non si fermano: nel primo trimestre dell’anno
la cassa ordinaria è cresciuta del 1276,9%, quella straordinaria
del 24% rispetto al primo trimestre del 2008. Un crescendo che non
risparmia alcun settore e all’attivo hanno parlato, infatti,
delegati della Iveco, della Streglio, della Ceva Logistic, della
Michelin, della Comdata, dei cantieri. E accanto a loro insegnanti,
componenti di cooperative, lavoratori della sanità e delle poste
colpiti dai tagli. Il sindacato chiede interventi del governo a
sostegno dei redditi dei lavoratori - passaggio da 52 a 104
settimane della cassa ordinaria, aumento delle indennità di cassa e
di mobilità, semplificazione dei contratti di solidarietà, accesso
più facile al credito - accanto a più strutturali politiche
industriali per difendere il patrimonio industriale torinese.
All’incontro il presidente della Provincia, Antonio Saitta, ha
detto che «la provincia è pronta a intraprendere nelle prossime
settimane una sorta di disobbedienza civile: non applicheremo il
Patto di stabilità se il governo non troverà subito modalità, che
ci consentano di pagare le imprese, che hanno lavorato per noi». E
il sindaco Chiamparino - che rilanciato l’ipotesi di fare di
Torino il polo della mobilità sostenibile - ha detto che «i
vincoli europei sono stati pensati quando il problema era la lotta
all’inflazione mentre oggi c’è il rischio di depressione
economica. Per questo bisogna che il nuovo parlamento europeo ponga
con forza l’esigenza di rivedere questi criteri, anche solo
temporaneamente, ma a livello di tutti i paesi».
MARINA CASSI
Indesit:
nessuno deve perdere il posto di lavoro!
Lavorare
tutti, lavorare
meno, garanzia del
salario
Una
lotta di oltre due mesi fatta di scioperi, cortei a None e Torino,
presidi, blocchi stradali e soprattutto blocchi delle merci ha
costretto l’azienda a fare un passo indietro: a None
la Indesit
non chiuderà!
Questo
però è solo l’inizio.
Bisogna
stare attenti a non farci sviare dalle promesse elettorali delle
istituzioni (Bresso, Saitta
& Co.) (visto le imminenti elezioni Europee e provinciali)
che parlano di nuovi insediamenti produttivi e di ricollocazione
dei lavoratori. Avere qualche dubbio è sacrosanto, perché sono
molti i lavoratori che spesso vengono
ingannati da false promesse. Basta chiedere a quelli dell’Ex ThyssenKrupp,
che da oltre un anno attendono un nuovo
posto di lavoro che sta diventando sempre più incerto.
La
lotta deve continuare con un unico punto fermo:
nessuno
deve perdere il lavoro, nessuno deve perdere il salario!
- Anche
nel caso di riduzione delle linee di produzione nessuno dovrà
rimanere senza lavoro. Piuttosto si lavorerà a turni,
ovviamente senza riduzione dello stipendio.
- Eventuali
passaggi ad altre aziende dovranno essere volontari e solo nel
caso di posti di lavoro certi, dignitosi e a parità di livello
professionale e di stipendio.
- Eventuali
mobilità potranno essere accettate solo se sarà garantito il
salario finché il lavoratore non avrà trovato un altro posto
di lavoro, senza limiti di durata.
- Eventuali
prepensionamenti dovranno prevedere condizioni che non
peggiorino il calcolo contributivo pensionistico.
La
trattativa deve contenere questi inequivocabili obiettivi:
la
nostra lotta e il nostro impegno gli deve dare forza!
A
noi la scelta: essere spettatori, per applaudire o fischiare le
scelte di altri, che decidono al posto nostro, del nostro futuro.
Oppure essere protagonisti, lottando in
prima persona.
Prepariamo
una decisa e massiccia partecipazione per
Venerdì 24 Aprile all’Unione Industriale,
dove
si discuterà del futuro di tutti i lavoratori Indesit.
Un gruppo di lavoratori Indesit
Rete
di resistenza alla crisi
video
rai3 14 aprile 2009
Edizione dell'8 aprile 2009- eco del
chisone
L'Indesit non chiuderà, ma con quanti
lavoratori?
indesit eco 8aprile09
|
Lo stabilimento dell'Indesit di None non chiuderà. Lo
hanno comunicato lunedì ai sindacati i dirigenti del Gruppo.
La produzione verrà però ridotta e molti lavoratori
finiranno in mobilità e dovranno essere ricollocati. Quanti e
come sarà l'oggetto dei prossimi incontri programmati per il
17 e 24 aprile. Intanto martedì i lavoratori, riuniti in
assemblea nello stabilimento di None, hanno dato via libera
alla trattativa, togliendo poi il blocco dei magazzini merci.
Fuori dai cancelli speranza e preoccupazione per il futuro
erano i sentimenti dominanti. «Potrebbero restare fuori in
molti e le trattative sul destino di coloro che non
riusciranno ad arrivare alla pensione saranno delicate e
complesse» avvertono i sindacati.
|
INDESIT
None non chiude. Parte la trattativa-
ilmanifesto
Indesit non chiuderà lo stabilimento di lavastoviglie a None nel
torinese, per delocalizzare la produzione nella più economica
Polonia. Lo ha annunciato ieri la multinazionale italiana guidata da
Vittorio Merloni ai sindacati. Ora si apre dunque la trattativa tra
azienda e sindacati (il 17 e il 24 aprile i prossimi due incontri,
rispettivamente, a Roma e Torino), per capire quanta parte della
produzione resterà in Italia, con quanti occupati (oggi, a None,
sono 600), e con quale piano industriale.
Che non si tratterà di una trattativa semplice, sono convinti i
sindacati (Fiom, Fim e Uilm). I lavoratori incassano un primo
risultato, frutto della loro mobilitazione e della pressione
esercitata dalle istituzioni (comune e regione). Oggi i sindacati
(che sulla vicenda si stanno muovendo in maniera unitaria)
riferiranno dell'incontro ai lavoratori in assemblea. «L'azienda si
è presentata al tavolo con una novità: mettere in campo un
progetto al fine di mantenere parte delle attività a None - spiega
Maurizio Landini della Fiom - Giudichiamo positivamente questa
posizione, anche se bisogna approfondirla, capire quali prodotti,
investimenti, livelli occupazionali potranno essere mantenuti». e
qualunque soluzione si trovi, aggiunge Landini, «bisogna anche
decidere gli ammortizzatori sociali da mettere in campo per
assicurare una prospettiva occupazionale a tutti i dipendenti
Indesit. Ieri l'azienda si è detta disponibile a favorire il
ricollocamento e la rioccupazione dei dipendenti presso altre
aziende. «Registriamo oggi un dato positivo - commenta Dario Basso
della Uilm - L'azienda ci ha detto che il sito di None non chiuderà
e ci ha confermato che la ricerca e progettazione resteranno in
Italia». Di «un incontro costruttivo», ha parlato l'azienda.
(Del 7/4/2009 Sezione: Cronaca
di Torino Pag. 69)la stampa
il caso
Indesit non chiude Resta a
None parte della produzione
NONE
Dalla piccola folla di lavoratori sale un urlo corale e liberatorio
quando dal balcone della palazzina delle trattative - dove si sta
svolgendo l’incontro tra Indesit e sindacato - Dario Basso si
affaccia e urla: «L’azienda ha fatto marcia indietro: non chiude
più». Da ieri pomeriggio è ufficiale: la Indesit vuole continuare
a produrre a None e l’emozione degli operai, che da oltre un mese
e mezzo presidiano i cancelli, è forte. Oggi si riuniranno in
assemblea con i dirigenti sindacali per valutare la positiva novità
e il come proseguire la vertenza. Nel corso dell’incontro con Fim,
Fiom e Uilm non si sono fatti numeri di quanti saranno i lavoratori
impiegati dopo che la scorsa settimana l’ad aveva parlato del
mantenimento di due linee il che, secondo il sindacato, avrebbe
comportato 150-160 addetti al massimo. Un numero giudicato
insufficiente; l’essersi presentati all’incontro senza un numero
predefinito è giudicato, quindi, positivamente dal sindacato. Per
analizzare il piano industriale sono già state convocate due
riunioni: il 17 a Roma - questo perché alla trattativa partecipano
delegati di tutti gli stabilimenti del gruppo - e il 24 nuovamente a
Torino. La Indesit Company ha spiegato che qui intende proseguire la
produzione di lavastoviglie da incasso, l’alto di gamma, destinate
al mercato dell’Europa occidentale esclusa la Gran Bretagna, circa
il 35% del venduto in quel settore nelle previsioni per il 2009,
anno però di crisi; quella percentuale, quindi, potrebbe salire a
difficoltà economiche superate. E la Indesit - che informalmente ha
definito l’incontro «costruttivo» - ha anche ribadito che qui
rimarranno ricerca e sviluppo. Per Maurizio Landini della Fiom «c’è
stata una prima novità positiva: la Indesit, grazie alle lotte dei
lavoratori torinesi e di tutto il gruppo non chiude e non licenzia».
E aggiunge: «Adesso la trattativa, che non sarà semplice, deve
verificare il piano industriale; vedere quali prodotti, quali volumi
e quanti occupati prevede con l’obiettivo di raggiungere il
massimo». Anna Trovò della Fim dà un giudizio positivo sulla
decisione dell’azienda, ma precisa: «Dobbiamo discutere di quali
ammortizzatori sociali utilizzare nella fase di riorganizzazione,
vedere concrete possibilità di ricollocazione e di
reindustrializzazione del sito. Ma questi possibili insediamenti
devono avere un nome e un cognome, non essere vaghi. Su questo serve
l’intervento degli enti locali». E Gianluca Ficco della Uilm -
che apprezza «l’inversione di linea» - dice: «Siamo d’accordo
con l’azienda di cercare di non dare agli esuberi una soluzione
solo assistenzialistica, ma di cercare una nuova occupazione».
INDESIT
None non chiude. Parte la trattativa - il
manifesto 7 marzo
Indesit non chiuderà lo
stabilimento di lavastoviglie a None nel torinese, per delocalizzare
la produzione nella più economica Polonia. Lo ha annunciato ieri la
multinazionale italiana guidata da Vittorio Merloni ai sindacati.
Ora si apre dunque la trattativa tra azienda e sindacati (il 17 e il
24 aprile i prossimi due incontri, rispettivamente, a Roma e
Torino), per capire quanta parte della produzione resterà in
Italia, con quanti occupati (oggi, a None, sono 600), e con quale
piano industriale.
Che non si tratterà di una trattativa semplice, sono convinti i
sindacati (Fiom, Fim e Uilm). I lavoratori incassano un primo
risultato, frutto della loro mobilitazione e della pressione
esercitata dalle istituzioni (comune e regione). Oggi i sindacati
(che sulla vicenda si stanno muovendo in maniera unitaria)
riferiranno dell'incontro ai lavoratori in assemblea. «L'azienda si
è presentata al tavolo con una novità: mettere in campo un
progetto al fine di mantenere parte delle attività a None - spiega
Maurizio Landini della Fiom - Giudichiamo positivamente questa
posizione, anche se bisogna approfondirla, capire quali prodotti,
investimenti, livelli occupazionali potranno essere mantenuti». e
qualunque soluzione si trovi, aggiunge Landini, «bisogna anche
decidere gli ammortizzatori sociali da mettere in campo per
assicurare una prospettiva occupazionale a tutti i dipendenti Indesit.
Ieri l'azienda si è detta disponibile a favorire il ricollocamento
e la rioccupazione dei dipendenti presso altre aziende. «Registriamo
oggi un dato positivo - commenta Dario Basso della Uilm - L'azienda
ci ha detto che il sito di None non chiuderà e ci ha confermato che
la ricerca e progettazione resteranno in Italia». Di «un incontro
costruttivo», ha parlato l'azienda.
ECO DI BERGAMO
Da una cassa integrazione all’altra. I 457 lavoratori della Indesit-Merloni di
Brembate Sopra sembrano condannati ad andar in fabbrica per qualche giorno e poi a
restar di nuovo a casa, con prospettive per il futuro sempre meno chiare. Peggio va
per i colleghi di None, in provincia di Torino: là sono in circa 650 a rischiare che
lo stabilimento venga chiuso.
Secondo quanto scrive la Cgil in un comunicato stampa, «a Brembate Sopra, dove si
producono lavatrici con carico dall’alto, mercoledì 1° aprile i lavoratori sono
rientrati in fabbrica dopo una cassa integrazione ordinaria partita il 10 febbraio.
Lavoreranno solo pochi giorni: l’azienda ha annunciato altre quattro settimane di
cassa a partire dal 9 aprile. Anche a novembre, dicembre e gennaio sono stati
registrati periodi di sospensione della produzione e di cassa integrazione, seppur
più brevi».
All’uscita dall’incontro che si è tenuto nel pomeriggio tra azienda e sindacati,
Mirco Rota, segretario generale provinciale della Fiom-Cgil ha spiegato che «un
accordo (seppur non vincolante) non è ancora stato raggiunto nell’ambito dell’esame
congiunto della cassa: abbiamo chiesto il riconoscimento della maturazione degli
istituti differiti, cioè di tredicesima mensilità, ferie e permessi annui retribuiti,
ma la Indesit-Merloni non li ha concessi. A preoccuparci è anche l’assoluta
incertezza che riguarderà il mese di maggio: dopo le quattro settimane di cassa si
ritorna al lavoro, ma non ci è stato comunicato se sarà di nuovo per pochi giorni.
L’azienda ha, infatti, confermato oggi la preoccupazione per la situazione produttiva
attuale: sembra non esserci alcun segnale di ripresa. I primi a pagarne le
conseguenze sono 5 lavoratori con contratti a tempo determinato in scadenza ma non
riconfermati, malgrado si tratti di persone presenti in azienda da oltre due anni».
Il 7 e l’8 aprile si terranno le assemblee coi lavoratori. Per il 9 è previsto
l’aggiornamento del confronto con l’azienda.
01.04.2009
- BREVE- il manifesto
SVOLTA ALLA INDESIT DI NONE
L'azienda convoca i sindacati per aprire
una trattativa
Sembra cominciare a sbloccarsi la situazione della Indesit di
None, dopo le forti proteste delle ultime settimane: lo
stabilimento produce elettrodomestici e occupa circa 600
lavoratori. L'azienda ha convocato i rappresentanti del
sindacato lunedì prossimo, 6 aprile, presso la sede dell'Unione
degli industriali di Torino. «Si tratta di un primo risultato
della mobilitazione dei lavoratori - ha commentato Maurizio
Landini, della Fiom nazionale - Va detto, tuttavia, che un
possibile esito positivo del confronto è ancora tutto da
verificare. Per noi rimane fondamentale il mantenimento
dell'attività industriale del gruppo Indesit in provincia di
Torino, pur confermando una disponibilità a valutare una
riorganizzazione dello stabilimento di None». «La trattativa
evita il disimpegno del management verso None e riporta
nell'ambito delle relazioni industriali il tema della
competitività del gruppo - aggiunge Anna Trovò, segretaria
della Fim Cisl - Resta inaccettabile la scelta di dismettere
l'attività per spostare la produzione in Polonia».
(Del 1/4/2009 Sezione: Cronaca
di Torino Pag. 68)
EMERGENZA LAVORO UNO SPIRAGLIO NELLA VICENDA
DELLO STABILIMENTO TORINESE, FORSE SCONGIURATA LA CHIUSURA
“Per l’Indesit è la strada giusta”
ANTONIO GIAIMO MAURIZIO TROPEANO
«La strada è stretta ma abbiamo imboccato la direzione giusta.
Ieri i vertici dell’azienda si sono detti disponibili a non
chiudere lo stabilimento di None e a non abbandonare a se stesso
nessuno dei lavoratori anche se esistono delle “ridondanze
lavorative”. Adesso si aprirà una trattativa con i sindacati».
Mercedes Bresso, presidente della Regione, sintetizza così
l’esito dell’incontro con l’amministratore delegato del gruppo
Merloni, Marco Milani, a cui hanno partecipato anche gli assessori
all’Industria, Andrea Bairati, e al Welfare, Angela Migliasso.
Appena finito l’incontro la presidente ha chiamato al telefono il
sindaco di None, Maria Luisa Simeone, per informarla dell’esito
dell’incontro e del fatto che la «Regione è disponibile a fare
la sua parte se queste condizioni di partenza saranno rispettate e,
soprattutto, se azienda e sindacati raggiungeranno un’intesa sugli
esuberi». La Regione, insomma, è pronta ad attivarsi per favorire
l’insediamento nello stabilimento di None di altre imprese in
grado di assorbire i lavoratori in eccesso.
L’azienda ha convocato i sindacati per lunedì prossimo. Notizia
positiva ma accolta con cautela perché come spiega Giorgio Airaudo,
segretario della Fiom, la trattativa «è tutta da impostare. Il
gruppo Merloni deve chiarire se ha una reale volontà di restare,
perché deve essere chiaro che non accetteremo nessun impegno a
tempo determinato». E Dario Basso della Uilm aggiunge: «Da oggi
potremo iniziare a scrivere su un foglio bianco sgombro da
pregiudiziali un percorso che aiuti a confermare l’insediamento
produttivo di None». Insomma, ci si muove tra speranza e cautela;
come spiega il sindaco, «adesso bisognerà muoversi con grande
attenzione, lasciare al tavolo delle trattative i sindacati, non
mettere sotto pressione l’azienda. Qui non servono figure di
spicco, bisogna dire no al protagonismo. Questa è la vittoria dei
lavoratori». Una brezza di ottimismo è entrata anche nei corridoi
della Curia di Pinerolo. Sorride il vescovo, Pier Giorgio Debernardi.
Il monsignore solo domenica scorsa era salito a Villar Perosa per
celebrare la messa, anticipata di un’ora per sfilare accanto ai
lavoratori della Stabilus, altra azienda in crisi: «L’Indesit non
chiude. Che bella notizia. Anzi questa è la vera notizia, in un
momento in cui tutti parlano di crisi». Una vera e buona notizia
perché «dalle parrocchie mi arrivano tanti segnali di nuove povertà,
non sono le situazioni croniche, quelle che noi conosciamo, ma sono
quelle dettate dal momento. Una parte dell’otto per mille lo
destineremo anche a loro, sì, lo so, una goccia in un mare, ma
tutto serve», spiega ancora il vescovo di Pinerolo che arriva a
lanciare un appello ai politici: «Non esistono ricette singole
davanti alla crisi, vanno dimenticate le iniziative prese da soli e
la parola da seguire è unica, una maggior coesione, si deve
camminare tutti nella stessa direzione». Forse da oggi None guarderà
in modo diverso al suo futuro. Racconta Franca Maria Vianzino,
presidente dell’associazione dei commercianti: «In 39 anni non
avevo mai visto una crisi come questa. Non vendo beni di prima
necessità, ma articoli da regalo, ma alcuni costano meno di 5 euro:
ebbene, in questo periodo in tanti hanno preferito risparmiare anche
quei pochi euro». La crisi riguarda tutti perché a «None calano
gli scontrini ovunque, i negozi sono vuoti. Speriamo che adesso la
situazione si modifichi».
Oggetto: “Indesit non si tira indietro per None”
“Indesit non si tira indietro per None”
Faccia a faccia tra Maria Paola Merloni e gli operai che chiedono di
bloccare i licenziamenti
Ancona La responsabilità sociale, uno dei valori fondanti di
Indesit,
non verrà meno anche nell’attuale momento di crisi. Maria Paola
Merloni, membro del consiglio di amministrazione del colosso
fabrianese dell’elettrodomestico e parlamentare del Pd, lo ha
detto
agli operai che hanno partecipato all’incontro promosso dalla
Sinistra
sulla crisi dell’economia a cui ha preso parte l’ex presidente
della
Camera Fausto Bertinotti. Merloni ha anche affermato che sul caso di
None, lo stabilimento piemontese del gruppo di cui è stata
ventilata
la chiusura, ci sono state “strumentalizzazioni per motivi
personali”.
Un riferimento alla presa di posizione di alcuni parlamentari
piemontesi che hanno presentato un’interrogazione sulla vicenda
paventando che alla chiusura di None corrispondesse un aumento della
produzione nello stabilimento gemello in Polonia.
E’ stato Fabrizio Bassotti, delegato Rsu della Fiom-Cgil dello
stabilimento di Albacina, a prendere la parola. Seduto sui banchi
del
consiglio comunale di Ancona, proprio dietro il sindaco
cassintegrato
di Fabriano Roberto Sorci, Bassotti ha chiesto con fermezza che
l’azienda non chiuda lo stabilimento di None dove sono impiegati
600
lavoratori. “Non si taglia un dito per salvare il braccio - ha
detto -
piuttosto lo si cura”. Tra l’altro, il rappresentante dei
lavoratori
ha espresso anche la preoccupazione per l’intero territorio
marchigiano: “quale sarà - ha detto Bassotti tra gli applausi -
il
nostro futuro, se il costo della crisi viene fatto pagare solo ai
lavoratori che non hanno colpe?”.
Maria Paola Merloni ha premesso, rispondendo, che “la delicata
vicenda
di None si risolve con fatti concreti e non con le esternazioni”.
“La
responsabilità sociale - ha aggiunto - è per Indesit bandiera e
orgolio e non verrà meno in questa occasione”. Ha negato che ci
sia
stata delocalizzazione, bensì’ “localizzazione dove ci sono
mercati”
vista la particolarità della produzione, che poco si confà ad
essere
trasportata. Ed poi entrata nel vivo della materia. L’azienda - ha
aggiunto - ha dovuto affrontare delle ristrutturazioni nel corso
degli
anni: nel Fabrianese, ad esempio, “a Melano si è passati dalla
produzione di frigoriferi a quella di piani cottura. Abbiamo puntato
sulla crescita professionale dei nostri dipendenti e abbiamo
potenziato lo stabilimento di Albacina”.
“A None - ha ricordato Merloni -, dopo aver investito l’anno
scorso 25
milioni per recuperare competitività sul prodotto, ci sono ora una
serie di proposte che sono al vaglio di azienda e sindacati”. Un
dialogo che riguarda il management con la propria autonomia e i
lavoratori, che va avanti pur nelle diversità di vedute, e che
“non va
vanificato con parole dall’esterno”.
Ruggero Cinti, promotore dell’incontro, prima di cedere la parola
a
Bertinotti, ha detto di leggere “positività nelle parole di Maria
Paola Merloni”. Così come lo stesso Bertinotti, commentando
l’intervento della parlamentare, di cui è stato presidente
durante la
scorsa legislaura, ha auspicato che l’incontro di Ancona possa
portare
ad un avanzamento del dialogo tra azienda e lavoratori.
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Oggetto: INDESIT: BRESSO, AZIENDA DISPOSTA A NON CHIUDERE NONE
"Indesit (Gruppo Merloni) e' disposta a lavorare per non
chiudere lo
stabilimento torinese di None che attualmente impegna 650
lavoratori,
anche se dice di avere delle "ridondanze lavorative". Lo
ha annunciato
la Presidente della Regione PIemonte, Mercedes Bresso, parlando con
i
giornalisti a Torino. Bresso, che ha incontrato oggi
l'amministratore
delegato di Indesit, Marco Milani con l'assessore all'Industria,
Andrea Bairati, e al Lavoro, Angela Migliasso, circa i possibili
tagli
o "ridondanze" fa sapere di aver chiesto all'azienda
"un confronto con
il sindacato prima di qualsiasi decisione. Poiche' Indesit si e'
detta
disponibile a discutere e trattare su un'ipotesi di non chiusura
dello
stabilimento, la Regione fara' la sua parte per trovare il modo di
affrontare la situazione. E' una disponibilita' - ha detto Bresso -
che avevamo gia' manifestato nelle scorse settimane, ma era
necessario
che l'azienda accettasse di eliminare la prospettiva della chiusura.
Ora, questo passo e' stato fatto e quando il confronto sindacale
sara'
concluso, noi potremo entrare in campo e individuare gli interventi
adeguati da parte della Regione"."
COMUNICATO STAMPA
Indesit. Landini (Fiom): “Fondamentale il mantenimento
dell’attività
industriale nello stabilimento di None”
Maurizio Landini, segretario nazionale Fiom-Cgil e responsabile per
il
settore degli elettrodomestici, ha rilasciato oggi la seguente
dichiarazione.
“L'azienda ci ha formalmente comunicato la volontà di riprendere
la
trattativa per lo stabilimento Indesit di None, il 6 aprile a
Torino.
E' un primo risultato della mobilitazione dei lavoratori. Va detto,
tuttavia, che un possibile esito positivo del confronto è ancora
tutto
da verificare. Per noi, rimane fondamentale il mantenimento
dell’attività industriale del gruppo Indesit in provincia di
Torino,
pur confermando una disponibilità a valutare una riorganizzazione
dello stabilimento di None.”
Fiom-Cgil/Ufficio Stampa
Oggetto: INDESIT: NONE, SINDACATI CONVOCATI PER IL 6. AD MILANI
INCONTRA BRESSO
(ASCA) - Torino, 31 mar - E' attesa a breve la
convocazione dei
sindacati per la ripresa delle trattative sulla sorte dello
stabilimento indesit di None, di cui l'azienda ha deciso la
chiusura.
In qeste serttimane il gruppo Merloni ha pero' aperto uno spiraglio
per la sopravvivenza dell'impianto piemontese, indicando un punto di
partenza di 200mila lavastoviglie, rispetto alle attuali 7000mila,
che
secondo i sindacati si potrebbero tradurre in non piu' di 150-200
dipendenti rispetto ai 6000 attuali. Oggi pomeriggio,
l'amministratore
dlegato di indesit Company vedra' la presidente della regione
Piemonte
Mercedes Bresso, che si e' detta pronta a sostenere incentivi
governativi a patto che l'azienda decida di impegnarsi
strategicamente
sul territorio piemontese. Ed e' questa anche la richiesta dei
sindacati.
''La ripresa della trattativa e' una buona notizia - commenta
Giorgio
Airaudo, segretario torinese della Fiom - ed e' il risultato
dell'iniziativa dei lavoratori di queste settimane. Detto qusto la
trattativa e' ancora tutta da fare.
Noi abiamo bisogno della garanzia che il gruppo Merloni voglia
restare
in Piemonte, e che non ricorra a provvedimenti tampone. Dopodiche
saremo pronti a fare la nostra parte''.
Airaudo condivide la proposta della presidente Bresso di proporre
una
divisione della produzione tra la Polonia, dove Indesit vorrebbe
trasferire le linee delle lavastoviglie, e None ''senza creare una
guerra tra stabilimenti. Ma sopportando equamente il costo della
crisi
per ripartire non appena sara' passata la tempesta''.
La lunga notte degli
operai Indesit
di Maurizio Pagliassotti
su Liberazione del 29/03/2009
Picchetto 24 ore su 24 a
None per fermare Merloni deciso a delocalizzare.
«Da qui non parte
una lavastoviglie una fabbrica sana non si chiude»
La frase più agghiacciante
della gelida notte di None la dice Alfredo,
operaio Indesit dal 1993, verso le tre e mezza: «Vuoi vedere che
alla
fine sbatteranno fuori quelli che stanno tentando di difendere il
posto di lavoro di tutti? Se scoprono i nomi di chi è qui siamo
fottuti».
Se questi sono i commenti, ed è una paura diffusa tra chi ha deciso
di
lottare senza se e senza ma, significa che non è cambiato molto in
Italia dai tempi di Romiti.
La statale che corre da Torino ed entra come un serpente dentro la
val
Chisone, la valle dei fasti olimpici che furono, è ormai un
cimitero
di fabbriche e fa impressione vedere successioni di cancellate
tappezzate da striscioni, manichini crocifissi o impiccati, bare,
bandiere rosse unite a bandiere italiane ormai disfatte dalle
intemperie. Un contagio inarrestabile.
Da ormai due mesi sulla trincea stanno i settecento della Indesit.
Loro hanno deciso di andare fino in fondo. E andare in fondo
significa
anche picchettare la notte, controllare che nemmeno una
lavastoviglie
che sia una esca dal magazzino, perché quel magazzino deve
riempirsi
fino a esplodere.
Alle due e mezza di notte sedute intorno a due bidoni in cui ardono
dei pezzi legno ci sono venticinque persone, la maggior parte uomini
tra i trenta e i quaranta. Poche ore prima si è presentato un
autista
ungherese che voleva entrare per caricare. Il dito indice mosso
avanti
e indietro è stato sufficiente per dirgli che doveva ripassare,
magari fra un mese, magari fra due, tre, chissà...
Picchetto a oltranza, non esce un bullone da là dentro. Due tavoli,
una trentina di sedie disposte a cerchio, ognuno parla col suo
vicino,
tutti con la propria visione e i propri problemi. Il padrone Merloni
che martedì prossimo verrà a Torino a trattare con la governatrice
Bresso la chiusura di None la notte vada a farsi un giro fuori dalla
fabbrica, scoprirà cose interessanti che sicuramente non ha messo a
bilancio. Scoprirà che gli operai sono disposti a stare al freddo
per
ore, che alle quattro del mattino arriva il cambio turno di
picchetto,
che la gente di None porta generi di conforto. Vedrà i panettoni,
lo
spumante, la sambuca, un’auto con lo stereo che manda la musica al
volume giusto per fare compagnia e non disturbare chi ha voglia di
chiacchierare.
La notte dell’Indesit è così, un po’ surreale per chi è
troppo giovane
da non poter ricordare la stagione delle lotte. E infatti la
constatazione che gira sulle bocche di tutti è: «chi l’avrebbe
mai
detto, stiamo tornando indietro».
Alle tre e mezza si discute del futuro della fabbrica.
«La chiudono, sono determinati. Ma noi rimaniamo qua, le linee non
escono».
«Ho sentito dire che vorrebbero tenere in piedi due linee di nove,
portare la produzione da un milione a duecentomila lavastoviglie».
«Sì, così ci dividono, al solito. Tu sì. Tu no. Tu dentro, tu
fuori».
«Ma va sono tutte cazzate, io non credo ad una sola parola che
sento
in questi giorni. Credo che dovremo tenere per le palle il Pd visto
che Merloni sta con loro, tanto al governo non frega niente di noi».
Sulla statale non passa un’auto, deserto industriale. Poco
distante
dal cerchio disposto intorno al fuoco un gruppetto gioca a briscola.
Carabinieri e polizia non si fanno vedere per il momento, ma ogni
momento potrebbe essere buono perché chiuse dentro quel capannone
adesso ci sono almeno settantamila lavastoviglie che dovrebbero
essere
messe sul mercato.
«Ci hanno chiesto di fare uscire qualcosa nei giorni passati ma se
lo
possono dimenticare» dicono.
«Ora ci hanno messo anche in cassa integrazione per fermare la
produzione sennò là dentro scoppia tutto. Ma noi stiamo qua fuori
lo
stesso, anzi, se fanno i furbi saltiamo dentro e affettiamo il
salame
sulle linee di produzione».
Appena il fuoco dentro i bidoni inizia a scendere il freddo si fa
sentire, e così non mancano i lunghi momenti di silenzio, ognuno
con i
suoi pensieri a guardare le fiamme che sia arrendono.
Domenica come al solito ci sarà la mega tavolata con grigliatone,
la
musica, e tutto quanto possa attrarre l’attenzione. Il tutto con
lo
sguardo verso l’ora del giudizio, martedì prossimo quando
l’amministratore delegato incontrerà Bresso, ma non i sindacati.
Ennesimo schiaffone.
Andrete a Torino sotto il palazzo della Regione?
«Il nostro posto è qua, laggiù dicano ciò che vogliono. La
Indesit di
None non chiude punto e basta».
Oggetto:
Asseblea pubblica con Maria Paola Merloni e Fausto
Bertinotti:Il mio intervento sull'indesit
Come rappresentanti dei lavoratori volevamo approfittare
di questa
iniziativa per parlare delle scelte che ha fatto l’Indesit
Company,ovvero quella di voler chiudere lo stabilimento di None per
delocalizzare tutta la produzione di lavastoviglie in polonia,
scelte
che ricadono solo sulla pelle dei lavoratori,scelte che non fanno
altro che aumentare il divario trà ricchi e poveri,scelte che
stanno
portando l’italia ad un impoverimento sociale e industriale sempre
crescente,scelte che rischiano di generare un pericoloso conflitto
sociale nel nostro paese.
Oggi gli imprenditori stanno approfittando della crisi per
delocalizzare.
L’Indesit negli anni ha sempre costruito la sua immagine
pubblica
come fosse un vero e proprio brand con l’etica,la
responsabilità
sociale,il rapporto con i lavoratori e col territorio,è stata
sempre
pioniera nelle relazioni industriali e si è anche dotata negli
accordi
sindacali firmati di un codice di condotta e di un accordo quadro
internazionale,ed oggi io mi chiedo……..è sempre la stessa
azienda?ma
come si fa a dismettere uno stabilimento con 630 persone??…… più
le
ricadute che ci saranno sull’indotto!!…. in un territorio come
quello
torinese,che è il più colpito dalla crisi!……e questa è la sua
responsabilità sociale???come mai oggi questa azienda rinnega tutto
quello che ha costruito negli anni solo per favorire i
profitti?
La Merloni fabbrica fuori dall’Italia per diventare più
ricca sulla
pelle dei licenziati italiani.Noi chiediamo all’onorevole Maria
Paola
Merloni che fermi tutto e lasci attiva la fabbrica piemontese,quindi
di riaprire immediatamente il tavolo sindacale partendo da questo
presupposto.Noi Ci troviamo anche in netto disaccordo con la
teoria
dell’onorevole Calearo che giustifica questa
scelta dicendo che per
salvare il braccio tocca tagliare il dito.Perché siamo in
disaccordo?siamo in disaccordo Perché se oggi c’è un dito trà
virgolette malato domani ce ne sarà un altro,e dopodomani un altro
ancora,e quando usciremo dalla crisi il tessuto industriale italiano
sarà letteralmente scomparso con tutte le conseguenze del caso,ed
è
per questo che i diti malati bisogna curarli e non tagliarli.
Tutti i lavoratori italiani del gruppo Indesit stanno sostenendo
con
forza la lotta dei lavoratori di None non solo per solidarietà,ma
perché hanno capito la pericolosità di questa scelta Aziendale.Noi
non
possiamo permetterci che questa scelta si concretizzi perché se così
fosse ricadrà a cascata su tutti gli altri stabilimenti
italiani.E’ da
anni che l’azienda ci parla di ribilanciamenti produttivi trà est
ed
ovest. Ribilanciamenti che da qualche anno a questa parte
hanno
portato alla chiusura di un’impianto in portogallo,poi uno in
francia
e poi 3 in Inghilterra,sempre a favore dei paesi con basso costo del
lavoro,ed ora che ad ovest sono rimasti solo gli stabilimenti
Italiani?.......io dico che la risposta è automatica.E a questo
punto
se arriverà un’altra ristrutturazione anche nel
fabrianese?si,un’altra…..perché abbiamo vissuto la
riconversione da
frigoriferi a prodotti di cottura dello stabilimento di melano che
ha
portato a un grosso ridimensionamento della capacità produttiva di
quello stabilimento con ripercussioni sul numero degli occupati.Noi
che lavoriamo nel polo della cottura di melano albacina siamo
veramente preoccupati per il nostro futuro,perché viviamo la
crisi
economica molto da vicino……a questa crisi và sommata la crisi
del
settore dell’elettrodomestico,che và ancora sommata alla crisi
dell’antonio merloni e di tutto l’indotto che indirettamente
genera
incertezza anche in tutti noi. Poi se aggiungiamo il fatto che il
territorio non offre alternative in quanto è un territorio con una
grande industrializzazione a monocomparto ovvero basata solo
sull’elettrodomestico ci poniamo solo un’altra
domanda…………quale sarà
il nostro futuro?
