Quale
futuro lavorativo per le valli Chisone e Germanasca?
Salendo
da Pinerolo verso il Sestriere si attraversa una vallata: la Val Chisone,
anomala fra le vallate alpine, con più di un secolo di tradizione
industriale e ventimila abitanti. Anche se è famosa per il Sestrieres e la
sua neve, o per i ritiri della Juventus a Villar Perosa, ne vogliamo parlare per
altri motivi... Gli operai.
Nel 1961
i 22.700 abitanti delle valli Chisone e Germanasca potevano contare su 11.000
posti di lavoro, di cui 9000 nell'industria; ancora vent'anni dopo l'occupazione
industriale della valle risultava essere il 65% di quella complessiva.
Migliaia
di lavoratori sono passati nelle sue varie aziende:
-in
miniera e nelle cave ( il talco della vicina Val Germanasca- 594 minatori
nel 1962), oggi in miniera
e stabilimento 80 addetti.
-nel tessile
come il Cotonificio Widemann di S.Germano Chisone-( 586 operai nel '51) oggi
chiuso,
come il
Setificio Gutermann (1200 dipendenti negli anni '30)- poi Filseta-infine ridotto
alla sola Macerazione (Cascami
Seta-oggi chiusa anch'essa); all'inizio del secolo scorso è da segnalare la
forte immigrazione dal
Bergamasco e dal Veneto
come il
Cotonificio (Abegg) ValSusa (950 dipendenti nel '62) - poi Manifattura di Perosa
Argentina del gruppo tessile Manifattura
di Legnano, poi New Co.Cot con 192 dipendenti nel
2011 -oggi in Cassa integrazione e poi in mobilità per il fallimento e la
chiusura;
-nel
meccanico con la RIV - poi SKF
- (ridotta da 5144 dipendenti nel '62 a 730 nell' OMVP
(scorporata – oggi Tekfor)
e 80 ai TBU, più 520 SKF-Avio.
con la
MVP (Fiat) trasferita e sostituita dalla BOGE-SACHS-
ZF ,200 dipendenti (indotto Fiat)trasferita
poi a Candiolo e con alcune piccole aziende meccaniche -STABILUS
(100) trasferita in Germania DATA (80), MARTIN (50); Gaydou) e infine
Taltos (30), BPG (25),Isotalco (30).
La
tradizione industriale ha voluto dire anche pesanti
condizionamenti e l'ostacolo ad attività alternative, quindi chi non
trovava lavoro nell'industria in valle doveva fare il pendolare verso la
Fiat e l'Indesit in pianura ( quest'ultima azienda che aveva 6000 dipendenti al
nord viene ridotta a 400 e oggi a una cinquantina
). Si è comunque sviluppata la parte di occupazione in valle del terziario,
dell'edilizia ecc come si vede dal censimento 2001, ma è cresciuta anche
un'area precaria e di lavoro nero. Non abbiamo dati precisi ma nel 2012
l'occupazione manifatturiera dovrebbe essere scesa dai 2837 del 2001 a meno di
1500 addetti.
L'agricoltura
di montagna risente della ancora forte occupazione nel settore industriale.
Considerata inoltre la crisi che da qualche anno investe il mondo agricolo è
chiaro il ruolo marginale che l'agricoltura riveste in queste zone. Il settore
è prevalentemente incentrato sulla zootecnia con un numero di occupati in netto
calo. Nel censimento del 2000 sono censite 403 aziende agricole, di cui 252 con
allevamenti, di cui 152 con bovini (1821), 80 con ovini e caprini (1265), 15 con
equini (37), 33 con suini (71), con altri allevamenti 107. Si evidenzia ancora
una buona tenuta del settore alpeggio, sfruttato in queste vallate da unita'
esterne alla Comunita'.
Le occasioni di confronto locale sono
state la RIUNIONE
SULL'OCCUPAZIONE (SINTESI E AUDIO) -PEROSA 19-1-2007, quella del 5 novembre
e infine quella del 12 dicembre (AUDIOspezzone
audio-mp3).
Padania
e dintorni-Le manifestazioni politiche della
piccola e media borghesia sulla spinta della riorganizzazione incessante del
capitale- link a 'n+1'
La riflessione dell'alpcub sulla situazione
generale e locale , all'inizio del 2007, si può vedere dalla Relazione
di Enrico Lanza pdf --10.3.2007 alla Assemblea
Generale annuale alpcub
care/i tumpiste/i ci convochiamo per martedì 22 gennaio ore 20,45 a
Perrero per fare il punto della situazione centrale e non solo
In questi giorni sono stato contattato da un membro dell'ass. Barbarià in
quanto vorrebbero raccontarci cosa succede a Pian dell'Alpe con il poligono
militare; mi sono riservato risposta a dopo il nostro incontro.
So anche che all'interno del gruppo stanno maturando sensibilità e volonta
di partecipare in qualche modo alle elezioni amministrative 2014; la
questione sicuramente va collocata almeno a livello di tutti i comuni della
val Germanasca visti i nuovi assetti previsti dalla legge regionale sul
riordino degli enti locali.
Sarebbe interessante confrontarci su possibili progetti per il futuro della
valle, che magari in parte stiamo già realizzando, o che stiamo sognando:
nel momento in cui ci battiamo contro un progetto colonizzatore, in noi
dobbiamo ricercare alternative credibili, sostenibili e perseguibili senza l'irresponsabiltà
di cedere poi ad altri dei costi insostenibili. Dobbiamo ribaltare le
progettualità correnti: arrivano soldi ed allora diamoci da fare per
spartili poi che ne sarà, sarà!
