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ANNA KULISCIOFF
Dagli anarchici al socialismo
Anna Moiseevna Rozenstejn nasce a Moskaja (Crimea) il 9 gennaio tra il
1854 e il 1857. Cresce in una famiglia ebrea di commercianti e a 18 anni
studia filosofia all'Università di Zurigo. Deve rientrare in Russia per
ordine dello zar Alessandro II, ma aderisce al movimento populista. Quindi
si trasferisce a Parigi, dove incontra Andrea Costa (1851-1910) da cui avrà
la figlia Andreina, paradossalmente devota cattolica. Nel 1878 è
arrestata ed espulsa dalla Francia. Replica a Firenze, accusata di
cospirazione con gli anarchici. È per la terza volta a Milano e torna in
Svizzera. Malata di tubercolosi, rientra a Napoli dove incontra Filippo
Turati, con cui nel 1889 fonda la Lega socialista milanese e poi la
rivista Critica Sociale. Nel 1892 partecipa alla costituzione del Partito
socialista italiano. Nel maggio 1898, insieme a Turati, viene arrestata
per reato d'opinione e rimane in carcere per sette mesi. Quindi promuove
un disegno di legge contro sfruttamento della manodopera minorile e
femminile che nel 1901 diventerà la legge Carcano. Nel 1911, con il suo
sostegno, nasce il Comitato Socialista per il suffragio femminile e l'anno
dopo viene fondata la rivista La difesa delle lavoratrici. Con l'avvento
del fascismo, la situazione personale e politica si aggrava per la
malattia e i dissensi politici. Muore il 27 dicembre 1925. Anche il
funerale diventa occasione di violenti scontri: alcuni fascisti si
scagliano contro le carrozze, strappando i drappi e le corone. Ad Anna
Kuliscioff è dedicata la Fondazione che ha sede in via Vallazze a Milano:
creata nel 1993 dal socialista Giulio Polotti (1924-1999) che in mezzo
secolo aveva raccolto un lascito di libri, documenti e lettere.
di Sebastiano Canetta, Ernesto
Milanesi
8 marzo
La dottora DEI POVERI
Una rivoluzionaria che applicava il marxismo alla
diagnosi e alla cura. Con una grande attenzione alla prevenzione delle
febbri da parto. Anna Kuliscioff, fondatrice del Partito socialista
italiano, di professione medico. Con l'ostracismo di molti uomini,
preoccupati di tutelare il «buon costume» degli ospedali
Una donna rivoluzionaria, personaggio storico imprescindibile per la
sinistra italiana. Ma anche medico laureato a fine Ottocento. Di più: è
la "la dottora dei poveri" nella Milano degli albori socialisti.
Anna Kuliscioff, nelle pieghe della biografia ufficiale di militante e
femminista, rivela un particolare non trascurabile. La vocazione a
Ippocrate, ma con la massima attenzione alle donne. Lo studio della
medicina, applicando il marxismo alla diagnosi e cura. La ricerca
scientifica sempre votata alle immediate ricadute sociali. Insomma, una
vera e propria pioniera della salute pubblica con un occhio speciale alla
prevenzione a partire dalle febbri da parto.
Una storia tutta da raccontare. Comincia nel 1883, in Svizzera, dove Anna
è concentrata a studiare medicina grazie all'immatricolazione
all'università di Berna. Ma il richiamo dell'Italia resta forte, proprio
per la tradizione clinica che in quel periodo si cimenta con le nuove
frontiere della patologia. Così, grazie alla rete di relazioni, nel
gennaio 1884 sbarca a Napoli, accolta da un'autorità accademica come
Arnaldo Cantani, professore di clinica medica. È lui a perorare la causa
di Anna in rettorato perché ottenga il libretto d'iscrizione
all'università. Lei conta di poter lavorare nel laboratorio di
batteriologia che calamita i migliori cervelli della medicina. Anche se
osserva: «Il clima non è adatto per le malattie dei polmoni. Oltre a ciò
una donna in mezzo a 200 studenti mi sentirò imbarazzata. E le materie
dell'ostetricia e dei bambini sono le meno ben avviate a Napoli».
Intanto i reduci della guerra di Crimea hanno già importato il colera.
Nel 1884 a Napoli scoppia l'estate del vibrione. Anna passa ogni giorno
agli Incurabili: «Tutti i professori sono sossopra e cercano il famoso
bacillo a punta o virgola». In 15 giorni muoiono 3.500 persone. A
seppellire cadaveri putrefatti dalla canicola c'è anche Errico Malatesta,
il mitico anarchico italiano: i carabinieri lo cercano per tutta Italia.
Lui sta assistendo gli abitanti dei "bassi" di Portici, prima di
imbarcarsi in una nave per l'Argentina.
Scientificamente, l'epidemia attira l'attenzione di medici e ricercatori.
Ma Anna si accorge di un altro flagello altrettanto mortale «ma solo per
le donne»: è la febbre da parto che uccide migliaia di madri soprattutto
nei quartieri poveri. Kuliscioff ha già le idee chiare: «La questione
mia è la ricerca della natura del contagio e ciò che lo determina»
spiega la "dottora", mentre inizia a scrivere la tesi sulla
patogenesi della febbre puerperale. È una studentessa modello, sempre sui
libri quando non passa in rassegna ricoveri, quarantene o lazzaretti.
Studi precisi e puntuali, al punto che Anna brucia i tempi e fissa la data
di laurea a luglio 1885. Ma non ha fatto i conti con la burocrazia della
Pubblica istruzione, alle prese con la conversione dei titoli di studio
svizzeri. Oltre a una schiera di baroni poco incilini a licenziare
anzitutto una donna.