Ma è giusto che i costi della crisi ricadano sui lavoratori che non
ne
hanno nessuna colpa?
Per tutte queste ragioni Difendiamo il lavoro, lottiamo affinché
non
ci sia alcun licenziamento, ma senza farci strumentalizzare da chi
ha
la responsabilità di questa crisi.
(Del 28/3/2009 Sezione: Cronaca di Torino
Pag. 65) la stampa
NONE DOPO L’ANNUNCIO DELL’AD MILANI
I sindacati all’Indesit “Se esiste
l’alternativa la vogliamo conoscere”
NONE
Ci sarebbe un’alternativa alla chiusura dell’impianto Indesit di
None. La soluzione viene offerta dall’amministratore delegato
della società, Marco Milani, che,ieri, in un’intervista al «Sole24
Ore» spiega il piano per evitare lo smantellamento del sito
produttivo torinese. «Stiamo ragionando su un’alternativa alla
chiusura dello stabilimento dei None - dice Milani - vogliamo però
che si realizzino alcune condizioni con i sindacati e con gli enti
locali piemontesi: prima di tutto, non ci stiamo alla
criminalizzazione delle nostre scelte industriali più dolorose; in
secondo luogo, non possiamo sostenere da soli lo sforzo finanziario
per il mantenimento, seppur con dimensioni minori di oggi, di una
fabbrica che ci fa perdere molti soldi». Secondo Milani, se vengono
soddisfatte le condizioni poste dall’azienda «possiamo produrre
fino a 200 mila lavastoviglie. Siamo interessati anche a mantenere
il centro ricerca. Chiediamo un riconoscimento esplicito dei nostri
sforzi».
Immediate le reazioni dei sindacati. «Marco Milani ci ha fatto
sapere che l’azienda è pronta a discutere con il sindacato sulla
vicenda dello stabilimento di None, il sito di cui aveva annunciato
la chiusura». Lo dichiara Gianluca Ficco, coordinatore settore
elettrodomestici della Uilm nazionale che aggiunge: «Ci aspettiamo
una convocazione immediata: il confronto deve riprendere in tempi
rapidi ad un tavolo di trattativa e bisogna negoziare affinchè si
scongiurino chiusura dello stabilimento e licenziamenti collegati».
(Del 27/3/2009
Sezione: Cronaca di Torino Pag. 70) la stampa
NONE IL LAVORO RIPRENDE DOPO PASQUA MENTRE I
MAGAZZINI SONO ORMAI SATURI
Indesit, scatta la cassa in attesa della
trattativa
Per un complessivo calo del mercato, che investe tutti gli
stabilimenti italiani, e per la saturazione del magazzino la Indesit
di None sarà in cassa dal 27 al 31 marzo - come già deciso - e dal
primo al 3 aprile, dal 6 al 10 e i venerdì il 17 e 24 aprile. In
pratica la produzione si è interrotta ieri sera e riprenderà dopo
Pasqua. L’annuncio è arrivato ieri dalla direzione dello
stabilimento ed era atteso perché il magazzino è pieno di
lavastoviglie prodotte nelle ultime settimane, ma mai consegnate
perché i lavoratori attuano il blocco delle merci. Si sapeva,
quindi, che da mercoledì prossimo, al ritorno dai tre previsti
giorni di cassa, ci sarebbero stati problemi pratici. Ma
l’annuncio ha, comunque, suscitato reazioni diverse tra i
sindacati. Per il segretario Fiom, Giorgio Airaudo «la Indesit
ricorre alla cassa perché vuole evitare una drammatizzazione della
situazione». E spiega: «Le azioni di lotta dei lavoratori non
fanno uscire la merce; è evidente che se mercoledì prossimo
l’azienda avesse tentato di portar fuori delle lavastoviglie la
risposta sarebbe stata un inasprimento della mobilitazione». Ma più
in generale analizza la situazione di stallo formale che sta vivendo
la vertenza. Dice: «Non abbiamo alcun segnale che l’azienda abbia
cambiato idea sulla chiusura e non c’è una convocazione di
tavolo. La Indesit non può parlare solo alla politica; la
trattativa si deve fare nelle sedi sindacali». Ringrazia l’azione
delle forze politiche e delle istituzioni, ma ribadisce: «Se non ci
saranno novità, alla ripresa del lavoro prenderemo nuove iniziative».
Si sa che l’azienda sta lavorando a un piano che consenta di non
chiudere, pur ridimensionandolo, lo stabilimento; ma i contorni
della proposta sono ancora indefiniti. Per il segretario Fim,
Claudio Chiarle, «siamo in una situazione delicata e gli
ammortizzatori sociali devono essere gestiti con il consenso e senso
di responsabilità; spero non si voglia introdurre una forzatura».
Secondo Dario Basso della Uilm: «Mai come questa volta ho accolto
positivamente un annuncio di cassa integrazione; l’azienda ha
deciso di non esasperare gli animi e di non alzare i toni. Questo fa
presumere che nei primi giorni di aprile ci convocheranno al tavolo
per iniziare una trattativa sgombra da pregiudiziali».
26 marzo
Oggetto: Indesit: Milani, cerchiamo soluzione per non chiudere None
(Sole240re)
ROMA (MF-DJ)--"Stiamo ragionando su un'alternativa alla chiusura dello
stabilimento di None. Vogliamo pero' che si realizzino alcune
condizioni con i sindacati e con gli Enti locali piemontesi". Lo
afferma, in un'intervista al Sole 24 Ore, l'a.d. di Indesit, Marco
Milani, spiegando che "prima di tutto, non ci stiamo alla
criminalizzazione delle nostre scelte industriali piu' dolorose, in
secondo luogo, non possiamo sostenere da soli lo sforzo finanziario
per il mantenimento, seppur con dimensioni minori di oggi, di una
fabbrica che ci fa perdere molti soldi".
Riferendosi allo stabilimento di None, Milani afferma che "l'attivita'
svolta in Piemonte ha un rilevante costo complessivo annuo. Chiudere
semplicemente sarebbe la soluzione piu' facile. Ma vogliamo tentare di
fare qualcosa di diverso". L'a.d. di Indesit spiega di non chiedere
"soldi per la parte manifatturiera. Pero' sarebbero utili contributi
pubblici finalizzati all'innovazione."
L'obiettivo per lo stabilimento di None "e' un sito in cui restino i
50 specialisti impegnati nella progettazione e rimanga una parte degli
addetti alla produzione sufficiente alla realizzazione di 200.000
lavastoviglie l'anno". Per la porzione di personale e attivita' che
andra' sacrificata "sono in corso contatti con due soggetti
industriali italiani interessati ad acquisire un ramo dello
stabilimento e del personale di None. Se si dovesse concretizzare
questa possibilita', potrebbe essere davvero la quadratura del
cerchio".
Indesit: ok cda a conti 2008,
utile -47,4%, non ci sara' dividendo -2- |
 |
Pesano crisi dei mercati e cambi sfavorevoli
(Il Sole 24 Ore Radiocor) - Roma, 26 mar - "La crisi dei
mercati e l'andamento sfavorevole dei cambi penalizzano i
risultati dell'azienda", sottolinea Indesit, spiegando come
la decisione sul dividendo e' stata presa in "considerazione
dei risultati realizzati nell'esercizio 2008 e dello
scenario per l'anno in corso, al fine di mantenere la
solidita' patrimoniale del gruppo".
L'indebitamento finanziario netto del gruppo Indesit e'
pari al 31 dicembre 2008 a 474 milioni di euro, in rialzo
del 43% rispetto ai 331 milioni dell'esercizio 2007, ed e'
diminuito del 24% rispetto al 30 settembre 2008.
Il consiglio di amministrazione, infine, ha deliberato di
proporre all'assemblea, convocata per il 27 e 29 aprile, una
richiesta di autorizzazione per acquistare e/o disporre di
azioni ordinarie e/o di risparmio di Indesit Company per un
periodo di 12 mesi dalla delibera assembleare "poiche'
l'autorizzazione concessa con delibera del 30 aprile 2008
giungera' a scadenza con l'assemblea di approvazione del
bilancio".
Com-sal
(RADIOCOR) 26-03-09 14:49:27 (0210) 5 NNNN
|
Edizione del 25 marzo
2009- eco del
chisone
Dopo la grande manifestazione del 20, si attendono le mosse
del Gruppo
Indesit, se ci sei ancora batti un
colpo
Airaudo: «Tocca a loro dirci se sono
disponibili a proporre un nuovo Piano»
|
Dopo il successo della manifestazione di protesta del 20
marzo scorso che ha portato in piazza Castello, a Torino,
migliaia di lavoratori per protestare contro la chiusura dello
stabilimento di None dell'Indesit, ora si attende (o meglio si
spera che giunga) un segnale da parte dei manager del gruppo.
Lo dice esplicitamente il segretario della Fiom torinese,
Sergio Airaudo.
«Noi siamo pronti a sederci al tavolo delle trattative
- afferma -, ma naturalmente non siamo disponibili a
parlare di chiusura dello stabilimento. Mi sembra che
all'indomani della manifestazione sia chiaro a tutti che la
scelta del Gruppo è stata respinta in modo trasversale da
tutti; a questo punto il Gruppo deve dirci se intende
ascoltare le istanze del territorio o se invece non gli
interessano».
Per ora, almeno ufficialmente, non sarebbe giunto alcun
segnale da parte dell'azienda. «Sono loro che devono farsi
avanti, il guaio l'hanno creato loro, ma per ora non abbiamo
notizie su nuovi contatti - conferma Airaudo -. Se è
vero come è stato scritto su alcuni giornali che le cose
stanno cambiando, allora se c'è ci presentino il loro nuovo
Piano, noi faremo la nostra parte ma sempre partendo dalla
convinzione che entrambi gli stabilimenti, quello italiano e
quello in Polonia, possono convivere».
Prese di posizione forti su questo tema sono state assunte
dagli amministratori piemontesi sia durante che dopo la
manifestazione, in particolare dal sindaco di Torino
Chiamparino e dalla presidente della Regione, Mercedes Bresso.
Quest'ultima ha dichiarato che la Regione è disposta a
spendersi in prima persona e presso il Governo, ma a patto che
«non si parli di chiusura, ma nemmeno di una riduzione
degli occupati a 150 unità».
Martedì, mentre il giornale andava in macchina, la
Commissione lavoro della Camera dei deputati ha discusso
l'interrogazione sottoscritta da tutti i deputati piemontesi
del Pd, in cui si chiede al Governo di convocare con urgenza
un tavolo di confronto tra l'azienda e i sindacati. «Con
varie iniziative - sostiene il deputato Giorgio Merlo - siamo
riusciti a portare all'attenzione nazionale il caso Indesit,
ora ci aspettiamo che si aprano le trattative su basi diverse,
certamente non sarà facile».
Lunedì ai cancelli dell'Indesit ha parlato il segretario
di Rifondazione Paolo Ferrero: «Da sempre - ha detto -
sosteniamo che la costruzione dell'Europa non debba
innescare una lotta tra poveri, occorre una legislazione sul
lavoro e fiscale uguale in tutti i Paesi per evitare casi di
vero e proprio dumping come questo».
Intanto proseguiranno ancora nei prossimi giorni i blocchi
delle merci ai cancelli dello stabilimento di None.
Alberto Maranetto
su officina 21:
http://www.officina21.net/?p=2108
Indesit,
il PD impantanato sulla delocalizzazione. Documento di alcuni
Parlamentari PD contro l’ imprenditrice Merloni a sua volta
Deputata PD
http://www.officina21.net/?p=2106
Indesit
prosegue la lotta ma la chiusura è vicina. Ferrero:”Errore
del partito interclassista”
|
(Del 25/3/2009 Sezione: Cronaca di
Torino Pag. 70) la stampa
VERTENZA INDESIT
Il governo “Presto confronto con
l’azienda”
Mentre i lavoratori della Indesit attendono di sapere quando
sarà convocato un tavolo per riprendere la trattativa dopo
che è circolata una ipotesi di piano che prevede il
ridimensionamento, ma non la chiusura del sito, ieri in
commissione Lavoro della Camera il sottosegretario Pasquale
Viespoli ha risposto all’interrogazione presentata da
Damiano, Rossomando e Merlo e sottoscritta da tutti i
parlamentari piemontesi del Pd. Viespoli ha sostenuto che la
situazione è «sostanzialmente fluida» e che «l’azienda
ha precisato di non aver posto in essere alcun atto formale
relativo alla messa in mobilità dei dipendenti, essendo la
base di negoziazione con le parti sociali ancora nelle fasi
iniziali». E ha aggiunto: «In accordo con le parti
interessate, potrà essere attivato un tavolo di confronto
presso il Ministero fin dalle prossime settimane». Damiano ha
ribattuto: «La disponibilità del governo di attivare nelle
prossime settimane un tavolo di confronto presso il Ministero
va nella direzione da noi indicata, ma deve tradursi
rapidamente in una scelta di convocazione senza far
trascorrere ulteriore tempo». E Merlo ha aggiunto: «La
chiusura può essere evitata; l’unica risposta, al momento,
è quella di attivare un tavolo tra le parti per salvaguardare
l’occupazione e rilanciare il settore».
M. CAS.
|
Oggetto: La politica specula sul caso Indesit
Mi sembra che qualcuno abbia scelto di spostare il confronto
sull'Indesit di None sul piano politico-istituzionale, con il
risultato di mettere fuori gioco le rappresentanze dei lavoratori e
dei sindacati da un vero negoziato con l'Azienda.
Ai lavoratori e ai sindacati il compito di gestire le lotte, ai
politici quello di indirizzare la comprensibile rabbia delle persone -
che perdono il posto di lavoro a Torino - contro i lavoratori di altri
paesi e di gestire la mediazione con l'Indesit.
Non è una divisione dei compiti che si possa accettare sindacalmente e
socialmente.
Non possiamo far dire a un demente come Gasparri che "Non è vero che i
prodotti non si vendono. La Merloni li fabbrica fuori dall’Italia per
diventare più ricca sulla pelle dei licenziati italiani. Fermi tutto e
lasci attiva la fabbrica piemontese. Anche perchè il governo
Berlusconi aiuta imprese e lavoro messe a dura prova dalla sinistra
milionaria’.
Se il modo di aiutare le imprese sono i presunti incentivi al settore
degli elettrodomestici varati da questo Governo, il risultato è chi
come me da tempo deve cambiare lavatrice e frigorifero, non lo sta
facendo perché le misure di sostegno sono una presa per i fondelli:
per risparmiare centinaia di euro di detrazioni fiscali diluiti in 5
anni dovrei spendere migliaia di euro per ristrutturarmi la casa.
Infine, dove erano i politici di destra, di centro e di sinistra (e
anche qualche sindacalista) che usano oggi gli operai di None in
chiave nazionalistica, quando nel Gruppo Indesit perdevano il posto di
lavoro gli operai in Portogallo, in Francia, in Gran Bretagna (anche a
vantaggio degli stabilimenti italiani)?
Difendiamo il lavoro, lottiamo affinché non ci sia alcun
licenziamento, ma senza farci strumentalizzare da chi ha la
responsabilità di questa crisi.
Gianni Aliotti Coordinatore comitato aziendale europeo FEM
Oggetto: Camera, discussa interrogazione Pd su stabilimento Indesit None
Roma, 24 mar (Velino) - Il sottosegretario Pasquale Viespoli ha
risposto quest’oggi in commissione Lavoro della Camera
all’interrogazione presentata da Cesare Damiano (responsabile
nazionale lavoro Pd e capogruppo alla commissione Lavoro), da Anna
Rossomando e Giorgio Merlo e sottoscritta da tutti i parlamentari
piemontesi del Pd. L’interrogazione aveva come obiettivo quello di
scongiurare la chiusura dello stabilimento Indesit di None (TO), con
la conseguente perdita del lavoro per 600 dipendenti. “Il nostro
obiettivo è quello di dare tranquillità e futuro ai lavoratori della
Indesit di None e alle loro famiglie - ha affermato Damiano – e per
questo abbiamo insistito sulla necessità di aprire tempestivamente un
tavolo di confronto che coinvolga la presidenza del Consiglio e il
ministero dello Sviluppo economico al fine di individuare le soluzioni
industriali alternative che consentano di garantire una continuità
produttiva sul territorio e la stabilità occupazionale dei lavoratori.
La disponibilità del governo, manifestata dal sottosegretario Pasquale
Viespoli, di attivare nelle prossime settimane un tavolo di confronto
presso il ministero va nella direzione da noi indicata, ma deve
tradursi rapidamente in una scelta di convocazione senza far
trascorrere ulteriore tempo”. Dichiara inoltre Merlo: “La chiusura
dello stabilimento di None e la delocalizzazione sono i due rischi che
possono e devono essere sventati. E l’unica risposta, al momento, è
quella di attivare un tavolo tra le parti capace di salvaguardare
l’occupazione e rilanciare il settore. Il governo, adesso, deve
sostenere con forza le posizioni espresse sin dall’inizio della
vicenda Indesit dal Pd”.
Nella risposta il sottosegretario Viespoli, sottolineando come la
situazione appaia sostanzialmente fluida, ha affermato che “la
direzione aziendale ha precisato di non aver posto in essere alcun
atto formale relativo alla messa in mobilità dei dipendenti, essendo
la base di negoziazione con le parti sociali ancora nelle fasi
iniziali. La regione Piemonte ha reso noto che nel corso degli
incontri istituzionali tenutesi presso la propria sede non è stata
data formale comunicazione della chiusura dello stabilimento di None.
In quell’ambito i rappresentanti dell’azienda hanno dichiarato che
qualora la proprietà Indesit assumesse la decisione di chiudere lo
stabilimento verrebbe posta in essere ogni utile azione tesa alla
reindustrializzazione dell’area per far sì che il territorio non venga
impoverito e i lavoratori possano fruire di maggiori opportunità
occupazionali. Presso il ministero dello Sviluppo economico - ha
aggiunto Viespoli - sono attualmente in corso incontri con la
direzione aziendale e le organizzazioni sindacali volti a verificare
un percorso condiviso che consenta di scongiurare la totale chiusura
dello stabilimento con evidenti ripercussioni sul reddito dei
lavoratori e sul tessuto sociale coinvolto. In questo quadro, in
accordo con le parti interessate, potrà essere attivato un tavolo di
confronto presso il ministero fin dalle prossime settimane”.
Oggetto: caso Indesit in parlamento
Oggi alle 13 la Commissione Lavoro della Camera dei deputati discuterà
del caso di Indesit sulla base di un'interrogazione presentata da
tutti i parlamentari piemontesi e guidata dall'onorevoli Cesare
Damiano. Il gruppo aveva deciso di chiudere 5 linee produttive e di
trasferirle in blocco in Polonia.
Adesso le linee produttive da chiudere potrebbero essere ridotte a 2 e
sarebbe anche previsto un piano alternativo di ricollocazione con
mobilità, cassa integrazione e contratti di solidarietà. Dura la
protesta dei lavoratori che da tempo, ogni giorno, scioperano per
un'ora e mezza mentre per il prossimo 31 marzo sarebbe previsto un
incontro tra l'ad di Indesit Marco Milani e i vertici della regione
Piemonte. (GD)
(Del 24/3/2009 Sezione:
Cronaca di Torino Pag. 69) la stampa
LAVORO ENTRO FINE SETTIMANA SI DOVREBBE COMPORRE
IL DISSIDIO MANAGER-PROPRIETA’
Indesit, c’è la proposta che evita la
chiusura
A None resteranno in funzione due linee
produttive
Giovedì, forse venerdì, massimo i primi giorni della prossima
settimana. Per allora la Indesit dovrebbe avere pronto il piano B da
sottoporre al sindacato; quello che potrebbe evitare la chiusura di
None pur riducendone produzione e addetti. Il piano non è per ora
pronto e molte paiono essere ancora le discussioni tra manager e
proprietà. Ma già venerdì - il giorno della manifestazione
nazionale a Torino - a sera c’è stato un informalissimo contatto
azienda-sindacato. D’altronde la mobilitazione per difendere lo
stabilimento piemontese è gonfiata come raramente accaduto: quella
della Indesit è diventata una vertenza politico-sindacale con il Pd
che ha premuto in modi più espliciti o più sommessi su Maria Paola
Merloni, deputata del partito e membro del cda. Non a caso al corteo
c’erano - oltre agli enti locali - tutti i deputati torinesi del
Pd e non mancavano esponenti di altri partiti della sinistra mentre
ieri il segretario di Rifondazione, Ferrero, è stato ai cancelli.
In una delle ipotesi circolate si parla di evitare la chiusura;
ridurre le linee di produzione delle lavastoviglie dalle cinque
attuali a due, cosa che comporterebbe l’impiego di oltre 300-320
addetti. Una sorta di condivisione del lavoro disponibile tra Italia
e Polonia. Per gli altri si aprirebbe un ventaglio di ipotesi. Chi
ha i requisiti - una cinquantina - mobilità verso la pensione, per
gli altri ricollocazione in attività nello stesso sito trovate
dagli enti locali a partire dalla Regione che però - come ha detto
con chiarezza la presidente Bresso - nulla farà in questo senso per
facilitare la fine della Indesit a None. E naturalmente,
nell’impazzare della crisi, si potrebbero utilizzare tutti gli
strumenti classici dalla cassa integrazione ai contratti di
solidarietà. Il nodo vero è però un altro: una parte dei manager
aveva ipotizzato che una possibile intesa prevedesse che il sito
sarebbe rimasto aperto, ma a tempo: un anno, forse due. Posizione
ovviamente inaccettabile per chi difende la fabbrica e il suo
futuro. E l’azienda non vorrebbe farselo dire al tavolo della
trattativa.
Magari, suggeriscono alcuni, sarebbe un’idea non continuare a
produrre un solo elettrodomestico, la lavastoviglie, che è quello
che più sta soffrendo e da prima della crisi. Potrebbero avviarsi
altre produzioni anche se questo comporta un non indifferente sforzo
organizzativo. E nel centro progettazione - che occupa una ottantina
di dipendenti - si potrebbe, come suggerito dagli enti locali,
avviare lo studio per nuovi prodotti ancor più ecocompatibili. Oggi
l’interpellanza dei deputati torinesi che chiede un tavolo
governativo è in discussione alla Camera e intanto ieri i
lavoratori sono tornati in assemblea. Hanno deciso di continuare le
forme di lotta delle ultime settimane: un’ora e mezzo di sciopero
al giorno per ciascuna linea e blocco delle merci. Entro giovedì i
magazzini saranno pieni di lavastoviglie.
MARINA CASSI
Martedì 24 Marzo 2009 00:00 | Scritto da
Gruppo PRC
“Le vicende Indesit e Olimpias – sottolineano Juri Bossuto,
Consigliere Regionale del Prc e Pier Giorgio Comella, Consigliere
Regionale di SD - sono in realtà il paradosso finale di una
situazione da tempo insostenibile e che ha già toccato decine di
imprese e centinaia di lavoratori. Cogliamo quindi con estremo
interesse le dichiarazioni che la Presidente Bresso ha rilasciato
nei giorni scorsi in merito alla “guerra” che la Presidente ha
dichiarato ad Indesit: un atto bellico che si attua non concedendo
ulteriori guadagni alle aziende che lasciano il territorio”.
“E’ la conferma che la politica ha gli strumenti, se vuole,
per fermare il mostro che lei stessa ha creato: vincolare i
terreni ad un uso industriale e fermare le speculazioni sono atti
che ben si sposano con i patti di insediamento che da tempo noi
proponiamo”.
“La lotta alle delocalizzazioni è possibile e parte con il
coraggio del mondo politico, si abbia quindi la volontà di
licenziare al più presto lo strumento legislativo che permette un
buon uso dei soldi pubblici dati all’impresa, legandoli al
territorio ed impedendo il business che il trasferimento di
attività spesso regala”.
“ Sabato
28 si terrà un convegno proprio su questi temi: ci auguriamo
che in questa sede la Presidente prenda degli impegni precisi”.

Martedì 24 Marzo 2009 00:00 | Scritto da
Gruppo PRC
Il capogruppo regionale del Prc Gian Piero Clement ha presentato
un ordine del giorno sulla crisi ed i suoi effetti in Piemonte.
“Nei primi due mesi del 2009 in Piemonte la cassa integrazione
ordinaria ha raggiunto la cifra di 9.804.932 ore, cioè il 787,51%
in più rispetto allo stesso periodo del 2008. La cassa
integrazione straordinaria è aumentata del 31,25%
rispetto allo stesso periodo. E la cig in deroga che è erogata
dalla Regione (ammortizzatore sociale che copre i lavoratori come
artigiani, dipendenti delle piccole aziende e del commercio che
non possono utilizzare la Cig ordinaria erogata dall’Inps) ha
visto nel primo bimestre 2009 ben 1.086 domande a fronte di un
complessivo del 2008 di 1541 domande con un aumento da 880.000 a
2.674.000 ore”.
“A fronte di questi dati drammatici la Regione ha disposizione -
in cassa, pronti all’uso – la bellezza di 10 milioni di euro.
Ovvero briciole. Il governo nazionale infatti fa solo annunci:
prima dice di aver stanziato 600 milioni in Finanziaria, più 8
miliardi derivanti dall’accordo Stato-Regioni, a questi si
aggiungono ulteriori disponibilità recuperate e dichiarate dal
Ministro Tremonti ammontanti a circa 4 miliardi. In totale, mal
contati, sono 12 miliardi e 600 milioni. E la Regione ha 10
milioni da spendere”.
“E’ giunta l’ora di fare sentire la voce del Consiglio
Regionale in Parlamento, anche attraverso i parlamentari
piemontesi, per rendere urgentemente esigibili le cifre
dichiarate, trasformandole “in soldi veri” al fine di potere
corrispondere ad alleviare almeno in parte i pesanti disagi della
popolazione piemontese e per ricreare i presupposti di un rilancio
economico. E a studiare la possibilità di anticipo della varie
Cig anche con la collaborazione del sistema bancario”.
“Se no si continua con la politica degli annunci e a non dare
risposte a chi la crisi reale la paga sulla propria pelle”.
Oggetto: INDESIT: IL 31 MARZO BRESSO INCONTRERA' L'A.D. MILANI
"(ASCA) - Torino, 23 mar - E' previsto per il prossimo 31 marzo un
incontro tra i vertici della regione Piemonte e l'amministratore
delegato del gruppo Indesit Marco Milani per individuare soluzioni
alternative alla chiusura decisa dall'azienda dello stabilimento di
lavastoviglie di None, che impiega 600 dipendenti. ''Faremo ogni
sforzo possibile, confidenti che ci siano le condizioni per mantenere
questo insediamento produttivo nel nostro territorio'', ha detto oggi
il vicepresidente della regione Piemonte, Paolo Peveraro."
di
Eugenio Giudice
Tornerà
sui propri passi la famiglia Merloni? Sulla sorte dello
stabilimento Indesit di None, provincia di Torino, dove si
producono più di mezzo milione di lavastoviglie l’anno e
lavorano 600 dipendenti, si fa strada un po’ di ottimismo. Prima
le aperture della parlamentare pd Paola Merloni , figlia di
Vittorio, principale azionista del gruppo ed ex presidente della
Confindustria. Poi il successo della manifestazione del 20 marzo a
Torino: i lavoratori di tutti gli stabilimenti del gruppo hanno
sfilato insieme per dimostrare che non c’è rivalità tra le
fabbriche Indesit e per sottolineare anzi, che se Torino cede, il
rischio può allargarsi agli altri impianti dove la cassa
integrazione morde davvero. Poi la compattezza del territorio, che
vuole evitare il crollo di questa Mirafiori del pinerolese, che dà
lavoro a un migliaio di addetti dell’indotto, con le istituzioni
locali, persino di centro destra, in prima fila. E ancora
Chiamparino e Bresso, con quest’ultima che minaccia “la
guerra” in caso di chiusura e riscoprono toni bellicosi che
sembravano sepolti. Infine la discesa in campo massiccia del Pd.
“Una
manifestazione storica”, l’ha definisce Anna Trovò della Fim
Cisl nazionale, la prima volta in Italia che si mette in piazza
una mobilitazione di tanti siti produttivi di un solo gruppo. Dopo
il successo di questa mobilitazione, che chiede anche al governo
di metterci qualcosa di più della chiacchiere in tv, si aspetta
che la proprietà esca dal suo bunker. Le premesse ci sono: lo
stabilimento di None è un impianto nuovo e tutto sommato
efficiente, le lavastoviglie a differenza dei frigoriferi non sono
un mercato maturo. I due principali concorrenti di Indesit in
questo settore, Bosch ed Electrolux, continuano a fare quattrini
con prodotti persino più cari del 10-15%. La Electrolux in
particolare non prevede per il suo stabilimento brianzolo neppure
un giorno di cig per tutto il 2009. Insomma, ci si può
riorganizzare. Come chiedono i sindacati, si può progettare un
nuovo piano industriale. La Ue avrebbe messo sul piatto 3 milioni
per lo stabilimento polacco di Indesit, dove i Merloni vogliono
portare le linee, in cambio di nuove assunzioni. Giocarsi
un’esperienza di mezzo secolo, profitti di anni a Torino, per
una cifra tutto sommato non decisiva per un gruppo così grande,
sembra più il tentativo di turare una falla di strategia, o una
politica da manager con orizzonti limitati al report trimestrale,
che l’espressione di una filosofia imprenditoriale, quella dei
Merloni, che ha fatto anche della responsabilità sociale uno dei
suoi principi. Che qualche sacrificio si debba fare anche a None i
sindacati lo mettono nel conto. Ora serve che Fabriano si
riavvicini a Torino.
(Del 23/3/2009 Sezione: Cronaca di Torino Pag. 63)
Intervista
“Se Indesit chiude perderà i capitali investiti a None”
In piazza, alla fine del corteo dei lavoratori della Indesit, Mercedes Bresso era stata durissima: «Se vanno via faremo loro la guerra». E la sua rabbia non è sbollita.
Presidente che cosa significa la guerra a una multinazionale?
«Che non li aiuteremo a chiudere. Non li lasciamo andar via come se niente fosse. La Merloni a None ha un capitale».
E cioè?
«Quando una impresa chiude si pone il problema di come utilizzare, guadagnandoci, quel che lascia. Sappiano che da noi non avranno alcun aiuto e che rischiano di buttar via quel capitale».
Voi però avete delle ipotesi di allocazione di nuove attività in quell’area; si parla di un possibile insediamento Enel?
«No, le cose non vanno così. Noi lavoriamo affinché lo stabilimento non chiuda. E di altro non voglio parlare adesso. Non cerchiamo alcun reinsediamento per lasciar andar via la Indesit».
Ma è una strada?
«Solo se la Indesit rimane e non con 150 addetti, ma con una quota ben più consistente. Allora, e solo in quel caso, se l’area è troppo grossa per la produzione che si deve fare possiamo portare lì altre attività che occupino i lavoratori».
Che cosa potete fare per trattenere l’azienda?
«Lavorare insieme per resistere che è poi quello che fanno moltissime imprese. Convincerli a non chiudere. Dico: c’è meno da produrre? Si eviti un percorso devastante e si scelgano gli strumenti che ci sono dalla riduzione dell’orario ai contratti di solidarietà. Si divida il lavoro con lo stabilimento polacco. Questo lo deve vedere la trattativa sindacale».
E’ questo che direte all’ad Indesit nell’incontro di fine mese?
«Questo e altre proposte».
La Indesit non è l’unica azienda che cerca di chiudere, la Michelin lo farà, perché su questa c’è tutta questa resistenza?
«Intanto la Michelin ha mantenuto a Torino delle produzioni, altre ne ha portate, ha investito a Cuneo e là andranno anche lavoratori torinesi. Una bella differenza con chi annuncia la chiusura approfittando della crisi per delocalizzare».
E’ la globalizzazione.
«No. Un conto è andare a Est per produrre e vendere in quel mercato, un altro è portare via dall’Italia la produzione di lavastoviglie. Scelta miope».
Perché?
«Più prima che poi quei salari così competitivi saliranno».
Però rimangono lussuosi incentivi statali o no?
«Anche su questo si facciano poche illusioni. L’Europa non può tollerare a lungo, in una crisi così, che soldi dei contribuenti dati ai Paesi dell’Est si usino per farci la guerra».
Servono incentivi?
«Sì e questo è un altro aiuto che possiamo dare alla Merloni se resta. Possiamo premere sul governo. Tra l’altro il settore elettrodomestici è quello in cui si possono fare risparmi energetici e favorire l’ambiente. E persino Tremonti, che non scuce mai un euro, sa che l’incentivo si ripaga con l’Iva».
Pensa all’elettrodomestico del domani?
«Penso che a None si possano progettare prodotti nuovi e innovativi e su questo il contributo della Regione ci sarà».

|
L'ex ministro Ferrero
parla agli operai dell'Indesit
|
Inserito
il 23/03/09. Questa mattina una delegazione del
Partito di Rifondazione Comunista è stato davanti
ai cancelli delle fabbriche del Pinerolese che
stanno attraversando momenti di crisi. Tra di loro
anche Paolo Ferrero, segretario nazionale, Gian
Piero Clement, capogruppo regionale, e Tommaso
D’Elia, capogruppo provinciale, che davanti alle
aziende Indesit di None e Newcocot di Perosa
Argentina, hanno parlato con gli operai e ascoltato
le loro preoccupazioni. “Dobbiamo fare in modo -
ha detto Paolo Ferrero- che la Indesit non
delocalizzi la produzione in Polonia. Dobbiamo
opporci in tutti i modi. La lotta dei dipendenti di
None è diventata un simbolo: se l’unione europea
accetta una competizione tra stati membri tesa a far
scendere il costo del lavoro siamo ad un punto di
non ritorno. Come partito abbiamo dimostrato di
essere vicini a questi lavoratori sia sul territorio
che in Regione”. (come&dove) |
|
a. Estratto
Tesi
"Ritrovando i miei
compagni di lavoro, con un ricordo così ancora vivo, ci siamo
abbracciati con le lacrime agli occhi. Dopo le lotte che abbiamo
fatto insieme, non pensavo che dovevamo tornare, dopo 25 ani allo
stesso punto.
Per
me darebbe stato molto bello partire insieme da None ma non è stato
possibile. Forse mi sarei commossa molto. Ho notato che adesso c’è
più freddezza e più indifferenza dalla parte dei politici e del
sindacato e si sono mossi molto tardi.
Chi
ha parlato a nome dei sindacati nazionali ha parlato come se si
rivolgesse al PAPA, non ha fatto proposte di lotta. Vedendo questa
debolezza del sindacato attuale, cosa servono le bandiere della CISL
nel corteo se fanno accordi separati, è meglio se
si tolgono dal sindacato.
Siamo
arrivati al punto che stiamo raccogliendo soldi per chi è rimasto
senza lavoro."
Maria
Megna- ex delegata FLM Indesit
Venerdì 20 Marzo 2009 17:23

di Anna Maria Bruni
Adesione totale dei lavoratori del gruppo Merloni in
tutta Italia, per lo sciopero di 8 ore indetto da Fim Fiom Uilm
nazionale. Contro la chiusura, in piazza il sindaco Chiamparino e
la governatrice piemontese Bresso. Airaudo, Fiom torinese: se
chiudono sarà battaglia
TORINO - Una bara di cartone con la scritta 'Indesit. Non è il
futuro di 650 lavoratori'.
E poi uomini e donne 'lavastoviglie', ancora bare e addirittura
una 'sposa' con tanto di bouquet di rose rosse che dice no al
divorzio tra Indesit e None. Sono i 650 lavoratori dello
stabilimento in corteo, assieme ai colleghi di Caserta, Ancona e
di tutti gli stabilimenti del gruppo Merloni arrivati a None con
15 pullman. 2mila lavoratori almeno hanno invaso questa mattina
le strade di Torino per la manifestazione nazionale promossa da
Fim, Fiom e Uilm e accompagnata da otto ore di sciopero, per
dire No alla chiusura dello stabilimento di None. Accanto a loro
lo striscione listato a lutto della ThyssenKrupp e poi i
gonfaloni della provincia e di altri comuni, il sindaco
Chiamparino, la governatrice della Regione Mercedes Bresso.
“E' andata benissimo - dice Mara Allasia, delegata Fiom dello
stabilimento - un corteo enorme, una marea di gente”. Una
giornata alla quale i lavoratori sono arrivati dopo l'annuncio
della chiusura dello stabilimento il 24 febbraio, preceduta da
uno sciopero in tutti gli stabilimenti il 2 marzo, e al quale è
seguito il blocco della produzione, che va avanti tuttora. E a
maggior ragione, dice la Allasia, dopo le dichiarazioni di Maria
Paola Merloni. La parlamentare Pd in un'intervista sul
“Corriere della Sera” di ieri difende la decisione di
chiudere la sua azienda per sviluppare la produzione in Polonia.
Le sue dichiarazioni hanno provocato diverse reazioni anche da
parte di colleghi di partito. Ma soprattutto hanno fatto
imbestialire i lavoratori. Mara Allasia lo ha sottolineato nel
suo intervento dal palco, in chiusura della manifestazione.
“Si è chiarito che competitività per i padroni vuol dire
denaro, non produzione - ha detto la delegata - vogliono
semplicemente guadagnare di più. E noi non ci stiamo”. Fa la
parlamentare di centrosinistra, dice la Allasia, con la stessa
politica del centrodestra. Che a sua volta, per bocca del Pdl
Ghigo, prende posizione a favore di None. “È
paradossale che in un momento così difficile per l´industria
italiana - attacca il senatore - l´azienda dell´ex-ministro
ombra del Pd, Maria Paola Merloni, punti alla delocalizzazione”.
Chissà se questo basterà a provocare correzioni di tiro nel
partito dell'industriale.
Al momento la situazione è quella che si è avvitata dopo
l'annuncio della chiusura seguito da quello della
delocalizzazione in Polonia, annuncio dato il 6 marzo dopo un
incontro con i sindacati presso l'Unione industriale. Dopo il
danno la beffa, cui i lavoratori reagirono dando
immediatamente vita ad un corteo improvvisato al grido di
“vergogna, vergogna”.
“Per loro, le lavastoviglie non sono più competitive, e
nel 2009 prevedono un calo del 12% delle vendite”, ha spiegato
Dario Basso della Uilm, nel suo intervento, e Claudio Suppo
della Fiom, di rincalzo ,“se il ragionamento è quello dei
costi, la vicenda di None è il campanello d´allarme per gli
altri stabilimenti italiani”. Mentre Maurizio Ladini, Fiom
nazionale, responsabile del settore, insinua il dubbio che “la
decisione della Indesit - dice il segretario, sia legata
“anche a finanziamenti del governo polacco”. “Se così
fosse, - conclude - non escludiamo di ricorrere a
qualsiasi iniziativa verso l´Europa e verso il governo
italiano”. In Polonia manodopera ed energia sono disponibili a
prezzi stracciati: per ogni 100 euro spesi a none infatti, la
produzione polacca costa il 13% in meno”.
Anche il segretario generale della Fiom torinese Giorgio Airaudo,
è intervenuto dal palco chiedendo che la posizione della
Indesit esca “dall´ambiguità. La fabbrica chiude o no? Nel
primo caso, lavoratori, sindacato, amministratori locali non
potranno che continuare la loro battaglia e denunciare in tutti
i modi una devastante operazione di delocalizzazione
industriale. Nel secondo - ha detto il segretario Fiom - il
confronto potrà proseguire sui livelli di occupazione e di
produzione: anche il sindacato è consapevole della crisi, ma
non può accettare scelte così gravi come quella di cancellare
un´intera fabbrica”. Su posizioni analoghe anche Fim e Uilm,
che sono tornate a esprimersi contro la chiusura con le parole
di Claudio Chiarle e Maurizio Peverati.
La richiesta è venuta anche dal sindaco Chiamparino e dalla
governatrice piemontese Bresso, che hanno dato il loro impegno a
battersi contro la chiusura. “Alla Indesit chiediamo impegno
chiaro, netto e pubblico che lo stabilimento di None non chiuderà.
- ha detto Chiamparino - Solo su questa base si potrà iniziare
il confronto”, in base al quale sindacati e istituzioni locali
sono pronti a fare la loro parte. E la Bresso, “Se None
chiuderà avranno la guerra, - ha annunciato - se non chiuderà
siamo pronti ad aiutare l'azienda a chiedere al governo
iniziative a sostegno della domanda”.
Da lunedì riprende il lavoro e il blocco delle merci, dice Mara
Allasia, “perché dobbiamo continuare a guadagnarci il nostro
salario, mentre mettiamo in piedi azioni di lotta. Ma la
produzione di qui non esce finché non abbiamo un impegno chiaro
che None non chiuderà”.
Indesit chiude None, migliaia in piazza- TG5.it
La
Indesit vuole chiudere la fabbrica piemontese di None e trasferire
la produzione di lavastoviglie in Polonia dove manodopera e energia
costano un terzo che in Italia. E così possono finire sul lastrico
oltre 600 lavoratori italiani. Quelli che oggi scioperano e che
stamane - assieme ai 2000 colleghi provenienti dagli altri
stabilimenti italiani della Indesit - sfilano in corteo a Torino per
dire no alla chiusura della fabbrica di None. Ad aprire il corteo
una bara di cartone con la scritta "Indesit. Non è il futuro
di 650 lavoratori". E striscioni contro la proprietà, i
Merloni. Immagini che contrastano con quelle in arrivo dalla Polonia
e che mostrano invece la soddisfazione dei lavoratori polacchi. Qui
sarà triplicata la produzione e si attendono nuove assunzioni. Ma
questa vicenda mette in luce almeno due paradossi. Il primo: Indesit
chiude in Italia e va all'estero mentre altre grandi industrie
europee, Renault per citare un caso di oggi, chiudono all'estero per
riportare la produzione in Francia. Il secondo paradosso è tutto
politico e interno al Pd. Nel consiglio di amministrazione della
Indesit siede infatti Maria Paola Merloni che è un deputato del
Partito Democratico, partito che entra a gamba tesa contro l'ipotesi
di chiusura. Tanto che la manifestazione di oggi è appoggiata dai
vertici del PD e che in prima fila nel corteo manifesta un
importante esponente del Partito Democratico come l'ex ministro del
Lavoro Damiano.
Indesit:
bara apre corteo Torino |
Con sopra la scritta 'Non e'
il futuro di 650 lavoratori' |
(ANSA) - TORINO 20 MAR -09 Migliaia di lavoratori del gruppo
Indesit arrivati dal Sud e dalle Marche sfilano a Torino per
dire no alla chiusura della fabbrica di None. Dal pinerolese,
dove ha sede lo stabilimento, hanno raggiunto Torino anche gli
operai delle aziende dell'indotto. Il corteo e' aperto da una
bara di cartone con la scritta 'Indesit. Non e' il futuro di
650 lavoratori'. Ci sono i gonfaloni della Provincia, dei
Comuni di Alpignano, di Rivoli. Vengono urlati slogan contro
la proprieta' e contro il governo. |
rassegna.it
Alcune migliaia di lavoratori del gruppo Indesit, arrivati dal Sud
con quindici pullman, stanno sfilando in corteo a Torino per dire
no alla chiusura dello stabilimento di None. A quanto si apprende,
hanno raggiunto la manifestazione anche molti operai dell'indotto.
Il corteo è aperto da una bara di cartone con la scritta: "Indesit.
Non è il futuro di 650 lavoratori". Tra gli slogan più
gettonati ci sono quelli contro la proprietà e contro il governo.
"Dopo la manifestazione di oggi, un grande successo,
auspichiamo che l'azienda apra la trattativa - dichiara Maurizio
Landini della Fiom nazionale -, siamo disponibili a parlare di
riorganizzazione, ma lo stabilimento di None deve rimanere".
Gli addetti sono preoccupati per il loro futuro occupazionale,
aggiunge, e sull'ipotesi di un'apertura dei vertici dice: "Abbiamo
letto sui giornali le dichiarazioni della signora Merloni ma, al
momento, la trattativa è interrotta. Speriamo che dopo la
giornata di oggi l'azienda accetti di riaprirla".
20/03/2009 10:31
20-03-09 |
INDESIT:
BRESSO, PRONTI A INTERVENIRE SE NONE NON CHIUDE |
|
(ASCA) - Torino, 20 mar - ''Se None
chiudera' avranno la guerra. Altrimenti saremo pronti a
sostenere la richiesta di aiuti alla domanda di lavastoviglie
a basso impatto ambientale''.
Lo ha detto la presidente della Regione Piemonte Mercedes
Bresso intervendeno alla manifestazione dei lavoratori Indesit.
Cosi' come prima di lei aveva sostenuto il sindaco Chiamparino
Bresso ha sottolineato che ''bisogna incontrarsi ad un tavolo
nazionale con il governo''.
Secondo la presidente della regione piemonte bisogna far di
tutto per mantenere il potenziale produttivo del paese, mentre
la chiusura dello stabilimento piemontese potrebbe provocare
oltre che disagi sociali profondi e reazioni violente.
eg/cam/rob
|
Indesit, forse None non chiuderà
di Vera Schiavazzi
Alcune migliaia di lavoratori del gruppo Indesit, arrivati dal Sud e
dalle Marche con quindici pullman, sfilano in corteo a Torino per
dire no alla chiusura dello stabilimento di None. Dal pinerolese,
dove ha sede la fabbrica, hanno raggiunto il capoluogo piemontese
anche gli operai delle aziende dell'indotto.
Il corteo è aperto da una bara di cartone con la scritta 'Indesit.
Non e' il futuro di 650 lavoratori". Ci sono i gonfaloni della
Provincia, dei Comuni di Alpignano, di Rivoli. I lavoratori urlano
slogan contro la proprietà e contro il governo.
Intanto, alla vigilia della manifestazione, si è aperto uno
spiraglio. Le dichiarazioni di Paola Merloni, la
parlamentare del Pd alla quale nei giorni scorsi si erano rivolti
alcuni colleghi di partito, hanno fatto intuire l´esistenza di una
riflessione in atto su come, con quali volumi produttivi e con quale
sostegno da parte del sistema locale mantenere eventualmente aperto
lo stabilimento in provincia di Torino. Un´ipotesi, quella che il
gruppo non lasci definitivamente None, che resta l´unica
ammissibile per i sindacati, e che vede impegnato lo stesso
Chiamparino. Anche lui ci sarà oggi, così come il presidente della
Provincia Antonio Saitta e una folta delegazione di politici guidata
- per il Pd - da Cesare Damiano.
«La posizione della Indesit deve uscire dall´ambiguità - dice da
parte sua Giorgio Airaudo, segretario della Fiom - La fabbrica
chiude o no? Nel primo caso, lavoratori, sindacato, amministratori
locali non potranno che continuare la loro battaglia e denunciare in
tutti i modi una devastante operazione di delocalizzazione
industriale. Nel secondo, il confronto potrà proseguire sui livelli
di occupazione e di produzione: anche il sindacato è consapevole
della crisi, ma non può accettare scelte così gravi come quella di
cancellare un´intera fabbrica». Su posizioni analoghe anche Fim e
Uilm, che sono tornate a esprimersi contro la chiusura con le parole
di Claudio Chiarle e Maurizio Peverati.
Ma quale potrebbe essere l´ipotesi di compromesso? Tutto ruota
intorno al numero di lavastoviglie attualmente prodotto a None. Oggi
dalla fabbrica del Pinerolese escono circa 500.000 pezzi l´anno,
contro i 200.000 prodotti in Polonia dove il gruppo Merloni ha
annunciato di voler spostare l´intera produzione. Ma se prima della
crisi l´obiettivo finale era quello di raggiungere (e vendere) un
milione 400.000 lavastoviglie l´anno, ora i piani aziendali si sono
ridimensionati intorno alle 700.000 unità. Il complesso confronto
tra Indesit, enti locali e potenziali partner ruota dunque intorno
al modo di ridistribuire sui due stabilimenti, polacco e italiano,
un volume produttivo sostanzialmente identico all´attuale: se la
fabbrica non chiuderà, sono quindi comunque probabili
ridimensionamenti in favore dell´impianto polacco.
Nell´ipotesi originaria, chiudere tout court a None, viceversa, l´azienda
avrebbe comunque dovuto assumere nuovi operai in Polonia, mentre l´unico
dialogo possibile con gli enti locali appariva fino a pochi giorni
fa quello sulla ricollocazione degli addetti italiani. Ma la dura
opposizione dei sindacati, l´ondata di solidarietà che dal
Pinerolese ha rapidamente investito Torino e coinvolto anche la
Regione e, probabilmente, anche i riflessi politici dell´operazione
- con una deputata del partito di Franceschini coinvolta in quei
licenziamenti e in quella fuga dall´Italia che lo stesso Pd chiede
di scongiurare - avrebbero provocato un ripensamento in seno al
gruppo. Ora, dunque, sul tavolo potrebbero esserci tagli al
personale, cassa integrazione, forse prepensionamenti: soluzioni
dolorose ma pur sempre più accettabili di un tratto di penna rossa
su una fabbrica intera.
Oggetto: INDESIT: FIOM, FIM E UILM, NESSUNA TRATTATIVA PARALLELA
(ASCA) - Torino, 19 mar - Nessuna trattativa parallela. E se la
famiglia Merloni ha deciso di tenere aperta la fabbrica di None lo
comunichi al tavolo della trattativa all'Unione industriale di Torino.
E' compatta la reazione dei sindacati torinesi alle dichiarazioni
della parlamentare del pd Maria Paola Merloni alla cui famiglia fa
capo il gruppo di elettrodomestici, che dopo aver deciso la chiusura
dello stabilimento Indesit di None, ha lasciato trapelare oggi che
un'altra soluzione e' possibile, mantenendo la fabbrica torinese e
mettendo in mobilita' un centinaio di lavoratori.
E che contatti discreti con il sindacato sarebbero gia' stati
riavviati. A Torino respingono decisamente l'ipotesi di aver aperto
con l'azienda un tavolo non ufficiale. ''Non vorrei che fosse un
tentativo per far fallire la manifestazione di domani'', dice Claudio
Chiarle leader della Fim torinese.
Giorgio Airaudo segretario della Fiom apre uno spiraglio, ''Qualcosa
si muove anche se in modo ancora insufficiente e poco chiaro.
L'azienda ci deve dire se vuole o non vuol chiudere. E se non vuole
chiudere si puo' discutere''.
''Ma non prendete in giro i lavoratori'', avverte Dario Basso della
Uilm. In sintesi Fiom-Fim e Uilm sono pronte ad affrontare il nodo dei
costi, fino all'eventuale mobilita', ma solo davanti a un piano
industriale che garantisca la continuita' dello stabilimento. Domani
quindici pullman porteranno a Torino i lavoratori dei sette altri
stabilimenti del gruppo per la manifestazione nazionale contro la
chiusura dello stabilimento piemontese, dove lavorano 600 dipendenti.
Il concentramento e' previsto alle 9.30, davanti alla sede dell'Unione
industriale. Da qui partira' un corteo diretto in piazza Castello.
Parteciperanno i rappresentanti gli enti locali, il presidente della
provincia di Torino, Antonio Saitta e il sindaco della citta' Sergio
Chiamparino. Al termine prenderanno la parola i delegati degli
stabilimenti di None, Fabriano e Caserta. Comizio finale di Anna
Trovo', segretaria nazionale della Fim-Cisl.
Torino, 19 mar. (Adnkronos) - ''Il fatto che domani deputati
torinesi del Pd sfilino a Torino con i lavoratori Indesit di None,
di fatto licenziati dalla famiglia della loro compagna di scranno
parlamentare l'imprenditrice Maria Paola Merloni, e' davvero
l'apoteosi dell'ipocrisia'. Lo afferma in una nota la deputata
torinese del Carroccio, Elena Maccanti.
''Coloro che oggi fingono di stracciarsi le vesti per l'Indesit
di None -osserva Maccanti- sono gli stessi che a livello
amministrativo locale sono stati complici di quelle delocalizzazioni
Fiat in mezzo mondo che hanno ridotto lo stabilimento di Mirafiori
all'attuale stato di agonia. Questi 'candidi' politici torinesi che
domattina saranno in piazza sono gli stessi che nei dibattiti
accusano noi della Lega di essere retrogradi e razzisti quando
parliamo di misure di protezione per i nostri lavoratori e per le
merci prodotte nel nostro Paese''.
''Vorrei ricordare -aggiunge il segretario provinciale del
Carroccio torinese e deputato del Carroccio Stefano Allasia- che il
gran disastro per i nostri lavoratori e le nostre imprese e'
cominciato guarda caso con l'ingresso della Cina nel Wto, sancito
col sorriso sulle labbra da un entusiastico Romano Prodi presidente
della Commissione Europea. Da quel giorno l'economia mondiale ed
soprattutto europea non e' stata piu' la stessa ed ora i nostri
lavoratori stanno capendo sulla propria pelle quanto sbagliate e
scellerate fossero quelle scelte fatte in nome di un globalismo
senza regole, buono solo per far arricchire i soliti 'padroni del
vapore' ''.
(Del 19/3/2009
Sezione: Cronaca di Torino Pag. 70)
CONTRO I LICENZIAMENTIPREVISTA LA PARTECIPAZIONE
DI SINDACI E LAVORATORI DELL’INDOTTO
Indesit scende in piazza con operai da tutta
Italia
Domani il corteo, partenza dall’Unione
Industriale
NONE
Per dire no alla chiusura dello stabilimento di lavastoviglie di
None, dove lavorano 630 persone, domani si fermerà otto ore il
gruppo Indesit. Ci sarà un corteo a cui parteciperanno i dipendenti
di tutti gli stabilimenti italiani che arriveranno a Torino con 15
pullman e anche i molti dipendenti delle imprese dell’indotto che,
a cascata, subiranno la chiusura. Al corteo - che partirà dalla
sede dell’Unione industriale per raggiungere piazza Castello dove
ci saranno i comizi - sfileranno anche molti amministratori pubblici
delle città dove hanno sede le fabbriche Merloni. È diffuso il
timore - come spiega il sindacato - che le difficoltà del gruppo
possano riservare nuove, amare sorprese anche per gli altri
stabilimenti dove prue non si producono lavastoviglie - il prodotto
meno esposto alla crisi - ma altri elettrodomestici più penalizzati
nelle vendite. Fim, Fiom e Uilm - che hanno ancora una volta
respinto l’ipotesi di chiusura come fatto nell’unico incontro
che c’è stato con l’azienda la scorsa settimana - chiedono alla
Confindustria «di assumersi le proprie responsabilità e al governo
di intervenire per scongiurare il trasferimento della produzione in
Polonia». E lo dicono chiaro: non deve essere una guerra tra
lavoratori italiani e lavoratori polacchi, ma i posti di None non
devono saltare e il governo non può tollerare una sorta di dumping
tra paesi europei. Dice Maurizio Peverati della Uilm: «Se
l’azienda ha dei problemi specifici a None noi siamo disposti a
affrontarli come sempre facciamo in questi casi sapendo che ci sono
molti strumenti a disposizione. Ragioniamo, ma alla chiusura diremo
sempre no perché non è giustificata da niente. Finora c’è stata
pochissima cassa e hanno assunto fino a settembre». Che ci sia
stato un problema nella gestione lo adombra anche il segretario
Fiom, Giorgio Airaudo: «Il gruppo Merloni ha rilevato negli Anni 80
il marchio Indesit, ha usufruito di aiuti economici, e proprio
grazie all’Indesit è riuscita a globalizzarsi. Abbandonare oggi
il territorio non è da imprenditori veri». E aggiunge: «Se hanno
sbagliato la gestione sulle lavastoviglie e non ci guadagnano non
possono far pagare i loro errori ai lavoratori». Il segretario Fim,
Claudio Chiarle dice: «La presidente della Confindustria Emma
Marcegaglia, che peraltro siede nel cda della Merloni, dovrebbe
battere un colpo e dire cosa pensa delle scelte di delocalizzazione
che alcune imprese italiane stanno facendo. E la stanno facendo
approfittando della crisi, ma per ragioni che con questa drammatica
crisi nulla hanno a che fare». E ieri i parlamentari piemontesi del
Pd Stefano Esposito, Giorgio Merlo e Antonio Boccuzzi si sono
rifatti vivi e hanno scritto al segretario, Dario Franceschini, per
chiedergli di guidare la delegazione piemontese del partito alla
manifestazione di venerdì. Aggiungono: «In queste settimane il Pd
si è distinto per una forte iniziativa politica sui temi della
crisi economica con proposte concrete e credibili a fronte
dell’insufficienza dell’azione del governo; il Piemonte è uno
degli epicentri di questa crisi e la chiusura dello stabilimento
Indesit di None ne è il tragico simbolo».
la stampa
Paola Merloni -
repubblica -pdf
|
video
Come e dove web - 40" wmv 18 marzo
|
Il padrone della Indesit avevano cercato di mettere operai Indesit italiani contro
operai Indesit polacchi, pubblichiamo la risposta di Metalworkers' Secretariat NSZZ
"Solidarnosc".
"Indesit Company Polska" di Łódź
Ci rivolgiamo, con queste parole, prima di tutto ai dipendenti della "Indesit" di
None - Torino in Italia, e di Kinmel Park nel Regno Unito, che - a causa della
politica aziendale che punta a una profonda ristrutturazione del Gruppo
multinazionale - si trovano di fronte alla minaccia reale di perdere il posto di
lavoro e, di conseguenza, anche il diritto di vivere in dignità, non solo se stessi,
ma anche le loro famiglie.
Siamo solidali con voi, perché sappiamo esattamente quello che la disoccupazione
significa qui in Polonia, con la minaccia per il futuro che porta solo incertezza e
insicurezza.
Noi non ignoriamo le cose, sappiamo che si suppone che a "guadagnarci di più" saremmo
noi, poiché la direzione aziendale vuole spostare le produzioni in Polonia (a
Radomsko). Ma
vogliamo farvi sapere che "noi", lavoratori come voi - non siamo il management.
Queste non sono decisioni discusse con i lavoratori coinvolti direttamente nel
processo di produzione (anche se in realtà noi vorremmo che il management
dell'azienda imparasse
anche dal nostro contegno e ci tenesse in considerazione).
Al momento tutte le decisioni prese dall'impresa sono state motivate con
l'acutizzarsi della crisi economica in Europa e nel mondo. Ci rendiamo conto del
fatto che i datori di lavoro si
avvantaggiano di ciò, mettendo spesso in atto decisioni assunte in precedenza, che
adesso sono presentate come azioni necessarie "per proteggersi contro le conseguenze
della crisi
economica e come le uniche possibili per salvare l'azienda".
Alcune di queste misure hanno colpito anche noi e vanno contro i nostri interessi:
1. E' già il terzo anno di fila che siamo privati delle nostre vacanze estive (le
ferie retribuite sono spostate unilateralmente dal management nel mese di dicembre) -
la spiegazione
fornita è che "il mercato per i nostri prodotti è completamente instabile, per cui è
difficile predisporre il piano di produzione per l'anno 2009 ".
2. Nonostante gli sforzi e il duro lavoro, da parte nostra, per raggiungere i volumi
elevati previsti da un esigente piano di produzione nel 2008, che ha creato molte
attese tra i
lavoratori come la crescita nel 2009 delle retribuzioni, adesso siamo stati informati
del fatto che "siamo in crisi, i magazzini sono pieni, non arrivano gli ordini ...
non ci si attende nulla,
per cui se vi aspettate un aumento di stipendio, c'è davvero poco da aspettarvi".
3. Nel dicembre 2008 siamo stati costretti ad accettare cinque giorni di permesso non
retribuito. La spiegazione data è stata, ancora una volta, la stessa: "magazzini
pieni e
mancanza di ordini".
4. Per ragioni analoghe siamo stati già costretti a utilizzare sette giorni delle
nostre ferie retribuite (fino alla fine del mese di marzo), pur essendo solo alla
fine del primo trimestre
dell'anno (abbiamo diritto a 20 o 26 giorni di ferie retribuite in un anno solare, a
seconda dell'anzianità di lavoro).
5. Anche se non ci sono tagli massicci del numero di occupati, l'occupazione
"svanisce" - di solito - a causa della non estensione / prolungamento dei contratti
di lavoro a tempo determinato, considerando che oltre il 90% dei lavoratori occupati
nel settore manifatturiero (in Polonia) hanno tali contratti.
6. Dall'inizio di quest'anno (sito produttivo di Łódź la produzione di
cucine è scesa del 17% e quella di frigoriferi di circa il 5%. La direzione
aziendale, qui non è in grado di rispondere alla
nostra domanda: che cosa porterà il domani? Sappiamo sempre di meno e le nostre
perplessità sono ben giustificate.
Siamo consapevoli del fatto che la produzione manifatturiera si sposta fuori dei
vostri paesi verso quello dell'Europa orientale e questo processo è collegato con
l'aumentare del livello di disoccupazione nei vostri paesi. Spesso la fabbrica, che
fornisce posti di lavoro per centinaia di persone, è l'unica che può fornire un
reddito costante, giacché nessuno riceve i soldi per niente e bisogna lavorare sodo
per guadagnarsi un salario
....... noi desideriamo poter influenzare le scelte aziendali, in modo che le azioni
del datore di lavoro non si ripercuotano negativamente su tutti, indipendentemente
dal paese in cui sono localizzate le fabbriche del Gruppo Indesit.
Esprimiamo la nostra solidarietà con le vostre richieste e azioni.
Solidarietà a nome dei lavoratori, Jarosław Nawrocki
Presidente del Comitato Sindacale NSZZ "Solidarność" delle fabbriche (KZ)
di "Indesit Company Polska" di Łódź
Łódź 18 marzo 2009
|
La
lotta dei lavoratori delle aziende in crisi è la lotta di tutti.
In
provincia di Torino la crisi si sta violentemente abbattendo sulle
condizioni di vita delle famiglie dei lavoratori: i disoccupati
crescono ogni giorno, a Torino solo in questi primi mesi dell’anno
circa 30.000 contratti precari non sono stati rinnovati,
migliaia sono i licenziati senza onor di cronaca dalla miriade di
microimprese, decine di medie e grandi imprese hanno chiesto la
cassa integrazione in deroga (solo a febbraio la CIG ordinaria per
l’industria cresce di 5 volte). E siamo solo agli inizi!
È
evidente che la crisi è colpa dei padroni, che in
questi anni hanno accumulato ingenti profitti grazie all’uso di
ricchezza pubblica, al supersfruttamento dei lavoratori italiani e
stranieri, alla precarizzazione sociale, al saccheggio del
territorio. In questi anni, mentre i padroni diventavano
sempre più ricchi, i lavoratori diventavano sempre più poveri.
In
diverse situazioni, come Indesit, Cabind, Streglio, Olimpias,
Johnson Electric e molte altre, i lavoratori stanno cominciando a
rispondere con varie forme di lotta: scioperi spontanei,
blocchi delle merci in uscita e blocchi stradali. In tutti
i casi agendo in prima persona, cercando di superare i limiti delle
deleghe e delle illusioni delle promesse “politiche”.
È
importante rafforzare questi inizi di lotte isolate,
soprattutto per collegarle tra di loro, ma non
solo. Dobbiamo fare in modo che trovino solidarietà e
collegamento con i pensionati, i giovani, gli immigrati, i
disoccupati e gli studenti nel territorio urbano e sociale. Solo
così sarà possibile mettere in campo quella forza necessaria per contrastare
i licenziamenti e costringere governo e padroni a mettere in atto
risorse sufficienti a garantire un dignitoso salario di
sopravvivenza per tutti i lavoratori precari e licenziati.
Sosteniamo
la lotta dei lavoratori delle aziende in crisi.
Partecipiamo
alla manifestazione dei lavoratori Indesit.
Torino
- venerdì 20 marzo 2009 - ore 9.30 - stazione Porta Nuova
Collettivo
Oltre - Torino
Oggetto: Europa. Indesit: interrogazione al Parlamento Europeo
PARLAMENTO EUROPEO
SCHEDA DI DEPOSITO DI UNA INTERROGAZIONE PARLAMENTARE
Destinatario: CONSIGLIO
COMMISSIONE
INTERROGAZIONI ORALI
Interrogazione orale con discussione (art. 108)
Tempo delle interrogazioni (art. 109)
INTERROGAZIONI SCRITTE
Interrogazione scritta (art. 110)
Interrogazione scritta prioritaria (art. 110,4)
AUTORE(I): Vittorio Agnoletto, Luigi Cocilovo, Monica Giuntini, Donata
Gottardi, Umberto
Guidoni, Roberto Musacchio, Pier Antonio Panzeri
OGGETTO:
(da indicare)
Annunciata chiusura dello stabilimento Indesit di None (TO) con 600
licenziamenti
TESTO:
Premesso che
- l'Indesit Company è il gruppo produttore di elettrodomestici più
importante d'Italia con stabilimenti in
Europa e in tutto il mondo tra cui quello di None in provincia di
Torino e nel Regno Unito: in entrambi è
stata annunciata la chiusura e il trasferimento della produzione in
Polonia a Radomsko (Lotz) con il
conseguente licenziamento di tutti i dipendenti e la chiusura di tutti
i contratti di subfornitura attivati che
comporterà la chiusura di altri siti produttivi collegati e un aumento
insostenibile della disoccupazione;
- gli stabilimenti italiani ed inglese occupano infatti ciascuno 600
dipendenti per un totale di 1200
addetti;
- il sito di Radomsko produce anch'esso lavastoviglie e occupa
attualmente circa 300 dipendenti;
- l'occupazione in tale stabilimento è suscettibile di aumentare fino
a 1500 addetti grazie ad un accordo
siglato il 30.5.2007 con il Ministero dell'economia Polacco, che ha
erogato all'Indesit 3 milioni di euro
pari a 11 milioni di slotz vincolandoli però allo sviluppo ed
accrescimento produttivo e occupazionale
del sito;
- nel maggio 2007 l'Indesit dichiarava infatti di voler investire in
Radomsko 80 milioni di euro
promettendo di raddoppiarne gli addetti entro la fine del 2009 e
raggiungere quota 1500 negli anni
successivi;
si chiede se
alla Commissione risulti che contributi comunitari FSE e FESR abbiano
contribuito su richiesta del
Governo Polacco allo stipula dell'intesa del 30.5.2007 per sviluppare
il sito di Radomsko, e se ritenga
legittimo vincolare fondi comunitari e aiuti pubblici allo sviluppo
unilaterale di un solo stabilimento a
detrimento di altri siti produttivi europei della Indesit, azienda
beneficiaria, e per le medesime
produzioni e se non ritenga infine di dover richiamare la Indesit nel
caso di licenziamenti collettivi di tali
proporzioni al rispetto della propria responsabilità sociale d'impresa
e delle norme comunitarie sancite
dalle direttive 2001/23 e 2002/14.
Firma(
16-03-2009 |
INDESIT: D'ALEMA NON RISPONDE
A DOMANDE SU PAOLA MERLONI |
(ASCA) - Torino, 16 mar - La crisi della Indesit di None,
di cui la famiglia Merloni ha deciso la chiusura per
trasferire la produzione di lavastoviglie in Polonia, rischia
di diventare una spina nel fianco anche per il Pd. Oggi
pomeriggio Massimo d'Alema ha incontrato a Torino alcune
delegazioni di fabbriche in crisi e ha sostenuto che lo
stabilimento di None ''e' pinamente produttivo, efficiente e
competitivo'' e di augurarsi che ''la proprieta' possa
ritornare sui suoi passi''. alla richiesta di un commento su
quanto detto ieri dal capogruppo in senato del Pdl Maurizio
Gasparri (''Franceschini convochi Paola Merloni, che e' una
parlamentare del Pd per dirle di non cancellare 600 posti'')
ha risposto ''Non commento per principio cio' che dice
Gasparri''. Ma all'obiezione che un po' di malumore serpeggia
anche nel suo partito D'Alema ha precisato che ''Paola Merloni
e' soltanto una delle persone della proprieta' e che non puo'
essere sottoposta a una speculazione politica''.
D'Alema, infastidito dall'insistenza dei giornalisti, ha
infine rifiutato di rispondere alla domanda se abbia parlato
personalmente con la parlamentare del Pd del caso Indesit.
eg/sam/alf
(Asca)
|
Facciamo come l'Elòectrolux: commento
di Adriano Serafino- il manifesto 15.3.09
pdf
(...) E' tutta l’industria piemontese ad essere
interessata dalla crisi. E sono i lavoratori a pagarne i costi in
modo sempre più pesante. L’indagine di Union Camere Piemonte ha
fotografato una flessione della produzione del 12,4% nel 4°
trimestre 2008 rispetto allo stesso periodo del 2007. 1067 le
imprese e 97.000 i lavoratori coinvolti. La Confederazione
dell’Artigianato regionale parla di 35.000 posti di lavoro a
rischio nelle piccole imprese piemontesi (più di 6.000 solo nel
settore auto). Il 60% delle imprese artigiane denuncia un crollo del
fatturato e la conseguente riduzione dei dipendenti. Sono sempre più
numerose le chiusure di aziende di piccole dimensioni. Nel solo
settore meccanico (elettrauto, carrozzerie e gommisti), esse sono
scese da 7.200 a 6.000 dal 2001 al 2007.
Non va certamente meglio per le imprese più
grandi. Il 3 febbraio l’Indesit ha comunicato ai sindacati di
voler chiudere la fabbrica di None che occupa 600 lavoratori.