Nella speranza di accelerare i tempi Anna decide di specializzarsi nella
clinica ginecologica di Torino, come raccontano Paola e Gina, figlie di
Cesare Lombroso. Poi si trasferisce in Lombardia, questa volta per seguire
l'amore: lasciato Andrea Costa (primo deputato socialista da cui aveva
avuto la figlia Andreina) frequenta Filippo Turati. Lui a Milano cospira;
lei si ostina a voler studiare. Nel 1885 alla facoltà di medicina di
Pavia perviene la richiesta di Anna di frequentare le cliniche «per
svolgere esperimenti in vista della tesi». Per il corpo accademico è un
affronto in piena regola. Soprattutto, il rettore Alfonso Corradi è
preoccupato «per la diffusione di possibile propaganda socialista».
Chiede informazioni al prefetto: al rettorato giunge un rapporto
confidenziale che descrive Kuliscioff come «sovversiva». E così, il
rettore trova l'appiglio per respingere la domanda.
Ma Anna è già entrata dalla "porta di servizio": da mesi
frequenta il laboratorio di patologia generale dell'istologo Camillo Golgi
(primo italiano a ricevere il Nobel nel 1906). Il professore di Còrteno
l'ha accolta da "clandestina", senza problemi. Kuliscioff
ricambia scientificamente, contribuendo alle ricerche che porteranno il
biologo della Val Camonica a scoprire il più importante apparato
cellulare. Resteranno profondamente legati anche negli anni seguenti,
tanto che Lina, moglie di Camillo, arriverà a sottoscrivere un buono da
10 lire per la bandiera del circolo socialista.
All'università di Pavia, intanto, è scoppiato il «caso Kuliscioff». Lo
studente Achille Monti non ha digerito la mancata ammissione di Anna.
Prende carta e penna e scrive un articolo di fuoco «contro i parrucconi
sostenitori dell'arbitrio e dell'oscurantismo». Se la prende con Corradi
«uomo dai cento raggiri». Fino a quando un fedelissimo del rettore,
Camillo Broglio, lo affronta in pubblico. Volano offese e Monti si prende
anche uno schiaffo. Per lo studente l'affronto è doppio; il guanto della
sfida ormai lanciato. L'11 aprile 1886 i due si sfidano a duello. Padrino
dello scontro è Filippo Turati, che assiste a un paio di assalti risolti
con altrettanti graffi.
La reazione di Anna è testimoniata da La burocrazia universitaria,
articolo pubblicato su Il Secolo del 15 aprile 86: «Se non si trattasse
di una donna la questione non avrebbe certo suscitato scalpore. Non ho mai
sollecitato favori o privilegi per dare quegli esami di laurea che si
conquistano sulla strada legale dagli ingegni più comuni dell'altro sesso».
A giugno Kuliscioff si ritira sul lago di Como per le vacanze estive. Fa
sapere di essere «stanca di tutte le patologie». E si accorge che se
vuole la laurea deve lasciare il "pantano" di Pavia. Decide di
tornare a Napoli. Qui diventa la prima donna a completare gli studi
universitari in medicina, come racconta Melina Lipinska (Les femmes e le
progres des sciences medicales, Parigi, Masson, 1930). Nei registri
dell'ateneo risulta laureata nell'anno accademico 1886-87. La sua tesi Sui
microrganismi dei lochj normali si rivela subito un testo fondamentale per
comprendere le origini della febbre puerperale di cui era stata appena
individuata la natura infettiva. Anna presenta alla commissione un lavoro
metodico, accurato e approfondito. Una tesi sperimentalmente ardita:
l'obiettivo è determinare le proprietà biologiche dei microfiti tentando
di verificare gli effetti innocui e patogeni. "La dottora dei
poveri" è convinta che a uccidere le donne non sia lo streptococco
individuato da Louis Pasteur ma i protei della putrefazione.
Nel 1886 Golgi ufficializza la validità scientifica del lavoro di Anna,
presentando alla società medico-chirurgica pavese «una comunicazione
della studentessa Kuliscioff sulle febbri puerperali». E così la tesi
viene pubblicata nella Gazzetta degli ospedali del 26 settembre 1886. Si
tratta di un errore scientifico, corretto negli anni seguenti, tra gli
altri, anche da Monti che l'aveva difesa a spada tratta. Ma nella fase
iniziale del dibattito accademico le analisi della studentessa di Odessa
contribuiscono ad indirizzare gli infettivologi sui binari giusti. Nel
novembre 1887 Anna si trasferisce a Padova, per frequentare gli studi
speciali nella clinica medica universitaria del professor Achille De
Giovanni. Rimane pochi mesi, perché si convince che il suo posto è tra
le barelle dei malati all'ospedale di Milano. Quando torna in Lombardia
constata che i conti da fare sono sempre gli stessi. Ancora una volta, la
sua domanda di ammissione viene respinta senza motivo. Anna lo denuncia
pubblicamente tre anni dopo alla Conferenza sul monopolio dell'uomo. «Quando
si presentò una donna medico al nostro ospedale Maggiore fu subito
colpita dall'ostracismo. Per quale ragione? Pare per la tutela del buon
costume». Ma Anna rimane a Milano. Rivoluzionaria di passione, medico di
professione con studio al civico 18 in via S. Pietro all'Orto, come
certificato dalla Guida di Milano pel 1889 di Gaetano Savallo. A febbraio
del 1890 la «dottora» rivela: «Faccio il facchino tutto il giorno. Sono
estenuata dal lavoro. Non ho le forze sufficienti per affrontare una
fatica così enorme come fare il medico dei poveri e salire cinque piani
di scale». Due anni dopo sarà tra i fondatori del Partito socialista
italiano. |
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