Intenzione confermata nell’incontro del 24 febbraio all’Unione
Industriale di Torino, mentre i lavoratori presidiavano la sede
padronale. L’Indesit, che ha un altro stabilimento nell’Est
europeo, produce a None fino a 900.000 lavastoviglie all’anno per
un mercato ben lungi dall’essere saturo. Un’altra azienda in
buona salute che approfitta della crisi mondiale per non rimanere
esclusa dai pingui aiuti di stato che il governo si appresta ad
elargire ai padroni "in difficoltà"? Ma l’Indesit non
aveva previsto un aumento dei volumi produttivi del 5% tra il 2008 e
il 2010 grazie ad un programma di forti investimenti e il lancio di
un nuovo prodotto?
Gli unici ad essere tagliati fuori dagli aiuti di
stato sono i lavoratori, a cui non resta che lottare per difendere
il salario e il posto di lavoro recuperando la fiducia nella propria
forza. Lo sciopero del 2 marzo dei lavoratori della Indesit, indetto
da Fim, Fiom e Uilm proprio nel giorno in cui il Comitato aziendale
europeo ufficializzerà la chiusura dello stabilimento di None, deve
trovare il necessario collegamento con le lotte di tante aziende in
crisi nel territorio. Solo uscendo dall’isolamento i lavoratori
potranno vincere il senso d’impotenza.
Corrispondenza da Torino -l'internazionale
OGGETTO: Ordine del Giorno di solidarietà del Consiglio Comunale
di
Fabriano agli operai dell’ Indesit di None (Torino) che protestano
contro la chiusura dello stabilimento.
Data l’urgenza dell’argomento trattato si richiede la possibilità
di
anticipazione e priorità.
Premesso che:
Proseguono gli scioperi degli operai dell’Indesit di None contro
la
chiusura della loro fabbrica ed è notizia di questi giorni che a
breve
si terrà una manifestazione davanti alla Regione, in concomitanza
con
l’incontro fra i sindaci e le parti sociali, mentre il 24 febbraio
è
previsto il primo confronto fra l’azienda e le organizzazione
sindacali all’Unione Industriale di Torino
Che gli operai dell’ Indesit di Fabriano hanno espresso la loro
solidarietà ai lavoratori di None facendo scioperi e blocchi
stradali
nel fabrianese.
La grave preoccupazione per quello che riguarderà il futuro di
tante
lavoratrici e lavoratori del nostro territorio esposti ad una cassa
integrazione ormai tristemente diventata una costante per molte
imprese.
Considerato che:
Il nostro territorio sta attraversando una profonda crisi
occupazionale, molte realtà industriali esposte ai rischi della
globalizzazione economica o chiudono o delocalizzano la produzione
verso altri mercati lasciando i lavoratori con ammortizzatori
sociali
nel caso di grandi gruppi o semplicemente senza lavoro nel caso di
piccole realtà.
Esprimere quindi solidarietà ai lavoratori di None significa
innanzitutto sottolineare la misura sovra territoriale del problema
occupazionale e lavorativo presente oggi in tutto il territorio
nazionale.
Fabriano, si sente idealmente vicino all’amministrazione Comunale
di
None e ai cittadini che vedono perdere il loro posto di lavoro.
Il Consiglio Comunale di Fabriano:
invia il presente O.d. G. al Consiglio Comunale e
all’Amministrazione
della Città di None in segno di solidarietà per l’emergenza
occupazionale che sta drammaticamente attraversando.
E s'impegna, inoltre, ad inviare il seguente O.d.G. alla Provincia
di
Torino, all’RSU dell’Indesit di None e alla sede centrale
dell’Indesit
Company.
Siamo con voi: siamo tutti nella stessa barca! Un abbraccio
--------------------
Edizione dell'11
marzo 2009 eco del chisone
Indesit, si giocano le ultime carte
Il sindacato: «Con None si aprirebbe un
pericoloso precedente»
|
La parola d'ordine è «mantenere alta l'attenzione sul
caso Indesit». È l'ultima disperata carta rimasta da
giocare ai 600 dipendenti dell'Indesit di None di fronte alla
decisione del gruppo di chiudere lo stabilimento. Decisione
confermata il 5 marzo nell'incontro tra i dirigenti
dell'azienda e i rappresentanti del sindacato. In quest'ottica
va bene anche la comparsata all'"Infedele" con Gad
Lerner sulla "Sette" e gli applausi al leader della
Lega, Umberto Bossi che durante la trasmissione dice «d'ora
in poi prima il lavoro agli italiani». «L'importante
è impedire - affermava un Rsu - che qualcuno pensi che
la visibilità si conquista solo con atti di violenza: lunedì
di fronte alla sede dell'Unione industriale, non a caso la
situazione ha rischiato di precipitare».
A None si tengono assemblee mentre a turno i dipendenti
operano il blocco delle merci di fronte ai magazzini in attesa
dello sciopero programmato in tutti gli stabilimenti del
gruppo in Italia per il prossimo 20 marzo, quando un grande
corteo sfilerà per le vie di Torino.
Durante l'incontro del 5 marzo scorso i dirigenti della
Indesit hanno messo sul tappeto tre ordini di problemi: il
costo del lavoro e dell'indotto, l'alto prezzo dell'energia e
l'incidenza dei tributi. Per Enrico Tron della Fim-Cisl la
battaglia per salvare l'Indesit dalla chiusura è una sorta di
Linea Maginot. Spiega: «Se per questi motivi si chiudesse
uno stabilimento di un gruppo italiano nel cui Consiglio di
amministrazione siedono la presidente della Confindustria,
Marcegaglia e l'ex-direttore Cipolletta, come potremmo ancora
opporci a decisioni analoghe di gruppi esteri, per questo è
importante battersi con tutte le forze». Il pensiero
corre subito alla Skf di Airasca, uno stabilimento con
migliaia di occupati in un settore, quello dei cuscinetti per
auto, che attraversa un momento di grande sofferenza e che ha
già fatto registrare delle chiusure nell'indotto, vedi Kami
di Airasca. Aggiunge Fedele Mandarano, segretario della Cgil
di Pinerolo: «È chiaro che a questo punto è
indispensabile un intervento pesante del Governo. Del resto
bisognerebbe chiedersi quanto costa alla collettività la
chiusura di uno stabilimento, sicuramente più di qualsiasi
incentivo all'industria».
Altre iniziative a supporto dell'occupazione e dell'Indesit
sono in programma questa settimana: mercoledì a Pinerolo si
riunirà il tavolo di crisi con i rappresentanti delle
Amministrazioni pubbliche locali, mentre venerdì una
delegazione delle Rsu Indesit verrà ricevuta a Torino dal
card. Poletto.
Alberto Maranetto
|
Edizione dell'11 marzo 2009
Indesit, Streglio e Olimpias: il triangolo
della crisi locale
None, Rifondazione e sindacati a confronto
|
NONE - Indesit e Streglio di None, insieme a Olimpias di Piobesi,
sono tre emblematici esempi di situazioni dove si scontano anzitutto
le tragiche scelte di una politica che, negli ultimi vent’anni,
pare avere prima narcotizzato e poi dimenticato la classe operaia.
Non a caso Mario Dellacqua, referente locale di Rifondazione
comunista, giovedì scorso a None ha introdotto il dibattito
"Pagano sempre gli stessi".
E nell’aula si accavallavano testimonianze di gente che si
sente tradita. Come i lavoratori dell'ex-Manifattura piobesina: «Facevamo
continui straordinari, pronti a qualsiasi tipo di sacrificio. Ci
spiegavano come questo fosse per il bene nostro e dell'azienda. Il
risultato? Una batosta che nessuno si aspettava: umiliante,
immeritata, che ci riempie di rabbia. Chi dobbiamo ringraziare? Il management,
che noi non riteniamo all'altezza? La proprietà, che prima ci ha
illuso e poi scaricato?». Il destino pare segnato anche per i
dipendenti della Streglio, una delle fabbriche del cioccolato: senza
un pronto intervento dell'Amministrazione nonese, in questo momento
non avrebbero nemmeno lo straccio di un ammortizzatore sociale, come
ha ricordato dal vice-sindaco Giovanni Garabello. Davide Franceschin,
della segreteria della Cgil, sottolinea: «Nel giorno in cui le
maestranze Indesit, vedendo addensarsi nubi nere sul loro futuro,
urlano di nuovo al mondo l'ingiustizia subita, appare doveroso
ricordare anche i protagonisti dell'indotto, anime ingiustamente
dimenticate dalla grande stampa nazionale». Secondo Luciana La
Prova, assessore al Lavoro del Comune di Vinovo, quando un'impresa
arriva sul territorio si possono concedere agevolazioni fiscali e
altri trattamenti di favore: «Ma se decide di delocalizzare non
abbiamo alcun potere di trattenerla», dice allargando le
braccia.
Gian Piero Clement, consigliere regionale di Rifondazione
comunista, guarda dritto verso un’unica soluzione: «Di fronte
allo strapotere economico delle multinazionali bisogna
nazionalizzare lo stabilimento, cioè farlo diventare proprietà
pubblica. Questa proposta è stata fatta dal nostro partito in sede
istituzionale, ma mai presa in considerazione da nessun'altra forza
politica. Eppure è gia sviluppata in nazioni come Francia e
Germania».
Federico Rabbia
|
Oggetto: Comunicato RSU Albacina(fabriano)
La RSU condividendo pienamente la vertenza nazionale promossa dal
Coordinamento Nazionale INDESIT contro la chiusura dello Stabilimento
di None e la delocalizzazione degli Stabilimenti italiani all’estero,
proclamano per il
20 Marzo sciopero Nazionale
per l’intera giornata con presidio per tutto il giorno davanti ai
cancelli come in tutti gli stabilimenti italiani.
Inoltre verranno organizzati dei pullman per partecipare alla
manifestazione nazionale che si terrà a Torino.
Nei prossimi giorni saranno comunicati gli orari dei pullman. Coloro
che intendono partecipare alla manifestazione a Torino dovranno
comunicare ai delegati RSU il loro nominativo.
Mercoledì 18 marzo si terrà l’assemblea Aziendale con la
partecipazione del Coordinatore Nazionale Maurizio Landini.
NO ALLA CHIUSURA DELLO STABILIMENTO DI NONE!
NO ALLA DELOCALIZZAZIONE DEGLI STABILIMENTI ITALIANI ALL’ESTERO!
Albacina, lì 10/03/2009
La RSU Albacina
La Indesit è nata ad ORBASSANO, a Rivalta, e MERLONI ha
preso il marchio e gli stabilimenti torinesi. E’vergognoso che venga
usurpato un marchio ed un’azienda italiana in questo modo, solo al fine
di incrementare i profitti di un gruppo industriale!!
Un’impresa ha anche una funzione sociale!
Se Merloni ha il coraggio di spostare la produzione in Polonia, almeno
abbia il buon gusto di dargli il marchio ARISTON, anche per il solo fatto
che INDESIT "voleva dire": industria elettrodomestici
italiana Torino!!!!
Giorgio Ruffinatto(Blog diG.lerner) 9.3
Oggetto: Indesit, due pullman da Bergamo alla
manifestazione di Torino
Saranno due i pullman dei lavoratori della Indesit di Brembate Sopra
che partiranno da Bergamo per Torino, per partecipare alla
manifestazione indetta dopo che l'azienda ha annunciato ai sindacati
la chiusura dello stabilimento torinese di None, dove si producono
lavastoviglie e sono occupati circa 600 lavoratori.
È quanto emerso oggi nel corso dell'assemblea dei lavoratori durante
la quale si è analizzata la situazione: non mancano le preoccupazioni
anche per lo stabilimento di Brembate, dove si producono lavatrici e
sono impiegati 456 lavoratori, oggi tutti in Cassa integrazione
ordinaria.
Mercoledì sulla vertenza ci sarà un incontro anche con il sindaco di
Brembate. Nel frattempo sono partiti gli scioperi a scacchiera dei
lavoratori della Indesit torinese per bloccare l’uscita delle merci
dallo stabilimento di None. Ferma tutte le cinque linee della
fabbrica: i lavoratori hanno presidiato il magazzino.
07 marzo-repubblica
"Nessuna lavastoviglie esca da None"
Blocco del magazzino e scioperi "a scacchiera", una linea per volta
per impedire che dallo stabilimento esca anche una sola lavastoviglie:
"à la guerre comme à la guerre". E´ la risposta dei lavoratori della
Indesit alla decisione dell´azienda di chiudere il sito produttivo di
None, ribadita giovedì in un infuocato incontro con i sindacati presso
l´Unione Industriale. Per la prima volta gli oltre 600 dello
stabilimento del Pinerolese scelgono la linea della lotta dura per
protestare contro il muro opposto dall´azienda alle trattative. Così,
da lunedì fino al 20 marzo, data della manifestazione nazionale dei
lavoratori delle fabbriche Indesit italiane che si terrà a Torino,
ciascuna delle cinque linee sciopererà per un´ora e mezza al giorno, a
rotazione. E i lavoratori che di volta in volta incroceranno le
braccia si sposteranno in presidio davanti alle porte del magazzino
per impedire l´uscita del prodotto finito, mentre da venerdì a
domenica della prossima settimana è previsto un picchetto davanti ai
cancelli. Il blocco minaccia di intasare presto gli spazi di
stoccaggio dello stabilimento: la produzione attuale, circa 3800-4000
lavastoviglie al giorno, viene abitualmente caricata su 35 tir e sui
cinque vagoni di un treno che percorre la ferrovia interna allo
stabilimento. In otto giorni di produzione - il venerdì i lavoratori
lo trascorrono in cassa integrazione - i volumi intrappolati nei
magazzini dovrebbero essere considerevoli. «Abbiamo trovato una
soluzione che impatta in modo limitato sulla busta paga, per non
penalizzare i lavoratori», spiega Dario Basso della Uilm. «Da qui al
20 speriamo che l´azienda si ravveda. Vogliamo farli
riflettere»aggiunge. «Abbiamo deciso di passare a una forma di lotta
più incisiva. Se l´azienda ritirerà la decisione toglieremo il
blocco», dice Claudio Suppo della Fiom.
Si susseguono intanto nel mondo politico piemontese le reazioni
all´annunciata fuga in Polonia della produzione di lavastoviglie a
marchio Indesit: «Comprendiamo le esigenze di ristrutturazione ma non
accetteremo che lo stabilimento venga spazzato via dalla carta
geografica dell´industria italiana. A fianco dei lavoratori, faremo
ogni azione per fermare la chiusura e avviare una discussione», dice
il sindaco Chiamparino. «Il governo deve sostenere i settori
produttivi in situazione critica. Gli incentivi all´acquisto degli
elettrodomestici sono ï'½finti´ se collegati alla ristrutturazione
dell´abitazione, dovrebbero essere collegati alla qualità e al tasso
di innovazione», accusa il deputato del Pd Cesare Damiano.
(07 marzo 2009)
Il
Governo non deve far pagare al crisi ai lavoratori!
Nel Pinerolese la Indesit
di None, la Manifattura di Perosa,
la Kami ad Airasca,
segnano una situazione
occupazionale drammatica, alimentata dalla espulsione di migliaia di
precari dalle industrie dai servizi e dal pubblico impiego, e con
previsioni molto nere visto l’uso massiccio della cassa integrazione
guadagni.
La
Fiat e la Merloni hanno usato a piene mani un falso modello di sviluppo
capitalistico per ricevere incentivi dallo stato
( pagati soprattutto dai lavoratori) e investire
in stabilimenti all’estero e in particolare in Polonia,
sostenendo che questo avrebbe creato nuove opportunità di lavoro anche in
Italia.
In
realtà sembra abbiano pensato solo a massimizzare i loro profitti
sfruttando condizioni locali
dove i diritti ed i salari sono più bassi e lo sfruttamento è più alto.
Questo
falso e sbagliato modello di sviluppo è stato incentivato e sostenuto
dalle banche e dalle finanziarie che sembra siano state guidate solo
dall’avidità dei loro manager e dalla loro completa irresponsabilità
sociale.
In una
tale situazione il Governo deve prendere il controllo delle banche per
orientare un altro modello di sviluppo, più responsabile e sostenibile
sul piano sociale ed ambientale. Anche le aziende devono accettare una
logica di programmazione socialmente compatibile.
Il
governo mente sapendo di mentire quando dice che non può fare molto perché
mancano i soldi. Sappiamo
tutti benissimo quanto sia stato alto il livello dei profitti e delle
rendite in questi ultimi anni
mentre si comprimevano salari e pensioni. I soldi ci sono! Il governo di
fronte a questa crisi i soldi deve andarli a trovare lottando seriamente
contro l’evasione fiscale, tassando di più i redditi alti e la rendita
finanziaria. L’uscita dalla crisi la paghino coloro che l’hanno
creata.
Nessun
cittadino Italiano o straniero, deve restare senza cassa integrazione o
assegno di disoccupazione e senza un percorso verso un lavoro stabile !
Rifondazione
Comunista concretamente ha presentato da tempo una legge regionale contro
le “delocalizzazioni” e l’ha depositata anche al parlamento
nazionale e chiede che venga discussa.
Rifondazione
Comunista chiede al Governo nazionale e agli enti locali un impegno
straordinario per affrontare i guasti di questa crisi economica
Rifondazione
Comunista è e sarà al fianco delle lavoratrici e dei lavoratori in
questa lotta per il mantenimento dei posti di lavoro e per un nuovo
modello di sviluppo.
Difendiamo il
Lavoro, e i diritti garantiti dalla nostra carta costituzionale. Non
permettiamo a chi gioca sulla paura di farci uscire dalla crisi con uno
stato razzista, clericale ed autoritario.
Aderiamo
tutti alla
manifestazione
promossa dall’Associazione per l’attuazione e la difesa
della costituzione che si terrà
Venerdì
13/03 alle ore 17,30 in Piazza Facta a Pinerolo.
Partito
della Rifondazione Comunista
Circolo
Pinerolese "Ludovico Geymonat"
Via Lanteri, 1 - 10064 Pinerolo
ciclinprop mar09
e-mail circologeymonat@libero.it
www.prc-pinerolo.it
Date: 6 marzo 2009 21.06
Oggetto: NO alla chiusura dello stabilimento Indesit Company di
None(TO)
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Oggetto: Indesit:prime reazioni dal mondo politico
Indesit, Chiamparino: "Non permetteremo sito None venga spazzato
via"
"C'è un monito che vogliamo lanciare all'impresa che è sempre stata
un
modello di innovazione e di sviluppo"
ultimo aggiornamento: 06 marzo, ore 15:38
Torino, 6 mar. - (Adnkronos) - "Comprendiamo le esigenze di
ristrutturazione, pero' non accettiamo come Citta' che lo stabilmento
di None venga spazzato via dalla carta geografica dell'industria
italiana". Cosi' il sindaco di Torino, Sergio Chiamparino e'
intervenuto sul caso Indesit .
"C'e' un monito che vogliamo lanciare all'impresa che e' sempre stata
un modello di innovazione e di sviluppo oltre che di relazioni
sindacali -ha aggiunto il primo cittadino di Torino- porremo la nostra
autorevolezza istituzionale a fianco dei lavoratori per fare ogni
azione che possa fermare la chiusura dello stabilimento e avviare una
discussione, magari prevedendo anche la riorganizzazione, ma che
mantenga il sito produttivo".
Indesit/ Damiano: Mantenere produzione italiana con sfida qualita'
Roma, 6 mar. (Apcom) - "Non è accettabile la chiusura dello
stabilimento Indesit di None. Chiediamo che l'azienda mantenga
un'attività industriale a Torino e su questa base negozi, con un
apposito tavolo di trattative, la riorganizzazione produttiva dello
stabilimento con le organizzazioni sindacali". E' quanto suggerisce
Cesare Damiano, Responsabile Nazionale Lavoro PD, per salvare i
lavoratori dello stabilimento piemontese.
"La logica che va rifiutata è quella della delocalizzazione fondata
sui costi. L'azienda deve spiegare come mai nel settore degli
elettrodomestici il prodotto che viene decentrato è proprio quello più
pregiato e a maggior valore aggiunto delle lavastoviglie - sottolinea
Damiano -. E deve spiegare come mai, pur essendo di costo inferiore a
quello della concorrenza, il prodotto Indesit perde quote di mercato.
La vera sfida è ancora una volta quella della qualità e
dell'innovazione che chiediamo all'azienda come al Governo".
Quest'ultimo, secondo l'esponente del Pd, "deve sostenere in modo
efficace i settori produttivi che hanno situazioni critiche. Gli
incentivi all'acquisto degli elettrodomestici sono 'finti' se
collegati alla ristrutturazione dell'abitazione, mentre dovrebbero
essere direttamente collegati alla qualità e al tasso di innovazione
del prodotto. Accanto a questo si deve pretendere il mantenimento
delle produzioni in Italia e la tutela dell'occupazione non in chiave
protezionistica ma in collegamento allo sforzo di innovazione.
Vorremmo inoltre che si chiarisse se il governo polacco eroga risorse
a vantaggio dei produttori soltanto a condizione che ci siano crescite
occupazionali in quel Paese. Se di questo si trattasse, saremmo di
fronte a una perversa logica di 'dumping sociale' a scapito dei nostri
lavoratori".
il Comune di Pinerolo per anticipo ai
lavoratori aventi diritto al trattamento di cassa integrazione
guadagni straordinaria” ha attivato un servizio di anticipazione
della cassa integrazione guadagni straordinaria ai lavoratori
aventi diritto residenti presso il comune di Pinerolo.
6
marzo- il manifesto pdf
6
marzo - la stampa- I sindacati:
“Subito un tavolo col governo”
5
marzo
Venerdì
20 marzo
8
di sciopero e manifestazione nazionale a Torino
di
tutti i lavoratori del gruppo Indesit
Il
gruppo Indesit oggi, 5 marzo 2009, nell’incontro svoltosi a Torino
presso l’Unione degli Industriali ha ufficialmente informato Fim,
Fiom, Uilm ed il Coordinamento nazionale delle Rsu dell’intenzione
di chiudere lo stabilimento di None (Torino) che produce
lavastoviglie ed occupa circa 600 dipendenti.
La
scelta dell’Indesit è quella di trasferire e concentrare la
produzione di lavastoviglie nello stabilimento del gruppo in
Polonia, perché per l’Azienda ci sono migliori condizioni di
costi.
Fim,
Fiom, Uilm ed il Coordinamento nazionale delle Rsu respingono tale
decisione e ritengono grave e pericoloso per tutti gli stabilimenti
italiani del Gruppo che la ricerca di competitività sia
interpretata quale ricerca dei minori costi di produzione.
Chiediamo
al gruppo Indesit di modificare tale decisione e di rendersi
disponibile a sviluppare un vero negoziato finalizzato a:
-
mantenere
l’attività industriale a None anche nell’ambito di
un’eventuale riorganizzazione;
-
acquisire
precisi impegni di politica industriale e di investimenti,
affinché siano confermati gli attuali assetti industriali ed
occupazionali di tutti gli stabilimenti del Gruppo in Italia;
-
acquisire
un impegno a forme di sostegno al reddito delle lavoratrici e
dei lavoratori nei periodi di ricorso alla Cassa integrazione.
Contro
la chiusura dello stabilimento di None ed a sostegno delle proposte
sindacali Fim, Fiom, Uilm ed il Coordinamento nazionale delle Rsu
proclamano per venerdì 20 marzo 2009, 8 ore di sciopero nazionale
di tutti i dipendenti del gruppo Indesit con manifestazione a
Torino.
Nei
prossimi giorni in tutti gli stabilimenti e uffici si svolgeranno le
assemblee per discutere con tutte le lavoratrici e i lavoratori del
Gruppo.
Nei
territori saranno organizzati incontri con le istituzioni locali per
informarle della situazione e chiedere il loro sostegno.
Fim,
Fiom, Uilm nazionali chiederanno nei prossimi giorni un incontro con
il Ministero dello Sviluppo Economico per fornire un chiaro quadro
del confronto realizzato con l’Azienda ed interessarlo alla
vertenza in corso.
FIM
FIOM UILM NAZIONALI
Roma, 5 marzo 2009
unione industriale gli operai cercano di entrare 5.3.09
riforma
6.3.09
eco 5.3.09
BOSSUTO
E CLEMENT (PRC): INACCETTABILE IL COMPORTAMENTO DI INDESIT
“L’atteggiamento della proprietà della Indesit –
sottolineano i consiglieri regionale del Prc Juri Bossuto e Gian
Piero Clement – che rifiuta ogni confronto e conferma
aprioristicamente la chiusura, è assolutamente inaccettabile”.
“Il comportamento di Indesit è davvero
inaccettabile: non si può decidere da un giorno all’altro,
approfittando delle crisi generale, di delocalizzare la produzione e
non avviare nemmeno una trattativa con i sindacati e gli enti
locali”.
“Il nostro pieno e totale sostegno va i lavoratori
e alle loro famiglie che si trovano in questa difficilissima
situazione, in tutti i modi saremo vicini alle loro rivendicazioni e
lotte”.
“E’ altrettanto censurabile l’atteggiamento
della forza pubblica, non crediamo davvero che la repressione delle
giuste proteste sia il modo per affrontare la situazione di crisi.
Agli operai servono ammortizzatori sociali, lavoro, speranze. Non
manganellate”.
Torino,
4 Marzo 2008 - c.stampa
Edizione del 4 marzo 2009- eco del
chisone
Crisi economica: l'importanza di non lasciare solo chi è
rimasto senza lavoro
Scongiurare una guerra tra poveri
Mentre la situazione si aggrava, enti
locali e associazioni si mobilitano, basterà?
|
Bisogna stare attenti a non dare giudizi
affrettati sui fatti della storia. «Nulla sarà più come
prima», scrissero i più importanti commentatori
all'indomani dell'attentato delle Torri gemelle. Si
sbagliavano: non era quello l'avvenimento destinato a cambiare
il corso della storia. Non sapevano che una bomba, dagli
effetti ben più devastanti, era stata piazzata nel cuore (o
se preferite nel ventre molle) del capitalismo, ovvero nel
sistema finanziario. E non da fanatici integralisti arabi ma
da mani amiche.
Oggi che la bomba è scoppiata possiamo veramente pensare
che "nulla sarà più come prima". La dimensione
della crisi è sotto gli occhi di tutti. Nel Pinerolese si
chiama Indesit, Streglio, Kami, Oeffevi, Euroball, Manifattura
Perosa e ha il volto di oltre 5.000 cassa integrati e di tanti
anonimi espulsi dal mondo del lavoro senza ammortizzatori
sociali. Si può essere certi che già domani si aggiungeranno
altre sigle e altri volti.
Si dice che quando si uscirà dal tunnel almeno il 25 per
cento delle aziende si saranno perdute e che davvero il mondo
della produzione e del lavoro ne uscirà profondamente
modificato. «Sul campo resteranno morti e feriti»,
affermano i sindacati alludendo ai posti di lavoro.
Siamo d'accordo con l'assessore al Lavoro della Comunità
montana Val Chisone, Walter Manfredini, quando afferma che di
fronte a tutto ciò gli enti locali hanno il dovere di
proporsi come punto di riferimento certo per tutti coloro che
si trovano e si troveranno in difficoltà. Dice: «È vero
che i Comuni dispongono di scarsissime risorse per sostenere
le famiglie rimaste senza reddito, ma il nostro compito è di
fare sentire la presenza delle istituzioni e di non lasciare
questa gente abbandonata a se stessa. Solo gli amministratori
locali in questo momento possono agire superando le divisioni
politiche, rispondendo esclusivamente all'interesse della
collettività». In quest'ultima affermazione sta il
punto: a fronte di una politica nazionale incapace di trovare
un accordo per affrontare in modo unitario ed efficace la
crisi (non stiamo a sondare le responsabilità), ad un
sindacato che si presenta spaccato, occorre che almeno
localmente arrivi un segnale forte da parte delle istituzioni.
Nessuno deve essere lasciato solo, nessuno al tempo stesso può
pensare, anche chi oggi non è toccato, di poter affrontare un
fenomeno di questa portata agendo in proprio, magari a scapito
di altri (leggi "guerra tra poveri").
Quando l'Italia precipitò in un'altra grave emergenza,
quella del terrorismo, le forze politiche e sociali seppero
far fronte compatto e sconfissero il nemico. Oggi, di fronte
ai preoccupanti segnali di divisione che giungono dal Governo,
allo sbando dell'opposizione e alla spaccatura delle forze
sociali, purtroppo il miracolo non sembra più ripetibile.
Alberto Maranetto
|
2009-03-02
13:37 |
Crisi:
Indesit; scioperi e blocchi stradali nelle Marche |
Contro chiusura sito None
manifestazioni a Fabriano e Albacina |
(ANSA) - ANCONA, 2 MAR - I
lavoratori degli stabilimenti marchigiani della Indesit
Company in sciopero per due ore contro la chiusura del sito
produttivo di None. A Fabriano, i lavoratori hanno bloccato
per un paio d'ore l'accesso dello stabilimento ai camion.
Blocco a singhiozzo, invece, lungo la strada provinciale 'Muccese'
nei pressi dello stabilimento di Albacina. Non ci sono stati
problemi di ordine pubblico.(ANSA).
3 marzo repubblica La
Indesit conferma da Londra i seicento licenziamenti a None
Notizia
di stamattina: lo stabilimento dell’Indesit a None
chiude definitivamente i battenti.
Ma
in fondo non è novità: Benetton e Merloni hanno
comunicato che chiuderanno i loro stabilimenti presenti
nella nostra provincia, la prima per spostare la
produzione in Tunisia e il secondo, avendo aperto uno
stabilimento in Polonia non vede la necessità di tenere
in vita anche quello italiano.
La
crisi c’è, è un problema reale di portata mondiale
ma che si usino questi momenti drammatici per fare
operazioni finanziare, riallocare aziende e chiuderne
altre, non perché mancano le possibilità nel mercato,
ma allo scopo di produrre a bassissimo costo per
incrementare i propri profitti, è assolutamente
inaccettabile.
Sembra
il naturale e ineluttabile percorso delle cose, ne
prendiamo notizia con rammarico e profonda
rassegnazione? No! La soluzione è un’altra, occorre
infatti che la collettività, nelle sue varie
articolazioni, incominci a pensare seriamente alla
propria tutela, partendo dalla verifica puntuale di
come, se, quando e in che modo questi illuminati
imprenditori abbiano ricevuto aiuti e contributi
statali. Se è vero che in un libero mercato ognuno è
libero di fare con i propri soldi ciò che vuole, è
anche vero che se la collettività è intervenuta a
sostegno di alcuni imprenditori, questi dovrebbero
rispondere delle loro azioni alla società.
Con
questo voglio richiamare l’attenzione direttamente
sulle associazioni imprenditoriali, in particolare
Confindustria sempre pronta a puntare il dito sul mondo
del lavoro quando, in nome del bene nazionale, chiede
interventi di contenimento del salario mentre risulta
essere completamente indifferente nel momento in cui le
sue associate semplicemente abbandonano il territorio
del nostro Paese.
Cinicamente
parlando, se continuiamo così, le famose foto
d’autore, colorate e attente ai temi sociali,
utilizzate per la pubblicità della Benetton potrebbero
trovare un ottimo sfondo qui in Italia: un Paese ormai
devastato proprio da coloro che dovrebbero far girare
l’economia risollevandolo;, ma la povertà oggi non
deve essere cercata molto lontano.
Forse,
dovremmo far cantare l’inno nazionale non tanto ai
calciatori ma a questi imprenditori irresponsabili e
senza scrupoli…chissà che non venga anche a loro un
po’ di amore per la patria.
dal
blog di Sergio Vallero
|
http://gospodarka.gazeta.pl/gospodarka/1,54642,6325999,Crisis_making_Poland_a_plush_investment_locale.html
27.2.2009
Foreign investment set their eyes on Poland because of its relative stability
Poland is once again becoming an attractive location for
foreign investments, mainly due to the financial crisis, the cheap
złoty, the halt in wage growth and the troubles in Ukraine.
"In the last two weeks I've had meetings with four
companies from different sectors: cosmetics, plastics, components
for white goods and the computer industry. They all already have
plants in Poland and their representatives told me that a second
wave of re-localization of production to Poland might soon take
place," said Piotr Wielgomas from the HR advisory firm Bigram.
Earlier this year Dell
announced that it will move production from Ireland to Łódź,
Indesit is to make a decision in the coming few days concerning
the closure of one of its plants in Italy with production
relocated to Poland, Electrolux is considering further domestic
investments and Procter & Gamble is unofficially also
considering making a similar move.
Source: Puls Biznesu (A.K.)
Źródło: Poland A.M.
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Investimenti stranieri guardano alla Polonia a causa della sua
relativa stabilità
La Polonia ancora una volta sta diventando un luogo attraente per gli
investimenti stranieri,principalmente a causa della crisi finanziaria
,dello zloty poco costoso e della fermata della crescita dei salari e
problemi in Ucraina.
"Nelle ultime due settimane ho avuto incontri con quattro aziende di
differrenti settori:cosmetici, plastica, settore bianco e industria di
computer.Questi hanno gia impianti in Polonia e i loro rappresentanti
mi hanno riferito che una seconda ondata di ri-localizzazione della
produzione in Polonia potrebbe presto avvenire" ha detto Piotr
Wielgomas, responsabile Risorse Umane della Bigram
( http://www.bigram.pl )
All'inizio di quest'anno Dell ha annunciato che sposterà la produzione
dall'Irlanda a Łódź,INDESIT e sul punto di prendere una decisione nei
prossimi giorni riguardo alla chiusura di uno dei suoi stabilimenti in
Italia per rilocalizzare la produzione in Polonia,Electrolux sta
considerando uleriori investimenti e Procter & Gamble inoltre sta
studiando la possibilità di fare un movimento simile.
Sorgente: Plus Biznesu (A.K.)
Edizione del 25
febbraio 2009- eco del chisone
Martedì a Torino
Indesit: ipotesi chiusura resta
|
Nussuna certezza, ma nemmeno un qualche
spiraglio di luce, sulla soluzione del caso Indesit è giunta
dall'incontro tenutosi ieri, martedì, nella sede di Torino
dell'Unione Industriale, tra i vertici della multinazionale italiana
e i sindacati. Tutto è stato rinviato ad un prossimo incontro,
programmato per il 5 marzo sempre a Torino all'indomani della
riunione del Comitato aziendale europeo che secondo alcuni potrebbe
essere decisiva. Per quel giorno, lunedì 2 marzo, è stato indetto
uno sciopero in tutti gli stabilimenti italiani del Gruppo con
assemblee interne.
L'ipotesi di chiusura rimane quindi in piedi, e questo ha deluso
molti di coloro che speravano almeno venisse prospettata una
soluzione alternativa. Al termine della riunione il pessimismo
prevaleva.
Eppure, durante la manifestazione di amministratori e
parlamentari locali (assenti quelli governativi) tenutasi davanti ai
cancelli dell'Indesit di None venerdì scorso, si respirava un'altra
aria. Il deputato Giorgio Merlo aveva dichiarato di aspettarsi una
qualche concessione dall'incontro di ieri: «All'Indesit sappiamo
chi comanda - aveva detto -, ci aspettiamo molto dalla
famiglia Merloni, di cui un componente siede in Parlamento nel Pd,
che tenga fede agli impegni che ha assunto con noi. Oggi ci sono le
condizioni per continuare a lavorare in questo stabilimento».
Si sussurava poi di un ammorbidimento delle posizioni dell'azienda.
Martedì invece la delegazione dell'Indesit Group (Rosini,
direttore industriale, figura che viene subito dopo l'amministratore
delegato; Stango, responsabile Risorse umane e Ganburra, direttore
di prodotto) ha alzato un muro, trincerandosi dietro la scadenza del
2 marzo in Inghilterra. Essendo una multinazionale, ci sarebbe
l'obbligo di chiudere le audizioni in quella sede prima di procedere
alle trattative.
«In questo momento non possiamo dire di più di quanto già
comunicato in precedenza» hanno spiegato, dopo aver
sottolineato che «gli sgravi fiscali concessi dal Governo hanno
deluso le nostre aspettative, noi speravamo in incentivi simili a
quelli del settore auto e intanto continuamo a perdere mercato».
Deluso, al pari degli altri sindacalisti, Enrico Tron della Cisl:
«Chiusa la pratica al Cae dove i sidacati daranno parere
contrario a qualsiasi ipote di chiusura, bisognerà partire subito
con la trattativa e affrontare il nocciolo del problema, ovvero come
salvare None e togliere i lavoratori dall'incertezza», ci ha
detto al termine dell'incontro. Da più parti però si fa notare con
preoccupazione che intanto i magazzini degli stabilimenti si stanno
svuotando e di fornitori non se ne vedono più, mentre l'incertezza
esaspera gli animi.
Alberto Maranetto
(ha collaborato Paolo Polastri)
|
(Del 25/2/2009 Sezione: Cronaca di Torino Pag.
68)la stampa
CORTEO A TORINO
Gli operai Indesit “Vogliamo lavorare”
«Lavorare noi vogliamo lavorare». Lo cantano sull’aria di un coretto
da stadio, lo ritmano, lo urlano. I lavoratori della Indesit stanno tutta
la mattina di fronte alla palazzina dell’Unione industriale dove è in
corso l’incontro con l’azienda. Aspettano di sapere quale sarà il
futuro dello stabilimento di None. Ma neppure ieri è arrivata una parola
definitiva: la direzione ha solo ribadito che l’ipotesi di chiusura
resta in piedi. Di più si saprà solo dopo il 2 marzo quando a Londra si
terrà il Comitato aziendale europeo - pare che sia intenzione della
Indesit chiudere una sede in Gran Bretagna - e per il 5 marzo a Torino è
convocato un nuovo incontro.
Domenica Campanella in piazza ci è venuta con una grande foto dei tre
figli: Alessia, Ilaria e Denis, 6, 4 e 2 anni. Dice: «Ho portato le foto
perché si veda che ci sono bambini in carne e ossa che devono mangiare,
ma come faremo se chiuderà la fabbrica?». L’umore dei lavoratori è
nero. Sanno che li attende una battaglia durissima: non far chiudere lo
stabilimento nel bel mezzo di una crisi. Nunzia Caputo è nera: «Ci
avevano assicurato che l’apertura della sede polacca era destinata al
mercato dell’Est e invece portano laggiù le nostre lavastoviglie».
Luigi Spinelli ricorda quando a None sono arrivati dalla Polonia in 50 a
imparare il lavoro. Dice: «Glielo abbiamo insegnato ovviamente; la
Indesit assicurava che là il mercato cresceva e c’era bisogno di
produrre. E invece dopo le ferie è incominciata la cassa e poi la botta
della chiusura».
Con gli operai della Indesit ci sono quelli della Cabind; per loro il
peggio è già arrivato. Tra 75 giorni resteranno a casa; l’azienda
fornitrice della Indesit se ne va in Polonia. Fabrizio Tiengo e Enrico
Vair dicono: «Siamo in 78 tutti sotto i 40 anni e tante coppie. Dove lo
troviamo un lavoro? C’è la crisi e noi potremo stare in mobilità solo
un anno. La realtà è che le aziende usano la crisi per andarsene dove il
lavoro costa meno».
il
manifesto 25.2
liberazione 25.2
Crisi: Indesit,
decisione su futuro None dopo board europeo |
Sciopero il 2 marzo in stabilimenti
italiani |
(ANSA) - TORINO, 24 FEB - La Indesit
ha confermato l'ipotesi di chiusura dello stabilimento di None, nel
torinese, che occupa 600 lavoratori, ma la decisione sara'
ufficializzata dopo la riunione del Comitato aziendale europeo, in
programma a Londra il 2 marzo. E' quanto emerso dalla riunione tra
sindacati board aziendale che si e' svolto stamani a Torino. Fim,
Fiom e Uilm, che questa mattina hanno organizzato un presidio dei
lavoratori Indesit in concomitanza dell'incontro, annunciano uno
sciopero in tutti gli stabilimenti italiani per il 2 marzo. La
riunione tra board e sindacati e' aggiornata al 5 marzo.(ANSA). |
(Del 24/2/2009 Sezione: Cronaca
di Torino Pag. 60)la stampa
INDESIT E CABIND
Manifestazione per dire no alla chiusura
Stamattina si terrà incontro all’Unione industriale tra il
coordinamento nazionale sindacale della Indesit e l’azienda nel corso
del quale il sindacato ribadirà il no alla chiusura dello stabilimento di
None. La sensazione è che non usciranno novità di rilievo attese
piuttosto dal Cae del gruppo previsto per il 2 marzo. I lavoratori della
Indesit hanno organizzato un presidio di fronte all’Unione industriale
al quale partecipano anche gli operai della Cabind di Chiusa San Michele.
L’azienda, fornitrice della Indesit di None - della multinazionale Usa
Eci - ha annunciato la chiusura per trasferire le produzioni in Polonia. E
ieri, a riprova della crisi del metalmeccanico bianco, sono stati decisi
55 esuberi su 70 alla Cebi di Rivoli; produce resistenze per la Zanussi.
( alle 10 circa 250 lavoratori davanti all'U. Industriale) - ndr
24.2 -Oggetto: sciopero in tutti gli stabilimenti Indesit italiani
Indesit/ Sindacati: No chiusura sito Torino,2 ore sciopero 2 marzo
Confermata cassa integrazione per tutti stabilimenti gruppo
Roma, 24 feb. (Apcom) - Il coordinamento nazionale di Fim, Fiom e Uilm
ha incontrato a Torino, nella sede dell'Unione industriali, i
rappresentanti della direzione del gruppo Indesit. Lo riferisce un
comunicato sindacale.
L'azienda, spiegano i sindacati, "ha confermato i dati negativi
consuntivati nel 2008 sia relativamente ai volumi prodotti sia
relativamente al fatturato e ha annunciato il perdurare e il
tendenziale aggravarsi delle difficoltà nel 2009". L'azienda ha
inoltre ribadito il programma di cassa integrazione ordinaria per
tutti gli stabilimenti del gruppo per tutto il 2009 e confermato di
avere allo studio l'ipotesi di chiusura dello stabilimento di None
(Torino), che occupa 600 persone, nel quale si producono
lavastoviglie, e di uno stabilimento nel Regno Unito che produce
lavatrici dove sono occupati 600 lavoratori.
"Esprimiamo preoccupazione e insoddisfazione per l'esito
dell'incontro
- dicono Fim, Fiom e Uilm - nel corso del quale non sono state fornite
risposte alle domande e alle richieste che i lavoratori e le
organizzazioni sindacali stanno ponendo relativamente alle soluzioni
possibili per mantenere le attività industriali nello stabilimento di
None".
"Chiediamo alla direzione della Indesit - proseguono - di non
tradurre
l'ipotesi di chiusura in decisione definitiva, ma di confrontarsi con
il sindacato fornendo riferimenti e spiegazioni chiare su costi,
prodotti, vendite e mercati e non evadendo ogni nostra domanda. E di
ricercare con noi soluzioni alternative alla ipotizzata chiusura
convinti che dalla crisi si possa uscire con percorsi condivisi,
investimenti, ricerca e innovazione e non con la delocalizzazione
delle attività produttive".
A sostegno della trattativa e contro la decisione di chiusura di
stabilimenti produttivi i sindacati hanno proclamato due ore di
sciopero il 2 marzo, in coincidenza con il prossimo incontro tra la
direzione aziendale e il comitato ristretto del Cae per le procedure
di informazione e consultazione previste dagli accordi e dalle norme
di legge. "Annunciamo fin d'ora una successiva manifestazione
nazionale - concludono - che coinvolgerà tutti i lavoratori del gruppo
che si terrà nel mese di marzo". Il prossimo incontro tra la
direzione
Indesit e i sindacati si terrà a Torino il 5 marzo. (facebook)
23.2.09
INDESIT DI NONE E OLIMPIAS DI PIOBESI:
COSA CENTRANO CON LA CRISI?
Gentile
Direttore,
La
crisi che si sta abbattendo sul nostro Paese probabilmente non ha ancora
dispiegato completamente la sua forza. Ci aspettano mesi, forse anni,
molto difficili e pesanti. Soprattutto per i giovani, i precari, ma anche
per le famiglie a basso reddito, gli immigrati, insomma i più deboli.
Questa
crisi non nasce per “volontà divina”: la crisi finanziaria si
trasferisce sull’economia reale; nasce perché salari e pensioni sono
troppo bassi, perché la precarietà del lavoro sta diventando la regola e
non l’eccezione; nasce perché la forbice tra salari e profitti (e
rendite finanziarie) in questi anni si è allargata; nasce per i ritardi
nella ricerca e perché il nostro “sviluppo” è sempre meno compatibile
con la tutela ambientale. Per uscire dalla crisi bisogna quindi, non solo
reimpostare le “regole finanziarie”, ma anche affrontare gli altri
temi.
Poi
si deve smascherare chi su questa crisi specula per imporre le proprie
scelte. I casi della Indesit di None e dell’Olimpias di Piobesi sono
esemplificativi. A fronte di una crisi di mercato, affrontabile con gli
strumenti normali degli ammortizzatori sociali (cassa integrazione e
mobilità) Merloni e Benetton vogliono imporre la chiusura di queste realtà
produttive ed il loro trasferimento: in Polonia per la Indesit, in Tunisia
per l’Olimpias. Non sono preoccupati del destino di 800 persone (650 +
150), ma unicamente di realizzare una scelta di politica industriale
portando il lavoro dove costa meno ed i diritti dei lavoratori sono molto
inferiori.
Tutti
assieme dobbiamo batterci perché ciò non avvenga: lavoratori, sindacati,
enti locali. Le condizioni per rimanere in Piemonte ci sono: risorse per
la ricerca e l’innovazione, per la formazione professionale,
infrastrutture d’avanguardia. Il futuro dei lavoratori e delle imprese
è possibile se si investe sulla qualità del prodotto e sulle competenze.
Il
nostro gruppo in Regione ha elaborato, più di un anno fa, una proposta di
legge contro le delocalizzazioni, ovvero per collegare i contributi
pubblici alla garanzia di permanenza sul territorio e alla responsabilità
sociale delle imprese. E’ ora che si discuta di questi temi. Se le
aziende rivedono le loro posizioni troveranno disponibilità a discutere e
a cercare soluzioni.
Se
così non fosse tutti dovranno essere a fianco dei lavoratori; e il nostro
partito sarà con loro per impedire che un territorio come il Pinerolese,
già fortemente penalizzato dal punto di vista industriale, paghi un
ulteriore prezzo per scelte che nulla hanno a che fare con la crisi, ma
che vogliono solo strumentalizzarla.
Gian
Piero Clement,
Capogruppo
Regionale PRC
Pinerolo,
23 Febbraio 2009 /comunicato stampa
19.feb 09
Oggetto: Indesit (To), domani manifestazione davanti fabbrica
Indesit (To), domani manifestazione davanti fabbrica
I lavoratori della Indesit di None, lo stabilimento di Torino sul
quale incombe il rischio della chiusura, manifesteranno domani
mattina
davanti ai cancelli. Alla protesta parteciperanno i sindaci della
zona
del pinerolese e una delegazione di lavoratori della Streglio,
azienda
della zona anch'essa in grosse difficolta'. L'iniziativa e' stata
organizzata per rendere esplicita la posizione comune che esiste tra
i
lavoratori della Indesit e le amministrazioni locali sul rifiuto
categorico della chiusura dello stabilimento. Martedi' 24 febbraio si svolgera'
un
incontro a Torino, alle ore 10, presso l'Unione Industriale, tra il
coordinamento nazionale dei sette stabilimenti del gruppo e la
proprieta' della Indesit. 'Nella riunione di martedi' la proprieta'
della Indesit - afferma Claudio Suppo, della Fiom-Cgil - deve fare
marcia indietro sulla chiusura dello stabilimento di None. Se non
dovesse succedere, i lavoratori continueranno con le iniziative di
lotta intraprese in questi giorni'.I lavoratori della Indesit di
None
sono circa 600. (su Facebook)
Edizione del 18
febbraio 2009 eco del chisone
Un fondo di 90mila euro per i residenti
None, dal Comune aiuti ai cassaintegrati
|
NONE - Con il crescente collocamento in cassa integrazione di
molti lavoratori, non solo delle più grandi industrie nonesi come
Indesit e Streglio, il sindaco Simeone ha istituito un tavolo
tecnico con i rappresentanti di tutti i gruppi consiliari, gli
assessori Cammuso e Garabello per stabilire interventi di aiuto a
favore delle persone in cassa integrazione.
Molti non riceveranno il pagamento dell’assegno direttamente
dall’azienda cui dipendono ma dovranno attendere l’Inps con
tempi assai più dilatati. «I problemi colpiscono tutti i
comparti. E l’Amministrazione interviene immediatamente a sostegno
delle famiglie attraverso l’esenzione di alcuni servizi a
carattere comunale, quali la seconda rata della quota per lo
scuolabus, i buoni mensa per gli alunni che frequentano le scuole
del territorio, l’esenzione dai ticket sanitari e la tariffa di
igiene ambientale», dicono la prima cittadina e l’assessore
al Lavoro Alessandro Cammuso.
I titolari di cassaintegrazione non retribuita con un reddito
inferiore a ottomila euro possono fare richiesta presso gli uffici
comunali; a riguardo della raccolta rifiuti riceveranno un
contributo a fondo perduto pari ad un terzo della spesa dovuta per
l’anno in corso.
«Tra le altre iniziative stiamo provvedendo all’anticipo di
una parte della cassa integrazione ai lavoratori residenti. Sono
stati messi a disposizione 90mila euro; se l’Inps autorizza,
procediamo all’elargizione. Poi sarà l’Istituto a reintegrare
il nostro fondo».
Dopo la richiesta della Streglio che ha chiesto la cassa per
oltre 50 dipendenti, si era diffusa con insistenza la notizia della
chiusura. Ipotesi che negli ultimi giorni sembra smentita
dall’azienda. Ad accrescere la preoccupazione dei dipendenti il
cedimento di alcuni pilastri presso un locale ad uso magazzino
situato all’interno del cortile, che ha compromesso la stabilità
della struttura (giudicata inagibile), ma l’intenzione è di
proseguire con la produzione nello stabilimento di via Sestriere.
g. v.
Edizione del 18 febbraio 2009 eco del
chisone
None, Carità auspica un fronte politico comune
None, Carità auspica un fronte politico comune
Indesit: l'opposizione invita a
lottare uniti
|
NONE - La paventata chiusura degli stabilimenti Indesit di
None? Una vicenda che ha scosso gli animi di un'intera
comunità. Anche Daniele Carità, capogruppo "Alternativa
per None", estende la propria solidarietà ai lavoratori
ed alle famiglie coinvolte: «Sono rimasto profondamente
colpito da questa situazione. Il mio pensiero va anzitutto a
loro». Ma non solo: la mente torna all'ottobre 2007, a
quel famoso sciopero indetto dalla sola Fiom ed alle prime
avvisaglie che qualcosa non andava. E qui le parole diventano
tese e piene d'amarezza: «Durante un Consiglio comunale
straordinario denunciammo l'incontro avvenuto a Varsavia tra
l'allora premier Romano Prodi e il dott. Merloni con
il ministro dell'Economia polacco Piotr Grzegorz Woniak:
durante quel meeting venne firmato l'accordo intesa per
il finanziamento di due nuove gigantesche fabbriche a Radomsko
in Polonia». L'idea che la produzione avrebbe potuto
essere concentrata, in un futuro non troppo lontano, in quel
Paese dell'Est era concreta: paura alimentata anche dalla
chiusura, in quei giorni, della Tecnocable, altra impresa
locale che serviva l'Indesit.
«A queste nostre osservazioni - prosegue
l'esponente dell'opposizione - sia il sindaco Simeone che
l'assessore al Lavoro Cammuso risposero come quel progetto non
costituisse un problema per gli operai di None. Nonostante,
inoltre, il concomitante sopraggiungere di lavoratori polacchi
nei nostri stabilimenti per apprendere diversi tipi di
lavorazioni, fattore certamente poco rassicurante».
Daniele Carità giudica troppo riverenziali i rapporti tra
l'Amministrazione comunale e la dirigenza Merloni: sia
accettando la costruzione dell'argine per proteggere questo
sito industriale dalle alluvioni, sia agendo con opportuni
sconti sulla tassa rifiuti. «Auspico un giro di
vite nelle relazioni con il management: alzare la voce in modo
opportuno ricordando tutti i passati favori. Maggioranza e
minoranza devono lottare insieme, concordando una linea
comune: bisogna evitare un dramma che peserebbe come un
macigno per l'economia locale e per molte anime del nostro
paese».
Federico Rabbia
Fabrizio Bassotti ha inviato un messaggio ai membri di NO alla
chiusura dello stabilimento Indesit Company di None(TO) 8Su
Facebook).
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Oggetto: leggete....la FIOM-CGIL aveva sollevato il problema già dal 2007
Siamo più di 600...continuiamo a diffondere
NONE - La paventata chiusura degli stabilimenti Indesit di None? Una
vicenda che ha scosso gli animi di un'intera comunità. Anche Daniele
Carità, capogruppo "Alternativa per None", estende la propria
solidarietà ai lavoratori ed alle famiglie coinvolte: «Sono rimasto
profondamente colpito da questa situazione.
Il mio pensiero va anzitutto a loro». Ma non solo: la mente torna
all'ottobre 2007, a quel famoso sciopero indetto dalla sola Fiom ed
alle prime avvisaglie che qualcosa non andava.
E qui le parole diventano tese e piene d'amarezza: «Durante un
Consiglio comunale straordinario denunciammo l'incontro avvenuto a
Varsavia tra l'allora premier Romano Prodi e il dott. Merloni con il
ministro dell'Economia polacco Piotr Grzegorz Woniak: durante quel
meeting venne firmato l'accordo intesa per il finanziamento di due
nuove gigantesche fabbriche a Radomsko in Polonia». L'idea che la
produzione avrebbe potuto essere concentrata, in un futuro non troppo
lontano, in quel Paese dell'Est era concreta: paura alimentata anche
dalla chiusura, in quei giorni, della Tecnocable, altra impresa locale
che serviva l'Indesit.
«A queste nostre osservazioni - prosegue l'esponente dell'opposizione
- sia il sindaco Simeone che l'assessore al Lavoro Cammuso risposero
come quel progetto non costituisse un problema per gli operai di None.
Nonostante, inoltre, il concomitante sopraggiungere di lavoratori
polacchi nei nostri stabilimenti per apprendere diversi tipi di
lavorazioni, fattore certamente poco rassicurante».
Daniele Carità giudica troppo riverenziali i rapporti tra
l'Amministrazione comunale e la dirigenza Merloni: sia accettando la
costruzione dell'argine per proteggere questo sito industriale dalle
alluvioni, sia agendo con opportuni sconti sulla tassa rifiuti.
«Auspico un giro di vite nelle relazioni con il management: alzare la
voce in modo opportuno ricordando tutti i passati favori. Maggioranza
e minoranza devono lottare insieme, concordando una linea comune:
bisogna evitare un dramma che peserebbe come un macigno per l'economia
locale e per molte anime del nostro paese».
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12/02/2009 09.42
Indesit: il
2008 finisce male il 2009 si prospetta difficile
la stampa
Situazione molto delicata per Indesit che ieri ha
diffuso i dati preliminari relativi all’esercizio 2008. Le vendite della
societa’ fabrianese attiva nella produzione di elettrodomestici si sono
attestate a 3,15 miliardi di euro circa, in calo del 7,4% a/a (-3,2%
escludendo l’effetto cambi), l’EBIT e’ sceso a 140,6 milioni (-26,9%
a/a) con un’incidenza sul fatturato pari al 4,5% (da 5,6%). I profitti
(55,5 milioni) si sono praticamente dimezzati rispetto al 2007.Purtroppo i
dati relativi al quarto trimestre evidenziano che la tendenza negativa
e’ in accelerazione: negli ultimi tre mesi dello scorso anno i ricavi
hanno fatto segnare una flessione del 15,8% a/a, con una perdita netta di
3,9 milioni di euro. In netto peggioramento anche la posizione finanziaria
dato che l’indebitamento finanziario netto a fine 2008 risultava pari a
470 milioni di euro circa, dai 330 di un anno prima.L’a.d. Marco Milani
ha dichiarato che le prospettive per il 2009 sono fosche in quanto non si
attende un cambiamento del contesto macroeconomico negativo che ha causato
la flessione dei risultati nel 2008. Indesit, secondo il manager, si
impegnera’ comunque a fondo per mantenere le posizioni sui mercati
europei, grazie anche al lancio di una batteria di nuovi prodotti.Nel
corso di una conference call l’amministratore delegato di Indesit ha
dichiarato di pensare alla chiusura di un altro stabilimento, oltre a
quello di None (TO), fuori dall’Italia.Situazione molto complicata
quindi, come attestano anche i movimenti del titolo in borsa che oscilla
sui livelli minimi da oltre dieci anni. Non sembrano aver avuto effetti
significativi i provvedimenti anticrisi del Governo, i quali contengono
anche incentivi per l’acquisto di elettrodomestici. Da notare pero’ il
fatto che il decreto pone dei vincoli non indifferenti per usufruire
dell’agevolazione del 20% sull’irpef: gli acquisti di elettrodomestici
devono infatti avvenire nell’ambito di una ristrutturazione edilizia.
(SF)
comunicato stampa
Indesit-11.02.09-pdf
11/02/2009
15.38 Indesit esamina i risultati del 2008- la stampa
FTA Online News
Il
Consiglio di Amministrazione di Indesit Company, riunitosi oggi a Milano
sotto la presidenza di Vittorio Merloni, ha approvato i risultati
consolidati del Gruppo nel quarto trimestre ed esaminato il preconsuntivo
dell’intero esercizio 2008.La crisi dei mercati e l’andamento
sfavorevole dei cambi hanno penalizzato i risultati dell’azienda.Il
fatturato del 2008 si è attestato a 3.154,9 milioni (-7,4% a cambi
correnti).L’Ebit si è attestato a 140,6 milioni (-26,9% a cambi
correnti).Il Consiglio di Amministrazione del gruppo proporrà
all’assemblea di non distribuire il dividendo per il 2008.”Indesit ha
saputo reagire per tempo all’andamento sfavorevole dei tassi di cambio e
al trend negativo della domanda - ha dichiarato il Presidente di Indesit
Company, Vittorio Merloni -, avviando già nel corso dell’anno passato
azioni volte a rispondere adeguatamente alle dinamiche del mercato. Questo
è avvenuto accelerando gli sforzi in ricerca e innovazione di prodotto,
migliorando significativamente il “price mix”, continuando a
migliorare la qualità e operando riduzioni sul fronte dei costi di
gestione”. (CD)
eco del
chisone 11.02.09


eco del chisone

Del
11/2/2009 Sezione: Cronaca di Torino Pag. 60)
EMERGENZA LAVORO CORTEO IN VIA ROMA E PIAZZA CASTELLO
La rabbia Indesit- la stampaTORINO
Primo: la Indesit deve restare aperta e attiva.
Secondo: urge un piano industriale. Terzo: il governo intervenga anche con
sostegni economici, altrettanto faranno gli enti locali, Regione,
Provincia e i 66 Comuni del Torinese dove vivono i 650 dipendenti della
fabbrica di Vittorio Merloni. E’ il messaggio che amministratori e
sindacati lanciano al consiglio di amministrazione dell’azienda, che si
riunisce oggi, e in vista del «tavolo nazionale» che si terrà martedì
24 all’Unione Industriale di Torino. «Tutti a rubare, andiamo tutti a
rubare», «Ci costringi a rubare»: cinquecento, seicento lavoratori
degli stabilimenti di None, Pinerolo, Vigone, hanno intonato minacce di
questo tenore sulla dolce melodia di Guantanamera, la canzone popolare
cubana contro la schiavitù. A urlare nel megafono da via Roma a piazza
Castello, sino a premere sulle porte del palazzo della giunta regionale,
protette da un nutrito cordone di poliziotti, si sono avvicendati
esponenti di Fiom, Fim, Uilm, ma anche semplici iscritti. Emiddio
Villaverde, 37 anni, ha diretto a squarciagola cori improvvisati. Slogan
studiati a tavolino? «Spontanei, è la rabbia che ce li detta - dice
l’operaio all’Indesit di None dal 1998 -, è il pensiero di come
sfamare due bambini. Anche mia moglie ha un lavoro incerto, interinale».
Sui capelli le donne indossano un nastro con la scritta «Io lavoro sicuro»:
«Il padrone - spiegano - ci ha regalato una tuta con questa frase e dopo
due settimane ci ha annunciato la chiusura: vuole trasferire tutto in
Polonia». E allora via... con «Chi non salta, polacco è, è, è».
Incitamenti da stadio e tanto sventolìo di bandiere rosse, bianche e
verdi dei sindacati, mentre Rifondazione distribuisce volantini per far
sapere che con Pdc, Pd si sono attivati in consiglio regionale. In prima
fila i sindaci dei Comuni più colpiti, tra loro Paolo Covato di Pinerolo,
Maria Luisa Simeone di None, Bernardino Ambrosio di Vigone. «Noi -
osserva Simeone - ci facciamo già carico di buoni mensa per i figli degli
operai». Covato rammenta che «la famiglia Merloni deve ricordarsi del
legame che ha con Pinerolo», infatti il capo stipite, Aristide, padre di
Vittorio, Francesco e Antonio, iniziò la sua carriera industriale nella
cittadina torinese come direttore di uno stabilimento che produceva
bascule. L’affetto non basta, con la crisi i soldi contano ancor di più,
e il settore degli elettrodomestici ha concorrenti forti all’Est,
sostengono i 113 dipendenti della Johnson di Moncalieri che si sono
aggiunti alla manifestazione: «Il nostro proprietario è cinese, dopo
cinque anni di cassintegrazione ci vuole chiudere, trasferendo tutto a
Hong Kong». Gli assessori regionali Angela Migliasso, Andrea Bairati,
provinciale Carlo Chiampa hanno ricevuto i sindaci, la delegazione
sindacale guidata da Chiarle, Tron (Fim), Lamendola, Mandarano, Suppo
(Fiom) e Basso (Uilm) e il portavoce Indesit, Gaetano Casalaina. Le
istituzioni sono concordi nel chiedere «soluzioni diverse dalla chiusura,
che è assolutamente immotivata».LUCIANO BORGHESAN
11.2.09 Lavoro nel Pinerolese: molti i fronti aperti
Le industrie del Pinerolese stanno attraversando un
periodo di forte crisi. In particolare la situazione dell’Indesit di
None rappresenta la preoccupazione più grave con la proprietà che ha
presentato ai sindacati la prospettiva di una possibile chiusura degli
stabilimenti. Della vicenda si è occupata anche la Regione Piemonte che
ha avviato un tavolo di crisi a cui siederanno sindacati e dirigenza
dell’Indesit che si riunirà questa settimana. La crisi però colpisce
anche molte altre situazioni delle valli valdesi con molti lavoratori in
cassa integrazione: fra gli alti spicca anche il caso della Caffarel a
Luserna. Da alcuni settori del sindacato giungono critiche anche alla
modalità di gestione della «cassa».Davide RossoLa situazione di crisi
dell’industria nel Pinerolese continua ad aggravarsi. Alle notizie di
chiusura dell’Indesit di None (600 i posti a rischio in uno stabilimento
storico del Pinerolese, che rappresenta uno dei più importanti centri di
produzione della zona) si sono aggiunte le notizie di cassa integrazione
alla Caffarel di Luserna San Giovanni, mentre continua l’incertezza
sulla Omvp di Villar Perosa. Preoccupazioni poi ci sono ovviamente alla
Skf e alla Sachs, sempre di Villar Perosa, e all’Euroball di Pinerolo,
stabilimenti in cui da tempo è attiva la cassa integrazione, e l’elenco
potrebbe continuare. Insomma non solo non si vedono spiragli ma crescono
le preoccupazioni.Sono settimane intense per i lavoratori, ma anche per i
sindacalisti e per i rappresentanti politici locali, settimane fitte di
riunioni per cercare «una qualche soluzione». Proprio in quest’ottica
ci si è mossi, a livello sia locale sia regionale, in quest’ultima
settimana soprattutto sulla questione Indesit. L’amministrazione di
Pinerolo per esempio, insieme a quella di None, ha incontrato il 4 un
rappresentante della Indesit Company. «Nell’incontro – dicono ai
Comuni – si è parlato di un’ipotesi di razionalizzazione del gruppo,
con possibili interventi anche sugli stabilimenti di None. Ulteriori
decisioni verranno prese soltanto a fine di febbraio, dopo l’incontro
con i sindacati in programma per l’11».Sulla questione si sono mossi
anche in Regione, con il capogruppo di Rifondazione comunista, Giampiero
Clement, che ha detto «inacettabile l’ipotizzata chiusura dell’Indesit».
E mercoledì 4 in Consiglio regionale è stato approvato un ordine del
giorno che prevede l’attivazione di un tavolo di crisi. Tavolo che è
stato convocato per martedì 10 e che vedrà la presenza dei vertici
aziendali, delle organizzazioni sindacali e degli enti locali.«La
comunicazione della Merloni alle organizzazioni sindacali con la quale si
prospetta la possibile chiusura degli stabilimenti Indesit di None – ha
detto Clement annunciando la convocazione del Tavolo – è l’ennesimo
segnale di una crisi che scarica i suoi costi sui lavoratori. Questa
scelta conferma che anche gruppi nazionali come la Merloni non si pongono
minimamente il problema occupazionale e pensano di risolvere i problemi
produttivi delocalizzando. Crediamo che anche per il settore
elettrodomestici vada costruita una politica industriale che sostenga le
produzioni nazionali e eviti le delocalizzazioni. Questa politica deve
incentivare la ricerca per produzioni più compatibili dal punto di visto
ambientale».Intanto ovviamente i sindacati non stanno a guardare e
convocano assemblee e incontrano rappresentanti del mondo civile oltre che
dell’industria. Proprio sul fronte Indesit si è tenuto un incontro a
Roma tra i rappresentanti sindacali e il vertice dell’azienda che ha
confermato che non sarà assunta alcuna decisione di natura strutturale
prima che si concluda la consultazione preventiva dei rappresentanti dei
lavoratori a livello transnazionale, prevista dalla direttiva europea. Nel
corso della riunione dopo aver esaminato le prospettive di mercato e la
situazione produttiva del Gruppo, si sono definiti i tempi e i contenuti
della consultazione dei lavoratori. «L’obiettivo – spiegano i
sindacati – è avere un parere dei lavoratori sul processo decisionale
dell’impresa, per far fronte al forte calo della domanda degli
elettrodomestici».E proprio qui sta il punto per l’Indesit company, che
prevede una riduzione delle vendite del 17% su scala globale, di cui il 9%
nell’Europa occidentale (-8% in Italia). «In base ai volumi produttivi
previsti – dicono all’Indesit – si stanno programmando le fermate su
base settimanale negli stabilimenti presenti in Italia, Polonia, Russia e
Turchia; mentre nel Regno Unito si applica la settimana corta. A questa
situazione si somma una situazione di criticità strutturali nelle
divisioni lavastoviglie e lavatrici. Nelle lavastoviglie i volumi di
produzione sono scesi dai 915. 000 pezzi del 2006 del solo stabilimento di
None, ai 769. 000 pezzi-anno del 2008». Secondo queste cifre l’azienda
sta valutando o l’uscita dal segmento o la concentrazione e
razionalizzazione delle attività in un unico stabilimento. Da ciò deriva
l’ipotesi di chiusura di None. Il sindacato ha ribadito «la necessità
di mantenere intatta la capacità manifatturiera dell’Indesit Company».
Ora si apre la fase della consultazione che prevede «incontri nei paesi
coinvolti e programmando un’ulteriore riunione del comitato sindacale
ristretto entro febbraio, che definirà come proseguire la consultazione».E
intanto nel Pinerolese rimangono aperte anche parecchie altre situazioni
di crisi. Su una in particolare la settimana scorsa si è mossa
l’Associazione lavoratori pinerolese: la Omvp. Il presidente di Alp,
Franco Breuza, infatti ha scritto alla dirigenza dell’industria
comunicando fra l’altro «il clima che si vive nello stabilimento,
frutto di una gestione della cassa integrazione diseguale e della non
informazione sulla vendita. Le voci che circolano, i consulenti che girano
per lo stabilimento, voci strane su presunti “buchi” nei bilanci.
Tutto questo in una situazione di grave crisi non aiuta un rapporto serio
tra le parti e rischia di produrre degenerazioni che non vogliamo».
riforma 11feb09
la stampa- 8.2.09
SENZA SOLDI
Monsignor Debernardi: anche la diocesi contro
la crisi
ll documento ufficiale, un messaggio ai fedeli, sarà presentato e
distribuito in tutte le parrocchie della diocesi solamente domenica 15
febbraio, ma già da qualche settimana il vescovo Piergiorgio
Debernardi sta lavorando per dare una risposta alle decine di domande
e sollecitazioni che arrivano anche alla chiesa locale sul problema
del lavoro. La notizia della chiusura degli stabilimenti Indesit a
None è solo l’ultimo di una serie di segnali allarmanti che il
mondo del lavoro pinerolese, alle prese con aziende in crisi di
liquidità o che fanno ricorso alla cassa integrazione, sta lanciando.
«Questa crisi sta portando a un incancrenirsi di situazioni di povertà
- esordisce Debernardi -. C’è difficoltà a trovare anche lavori
precari. Sono sempre di più le famiglie che bussano alle porte delle
parrocchie per chiedere aiuto». Una situazione in cui la Chiesa non
può solo stare a guardare; e il vescovo, allievo di monsignor Luigi
Bettazzi, vescovo emerito di Ivrea, ha deciso di scendere in campo in
prima persona. Lo fa dialogando direttamente con i sindacati, ma anche
mettendo in campo le risorse della Chiesa, proponendo (sull’esempio
della Caritas milanese) di destinare parte dell’otto per mille ai
lavoratori in difficoltà. «Ho chiesto ai sindacati - dichiara il
vescovo - di aiutare la diocesi a discernere le emergenze più
drammatiche. Li ho incontrati a fine gennaio. Al tavolo erano presenti
anche un membro del comune di Pinerolo, il direttore della Caritas don
Virgilio Gelato e don Bruno Marabotto, dell’Ufficio pastorale per il
mondo del lavoro. La situazione è per certi versi drammatica. Ci sono
casi in cui manca il coraggio di manifestare la situazione reale in
cui si trova la propria famiglia. Mercoledì ripeteremo l’incontro.
Dobbiamo individuare le aree più critiche del territorio, avere una
mappa precisa dei luoghi e delle famiglie che più di tutte sono
colpite dalla crisi». Oggi ai fedeli si chiederà anche di mantenere
la società compatta in questo momento. Sarebbe un errore, spiega
Debernardi, urlare «si salvi chi può». «Come vescovo - conclude -
mi chiedo cosa può dare la nostra Chiesa in momenti come questi. Per
tale motivo estendo l’invito a tutti i parroci di moltiplicare gli
sforzi verso le famiglie più in difficoltà. Da parte mia ho già
contattato la Caritas di Milano per avere suggerimenti. Ne sono certo,
potremo destinare una parte, anche consistente, dell’otto per mille
per questi problemi. Saranno piccoli segnali, ma importanti per dare
un po’ di serenità a chi in questo momento ha davvero bisogno».
fine:DVIROS
6 febbraio- manifesto- sara
farolfi
CRISI INDESIT /600 POSTI A RISCHIO
«No a incentivi per delocalizzare»«L’abbiamo
presa da rimanerci secchi», racconta Mara Alladia, «delegata da una vita»,
e «una delle poche, in un’azienda dove l’età media si aggira sui
35-40 anni, che eventualmente potrebbe maturare i diritti per la pensione
anticipata». Due ore di sciopero, ieri, per i 600 dipendenti dello
stabilimento Indesit di None, nel torinese, dopo le dichiarazioni
dell’azienda sull’ipotesi di chiusura dello stabilimento. Qualche
avvisaglia per la verità i delegati sindacali la avevano avuta quando
Indesit ha inaugurato a fine 2008 lo stabilimento polacco dove ora
vorrebbe concentrare la produzione di lavastoviglie. Non diversamente
dall’auto la crisi, con le conseguenti tornate di cassa integrazione, ha
iniziato a mordere a ottobre. «Ma ci hanno sempre detto che, tra gli
elettrodomestici, la lavastoviglie era l’unica ad avere un mercato, e
invece...». Una delocalizzazione bella e buona verso un paese a «diritti
zero» - sostengono i lavoratori - e forse l’azienda pensa di farla ora
proprio per il fatto che c’è la crisi. E da ieri anche qualche «incentivo»,
che i metalmeccanici della Fiom chiedono però di vincolare al «mantenimento
della produzione nel territorio e alla difesa dell’occupazione». In un
territorio già funestato dalla crisi Fiat (ma non solo), 600 posti di
lavoro in fumo - che in gran parte riguardano donne e interi nuclei
familiari - sarebbero un dramma per la provincia di Torino. Anche
l’ipotesi circolata sulla possibilità che la Indesit offra una dote
(cioè soldi) per la ricollocazione degli lavoratori in esubero presso
altre aziende del territorio, trova la netta contrarietà della Fiom (più
possibiliste Fim e Uilm). «Il problema non è una dote per ricollocare i
lavoratori fuori dalla Indesit - afferma Giorgio Airaudo, segretario
torinese della Fiom - Non si paga per scappare in Polonia, magari con gli
incentivi del governo». La chiusura dello stabilimento di None è stata
prospettata dall’azienda ai sindacati, martedì, solo come un’ipotesi,
ma è chiaro che una multinazionale quale è l’azienda guidata da
Vittorio Merloni non parlerebbe di ‘ipotesi’ se già non avesse deciso
la chiusura dello stabilimento. Due ore di sciopero in tutti gli
stabilimenti del gruppo (che sono 7 e occupano complessivamente 5 mila
persone nel paese) sono state proclamate da Fiom, Fim e Uilm. Il prossimo
incontro con l’azienda è stato fissato per il 24 febbraio. Per il 10 è
stato calendarizzato un incontro (con azienda, sindacati e istituzioni
locali) dalla regione Piemonte. «Ci faremo sentire», assicura Mara.
6.2.09
comunicato stampa
CLEMENT (PRC):
INACCETTABILE LA IPOTIZZATA CHIUSURA DELLA INDESIT DI NONE –MARTEDI’
PROSSIMO TAVOLO DI CRISI IN REGIONE
In merito alla ventilata chiusura degli stabilimenti Indesit
di None interviene il Capogruppo Regionale del Prc Gian Piero Clement:
“La comunicazione della Merloni alle organizzazioni sindacali con
la quale si prospetta la possibile chiusura degli stabilimenti Indesit di
None è l’ennesimo segnale di una crisi gravissima che scarica i suoi
costi sui lavoratori e sui posti di lavoro”.
“Questa scelta conferma che anche gruppi nazionali come la
Merloni non si pongono minimamente il problema occupazionale e pensano di
risolvere i problemi produttivi semplicemente delocalizzando: da una parte
si prendono gli incentivi statali, dall’altra si sposta la produzione
(probabilmente in Polonia) dove la manodopera costa meno”.
“Poco importa alla Merloni se il prodotto lavastoviglie, al
contrario di altri elettrodomestici, è ancora in evoluzione ed ha mercato
(non tutti sono dotati di lavastoviglie in casa); poco importa se la
qualità tecnica è frutto della conoscenza e dell’esperienza dei
lavoratori dello stabilimento di None; poco importa che per moltissime
famiglie il lavoro a None sia l’unica fonte di reddito: alla proprietà
interessa solo il massimo profitto”.
“Crediamo che anche per il settore elettrodomestici come per il
settore auto vada costruita una politica industriale che sostenga le
produzioni nazionali ed eviti le delocalizzazioni. Questa politica non può
essere incentrata unicamente sugli incentivi - anche se sono utili - ma
deve necessariamente incentivare la ricerca e l’innovazione per
produzioni più compatibili dal punto di visto energetico ed
ambientale”. “Mercoledì
scorso in Consiglio regionale è stato approvato un ordine del giorno a
firma mia e dei colleghi Chieppa e Larizza contro la chiusura dello
stabilimento e l’attivazione immediata di un tavolo di crisi che è
stato convocato per martedì 10 alle 18,30 presso la Giunta regionale e
che vedrà la presenza dei vertici aziendali, delle organizzazioni
sindacali e degli enti locali. Mi auguro che ci sia ancora spazio per la
trattativa e per rivedere questa scellerata decisione”.
Torino, 6 Febbraio 2009
(Del 5/2/2009 Sezione: Cronaca di
Torino Pag. 69)la stampa
Le istituzioni si
mobilitano
Martedì il primo incontro in Regione Cota: “Chiesto
l’intervento del governo”Sarà martedì in Regione il primo tavolo
sulla crisi Indesit; lo hanno convocato gli assessori Migliasso e Bairati.
La convocazione è l’atto formale di una giornata di mobilitazione non
solo dei lavoratori. Il Consiglio regionale del Piemonte ha approvato
all’unanimità un ordine del giorno dei consiglieri Vincenzo Chieppa (Pdci),
Rocco Larizza (Pd) e Gian Piero Clement (Prc) che sollecita la giunta a
avviare il tavolo e coinvolgere il governo per evitare la chiusura dello
stabilimento. Il presidente della Provincia riprende un tema sollevato dal
sindacato: «Se il governo approverà incentivi per il settore degli
elettrodomestici, l’azienda di None non ha alcun motivo per chiudere».
In sintonia il sindaco Chiamparino: «Bisogna che, muovendo tutte le leve,
si impedisca assolutamente la chiusura dello stabilimento torinese: si
accompagnino le necessarie riorganizzazioni che questo gruppo deve avere,
ma si impedisca che chiuda». Per il segretario del Pd Gianfranco Morgando
gli imprenditori si devono «ricordare della responsabilità sociale che
hanno nei confronti dei territori dove producono e dei lavoratori che
impiegano: le aziende non sono delle astronavi aliene che atterrano dove
ritengono più comodo e ripartono quando a loro più conviene». E il 20 a
Pinerolo ci sarà l’ex ministro Cesare Damiano. Sul caso Indesit
interviene anche il presidente dei deputati della Lega Nord, Roberto Cota:
«Abbiamo chiesto interventi anche per il comparto elettrodomestici
pensando proprio a una realtà come la Indesit, per dare un segnale a
questi lavoratori che stanno vivendo ore di angoscia. Accogliamo con
favore le dichiarazioni del presidente Berlusconi che ha annunciato
interventi di sostegno rilevanti per i settori dell’auto, della
componentistica e per chi produce elettrodomestici». E anche per Andrea
Buquicchio dell’Italia dei valori «gli incentivi del governo devono
essere vincolati al mantenimento dell’azienda a None».
Indesit, proseguono gli scioperi la stampa 5.2.09
Il 24 febbraio è previsto il primo confronto fra
l’azienda e le organizzazione sindacali NONEProseguono anche oggi gli
scioperi dei lavoratori della Indesit di None (Torino) contro la chiusura
dello stabilimento.Oggi in fabbrica si è svolta un’assemblea nel corso
della quale, secondo fonti sindacali - i lavoratori hanno manifestato
sconcerto per l’intenzione dell’azienda di chiudere la fabbrica
nonostante gli incentivi previsti anche per il settore degli
elettrodomestici. «Non siamo lavoratori in saldo e quindi non siamo in
vendita», hanno detto alcuni dipendenti intervenendo all’assemblea a
proposito dell’ipotesi di una “buonuscita” offerta dall’azienda
per cercare altri posti di lavoro.Il 10 ci sarà una manifestazione
davanti alla Regione, in concomitanza con l’incontro fra i sindaci e le
parti sociali, mentre il 24 febbraio è previsto il primo confronto fra
l’azienda e le organizzazione sindacali all’Unione Industriale di
Torino.L’assessore regionale al Lavoro, Angela Migliasso, in attesa
dell’incontro nazionale per affrontare la crisi dell’Indesit, previsto
per il 24 febbraio, ha convocato presso la sede regionale per martedì 10
febbraio un tavolo di crisi con la proprietà, i sindacati e le
istituzioni locali.l 10 febbraio, in occasione dell’incontro convocato
dalla Regione Piemonte, i lavoratori saranno in sciopero. La
mobilitazione, indetta da Fim, Fiom e Uilm, prevede 2 ore di stop al primo
turno e 6 ore al secondo. «I lavoratori hanno lanciato un segnale chiaro
all’azienda - commenta Dario Basso, della segreteria torinese della Uilm
- e il loro è un gesto di responsabilità: non ci saranno scioperi
selvaggi o occupazioni. In un momento difficile come questo, dimostrano
che la loro volontà è portare avanti la produzione. Si tratta - conclude
Basso - di un vero schiaffo morale alla proprietà».«Noi siamo disposti
a discutere - afferma il segretario generale della Fiom torinese, Giorgio
Airaudo - solo se l’Indesit decide di rimanere con la produzione e lo
stabilimento a None. Qualunque altra ipotesi non è praticabile. Le forme
di lotta le decidono i lavoratori».Per il segretario generale della Fim,
Claudio Chiarle, l’ipotesi di chiusura «è gravissima e da respingere
perchè rappresenta un dramma sociale, e non solo occupazionale, per il
territorio».
(ANSA) - FABRIANO (ANCONA), 5 FEB - Oltre cento
lavoratori della Indesit Company hanno scioperato e attuato un blocco
stradale nei pressi dello stabilimento di Albacina (Ancona). In segno di
solidarieta’ con i colleghi dello stabilimento di None (Torino), di cui
e’ prevista la chiusura, hanno presidiato la strada provinciale Muccese
dalle 10 alle 11. La polizia e’ intervenuta quando un camionista ha
tentato di forzare il blocco ed e’ stato aggredito dai manifestanti.
E’ stato denunciato per avere messo a repentaglio l’ordine pubblico.
vedi indesit-repubblica 5.2.09
pdf
INDESIT - Annunciata la chiusura: ”Pronti ad
occupare”-5.2.09
Il giorno dopo l´annuncio della chiusura, i 650 dipendenti della
Indesit di None, alle porte di Torino, escono in strada, bloccano il
traffico e chiedono che gli incentivi del governo per l´elettrodomestico
«siano subordinati al mantenimento delle produzioni in Italia». Ma
mentre sale la protesta, trapela l´indiscrezione su una «proposta
indecente», così la definiscono i sindacalisti: per la prima volta in
Italia si applicherebbe una sorta di cassa integrazione fai da te
offerta dall´azienda al tavolo sindacale di martedì scorso a Roma.
In sostanza ciascuno dei lavoratori otterrebbe una cifra consistente
(compresa, si dice tra i 20 e i 30 mila euro) come indennità per la
perdita del posto e l´impegno dell´azienda a cercare altri posti di
lavoro.
«La proposta - dice Giorgio Airaudo della Fiom torinese - non è
accettabile perché in questo modo si favorisce il trasferimento delle
produzioni fuori dall´Italia. Le aziende pagano e si sottraggono alle
loro responsabilità verso un territorio».
«Invece di lanciare allarmi sarebbe il caso di cominciare ad agire»,
dice il sindaco di Torino Sergio Chiamparino. Anche se non pochi, a
cominciare dal primo cittadino torinese, pensano che dietro l´annuncio
sulla chiusura possa esserci anche l´intenzione di premere sul governo
per ottenere incentivi a favore del settore. Una condotta aziendale che
sarebbe certamente spregiudicata. «Quel che chiederemo - dice il
segretario della Fim torinese, Nanni Tosco - è che per l´elettrodomestico
come per l´auto la concessione degli incentivi al mercato sia vincolata
a impegni precisi delle aziende per mantenere il lavoro negli
stabilimenti italiani». Come del resto stanno chiedendo le
organizzazioni sindacali in tutti i paesi in cui i governi stanno
scendendo in campo per salvare l´economia.
«In questo paese la Indesit è come la Fiat a Torino. Chiuderla
significa provocare un disastro sociale», ricorda il sindaco di None,
Maria Luisa Simeoni. Ufficialmente la Indesit non ha ancora comunicato
la data della chiusura di None, dove si producono lavastoviglie di
ultima generazione a basso impatto ambientale. Ma nell´incontro di
martedì a Roma i rappresentanti del gruppo hanno fatto capire che la
chiusura dello stabilimento torinese sarebbe compensata dall´aumento
della produzione nello stabilimento gemello in Polonia. «Il paradosso -
facevano osservare ieri i sindacalisti - è che il trasloco avverrebbe
proprio mentre il governo italiano sta per varare gli incentivi anche al
mercato degli elettrodomestici».
Dietro la decisione di chiudere la fabbrica di None ci sarebbero i
contraccolpi del calo di commesse sul mercato russo - dove la Indesit è
leader - ma anche la necessità di fare cassa per far fronte a una crisi
di liquidità. Difficilmente la questione verrà affrontata nel prossimo
cda dell´azienda in programma l´11 febbraio: «Prima intendiamo
discutere l´argomento con le organizzazioni sindacali», facevano
osservare ieri fonti del gruppo. Il futuro della Indesit di None si
conoscerà dunque a fine mese. Il 24 febbraio è stato infatti messo in
calendario un incontro tra azienda e sindacati all´Unione industriale
di Torino.
Indossano magliette blu marchiate Indesit e una scritta sul petto.
"Io lavoro sicuro". Un motto che suona come uno sblerleffo per
i 650 dipendenti di None, ora che l´azienda ha comunicato l´idea di
chiudere lo stabilimento. Basiti, oltre che arrabbiati, gli operai
Indesit. «L´ho saputo dal telegiornale all´ora di cena, stavo
scolando la pasta. Ma si può essere trattati così?» sbotta Franco, 11
anni in azienda. Delusi da un gruppo che credevano più serio. «L´Indesit
non è in difficoltà, ma usa la crisi come alibi per andare a fare
lavastoviglie in Polonia, dove costa meno», dicono un po´ tutti. E per
risposta loro, i potenziali futuri licenziati, hanno bloccato il
traffico sulla strada regionale 23 che collega Torino al Sestriere, per
due volte, dalle 9 alle 11 e alle 14 alle 16, costringendo automobilisti
e camionisti a qualche chilometro di deviazione per bypassare il
presidio di None.
Un´ipotesi, quella della chiusura, confermata anche da Gaetano
Casalaina, direttore dello stabilimento di Fabriano, arrivato ieri
mattina a None. Ieri i sindacati hanno proclamato due ore di sciopero
per turno, adesione al 90 per cento, durante le quali i dipendenti hanno
manifestato davanti ai cancelli dell´azienda. «Se sarà necessario
occuperemo lo stabilimento», minacciano. Nei prossimi giorni si
continuerà con alcune ore di sciopero ogni giorno, ma già dalla
prossima settimana l´azienda aveva fissato 10 giorni di cassa
integrazione. Martedì saranno in presidio in piazza Castello, dove ci
sarà un incontro tra sindacati ed enti locali e già pensano di
organizzare un pullman per mercoledì, per andare a manifestare a
Fabriano durante il cda del gruppo Merloni, proprietario della Indesit.
Tutte scadenze che scandiscono il tempo di un´altra data, il 24
febbraio, quando l´azienda incontrerà i sindacati.
Al picchetto ieri pomeriggio sono arrivati il sindaco di None, Maria
Luigia Simeone, il presidente del consiglio provinciale, Sergio Vallero,
con l´assessore provinciale alle Attività produttive, Carlo Chiama, e
l´assessore regionale al Lavoro, Angela Migliasso, che ha cercato di
tranquillizzare gli animi: «Se si tratta di una crisi industriale è un
conto, ma forse è solo di una manovra per ottenere gli incentivi».
Incalza il presidente della Provincia, Antonio Saitta: «Se il governo
approverà incentivi per il settore degli elettrodomestici, l´azienda
di None non ha nessun alibi per chiudere». D´altra parte che sia un
problema industriale, i lavoratori non ci credono. Dentro la fabbrica ci
sono quattro linee di lavastoviglie di ultima generazione,
eco-compatibili e una sola, che occupa 50 addetti, del vecchio modello.
In tutto 3.900 pezzi al giorno, 900 mila in un anno. Ora che i consumi
sono in calo, anche l´azienda pensa di ridurre la produzione a 640 mila
pezzi. E per quelli è sufficiente lo stabilimento polacco. «Quando
hanno deciso di aprirlo dicevano che era per i nuovi mercati dell´Est -
ricorda un altro lavoratore, Beppe - Abbiamo scioperato, ci siamo
opposti, ma non immaginavamo che l´avrebbero usato per farci fuori».
Anche Gianfranco Morgando, segretario piemontese del Pd, sollecita il
gruppo dirigente: «Gli imprenditori si ricordino della responsabilità
sociale che hanno nei confronti dei territori dove producono e dei
lavoratori che impiegano». E gli operai rilanciano: «È una delle
poche multinazionali italiane che abbiamo. Che prendano gli incentivi
per investirli all´estero è una beffa».
Sventolano bandiere dei sindacati e soffiano nei fischietti tutta la
loro preoccupazione. In azienda sono pochi quelli che potrebbero
approfittare di qualche incentivo alla pensione. L´età media è bassa,
32 anni, la metà dei lavoratori sono donne. E se perdere il lavoro è
una tragedia per chiunque, per qualcuno lo è ancora di più. Perché
non sono poche le famiglie in cui marito e moglie sono anche colleghi e
ora entrambi in bilico. Come Antonio Maccarone e Roberta Stoppa, 43 e 38
anni, un mutuo e due figli. «Ho già vissuto la chiusura dello
stabilimento della Iarsital, dieci anni fa - racconta lui - Non voglio
crederci che siamo daccapo». Ma in un´infelice classifica c´è anche
chi sta peggio. Giovanna Bratzu, 56 anni, è stata la prima della
famiglia ad essere assunta, 36 anni fa. «Ho già passato la crisi degli
anni 80 - dice - quando tutti gli stabilimenti in quest´area erano dell´Indesit.
Con il tempo ci siamo ridotti a 650 addetti, ma non si stava male». Così
ha convinto la figlia Letizia, 28 anni, che appena finita la scuola,
nove anni fa, è entrata in stabilimento. Lì ha conosciuto un collega,
Luigi, 35 anni, si sono sposati e hanno un figlio. E visto che tutto
sommato l´azienda sembrava un posto più sicuro di tanti altri, anche
il marito di Giovanna, Rocco Sestito, 61 anni, sette anni fa ha deciso
di lasciare il lavoro da camionista per unirsi al resto della famiglia.
E ora sono in quattro, a scongiurare il peggio: «Chiudere sarebbe una
tragedia».
Un fulmine a ciel sereno, dicono tutti. Tranne Anna, che pochi giorni fa
si è rivolta alla sua banca per un piccolo prestito. Mai un ritardo nel
mutuo, mai un problema con il conto. Eppure improvvisamente la sua busta
paga da 1.600 euro al mese non valeva niente: «Il responso è stato Ko,
bollino rosso - racconta - Il prestito mi è stato negato. Nemmeno l´impiegato
si spiegava perché, ma ora tutto mi è chiaro: noi siamo sempre gli
ultimi a sapere le cose, ma le banche sapevano con anticipo che un posto
fisso alla Indesit Company non era più una garanzia».
(Repubblica, 5 febbraio 2008)
vedi indesit
eco del chisone n.5-2009 prima pagina - pdf

http://195.110.140.254/merloni/images/00030562.pdf
manifesto
4.2.09
Torino, 4 feb. - (Adnkronos) -
Un tavolo di crisi regionale per affrontare il rischio chiusura dello stabilimento Indesit di None, dove sono occupati oltre 600 lavoratori. La richiesta e' contenuta in un documento approvato all'unanimita' dal Consiglio regionale del Piemonte. L'aula di Palazzo Lascaris, preso atto '''dell'annunciata volonta' da parte della proprieta' di chiudere lo stabilimento e concentrare la produzione in Polonia'', invita la Giunta regionale ''ad attivare immediatamente un tavolo di crisi regionale e a coinvolgere pienamente il Governo finalizzando la propria azione alla salvaguardia dello stabilimento e alla tutela dei livelli occupazionali''.
comunicato
In merito alla notizia della possibile chiusura
dello stabilimento Indesit di None (Torino), il Segretario regionale del PD del
Piemonte Gianfranco MORGANDO ha dichiarato:
“Desidero lanciare un messaggio ai vertici del gruppo Merloni affinché
riconsiderino l’ipotesi di chiusura dello stabilimento di None. In una fase
drammatica per l’economia della Provincia di Torino, non possiamo rassegnarci
a ricevere quotidianamente bollettini di guerra con l’elenco delle fabbriche
chiuse e dei lavoratori messi in cassa integrazione o in mobilità.
L’Indesit ha una grande importanza per None e per tutto il pinerolese e da
essa dipende il futuro di più di 600 famiglie. La politica non può assistere
impotente e rassegnata a questa opera di distruzione di posti di lavoro, di
sicurezze, di progetti di vita.
Il PD invita gli imprenditori a ricordarsi della responsabilità sociale che
essi hanno nei confronti dei territori dove producono e dei lavoratori che
impiegano: le aziende non sono delle astronavi aliene che atterrano dove
ritengono più comodo e ripartono quando a loro più conviene.
Gli aiuti alle imprese, indispensabili per fronteggiare la crisi in atto, devono
essere finalizzati al mantenimento dei livelli occupazionali sul territorio
piemontese. Siamo consapevoli della necessità per i nostri imprenditori di
essere competitivi sul mercato globale ma siamo anche convinti che ciò non può
avvenire praticando delocalizzazioni selvagge”.
Gianfranco MORGANDO, Segretario Regionale PD Piemonte
Torino, 4 febbraio 2009
(Del 4/2/2009 Sezione: Cronaca di Torino Pag. 60)la
stampa
EMERGENZA LAVORO IL GRUPPO MERLONI ANNUNCIA UNA RADICALE
RISTRUTTURAZIONE
Indesit vuole chiudere None
ANTONIO GIAIMO
Una botta che ha scosso i 650 lavoratori - moltissimi
giovani e in maggioranza donne - e l’intera comunità di None: lo
storico stabilimento della Indesit rischia la chiusura. Ieri mattina a
Roma, in un incontro tra l’azienda del gruppo di Vittorio Merloni e il
sindacato, la direzione ha illustrato l’ipotesi di chiusura mentre ci
sarà cassa integrazione nelle altre sedi italiane. Di più l’azienda
non vuol dire. La crisi è arrivata pesante e improvvisa nel
metalmeccanico «bianco» - solo lo scorso giugno erano stati confermati
53 contratti a termine - ma nessuno a None si aspettava una fine così
drammatica. La rabbia cresce perché - spiegano Fim, Fiom, Uilm nazionali
- «la chiusura di None è fatta per concentrare la produzione di
lavastoviglie nel nuovo stabilimento costruito in Polonia, a Radomsko».
Già stamattina ci sarà uno sciopero con presidio di fronte allo
stabilimento mentre il sindaco Maria Luisa Simeoni - che ha convocato ieri
pomeriggio una giunta straordinaria - riceverà i vertici dell’azienda.
E’ sconsolata: «Eravamo tranquilli; lo scorso anno si era raggiunto un
accordo che, con l’assunzione di una cinquantina di lavoratori, faceva
ben sperare sul futuro di un’azienda che fa parte della storia
industriale del nostro Comune. Faremo di tutto per scongiurare questo
pericolo». Durissima la reazione del segretario della Fiom, Giorgio
Airaudo: «L’annuncio viene da un gruppo che non ha mai chiuso uno
stabilimento in Italia e in un momento di crisi in cui dovrebbe esserci da
parte degli imprenditori un sostegno all’economia del Paese. Non si
possono chiudere sedi in Italia mentre lavorano gli stabilimenti polacchi
o del Far East». E aggiunge: «E’ il primo gruppo italiano che prova a
chiudere nel Torinese; noi ci opporremo con ogni mezzo. Questo territorio,
già fortemente gravato dalla cassa, non può sopportare la chiusura,
soprattutto se si tratta come in questo caso di un prodotto innovativo».
A None si producono lavapiatti, un modello nuovo di due anni: sono stati
779 mila i pezzi nel 2007, 850 mila lo scorso anno. E l’azienda aveva
previsto un aumento dei volumi produttivi del 5% tra il 2008 e il 2010.
Dario Basso della Uilm non ha dubbi: «Ritengo sia inaccettabile questa
prospettiva; fino a ieri l’azienda era data per sana, progettava e
investiva. Non è accettabile che si disattendano gli impegni senza
spiegazioni. Il territorio vive grandi difficoltà e i lavoratori
impiegati alla Merloni sono in prevalenza monoreddito». Claudio Chiarle,
segretario Fim, si appella agli enti locali e al governo e chiede un
tavolo nazionale «che scongiuri una chiusura che impediremo». Intanto
Fim, Fiom, Uilm nazionali hanno proclamato due ore di sciopero con
assemblee in tutti gli otto stabilimenti italiani del gruppo entro il 24
febbraio quando ci sarà un nuovo incontro con l’azienda. E anche Franco
Citraro della Ugl dice: «Non si capisce il perché di una scelta così
drastica». “È la fabbrica simbolo dell´area, se chiude per noi è la
catastrofe”La sorpresa dei dipendenti: “Le lavastoviglie non tirano più?
Ma se un anno fa hanno aperto uno stabilimento in Polonia”. Il gruppo
Merloni chiude None, 600 dipendenti in bilico. L´allarme dei sindacati di
Milena Vercellino Un’altra
chiusura eccellente nell´escalation di serrande abbassate che sta
falcidiando l´industria nel Pinerolese: stavolta a pronunciare la parola
“fine” è la Indesit, azienda del gruppo Merloni, che ha comunicato ai
sindacati l´intenzione di chiudere lo stabilimento di None. Anche se il
bollettino di guerra della crisi scandisce ormai quotidianamente il
tracollo del comparto metalmeccanico nella zona, per i 650 lavoratori e
per i sindacati la decisione, che verrà formalizzata nel prossimo CdA, l´11
febbraio, è una doccia gelida. Il responsabile della Camera del lavoro di
Pinerolo Fedele Mandarano lancia l´allarme: «Se chiude la Indesit per il
Pinerolese sarà la catastrofe. Abbiamo già 5mila cassintegrati e abbiamo
appena raggiunto un accordo col Comune di Pinerolo affinché chi è in
cassa non paghi i servizi come l´asilo nido: sono stati stanziati 50mila
euro a questo scopo. Ma queste misure sarebbero del tutto insufficienti di
fronte alla chiusura di una fabbrica che per noi è un simbolo».Tanto più
che l´azienda, secondo dati sindacali, stava attraversando la crisi con
poche settimane di cassa integrazione ed aveva previsto un aumento dei
volumi produttivi del 5% tra il 2008 e il 2010, mettendo in cantiere
investimenti per una nuova piattaforma e per un nuovo prodotto. Nel 2008 i
pezzi erano aumentati rispetto all´anno precedente, passando dalle
799mila lavastoviglie prodotte nel 2007 alle 850mila dello scorso anno,
seppure in leggero calo rispetto alle previsioni a causa dell´aumento dei
costi delle materie prime che sta mettendo in difficoltà il settore. La
prospettiva della chiusura è un duro colpo per l´occupazione nel
Pinerolese, che negli ultimi mesi ha visto il collasso di numerosi
stabilimenti produttivi.Tra queste, la Osv, azienda metalmeccanica di
precisione, 90 dipendenti: ai tempi del boom preolimpico aveva prodotto i
primi dieci prototipi della fiaccola e l´orologio per il countdown dei
Giochi, è fallita alla fine del 2008 lasciando tutti i lavoratori in
cassa. Poi, la Skf di Airasca, che ha messo 70 dipendenti in mobilità, e,
sempre del gruppo Skf, la Omvp, che attualmente utilizza la cassa e
intorno alla quale girano voci di vendita. L´elenco continua con la
Thilsen, azienda che produce componenti per la MiTo: travolta dalla crisi
dell´auto, ha messo tutti i 150 dipendenti in cassa. Ha chiesto invece 13
settimane di cassa a rotazione per i suoi 400 dipendenti la Dayco di
Airasca, a pochi chilometri dalla Indesit. Ed ora tocca ai lavoratori
dello stabilimento di None del colosso degli elettrodomestici: sono in
prevalenza donne e giovani che al 90% non hanno i requisiti per la
pensione. «Colpisce che l´annuncio venga da un gruppo che non ha mai
chiuso uno stabilimento in Italia - commenta Giorgio Airaudo, segretario
Fiom - . In un momento di crisi in cui dovrebbe esserci da parte degli
imprenditori un sostegno all´economia del Paese. Questo territorio, già
fortemente gravato dalla cassa, non può sopportare la chiusura di uno
stabilimento, soprattutto se diversificato dall´auto e con un prodotto
innovativo.Va respinta qualunque ipotesi di chiusura, perché le aziende
che chiuderanno in questa crisi non riapriranno più. Non vorrei che
dietro l´alibi della crisi si celi soltanto la voglia di trasferire la
produzione ad Est», aggiunge Airaudo, alludendo allo stabilimento Indesit
aperto nel 1999 a Lodz, in Polonia. «La prospettiva della chiusura è
inaccettabile - dice Dario Basso della Uilm - : fino ad ieri l´azienda
era data per sana, progettava e investiva. Non è accettabile che si
disattendano gli impegni senza spiegazioni. Il territorio non vive, così
come tutto il comparto metalmeccanico, un momento tranquillo e i
lavoratori impiegati nello stabilimento sono in prevalenza monoreddito. Il
sindacato si opporrà a questa decisione cercando soluzioni che non
gravino sui lavoratori».
Mercoledí 04
Febbraio 2009 |
Indesit chiude la fabbrica torinese
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il sole24ore |
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Paolo Bricco
MILANO
Indesit Company sta pensando se chiudere lo stabilimento di None,
in provincia di Torino. Nella fabbrica, che produce lavastoviglie,
lavorano 600 persone.
Per la prima volta nella sua storia, l'impresa presieduta da
Vittorio Merloni potrebbe interrompere definitivamente l'attività
di uno stabilimento in Italia. Non irrilevante l'impatto
occupazionale. Oggi Indesit Company ha nel nostro Paese circa
5.400 addetti. Dunque, a casa finirebbe l'11% della sua
manodopera.
La possibilità è stata comunicata ieri mattina dai vertici di
Fabriano ai sindacati radunati nel coordinamento nazionale delle
Rsu. «Fra le ipotesi di riorganizzazione del segmento
lavastoviglie - dice Maurizio Landini, responsabile nazionale per
gli elettrodomestici della Fiom Cgil - , c'è la concentrazione di
questa attività in Polonia, a Radomosko. Una opzione
sorprendente, se si pensa che le lavastoviglie sono fra i pochi
prodotti del settore che, al di là del rallentamento degli ultimi
mesi, hanno conservato un discreto valore aggiunto, dal momento
che non sono beni di sostituzione come i frigoriferi e le
lavatrici».
La tempistica di una scelta simile non dovrebbe però essere
strettissima: «Di certo - spiega un portavoce dell'azienda - la
decisione non verrà presa nel prossimo consiglio di
amministrazione dell'11 febbraio, in cui si discuteranno i conti
di fine anno». Per una decisione di questo tipo, dovrebbero
servire non meno di un mese o due.
Di sicuro, per ora, c'è il massiccio utilizzo della cassa
integrazione ordinaria. «A febbraio e a marzo - afferma Landini -
negli otto stabilimenti italiani, con differenze da caso a caso,
farà ricorso alla Cig in media per due settimane al mese. Dunque,
a causa del crollo della domanda, per adesso la produzione di
Indesit mediamente si dimezza». Oggi, negli stabilimenti e negli
uffici italiani sono previste due ore di sciopero con assemblea.
Il prossimo incontro fra sindacati e azienda è stato fissato per
il 24 febbraio.
Questo passaggio si presenta come il primo duro banco di prova per
Andrea Merloni, 41 anni, dallo scorso aprile vicepresidente del
gruppo, che sta sempre più esercitando nei fatti le deleghe
formalmente già attribuitegli quasi un anno fa, mentre il padre
Vittorio, all'età di 76 anni, lascia progressivamente più spazio
al figlio alla guida strategica del gruppo.
Ecco che, anche per Indesit Company, si preannuncia una
riorganizzazione non semplice. Che si inserisce in uno scenario già
estremamente debole. Certo, i casi sono molto diversi. Ma tutta
l'Italia, che dagli anni Cinquanta rappresenta la manifattura a
cielo aperto dell'elettrodomestico europeo, è punteggiata da
crisi gravi, da ristrutturazioni e da riorganizzazioni: basti
citare la Antonio Merloni (con la recente concessione della
autorizzazione comunitaria alla garanzia dello Stato sui debiti
della procedura di amministrazione straordinaria), la Electrolux
(due anni di Cigs a Susegana, 300 esuberi e la cessione di
Scandicci con 370 addetti) e la Whirlpool (431 esuberi fra Comerio
e Cassinetta, in provincia di Varese).
«In generale – osserva il responsabile nazionale per gli
elettrodomestici della Fiom Cgil – la situazione è drammatica.
A febbraio e a marzo, su 150mila addetti impegnati nelle aziende
produttrici e nei componentisti, la metà starà in cassa
integrazione».
Ieri, oltre alla notizia della possibile chiusura dello
stabilimento di None da parte della Indesit Company, ci sono state
le parole del premier Silvio Berlusconi sui provvedimenti in via
di preparazione per sostenere settori strategici, fra cui gli
elettrodomestici: in Borsa il titolo ordinario del gruppo Fabriano
ha concluso la seduta a 3,16 euro, in crescita dell'11 per cento.
paolo.bricco@ilsole24ore.com
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(04 febbraio 2009)
Notiziario Italic Business News News ITALIA PRESS agenzia stampa -
N° 23 - Anno XVI, 04 Febbraio 2009, 15:27:00
Politica economica ipotizzata la chiusura dello
stabilimento di None per concentrare la produzione a RadomoskoIndesit,
l’azienda italiana leader nelle lavastoviglie guarda alla PoloniaI
sindacati protestano in difesa dei 600 lavoratori a rischio in Italia
04.02.2009 15:02:27Torino - Dall’Italia alla
Polonia il passo per Indesit Company sembra essere breve. L’azienda
italiana leader nella produzione di lavastoviglie sta valutando
l’ipotesi di chiudere il proprio stabilimento di None, in provincia di
Torino per concentrare le attività nello stabilimento già esistente di
Radomosko in Polonia. La notizia, apparsa oggi sul quotidiano economico
Sole24Ore, sarebbe trapelata dall’incontro avvenuto ieri nella capitale
tra i vertici dell’azienda con sede a Fabriano e i sindacati radunati
nel coordinamento nazionale delle Rsu. A preoccupare adesso è il destino
dei 600 lavoratori della fabbrica torinese, che da soli costituiscono
l’11% dell’intera manodopera Indesit che conta un totale di 5400
addetti in Italia. Loro potrebbero infatti trovarsi, come è successo in
molti altri casi e per molte altre aziende, senza lavoro.Il gruppo Indesit
parla esclusivamente di ipotesi da vagliare e di tempi molto lunghi prima
di un possibile spostamento delle attività in Polonia. “Confermiamo che
ieri c’è stato a Roma un incontro tra azienda e sindacati - ha
dichiarato Federico Ziller, capo ufficio stampa del gruppo - dove Indesit
ha illustrato l’ipotesi di chiusura dello stabilimento piemontese. Ma si
tratta solo di una ipotesi, non c’è ancora nulla di ufficiale. E non ci
saranno novità in tempi brevi: al prossimo consiglio d’amministrazione
fissato per l’11 febbraio infatti non si parlerà di questo argomento.
In ogni caso la Indesit ha già due stabilimenti in Polonia che producono
lavastoviglie. Altri otto sono in Italia, 10 in tutto nel mondo. Negli
ultimi anni ci sono state acquisizioni di società all’estero per
migliorare le attività produttive e la Polonia, da questo punto di vista,
è una nazione importante, come anche la Russia, l’Inghilterra o la
Turchia”.I sindacati hanno già fatto sentire la loro voce in difesa dei
posti di lavoro a rischio nella filiale torinese del gruppo Indesit e gli
stessi lavoratori si stanno organizzando con assemblee e scioperi in tutti
e otto gli stabilimenti del Paese e nella stessa Torino. “Non siamo
d’accordo - ha spiegato Maurizio Landini, responsabile nazionale per gli
elettrodomestici della Fiom Cgil - sulla chiusura dello stabilimento in
Piemonte, vogliamo che l’azienda cambi idea. Il prossimo 24 febbraio ci
sarà un nuovo incontro per discutere la trattativa e vedremo cosa accadrà.
La Indesit preferisce costruire in Polonia i propri elettrodomestici perché
costa meno, ma in merito al mercato delle lavastoviglie questo è
incomprensibile. Infatti i prodotti della Indesit non costano di più
rispetto a quelli di altri marchi, inoltre il mercato è in crescita e la
qualità dei prodotti è alta”.Manodopera a basso costo o ricerca di
qualità? Per capire cosa veramente si nasconda dietro l’ipotesi Polonia
presa in considerazione dall’azienda di elettrodomestici per il suo
futuro abbiamo intervistato il segretario generale della Camera di
Commercio e dell’Industria Italiana in Polonia Cristiano Pinzauti. “In
ogni supermercato o negozio di elettrodomestici polacco - ha raccontato -
sono presenti i prodotti Indesit, l’impresa presieduta da Vittorio
Merloni. Qui in Polonia vanno per la maggiore, sono molto concorrenziali.
Probabilmente la scelta dell’azienda di investire in Polonia dipende
anche dall’ottima manodopera presente, assai qualificata. Essa non ha
però costi tanto inferiori a quella italiana, considerando che negli
ultimi anni i salari sono cresciuti molto per i polacchi. E poi se un
imprenditore volesse risparmiare sulla manodopera, allora opterebbe per
nazioni quali la Romania e la Bulgaria, sempre interne all’Unione
europea. A testimonianza delle buone prerogative della manodopera locale
basti pensare che lo stabilimento Fiat in Slesia l’anno scorso ha
ricevuto il premio come miglior stabilimento a livello qualitativo fra
tutti quelli del gruppo Fiat”.In ogni caso Indesit, che ha già due
stabilimenti attivi in terra polacca, non sarebbe certo la prima azienda
italiana a decidere di rafforzare la propria posizione in questa nazione
dell’Europa dell’Est. “I motivi per cui le aziende italiane hanno
deciso di investire in Polonia sono diversi. Innanzi tutto - ha aggiunto
Pinzauti - questa è una nazione con circa 40 milioni di abitanti in
grande sviluppo e con tassi del prodotto interno lordo doppi rispetto ad
altri Paesi europei. È un mercato che fa gola a chiunque. La Polonia, con
il suo sviluppo accelerato e la sua integrazione nella Comunità europea,
dà garanzie che sono diverse rispetto a quelle di nazioni meno integrate
come l’Ucraina e la Russia, dove i rischi potrebbero essere maggiori.
Gli imprenditori che qualche anno fa, prima che la Polonia entrasse
nell’Ue, hanno deciso di investire qui hanno fatto bene i loro conti,
essendo questa una nazione che permette di sviluppare il mercato delle
esportazioni anche nelle aree limitrofe”.Ad oggi è ancora molto
difficile stabilire con precisione il numero di imprese italiane attive
sul mercato polacco. Come spiega il segretario generale della Camera di
Commercio Italiana in Polonia, “non si conosce l’esatto numero di
aziende italiane presenti in Polonia, anche perché esse sono distribuite
su tutto il territorio e non solo a Varsavia. La nazione è più grande
dell’Italia e ha ancora grossi problemi di comunicazione a causa del
basso numero di autostrade presenti. In ogni caso si stima che le imprese
italiane sul territorio polacco siano parecchie centinaia, più che altro
piccole e medie imprese che fatturano meno di un milione di dollari,
indice sotto al quale il più delle volte non vengono prese neanche in
considerazione. Eppure sono presenti e con numerosi investimenti”.
simone Carletti |
News
ITALIA PRESS
Indesit Verso la chiusura lo stabilimento di None (Torino)il
giornale 4.2.09
La crisi
ha da tempo travolto anche gli elettrodomestici, e ieri si è appreso che
Indesit, il primo gruppo italiano del settore, intende chiudere lo
stabilimento di None, in Piemonte, nel quale lavorano 600 dipendenti che
fabbricano 700mila lavastoviglie all’anno. La notizia è stata diffusa
dai sindacati, dopo un incontro con l’azienda; la quale da parte sua ha
confermato l’ipotesi di chiusura, ma, non avendo ancora preso una
decisione, non ha comunicato nulla di ufficiale al mercato (ieri in Borsa
il titolo ha guadagnato l’11%, sulla scia della notizia che implica una
riduzione dei costi). «Premature» vengono definite sia la tempistica
dell’operazione, sia gli strumenti sociali che potrebbero essere
adottati. Nelle lavastoviglie il gruppo ha due stabilimenti, e la
produzione verrebbe concentrata in quello polacco. Oggi i 12mila
lavoratori dei 7 stabilimenti del gruppo Indesit sciopereranno per due
ore. La decisione è stata presa da Fim, Fiom e Uilm in segno di protesta
contro la chiusura.
mar, 03 feb @
23:14INDESIT DI
NONE CHIUDE: 600 LICENZIATIPubblicato in:: Numero 473-09 operai contro
La
Indesit, azienda di elettrodomestici di Vittorio Merloni, ha
annunciatol’intenzione di chiudere lo stabilimento di None (Torino) dove
lavorano in 600 .La Indesit, che ha un altro stabilimento nell’Est
europeo, produce a None fino a 900mila lavastoviglie all’anno. Gli
operai sono in gran parte giovani e sono numerose ledonne.La Indesit -
secondo dati sindacali - aveva previsto un aumento dei volumi
produttividel 5% tra il 2008 e il 2010, effettuando investimenti in una
nuova piattaforma e perun nuovo prodotto.Indesit Company S.p.A. è
un’azienda italiana, con sede legale a Fabriano (AN), tra iprincipali
produttori di elettrodomestici in Europa.Operai! vedete Berlusconi
promette soldi ai padroni per salvare i loro profitti. Anoi non interessa
salvare l’Indesit. A noi interessa avere i soldi per vivere e nonmorire
di fame. Non ci bastano le 700 euro della cassa integrazione.

03/02/2009 13.24
la stampa
Dalle parole del premier Berlusconi sostegno a Fiat,
Indesit e BremboFTA Online News Le parole del premier Silvio Berlusconi,
questa mattina a “Studio Aperto” su Italia 1, sostengono auto,
componentistica ed elettrodomestici. Effetti evideni su Fiat ed Indesit.
Il premier ha ricordato infatti che si stanno preparando altri
provvedimenti a sostegno del settore auto, della componentistica, del
settore della produzione di elettrodomestici e altri ancora. Sforzi
aggiuntivi verranno fatti anche per sostenere il credito per i
consumatori. Fiat guadagna il 2,65% circa a 3,87 euro, sostenuto anche dal
report di Ubs che ha aggiunto il titolo Fiat ai preferiti del comparto
dell’auto. Indesit Company sale del 3,85% circa a 2,9550. Recupera
terreno anche Brembo, negativa nella prima fase ed ora in sostanziale
pareggio a quota 3,29 euro circa.(A.M.)
RIPETIZIONE
CORRETTA DALLA FONTE.(ASCA) - Torino, 3 feb - La Indesit, azienda di
elettrodomestici del gruppo Merloni, ha comunicato ai sindacati
l’intenzione di chiudere lo stabilimento di None, nel Torinese, dove
sono impiegati circa 600 addetti, in maggioranza giovani e donne.”Una
decisione inspiegabile - afferma Giorgio Airaudo, segretario torinese
della Fiom - perche’ riguarda non un settore maturo, come quello dei
frigoriferi, ma quello delle lavastoviglie che ha un buon margine di
sviluppo. Non vorrei che dietro l’alibi della crisi si celi soltanto la
voglia di trasferire la produzione ad Est”.La Indesit ha aperto nel 1999
uno stabilimento a Lodz in Polonia. “E’ inoltre una decisione
inaccettabile - prosegue Airaudo - in un territorio gia’ falcidiato
dalla crisi dell’auto. L’azienda avrebbe ventilato l’ipotesi di
ricollocare i dipendenti, ma osserva Airaudo, non si tratta di “ipotesi
realistica in un territorio che vede la cig crescere in modo
esponenziale”.eg/rf/rob Indesit non vuole più lavastoviglie italiane(Teleborsa)
- Roma, 3 feb - La Indesit, azienda di elettrodomestici di Vittorio
Merloni, sarebbe intenzionata a chiudere lo stabilimento di None (Torino),
dove attualmente lavorano 600 persone. Lo riferiscono fonti sindacali.La
società potrebbe così porre termine alla produzione di lavastoviglie in
Italia, mantenendo quella dell’Est europa.La decisione potrebbe essere
formalizzata nel prossimo consiglio d’amministrazione che si svolgerà
l’11 febbraio.repubblica web Chiude Indesit, a casa in 600
comunicato fim
fiom uilm 3.2.09 pdf
la stampa 3.2.09
Fonti sindacali riferiscono l’intenzione
dell’azienda di porre termine alla produzione nello stabilimento di None
TORINO
La Indesit, azienda di elettrodomestici di Vittorio
Merloni, ha annunciato - riferiscono fonti sindacali - l’intenzione di
chiudere lo stabilimento di None (Torino) dove lavorano 600 persone.La
Indesit, che ha un altro stabilimento nell’Est europeo, produce a None
fino a 900 mila lavastoviglie all’anno. I dipendenti sono in gran parte
giovani e sono numerose le donne.«Colpisce che l’annuncio venga da un
gruppo che non ha mai chiuso uno stabilimento in Italia - commenta il
segretario generale della Fiom torinese, Giorgio Airaudo - in un momento
di crisi in cui dovrebbe esserci da parte degli imprenditori un sostegno
all’economia del Paese. Il territorio torinese, già fortemente gravato
dalla cassa, non può sopportare la chiusura di uno stabilimento,
soprattutto se diversificato dall’auto e con un prodotto innovativo. Va
respinta qualunque ipotesi di chiusura, perchè le aziende che chiuderanno
in questa crisi non riapriranno più».«Ritengo sia inaccettabile questa
prospettiva - osserva Dario Basso della segreteria della Uilm piemontese -
in quanto fino ad ieri l’azienda era data per sana, progettava e
investiva per il futuro. Non è accettabile che si disattendano gli
impegni senza spiegazioni. Il territorio non vive, così come tutto il
comparto metalmeccanico, un momento tranquillo e i lavoratori impiegati
alla Merloni sono in prevalenza monoreddito. Il sindacato si opporrà a
questa decisione cercando di favorire soluzioni che non gravino sui
lavoratori».«Purtroppo non si tratta di un caso isolato. Faremo di tutto
per tutelare e difendere i posti di lavoro», afferma il segretario
nazionale della Uilm Giancarlo Ficco, responsabile del settore.La Indesit
- secondo dati sindacali - aveva previsto un aumento dei volumi produttivi
del 5% tra il 2008 e il 2010, effettuando investimenti in una nuova
piattaforma e per un nuovo prodotto
storia dell’azienda Indesit Company S.p.A. è un’azienda
italiana, con sede legale a Fabriano (AN), tra i principali produttori di
elettrodomestici in Europa. Fondata
nel 1930 a Fabriano (Ancona) da Aristide Merloni come Industrie Merloni,
l’azienda di famiglia si dedica inizialmente alla produzione di bilance,
per arrivare agli inizi degli anni Cinquanta ad avere una quota di mercato
del 40% nel comparto. Pochi anni dopo è avviata la produzione di bombole
per il gas liquido e di scaldabagno. Vengono messi in commercio fornelli a
gas da applicare alle bombole.Progressivamente entra nella produzione di
elettrodomestici con il marchio Ariston. Nel 1970, con la morte del
fondatore, la Merloni viene riorganizzata in tre aziende autonome: dalla
divisione elettrodomestici nasce la Merloni Elettrodomestici, il cui
presidente è Vittorio Merloni; la Merloni Termosanitari, guidata da
Francesco Merloni; la divisione meccanica, con a capo Antonio Merloni.Nel
1985 la Merloni Elettrodomestici acquista la Indesit, fino ad allora
grande rivale nel mercato italiano, dotato però di una certa forza anche
all’estero. Due anni dopo l’azienda è quotata in borsa.Dal febbraio
2005 la Merloni Elettrodomestici viene rinominata Indesit Company: Indesit
è infatti un marchio più conosciuto all’estero. Oltre che col marchio
Indesit, l’azienda è comunque presente sul mercato con lo storico
marchio Ariston ed inoltre con i marchi regionali Hotpoint, Scholtès e
Stinol.A inizio 2007 Indesit Company ha presentato la nuova brand
architecture del Gruppo: il marchio Hotpoint viene abbinato ad Ariston,
dando vita a Hotpoint-Ariston.Le cifre [modifica]Indesit Company detiene,
al 2007, circa il 14% del mercato europeo degli elettrodomestici
“bianchi” (forni, frigoriferi, piani cottura, lavastoviglie e
lavatrici) con un fatturato consolidato di oltre 3,4 miliardi di euro e
produce circa 16 milioni di elettrodomestici venduti in 36 nazioni. È il
secondo produttore europeo dopo Electrolux.Indesit ha 17 impianti
produttivi tra Italia, Europa e altri paesi, e conta oltre 17mila
dipendenti.I marchi [modifica]· Indesit ·
Hotpoint-Ariston ·
Scholtès I programmi del Gruppo di AnconaA None la Merloni
aumenterà la produzioneLe differenze tra l’Est e l’Ovest
dell’Europa - Occupazione in crescita in ItaliaNONE - Se nella
classifica delle quote di mercato la Merloni, in Europa, si colloca al
terzo posto, la differenza dalla prima, che è la Electrolux, è di appena
l’1,1%.Considerato l’andamento degli ultimi periodi, è possibile
ipotizzare per la Merloni nuovi traguardi. La crescita annua del settore
tuttavia, nell’Europa occidentale, è bassa, mentre crescono le
sostituzioni. Per questo il Gruppo di Ancona ha avviato dei progetti
pilota per dimostrare che anche gli elettrodomestici possono migliorare lo
stile e la qualità della vita.Nell’Europa dell’Est, dove la Merloni
ha consolidato la sua leadership, quest’anno verranno investiti 100
milioni di euro per il raddoppio dello stabilimento delle cucine e la
costruzione di una nuova fabbrica di frigoriferi in Polonia e per la
realizzazione di un impianto per la produzione di lavatrici in Russia. Il
mercato, tanto ad Ovest come ad Est, si presenta simile per dimensione
(oltre 400 milioni di persone), ma ad Oriente il tasso di penetrazione dei
prodotti nelle famiglie è ancora molto basso.Nello stabilimento di None
è concentrata tutta la produzione del gruppo della lavapiatti, che negli
ultimi 5 anni è passata da 500mila pezzi a circa 900mila, corrispondenti
al 7% del totale dei pezzi prodotti dal Gruppo; per il 2004 è previsto un
incremento di oltre 200mila pezzi. I dipendenti, a None, sono 644.
Diciannovemila quelli del gruppo; di questi, 13.200 sono all’estero,
mentre 5.700 in Italia. Nel 2001, il totale dei dipendenti era di poco
superiore alle 13mila unità, ma nel 2002 superava quota 19mila. Il calo
degli addetti si è verificato all’estero, dal momento che gli addetti
in Italia sono passati da 480 nel 2001 ai 4.900 nel 2002 ai 5.700 nel
2003. Nel periodo compreso tra maggio 2003 e aprile 2004, l’aumento
dell’occupazione a tempo indeterminato è stato del 7%.Tra le novità
annunciate la scorsa settimana, la ridefinizione dell’architettura dei
marchi e, nel 2005, salvo inversione di rotta, il cambio del nome da
“Merloni elettrodomestici Spa” in “Indesit Spa”. Lo scorso anno la
Merloni ha investito in pubblicità crca 100 milioni di euro, finalizzati
soprattutto alla nuova campagna Ariston e al lancio dei nuovi prodotti
Ariston ed Indesit.Complessivamente, gli investimenti programmati per il
2004 sono superiori a 110 milioni, destinati per oltre la metà al
processo e per la parte rimanente (45 milioni) al prodotto. Per
l’impianto di None, dove nel 2003 sono stati investiti oltre 7 milioni
di euro (4,5 prodotto, 2,7 processo), gli investimenti programmati per
l’anno in corso superano i 4 milioni e mezzo.Al. Ne. eco del chisone
(2004)
Indesit
Corrias: "Studieremo la eco-lavastovoglie
e il prezzo sarà basso"
(ch. b.)
Ci stiamo concentrando sulla banda larga senza fili di nuova generazione e
sulle reti mobili internet
L´eco-lavastoviglie nascerà a Torino. Parola di Stefano Corrias,
laureato al Poli nel 1993, ex dirigente Fiat e oggi direttore innovazione
e tecnologie del gruppo Indesit (3,4 miliardi di fatturato), che nella
provincia torinese, a None, impiega nei suoi stabilimenti più di 600
persone.
Stefano Corrias, perché insediate un centro di ricerca al Politecnico?
«Il modello proposto dall´ateneo è fortemente innovativo. Ci interessa
il lavoro di network, la possibilità di operare a fianco con altre
aziende e ricercatori universitari. La nostra unità dedicata allo
sviluppo di nuove tecnologie ha braccia che si estendono un po´ ovunque,
dall´Italia fino agli Usa, come al Mit di Boston. Ma qui contiamo di
investire parecchio, candidandoci ad occupare nuovi spazi, qualora si
verificasse l´occasione. Intanto iniziamo con 5 addetti su 30 metri
quadri di laboratori e una cattedra targata Indesit su materiali hi-tech
che partità al Poli il prossimo anno accademico».
Su quali soluzioni vi concentrerete?
«L´elettrodomestico del futuro è a tinte verdi: eco-lavastoviglie e
lavatrici sostenibili Lavoriamo sul risparmio energetico e sulla riduzione
dell´impatto impatto ambientale. Rispetto della natura e minori costi per
il consumatore, questo è il business sui cui Indesit focalizzerà i suoi
sforzi».
(29 marzo 2008)repubblica
storia

Dati
di sintesi
• 1930 fondazione delle Industrie Merloni
• 1975 fondazione di Merloni Elettrodomestici
• 1987 quotazione alla Borsa di Milano
• 1987 acquisizione di Indesit
• 1997 nomina CEO esterno
• 2005 Merloni Elettrodomestici diventa Indesit Company
• 2 i marchi principali: Ariston e Indesit
• 3 i principali marchi regionali: Hotpoint, Scholtès, Stinol
• Il podio: Indesit Company è tra i primi tre produttori europei nel
settore
• 15% circa la quota di mercato in Europa
• 19 gli stabilimenti in Europa e nel Mondo
• 22 le sedi commerciali nel mondo
• 18.000 il numero dei dipendenti
• 3 miliardi di euro il fatturato
• oltre 14 milioni gli elettrodomestici prodotti all’anno
a. Estratto
Tesi
1. testi
di storia dell'Indesit
3. la
crisi pesa sull'Indesit... (il sole 24 ore- 30.10.08-link
4.storia
delle fabbriche / Indesit-
speciale Rbe mp3 di storie di storia- marzo2006 da Storie
di storia - da Radio Beckwith audio
5. Operaie e capitale - pdf
htm
6. La
condizione femminile in Piemonte- Rapporto IRES -pdf
7. Estratto
dal libro di Giorgio Ciravegna - pdf ( il libretto intero si può
richiedere in fotocopia a pierobaral@alpimedia.it
)
8. Sciopero
generale per l'indesit 1984 - pdf Arghittu (eco)
9. Cronache da
'il giornale di Pinerolo e valli 69-77
10. Articoli
da "Cronache del Pinerolese" -79-85
11. Pdf aziendale sulla
storia del gruppo - 2004
12. Titoli da
la stampa (69-90)
Fino al 1950 None era un paese
agricolo. I suoi abitanti rappresentavano un’anima sola,
costituivano una comunità.
Alcuni chilometri in più di distanza facevano già la differenza
e caratterizzavano la persona come ‘forestiero’.
L’irruzione della modernità e dell’industrializzazione colpì
brutalmente il cuore del mondo contadino.
Dal Meridione giunsero a None molti emigranti. Lo scopo
principale era trovare un lavoro, ma l’inserimento
nell’ambiente settentrionale poteva risultare faticoso e duro.
Negli anni tra il 1958 e il 1975 il paese raddoppiava i suoi
abitanti, passando da 2713 a 5810 residenti. |
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A None cominciarono a sorgere i
palazzi. Mutava il territorio, il paesaggio spesso veniva
deturpato. Mutavano i ritmi dell’esistenza, la percezione del
tempo e dello spazio.
Due drammi si incontravano e si scontravano: quello della gente
del Sud, disgregata, frantumata e non sempre ben accolta, e quello
delle comunità agricole e urbane del Nord che non riuscivano e
non volevano reggere il peso di mutamenti radicali e incalzanti,
che avrebbero portato anche tra loro disgregazione e
frantumazione.
Ma interessi di tipo economico prendevano il sopravvento e già
sovrastavano ogni dramma umano.
Oggi None ha quasi 8000 abitanti. (sito di None) |
“Tutto cominciò con la vertenza aziendale Indesit
del ‘71: i 6 mila e fischia produttori di lavatrici, televisori,
frigoriferi ecc si lanciarono in una lotta durata tre mesi per ottenere
pause nel lavoro di linea, sostituti assenti, rotazione e qualifiche,
superamento del lavoro al sabato. Una manodopera prevalentemente
femminile, di recente formazione e di scarsa tradizione sindacale, si trovò
a misurare il peso politico della sua partecipazione al lavoro produttivo
nella grande industria. Che il lavoro produttivo c’entrasse con la
politica era una cosa mai vista da quelle parti, o mai saputa, o
dimenticata: (ri)vedersela tra i piedi suscitava uno strano effetto di
spaesamento che generava o rifiuto conservativo o entusiastica adesione.La
ben nota miscela di metalmezzadri, ex braccianti del sud, immigrati dal
Polesine, reduci dalle grandi fabbriche e dalle miniere di Francia e
Germania, a contatto con la curiosità delle avanguardie studentesche
produsse una domanda di informarsi e di trovarsi cui il circolo diede una
sua risposta. Si partì dallo studio delle voci della busta pga ( il
premio collettivo orario fu l’argomento del primo opuscolo - del
settimanale ciclstilato 'La voce del padrone'), si fece una
capatina sul problema dei trasporti, poi dei prezzi e dei costi della
scuola (gratuità dei libri di testo).Importante fu l’iniziativa contro
la nocività dell’ambiente di lavoro: in collaborazione con alcuni
medici si rilevò la presenza della trielina nelle urine di operai. Si
ottenne la modifica di impianti e si riuscì a fare visite mediche a
gruppi di operai interessati al problema”dalla storia del circolo
operaio di None (md.)
"Incominciamo
ad imparare regole di comportamento originali nella lotta di fabbrica,
nella scrittura dei giornalini settimanali venduti ai lavoratori, nei
confronti dei gruppi extraparlamentari di allora e del PCI.
Si
possono riassumere come segue:
-
no all’idea che la classe operaia sia omogenea e pronta magari
all’appello alla rivoluzione da parte del ‘partito’ di turno, no
alla delega ai dirigenti a pensare e parlare a nome degli ‘iscritti’ o
della base elettorale, no alla battaglia per la propria ‘maglietta’
sindacale a spese della possibile unità dei lavoratori, no al ‘tifo’
per la lotta armata e per i Robin Hood che dicono che è arrivato il
momento della rivoluzione e iniziano a sparare sempre più in alto a nome
della classe operaia;
no alla divisione tra chi studia e chi lavora, necessità di
convincere i lavoratori a unire alla disponibilità alla lotta l’impegno
a farsi una cultura. Impariamo che chi vuole la lotta più dura può
rivelarsi un crumiro, come pure che gridare
al ‘contratto bidone’ o al ‘sindacato venduto’ non vuol
dire essere automaticamente disponibili a organizzarsi e
lottare in prima persona; inoltre che non si deve accettare ‘la
nomina a delegato a vita ( i senatori…), ma saper creare ricambi e saper
alimentare il dibattito e la partecipazione senza farsi delegare, e
staccare dalla produzione.
Impariamo
che la contraddizione tra borghese e proletario passa all’interno della
classe operaia e di ogni individuo, ma una cosa è dirlo e una cosa è
iniziare la propria rivoluzione personale.
"
(ricordi
di 'Orso')
negli
anni '70 era attiva all'Indesit anche la cellula del PCI (giornalino
ciclostilato 'Il pungiglione', la sinistra sindacale, le Acli
e soprattutto La FLM.
Il nostro obiettivo: la partecipazione a tutti i costi
Intervista a
Cesare Ranieri
Responsabile delle Risorse umane di Indesit Company
e Angelo Stango
Responsabile delle relazioni sindacali
Il primo bilancio sociale di un’azienda
italiana è del 1975, e per lunghi anni è rimasto il solo. L’azienda
pioniera è Indesit Company (già Merloni Elettrodomestici) e il suo
documento di trent’anni fa viene segnalato in tutti i manuali dedicati
alla responsabilità sociale di impresa come esempio della capacità di
anticipare il futuro puntando su concetti cardine come l’affidabilità,
la trasparenza, la fiducia.
Oggi, il gruppo, nato dall’intuizione di Vittorio Merloni, è diventato
una realtà internazionale: un marchio di prestigio, simbolo di
innovazione industriale ma anche di attenzione ai valori e di
responsabilità nei confronti del territorio. E che, dopo una pausa di
anni, riprende a “rendicontare” attraverso lo strumento del bilancio
della sostenibilità. Ne parliamo con Cesare Ranieri, responsabile delle
Risorse umane di Indesit Company, e Angelo Stango, responsabile delle
relazioni sindacali.
Il vostro primo bilancio sociale è del 1975, il
secondo è di venticinque anni dopo. Perché questo lungo lasso di tempo?
Ranieri Potremmo rispondere osservando che
forse eravamo troppo avanti rispetto ai tempi. Ma la verità è che oggi
lo strumento del bilancio della sostenibilità si raccorda perfettamente
con la nostra idea di corporate governance; l’azienda è molto più
internazionale, globale e il concetto di responsabilità sociale è
diffuso a livello mondiale come gestione della sostenibilità. E poi,
diciamolo pure, ci viene naturale, facile, scrivere un bilancio della
sostenibilità, perché dobbiamo limitarci a raccogliere quanto facciamo.
Non dobbiamo
inventare nulla.
Nel vostro bilancio della sostenibilità,
parlate di modello partecipativo. In cosa si sostanzia?
Ranieri Il nostro modello partecipativo non si
ferma al rispetto delle previsioni legislative, andiamo al di là della
legge e delle consuetudini. Il nostro gruppo ha il CAE (Comitato Aziendale
europeo) dal 1996, ai lavori di quest’organismo abbiamo ammesso come
uditori anche i rappresentanti degli stabilimenti russi e della Turchia;
si può dire che siamo stati antesignani della Costituzione europea. In
tutti i paesi la nostra presenza è caratterizzata da un clima
partecipativo; quello che cerchiamo, però, non è il consenso a tutti i
costi ma la partecipazione a tutti i costi.
Stango Per sintetizzare in una formula:
cerchiamo non solo una condivisione degli obiettivi ma anche una
condivisione degli strumenti per realizzarli. Il gruppo considera la
qualità sociale un investimento e perciò spingiamo sempre in avanti la
nostra ricerca di miglioramento delle relazioni interne, perché siamo
certi che così rafforziamo il senso di appartenenza, la soddisfazione di
lavorare in Indesit Company.
Ranieri Si vince o si perde tutti, questa è la
nostra convinzione. Nei rapporti sindacali tutti dobbiamo metterci in
gioco, puntare sulla formazione, spingere per miglioramenti continui della
qualità e dell’ambiente, dimostrare di avere fiducia gli uni degli
altri. Ne siamo tanto convinti che siamo l’unica impresa che ha
mensilizzato il premio di risultato: non aspettiamo i conti finali ma lo
anticipiamo perché ci fidiamo che alla fine il risultato positivo ci sarà.
Un anello fondamentale del vostro modello
è il Codice di condotta stipulato con i sindacati italiani.
Stango L’abbiamo stipulato alla fine del
2001, è una direttiva che vale per le nostre aziende ma che chiediamo di
osservare anche alle imprese dell’indotto, ai fornitori diretti.
Recentemente lo abbiamo firmato anche in Russia con il sindacato locale,
del resto se c’è scambio di volumi, di ingegneria, di esperienze
produttive non si vede perché non debba esserci scambio anche dal punto
di vista sindacale. Noi chiamiamo tutti i sindacati dei vari stabilimenti
che abbiamo nel mondo a partecipare al Comitato Aziendale europeo; una
delle ultime riunioni di questo organismo l’abbiamo tenuta in Russia e
ai lavori ha partecipato, per il momento in qualità di osservatore, il
sindacato turco.
Torniamo al Codice di condotta: che
impatto ha avuto?
Stango Ha determinato una sensibilità maggiore
sui temi che vi sono trattati da parte di tutti i settori del nostro
gruppo. La clausola del divieto di servirsi del lavoro minorile e forzato,
per esempio, è stata insertita nei nostri capitolati di appalto per i
fornitori, ma i cambiamenti si sono avuti soprattutto a livello di
mentalità; tutti sono più attenti al rispetto dei diritti tutelati dal
Codice perché tutti sanno che l’azienda su questi temi fa sul serio e
interviene in caso di inadempienza. La nostra idea è che ci sia necessità
non tanto di norme quanto di una cultura diffusa sul lavoro giusto; questo
ci porta ad essere più motivati e ad affrontare le questioni – il
discorso riguarda in primo luogo il sindacato – in maniera meno
conflittuale.
Fin qui abbiamo parlato dei rapporti
interni, ma qual è lo scambio con le comunità dei territori
all’interno dei quali operate?
Stango Indesit Company vive sempre con pienezza
il territorio, cerca rapporti positivi con le istituzioni, improntate alla
lealtà e al rispetto. Anche quando affrontiamo passaggi difficili, come
ci è capitato nel caso della chiusura di uno stabilimento in Portogallo,
riusciamo a evitare conflitti, perché informiamo con franchezza le
istituzioni locali e i dipendenti e ci impegniamo seriamente a studiare
insieme gli scenari alternativi possibili.
Ranieri Abbiamo una molteplicità di iniziative
rivolte al sociale. Il progetto Jonathan, che forma giovani con problemi
sociali e offre loro l’opportunità di trovare un lavoro stabile, da noi
o da altri; master su imprenditorialità e innovazione all’Università
di Fabriano, azioni di costante informazione sui nostri fabbisogni
formativi e professionali per i prossimi anni, investimenti in favore di
numerose iniziative, anche culturali. C’è una nostra integrazione con
le comunità nelle quali siamo.
E allo stakeholder assente, ma
incombente, e cioè le generazioni future, cosa dite?
Ranieri Io amo ripetere, ricorrendo a una frase
di altri che mi piace e condivido, che noi non abbiamo ricevuto in eredità
il mondo dai nostri padri ma l’abbiamo preso in prestito dai nostri
figli. La sostenibilità è perciò una nostra bandiera che innalziamo
quando ci proponiamo l’obiettivo dell’ecocompatibilità, del rispetto
dell’ambiente, della riduzione dei consumi di acqua e energia, ma anche
quando firmiamo convenzioni con le università dei territori nei quali
operiamo e reinvestiamo sullo stesso territorio molte risorse.
C’è un motto che avete coniato e che
sembra voler racchiudere il senso del vostro essere impresa: dare qualità
al tempo. O è invece solo uno slogan commerciale?
Ranieri È un messaggio rivolto al consumatore
finale, allude quindi al tempo dell’utente dei nostri elettrodomestici.
Vuol dire: lasciamo che l’elettrodomestico lavori per noi, e noi
dedichiamoci ad attività più piacevoli. Le nostre campagne, comunque,
riecheggiano sempre dei valori, verso l’alto e verso il basso. Questa è
una family company, con la presenza vincolante quindi di una famiglia
conosciuta per essere portatrice di determinati valori che sono condivisi
dal management e hanno prodotto, come ha rilevato una recente indagine, un
atteggiamento, un modo d’essere molto preciso, un’identità molto
marcata in senso sociale. Abbiamo un cluster di valori, tipo
l’ambizione, l’innovatività, la trasparenza, che dettano il
“come” si sta in azienda e tutti i comportamenti organizzativi. Siamo
molto open, lineari; i nostri prodotti sono poco passionali, ma se
un’azienda viene individuata per essere portatrice di valori anche gli
elettrodomestici che produce vengono visti come portatori di tali valori,
più accessibili e amichevoli.
Il vostro bilancio sociale 2003
indica alcuni obiettivi per il 2004. Ora che state chiudendo il bilancio
della sostenibilità 2004 potete dire se siete riusciti a raggiungerli?
Ranieri Penso di sì
e comunque ci siamo molto avvicinati a raggiungerli tutti. Abbiamo
adottato e reso operativo il Codice di comportamento, abbiamo pressoché
concluso la ricerca sui bisogni dei consumatori per aderire meglio alle
loro esigenze, è in atto il piano per lo sviluppo delle risorse
aziendali, abbiamo tenuto un audit mondiale sulla sostenibilità
ambientale per definire le nuove linee di intervento, stiamo
riequilibrando il rapporto est-ovest nelle nostre produzioni, spostandoci
– non delocalizzando, voglio precisare – nelle aree dove il mercato
cresce. Insomma, gli obiettivi di miglioramento li abbiamo perseguiti sul
serio e il bilancio della sostenibilità 2004 rendiconta bene questo
nostro sforzo.

La
Carta dei Valori
Rispetto dei diritti dei lavoratori
• Il rispetto dei diritti fondamentali dei lavoratori di tutto
il mondo, alla luce dei principi affermati nelle convenzioni
dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro (OIL)
sull’abolizione del lavoro minorile, sui principi di libertà
sindacale, di organizzazione dei lavoratori, di contrattazione
collettiva, di difesa delle pari opportunità.
Centralità della persona • La valorizzazione
del capitale umano e lo sviluppo delle singole professionalità
garantendo pari opportunità. La tutela della sicurezza e della
salute di tutti i dipendenti anche grazie ad un’apposita
Commissione di Sicurezza e Ambiente.
Adozione di un “modello partecipativo” delle
relazioni industriali • Creare un “modello partecipativo”
delle relazioni industriali quale strumento di dialogo, di
coinvolgimento e concertazione di obiettivi condivisi.
Creazione e distribuzione del valore aggiunto •
Il successo nella produzione e nella competitività di mercato si
persegue attraverso la creazione e la distribuzione equa del
valore economico, sociale e culturale agli stakeholder.
Rispetto e tutela dell’ambiente • Lo sviluppo
sostenibile è il frutto di un approccio proattivo nei confronti
delle tematiche ambientali, è l’impegno nel presente di
perseguire obiettivi che rispecchiano le esigenze delle
generazioni future.
Innovazione e qualità • L’attenzione alla
ricerca e allo sviluppo consente una costante innovazione
all’interno dei processi aziendali.
Formazione permanente • Un sistema di
formazione permanente contribuisce apromuovere la crescita delle
competenze e delle singole professionalità.
Correttezza e trasparenza • Soddisfare le
aspettative degli stakeholder attraverso la comunicazione chiara e
trasparente delle strategie, delle attività, dei risultati e
delle decisioni.
|
|
Links
La
Sostenibilità Sociale INDESIT COMPANY
Schede
INDESIT
COMPANY: dati di sintesi
|
Indesit investe sulle pari opportunità
News di Attualità | 15 Aprile 2008 |
Indesit ha ricevuto uno speciale riconoscimento per il suo ruolo attivo e innovativo nell’ambito del progetto “Conoscenza, motivazione, lavoro – donne e carriera nella città di Lodz”. Ad essere coinvolte 80 donne disoccupate che hanno preso parte a seminari, corsi di formazione, workshop, gruppi di lavoro e counseling in diversi settori professionali organizzati per agevolarne l’inserimento nel mercato del lavoro.
E’ Indesit Company l’azienda più attenta alle pari opportunità, nell’ambito del programma “Conoscenza, motivazione, lavoro – donne e carriera nella città di Lodz”. A cofinanziare il progetto l’Unione Europea e il Fondo Sociale Europeo, con l’obiettivo di incrementare il livello di occupazione femminile nella regione, sostenere le pari opportunità e contrastare l’esclusione sociale e professionale delle donne dal mercato del lavoro.
“Alla fine del 2006 - sottolineano dalla azienda - le donne rappresentano circa un terzo dei dipendenti di Indesit Company: su oltre 17.000 persone in tutte il mondo infatti il 30% è costituito da donne. La presenza femminile a livello di management aziendale è cresciuta dall’8% nel 2005 al 14% nel 2006.
Alla Indesit, infatti, la gestione delle “diversità” è una fonte che genera valore e si alimenta con continui processi di conoscenza, integrazione e scambio tra persone appartenenti a culture ed etnie differenti. “Indesit non solo non ha mai praticato discriminazioni tra i suoi dipendenti – precisa l’azienda - in base a sesso, religione, credo politico o cultura, ma ha anche scelto e sviluppato un percorso di internazionalizzazione fondato sul rispetto, la conoscenza e la comprensione delle culture e delle differenze delle persone e dei territori nei quali è presente”.
wik
Vittorio Merloni (Fabriano,
30
aprile 1933)
è un imprenditore e
industriale italiano.
Figlio di Aristide,
fondatore dell'Ariston,
è presidente di Indesit
Company, azienda
multinazionale
marchigiana produttrice di elettrodomestici,
e presidente di Fineldo, società italiana, holding del Gruppo Merloni.
Vittorio Merloni si è laureato in Economia e Commercio a Perugia.
Ha sposato Franca Carloni, dalla quale ha avuto quattro figli: Maria
Paola, Andrea, Antonella e Aristide.
Nel 1960
inizia a lavorare nell’azienda di famiglia e nel 1975
diventa presidente della nascente Merloni elettrodomestici (ora Indesit
Company).
Nel 1980
ricopre la carica di presidente di Confindustria,
per quattro anni. Nel 1984,
anno in cui è nominato Cavaliere
del lavoro, viene eletto presidente di Centromarca, un’associazione
italiana che si occupa dell’Industria di Marca, e resta in carica fino
al 1988.
Nel 2001
diventa per quattro anni presidente di Assonime, l’associazione
italiana che rappresenta le società di azioni. Sempre nello stesso anno
riceve la laurea ad honorem in ingegneria al Politecnico
di Milano. Negli anni successivi riceve diversi premi e
riconoscimenti: nel 2003,
a due anni dall’’acquisizione da parte di Indesit Company del marchio
britannico Hotpoint, è nominato Comandante dell’Ordine dell’Impero
Britannico. Nel 2004
riceve il premio Leonardo per l’internazionalizzazione e nel 2005
a New
York riceve il premio GEI.
Dal 2006
al 2007 fa
parte del Consiglio
di Amministrazione di Telecom
Italia
Bilancio Indesit
Dati di Bilancio
Anno |
2004 |
2005 |
2006 |
2007 |
Fatturato |
3100,300 |
3064,100 |
3248,600 |
3437,800 |
Consumi mat. e servizi |
2225,800 |
2307,800 |
2453,300 |
2601,200 |
Valore aggiunto |
874,500 |
756,300 |
795,300 |
836,600 |
Costo del lavoro |
526,100 |
492,900 |
492,300 |
503,300 |
Margine operativo lordo |
348,400 |
263,400 |
303,000 |
333,300 |
Ammortamenti |
149,600 |
141,100 |
142,800 |
141,100 |
Accantonamenti |
0,000 |
0,000 |
0,000 |
0,000 |
Risultato operativo |
198,800 |
122,300 |
160,200 |
192,200 |
Proventi (oneri) finanziari |
-33,900 |
-29,400 |
-26,600 |
-30,200 |
Componenti straordinari |
-5,400 |
-0,100 |
-2,000 |
4,400 |
Risultato prima delle imposte |
159,500 |
92,800 |
131,600 |
166,400 |
Imposte |
58,600 |
42,400 |
54,900 |
61,200 |
Utile d'esercizio |
100,900 |
50,400 |
76,700 |
105,200 |
Utile di competenza di terzi |
0,900 |
-0,300 |
0,300 |
-0,200 |
Utile netto |
100,000 |
50,700 |
76,400 |
105,400 |
piattaforma
contratto integrativo 2006 - pdf
accordo
aziendale indesit 2006
Pubblicazione: 24-06-2000, STAMPA, TORINO, pag.33
Sezione: Cronaca di Torino
Autore: GIAIMO ANTONIO
Il presidente del gruppo Vittorio Merloni: l'80 per cento va all'estero A None e' in produzione la lavastoviglie del futuro
Antonio Giaimo NONE Ritorna sul mercato, rinnovato, il marchio INDESIT, l'azienda di None che ha alternato momenti di successo ad altri di crisi. Ieri mattina il presidente del gruppo, Vittorio Merloni, ha presentato le nuove strategie con le quali si mira al rilancio di una fabbrica che nell'economia del Pinerolese ha sempre avuto un peso notevole. Dallo stabilimento di None uscira' una nuova lavastoviglie, di ultima generazione, predisposta per essere messa in funzione anche tramite Internet o con un telefonino cellulare. La prova concreta che sempre di piu' la tecnologia, un tempo destinata solo agli addetti ai lavori, oggi sta diventando di uso comune. Una carta in piu' o forse un semplice gadget che in ogni caso mette al passo con il tempo questo elettrodomestico che, essendo ancora diffuso in modo limitato (tutti hanno invece a casa una lavatrice), e' diventato il prodotto da «spingere» maggiormente. «In quindici anni - ha precisato Merloni - abbiamo triplicato la produzione dei marchi INDESIT e ora l'obiettivo e' quello di passare dal terzo al secondo posto nel mercato europeo degli elettrodomestici. L'80 per cento delle lavastoviglie prodotte a None sono destinate all'esportazione, andranno in Inghilterra e in Spagna». Andrea Guerra, giovane amministratore delegato del gruppo (ha solo 34 anni), ha indicato i numeri di questa produzione: si tratta di 3 mila lavastoviglie al giorno che vengono prodotte dagli 850 dipendenti che lavorano a None, di questi 40 sono stati assunti quest'anno. Gli investimenti sono ingenti: 30 miliardi sono stati investiti negli anni scorsi e venti sono quelli previsti. «L'obiettivo - ha detto il presidente del gruppo - e' quello di arrivare a produrre dagli attuali 650 mila ad un milione di pezzi all'anno». Nel '99 il fatturato dell'azienda del gruppo Merloni e' stato di 2749 miliardi. «Oggi celebriamo i dieci anni trascorsi da quando abbiamo acquistato il marchio INDESIT - ha sottolineato Merloni -, alla fine degli anni 80 abbiamo rinnovato la gamma dei prodotti, ristrutturato gli stabilimenti, tre in Italia, questo e altri due al Sud, con 1800 dipendenti». Miliardaria e' anche la campagna pubblicitaria che servira' ora per il lancio dei prodotti che escono con i marchi INDESIT, Ariston e Scholters. «In questi mesi lo stabilimento di None ha subito profondi cambiamenti - ha aggiunto l'ingegner Giuseppe Cavalli, responsabile dei progetti che riguardano le lavastoviglie e le lavatrici -, e' stata chiusa la produzione delle cucine per dare respiro a dei prodotti che oggi sono in grande crescita; a None ogni ora si montano infatti 200 lavastoviglie».
Indesit chiude a Torino
e va in Polonia.
Indesit, il Management starebbe valutando la
possibilità di chiudere a titolo definitivo il proprio sito
produttivo di None (Torino) nel quale lavorano 600 dipendenti
che fabbricano 700mila lavastoviglie all’anno.
Sembra che il management voglia trasferire la
produzione di lavastoviglie nei siti di Radomosko, in Polonia.
Alla base di tale provvedimento, sul quale il management
prenderà una decisioni definitiva nell’arco di un paio di
mesi, la profonda crisi di Indesit e del comparto del bianco, in
generale.
Basti pensare che nei mesi di febbraio e marzo saranno
previsti mediamente due settimane/mese di cassa integrazione in
tutti gli stabilimenti italiani del gruppo.
E’ ovvio che in
Polonia continueranno a fare lavatrici, segno che il Management
prevede una continuità del prodotto nell’ avere un suo
targhet di mercato.
Allora perchè andare in
Polonia?
Semplice per migliorare
i futuri utili aziendali.
Comparazione
sintesi dati di Bilancio Annuale.

Tabella:Nostra
elaborazione su dati della Repubblica del 04/02/2009 . pag.18
Ma il tutto però, non può
avvenire senza aver prima contrattato una dolce delocalizzazione
sorretta dalla cassa integrazione, e questo per salvare gli
utili già acquisiti, e per dare a Berlusconi la possibilità di
giocare al politico responsabile socialmente, come per Alitalia.
Soldi pubblici a
perdere, perchè non viene risolto il problema
strutturale che è quello che i salari degli operai negli ex
paesi dell’est che ora sono nella UE, che sono di 200,00
euro al mese per un operaio, questi
non sono certo salari da Stati democratici e integrati nel mondo
capitalistico.
Comparazione
sintesi dati di Bilancio su nove Mesi.
Tabella:Nostra elaborazione su
dati della Repubblica del 04/02/2009 . pag.18
******
Seminario
internazionale Fism su accordi quadro Indesit-Merloni
23,
24 marzo 2006
Per
la Fiom
hanno partecipato al Seminario:
Alessandra Mecozzi, Ufficio Internazionale Fiom
| Evaristo Agnelli, Coordinamento nazionale Fiom | Giuseppe
Ciarrocchi, segretario Fiom Ancona
| Valeria Tizzoni, Rsu Fiom Melano (Marche)
| Alessandro Belardinelli, Rsu Fiom Albacina (Marche)
Comunicato
Fism
Si
è tenuto a Roma il 23-24 marzo scorso un Seminario
Internazionale sull'Accordo Quadro Internazionale (Ifa)
Indesit/Merloni organizzato dalla Federazione
Internazionale dei Sindacati Metalmeccanici - Fism - in
collaborazione con i suoi affiliati italiani Flm/Fim, Fiom,
Uilm.
Dei
26 partecipanti provenienti da Gran Bretagna, Russia e
Italia facevano parte delegati dagli stabilimenti di
produzione e coordinatori sindacali nazionali e locali dai
sindacati affiliati alla Fism.
Scopo
principale dell'incontro era quello di mettere a punto
un'azione coordinata per l'applicazione dell'Ifa firmato con
l'azienda nel Dicembre 2000, il primo nell'industria
metalmeccanica.
Il
programma del seminario si è concentrato su uno scambio di
informazioni sulla situazione alla Indesit/Merloni nei
diversi paesi, la definizione di un piano di monitoraggio
del rispetto dell'accordo internazionale e sulla definizione
di una strategia per negoziare con l'azienda un processo per
la migliore attuazione dell'Ifa.
I
partecipanti si sono scambiati informazioni sulla situazione
delle relazioni sindacali alla Indesit/Merloni nei
rispettivi paesi, in particolare sui contratti collettivi,
le tendenze occupazionali, il rispetto effettivo dei diritti
dei lavoratori e sindacali, su orari di lavoro e
retribuzioni e sulla parità di genere. Si è altresì
commentata la strategia la strategia dell'azienda, il nuovo
profilo della sua presenza internazionale e le prospettive
di futuri investimenti e scelte di mercati.
Particolare
attenzione è stata riservata alla definizione di una
strategia sindacale per garantire il pieno rispetto dei
diritti fondamentali dei lavoratori, specialmente i diritti
sindacali e di contrattazione collettiva, per i dipendenti
di Indesit/Merloni in Cina, Turchia e Polonia.
Nelle
conclusioni e raccomandazioni per l'azione della Fism e dei
sindacati ad essa affiliati nei paesi interessati si è
indicata la necessità di:
Stabilire
un coordinamento sistematico (con l'accento su uno scambio
regolare di , informazioni e sul monitoraggio
dell'applicazione dell'Ifa); identificare una persona di
riferimento in ogni unità produttiva e ogni sindacato
coinvolto, così come nella Segreteria Fism; definire, in
collaborazione tra Fism e affiliati italiani, una proposta
chiara e semplice di procedura complessiva di coordinamento.
Chiedere
all'azienda un incontro con
la Fism. La
discussione dovrebbe vertere su: monitoraggio futuro del
rispetto dell'Ifa (rispettive responsabilità, metodologia e
procedure), attuazione dell'Ifa nella catena dei fornitori
(in particolare informazione sulla lista dei fornitori,
diritto contrattuale già previsto in Italia), informazione
su presenza e strategia internazionale dell'azienda,
informazione sulle relazioni sindacali in tutte le sedi
produttive, e infine, ma certo non meno importante,
informazione sulla presenza Indesit/Merloni in Cina e i suoi
sviluppi prevedibili. L'incontro dovrebbe mirare anche ad
impegnare l'azienda nell'attuazione concreta dell'Ifa
insieme alla Fism ed ai suoi affiliati nei paesi
interessati. La rinegoziazione in quanto tale dell'accordo
non è una priorità per i sindacati; d'altra parte, in
seguito alla discussione con l'azienda e in considerazione
dei mutamenti intervenuti dalla firma dell'Ifa potrebbe
essere concordata una ridefinizione di parti di esso.
Aprire
una discussione fra
la Fism
e i sindacati Polacchi sulla sindacalizzazione dei
dipendenti delle fabbriche Indesit/Merloni nel loro paese e
per identificare forme di interazione a questo fine fra
la Fism
e i sindacati polacchi.
Aprire
una discussione fra
la Fism
e i suoi affiliati in Turchia sulla situazione dei diritti
sindacali e della contrattazione collettiva alla Indesit/Merloni
nel loro paese e per comprendere il quadro legislativo in
vigore, al fine di garantire al meglio il rispetto pieno dei
diritti sindacali e dei lavoratori.
Interagire
con il Gruppo di Lavoro Cina della Fism per raccogliere
informazioni sulla Indesit/Merloni in Cina e per considerare
un piano di azione per l'attuazione dell'Ifa in quel paese.
Tenere
incontri periodici per riunire rappresentanti di lavoratrici
e lavoratori e coordinatori sindacali da tutti i siti
produttivi Indesit/Merloni.
Collaborare
strettamente con
la Federazione Europea
dei Metalmeccanici - Fem - e con il Cae Indesit/Merloni in
ogni attività utile all'attuazione dell'Ifa, ivi comprese
riunioni congiunte e lo scambio regolare di informazioni.
Informare
e coinvolgere lavoratrici e lavoratori e i loro
rappresentanti in tutte le attività sopra delineate, al
fine di assicurare comprensione e mobilitazione a sostegno
delle rivendicazioni sindacali per una migliore messa in
atto dell'Ifa, in particolare in preparazione dell'incontro
con l'azienda.
I
partecipanti hanno espresso la raccomandazione che incontri
analoghi, con struttura seminariale, si tengano in relazione
a tutti gli Ifa ed hanno chiesto alla Fism di tradurre i
risultati di questo seminario nella preparazione della
Conferenza Fism sugli Ifa in programma per settembre 2006.
Ginevra,
30 marzo 2006
Indesit.
Fim, Fiom, Uilm: ecco i punti principali dell’accordo
integrativo di Gruppo
Le
Segreterie nazionali di Fim, Fiom, Uilm e il Coordinamento delle
Rsu hanno raggiunto oggi, ad Ancona, un’intesa relativa al
rinnovo dell’accordo integrativo per il gruppo Indesit Company.
L’intesa
sarà adesso sottoposta al giudizio dei lavoratori attraverso una
serie di assemblee e un referendum che si dovranno tenere entro la
prima metà del gennaio 2007.
Ecco
gli aspetti principali dell’intesa.
Investimenti.
Nel corso del biennio 2006-2007,
la Indesit Company
effettuerà nel nostro Paese nuovi investimenti per un totale di
oltre 80 milioni di euro. Tali investimenti saranno finalizzati in
parte alla ricerca e sviluppo. In particolare, sarà creata
nell’ambito del Gruppo una nuova Direzione per l’innovazione e
le tecnologie con sede a Fabriano. Un’altra quota degli
investimenti sarà invece diretta al potenziamento delle attività
produttive di tutti e 8 gli stabilimenti del Gruppo esistenti in
Italia.
Relazioni
industriali. Con l’intesa odierna viene confermato e
rafforzato il sistema di relazioni industriali, già esistente nel
Gruppo, fondato sul confronto e sulla contrattazione collettiva.
In particolare, viene sviluppato un rapporto articolato tra la
contrattazione a livello di Gruppo e quella da effettuare nei
singoli stabilimenti.
Occupazione
e tipologie contrattuali. L’intesa conferma e consolida un
sistema che è orientato a utilizzare il ricorso a contratti a
termine o a lavoro somministrato a temine in un’ottica di
consolidamento dell’occupazione.
In
pratica verrà definito, nei singoli stabilimenti, un bacino di
riferimento formato dai lavoratori attivi con contratti a termine
o sotto la forma del lavoro somministrato a termine. Per le sue
necessità occupazionali, l’Indesit Company si impegna a dare
priorità ai lavoratori appartenenti a tale bacino, in base a
criteri di anzianità acquisita, assumendoli a tempo indeterminato
o ricorrendo alla reiterazione di tali forme di lavoro a tempo
determinato. A tale proposito, va detto che l’intesa definisce
un tempo massimo di permanenza in una posizione a tempo
determinato. Questo tempo massimo, a partire dal 1° gennaio 2007,
avrà la durata di 36 mesi. Tale durata si ridurrà a 30 mesi
(prorogabili sino a 34) a partire dal 1° gennaio 2009.
Sulla
base di queste modalità, l’Azienda si è impegnata ad assumere
a tempo indeterminato nel corso della vigenza dell’accordo,
ovvero entro il 31 dicembre 2009, una quota di lavoratori
stimabile in circa 300 unità.
Orario.
L’accordo conferma e rafforza un sistema di orario
plurisettimanale contrattato a livello di singolo stabilimento. In
particolare, con l’intesa odierna, a fronte di sette giornate di
flessibilità, ciascuna delle quali comporta sei ore
effettivamente lavorate, sarà possibile per i lavoratori
effettuare un recupero pari a otto ore per ognuna di tali
giornate. Saranno inoltre sperimentate articolazioni diverse delle
chiusure collettive per ferie, sempre attraverso specifici accordi
tra Direzioni aziendali e Rsu a livello di sito.
Salario.
L’accordo definisce, innanzitutto, un’una
tantum di 180 euro
lordi uguali per tutti da elargire entro il 2006. In secondo
luogo, l’accordo definisce un elemento salariale di 30 euro
lordi al mese per 13 mensilità che, a partire dal 1° gennaio
2008, avrà incidenza su tutti gli istituti contrattuali.
Per
quanto riguarda il Premio di risultato, l’intesa sancisce un
aumento di 795 euro lordi annui a regime. Complessivamente, il
Premio di risultato a regime salirà a circa 3.500 euro lordi
annui.
Diritti
sociali. In base all’intesa raggiunta oggi, le parti si
impegnano a studiare l’introduzione di possibili forme di sanità
integrativa.
Negli
8 stabilimenti italiani del gruppo Indesit Company sono occupati
circa 6 mila lavoratori.
Seminario
internazionale Fism su accordi quadro Indesit-Merloni
23,
24 marzo 2006
Per
la Fiom
hanno partecipato al Seminario:
Alessandra Mecozzi, Ufficio Internazionale Fiom
| Evaristo Agnelli, Coordinamento nazionale Fiom | Giuseppe
Ciarrocchi, segretario Fiom Ancona
| Valeria Tizzoni, Rsu Fiom Melano (Marche)
| Alessandro Belardinelli, Rsu Fiom Albacina (Marche)
Comunicato
Fism
Si
è tenuto a Roma il 23-24 marzo scorso un Seminario Internazionale
sull'Accordo Quadro Internazionale (Ifa) Indesit/Merloni organizzato
dalla Federazione Internazionale dei Sindacati Metalmeccanici -
Fism - in collaborazione con i suoi affiliati italiani Flm/Fim,
Fiom, Uilm.
Dei
26 partecipanti provenienti da Gran Bretagna, Russia e Italia
facevano parte delegati dagli stabilimenti di produzione e
coordinatori sindacali nazionali e locali dai sindacati affiliati
alla Fism.
Scopo
principale dell'incontro era quello di mettere a punto un'azione
coordinata per l'applicazione dell'Ifa firmato con l'azienda nel
Dicembre 2000, il primo nell'industria metalmeccanica.
Il
programma del seminario si è concentrato su uno scambio di
informazioni sulla situazione alla Indesit/Merloni nei diversi
paesi, la definizione di un piano di monitoraggio del rispetto
dell'accordo internazionale e sulla definizione di una strategia
per negoziare con l'azienda un processo per la migliore attuazione
dell'Ifa.
I
partecipanti si sono scambiati informazioni sulla situazione delle
relazioni sindacali alla Indesit/Merloni nei rispettivi paesi, in
particolare sui contratti collettivi, le tendenze occupazionali,
il rispetto effettivo dei diritti dei lavoratori e sindacali, su
orari di lavoro e retribuzioni e sulla parità di genere. Si è
altresì commentata la strategia la strategia dell'azienda, il
nuovo profilo della sua presenza internazionale e le prospettive
di futuri investimenti e scelte di mercati.
Particolare
attenzione è stata riservata alla definizione di una strategia
sindacale per garantire il pieno rispetto dei diritti fondamentali
dei lavoratori, specialmente i diritti sindacali e di
contrattazione collettiva, per i dipendenti di Indesit/Merloni in
Cina, Turchia e Polonia.
Nelle
conclusioni e raccomandazioni per l'azione della Fism e dei
sindacati ad essa affiliati nei paesi interessati si è indicata
la necessità di:
Stabilire
un coordinamento sistematico (con l'accento su uno scambio
regolare di , informazioni e sul monitoraggio dell'applicazione
dell'Ifa); identificare una persona di riferimento in ogni unità
produttiva e ogni sindacato coinvolto, così come nella Segreteria
Fism; definire, in collaborazione tra Fism e affiliati italiani,
una proposta chiara e semplice di procedura complessiva di
coordinamento.
Chiedere
all'azienda un incontro con
la Fism. La
discussione dovrebbe vertere su: monitoraggio futuro del rispetto
dell'Ifa (rispettive responsabilità, metodologia e procedure),
attuazione dell'Ifa nella catena dei fornitori (in particolare
informazione sulla lista dei fornitori, diritto contrattuale già
previsto in Italia), informazione su presenza e strategia
internazionale dell'azienda, informazione sulle relazioni
sindacali in tutte le sedi produttive, e infine, ma certo non meno
importante, informazione sulla presenza Indesit/Merloni in Cina e
i suoi sviluppi prevedibili. L'incontro dovrebbe mirare anche ad
impegnare l'azienda nell'attuazione concreta dell'Ifa insieme alla
Fism ed ai suoi affiliati nei paesi interessati. La rinegoziazione
in quanto tale dell'accordo non è una priorità per i sindacati;
d'altra parte, in seguito alla discussione con l'azienda e in
considerazione dei mutamenti intervenuti dalla firma dell'Ifa
potrebbe essere concordata una ridefinizione di parti di esso.
Aprire
una discussione fra
la Fism
e i sindacati Polacchi sulla sindacalizzazione dei dipendenti
delle fabbriche Indesit/Merloni nel loro paese e per identificare
forme di interazione a questo fine fra
la Fism
e i sindacati polacchi.
Aprire
una discussione fra
la Fism
e i suoi affiliati in Turchia sulla situazione dei diritti
sindacali e della contrattazione collettiva alla Indesit/Merloni
nel loro paese e per comprendere il quadro legislativo in vigore,
al fine di garantire al meglio il rispetto pieno dei diritti
sindacali e dei lavoratori.
Interagire
con il Gruppo di Lavoro Cina della Fism per raccogliere
informazioni sulla Indesit/Merloni in Cina e per considerare un
piano di azione per l'attuazione dell'Ifa in quel paese.
Tenere
incontri periodici per riunire rappresentanti di lavoratrici e
lavoratori e coordinatori sindacali da tutti i siti produttivi
Indesit/Merloni.
Collaborare
strettamente con
la Federazione Europea
dei Metalmeccanici - Fem - e con il Cae Indesit/Merloni in ogni
attività utile all'attuazione dell'Ifa, ivi comprese riunioni
congiunte e lo scambio regolare di informazioni.
Informare
e coinvolgere lavoratrici e lavoratori e i loro rappresentanti in
tutte le attività sopra delineate, al fine di assicurare
comprensione e mobilitazione a sostegno delle rivendicazioni
sindacali per una migliore messa in atto dell'Ifa, in particolare
in preparazione dell'incontro con l'azienda.
I
partecipanti hanno espresso la raccomandazione che incontri
analoghi, con struttura seminariale, si tengano in relazione a
tutti gli Ifa ed hanno chiesto alla Fism di tradurre i risultati
di questo seminario nella preparazione della Conferenza Fism sugli
Ifa in programma per settembre 2006.
Ginevra,
30 marzo 2006
SIGLATO L' ACCORDO PER LA NUOVA INDESIT E' MERLONI IL PADRONE
Repubblica — 04 dicembre 1987 pagina
53 sezione: ECONOMIA
TORINO La Nuova Indesit, il cui accordo per l' acquisto dell'
azienda da parte di Vittorio Merloni, è stato siglato ieri
mattina, nasce fra qualche polemica. Mentre il commissario
straordinario, il commercialista torinese Giacomo Zunino e
Merloni davano gli ultimi ritocchi al contratto, nello studio
dell' avvocato Angelo Benessia, Cesare Damiano e Pietro
Marcenaro della Fiom piemontese si sono dichiarati insoddisfatti
dell' accordo. La pretesa di Merloni hanno dichiarato i due
sindacalisti di lasciare fuori dalla Nuova Indesit i 208
lavoratori addetti alla produzione di cucine dello stabilimento
di None, non ha alcun fondamento e legittimità. Dopo aver
acquistato marchio ed impianti e pur confermando di voler
accrescere nei prossimi anni di alcune decine di migliaia di
unità le 110 mila cucine prodotte nell' 87 in quello
stabilimento, la Merloni rifiuta di gestire in proprio questa
produzione e di assumere i lavoratori necessari per svolgerla.
Ma è finita, dunque, dopo tre anni la vicenda della Indesit,
quando l' azienda in crisi fu affidata in base alla legge Prodi
al commissario straordinario Zunino. La crisi aveva colpito una
ventina di stabilimenti, sette società controllate all' estero
e quattro italiane, con 6.500 lavoratori in cassa integrazione a
zero ore e 280 miliardi di debiti. In tre anni la Indesit è
uscita dalla crisi con la cura-Zunino. Il commercialista ha
trasformato un' azienda decotta in una società valida e
nuovamente appetibile. Nell' 87, infatti, avrà un fatturato di
225 miliardi, con una produzione di 900 mila pezzi (il 70 per
cento dei quali destinati ai mercati esteri), un miglioramento
del 10 per cento rispetto al programma produttivo che era stato
approvato dal ministero dell' Industria. Inoltre i debiti
saranno interamente pagati, dopo la gestione commissariale. Il
risanamento della Indesit non costerà nulla allo Stato perché
non sarà necessario ricorrere alla garanzia del Tesoro per
restituire i 65 miliardi ricevuti dalle banche per riattivare la
produzione. Il gruppo Merloni pagherà l' Indesit 50 miliardi
(interamente versati fra tre anni) e gli investimenti saranno di
100-110 miliardi. La produzione sarà svolta in due stabilimenti
a None (Torino) e in altrettanti a Teverola, in provincia di
Caserta. Resteranno in cassa integrazione straordinaria oltre 4
mila dipendenti della vecchia società. Per loro si parla di una
ricollocazione. La Indesit ha detto ieri Zunino è stata
consegnata alla Merloni con una trasparente ed inattaccabile
procedura. La Merloni è un grande gruppo che ha subito
afferrato l' importanza di avere un polo manageriale, tecnico e
produttivo in un' area come quella di Torino. Inoltre, si è
giocato su un tavolo tutto tecnico, senza influenze politiche. -
di ROBERTO PATRUNO
""La Merloni, che ha rilevato
impianti e produzione di elettrodomestici Indesit dopo la crisi
verticale del giugno 1980, nel 1996 occupava 753 operai in
pianta stabile. Sono diventati 828 l'anno dopo e scesi a 787 nel
1998. Oggi, su 888 operai, 107 sono interinali o con contratto a
termine.
ALESSANDRO CAMMUSO - Un viavai di giovani
che non resistono ai turni o alla fatica e se ne vanno disperati
o che si disperano se non sono riconfermati. L'azienda ricorre
agli interinali per sostituire i periodi di malattia, le ferie,
le maternità. Se sei interinale aspiri a diventare contrattista
a termine. Dopo il contratto a termine, c'è il miraggio
dell'assunzione a tempo determinato. In questo modo, tutti i
legami di solidarietà tra i lavoratori tendono a spezzarsi.
- Eppure gli affari non vanno male per
Merloni, con Candy uno dei principali marchi italiani.
Considerato che l'Italia realizza un terzo della produzione
europea, i ricavi delle esportazioni nel settore del bianco (cioè
degli elettrodomestici di maggiori dimensioni) sono progrediti
di oltre il 6% e Merloni ha rafforzato i suoi "livelli di
redditività", anche grazie al passaggio della produzione
di un milione e 800mila motori all'anno, con i suoi 200
dipendenti, sotto il controllo della Ceset, un'impresa astigiana
legata alla multinazionale americana Emerson."
in www.alpcub.com/libro.html
2001 Interviste impossibili a cura di Mario Dellacqua
Repubblica — 29 giugno 1985 pagina 37 sezione: ECONOMIA
INDESIT - L' Indesit rischia il fallimento. La situazione economica e
produttiva dell' azienda torinese è diventata drammatica. Sembra
definitivamente tramontata anche la possibilità di trovare un partner
industriale pronta a salvarla. A tracciare questo allarmato profilo è
la Flm, la federazione dei lavoratori metalmeccanici, che ieri ha tenuto
sull' argomento una conferenza stampa. La Flm ha chiesto l' immediato
intervento del governo e ha profilato il ricorso alla legge Prodi sul
commissariamento delle aziende in crisi. Le cifre dell' Indesit sono
preoccupanti: su 7.500 addetti, molti dei quali in cassa integrazione,
l' azienda calcola quasi 5.000 esuberi.
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