Mettiamo in campo le nostre idee, concretizziamole in "piccoli"
progetti e poi cerchiamo i supporti economici
Lancio una proposta: formiamo due/tre gruppi di lavoro su:
-nuove amministrazioni e nuove funzioni: le gestioni associate
-gli amministratori e la promozione del territorio: percorsi di sviluppo
economico compatibile con le risorse
-come ricostruire un tessuto culturale recuperando la storia e
confrontandoci con altre realtà a noi lontane
-costruire processi di democrazia partecipata per superare la
disfunzione degli eletti-delegati che non rispondoni più agli elettori
per contribuire al dibattito: scrivere a postmaster@alpcub.com
indicando il nome o uno pseudonimo
Nota di lettura. Per ora pochi scrivono
direttamente, la maggior parte del dibattito, nelle prime settimane, si svolge
attraverso interviste nella valle. Vengono inoltre , inseriti all'interno
del dibattito materiali
utili e collegamenti ad archivi presenti nel sito e nel web. Quello che segue è
il sommario interattivo da cui si può saltare al testo corrispondente. Il
sommario coglie alcuni temi di ogni intervento o materiale allegato.
* La
valle continua a perdere colpi, la sua vocazione prevalentemente industriale,
nella bassa valle, risente del rallentamento generale dell'economia in Italia e vede ben tre
aziende storiche in difficoltà.
La
miniera e lo stabilimento di macinazione, oggi Rio Tinto Minerals Val Chisone: è annunciata la cessione a terzi
del settore del talco e dei borati da parte della multinazionale.
La
Manifattura Legnano di Perosa che sta riducendo gli addetti con la mobilità
volontaria, riparte dopo la cassa integrazione ma il gruppo Legnano è in
fortissima riduzione e si parla di vendita a cinesi o indiani. In Manifattura
pesanti condizioni di lavoro per le donne che rimangono ed hanno
sostenuto la produzione in questi anni.
All'OMVP
di Villar Perosa, scorporata alla SKF negli anni scorsi, si portano all'esterno
produzioni, sono necessari investimenti ma non emerge
un compratore. Intanto parte dello stabilimento è inutilizzata.
La
valle ci tiene alle industrie locali? E' vicina ai lavoratori in difficoltà e
sa sostenerli, è capace di interrogarsi a fondo?
La
valle ha delle risorse nei risparmi delle famiglie, che in cento anni, dopo il
periodo dell'emigrazione in Francia ed Americhe, hanno goduto della piena
occupazione dovuta alle molte industrie. Fino a quando riuscirà a reggere
l'economia di questa valle, densamente popolata, dieci volte di più delle
confinanti valli francesi?
Gli
amministratori, non sollecitati dalla popolazione, per il momento non hanno
previsto un piano di sviluppo alternativo. Il lento declino occupazionale
rassicura ancora e impedisce di reagire adeguatamente? L'esperienza
(diretta dall'esterno) delle Olimpiadi è stata subita più che utilizzata, alla
faccia del continuo ribattere sul futuro del turismo in zona.
Oggi
è già possibile, senza inventarsi nulla, copiare da altre zone iniziative
riuscite di animazione sociale, formazione di nuove professionalità,
valorizzazione delle caratteristiche della valle, utilizzo di risorse della
comunità europea per razionalizzare e promuovere migliori e partecipati servizi
alle varie fasce della popolazione. Questo significherebbe valorizzare tutto il
territorio e renderlo più vivibile ed interessante anche per chi ci guarda da
fuori.
Questo
territorio può ritrovare una vitalità sociale ed economica, anche se la
pesante eredità del paternalismo dei grandi padroni di un tempo continua a
incidere sulla voglia di partecipare e di contare nelle scelte. Forse si teme un
cambiamento di abitudini secolari, ma questo cambiamento, che colpisce tutto il
mondo, avviene progressivamente anche se non lo vogliamo: vedi la presenza
di più di cinquecento stranieri....
Capita
che quando proposte vengono fatte ad amministratori, questi le ignorino o si
spaventino per 'le novità' e non raccolgano i pochi stimoli dal basso. Gli
amministratori sono figli delle contraddizioni storiche della valle. Forse
aspettano che qualche potere forte dall'esterno faccia delle scelte. Ancora una
volta si parla tanto di democrazia ma non si si pratica sul serio
Ps. aggiungerei la
speranza che il nuovo presidente della comunità montana , Andrea
Coucourde , sappia ben interpretare la situazione e interrompa la catena
"corri dietro alle emergenze" e " dividiamo le risorse in parti
uguali per non scontentare nessuno "ma si carichi del compito di far fare
alla valle quel salto di qualità che tutti auspichiamo ....
* Secondo la mia
opinione non esiste una politica di sviluppo nella valle, a medio e lungo
termine; in questi ultimi anni si è puntato sul turismo, ma non mi sembra
che questo abbia avuto molto effetto dal punto di vista economico;
non so se si possa pensare ad uno sviluppo industriale, in senso stretto,
oppure ad attività artigianali più articolate;
... il problema è che gli amministratori non si muovono e non dicono cosa
pensano e cosa intendono fare (amministratori intesi in senso
lato,comunali, prov. e regionali)
... forse pensano che il futuro sia la città metropolitana e che le
nostre zone saranno utilizzate per il fine settimana, a respirare aria
pulita e in un territorio tutto sommato bello, da vivere;
... ma la gente che abita qui, cosa farà ? questa è la
domanda.
E' passato ormai parecchio tempo
dalla
nostra battaglia contro l'asfalto sulla strada per il Colle delle Finestre.
Battaglia che si concluse con una sconfitta , ma che segnò anche un
importantissimo risultato, con la Provincia che ha finanziato un progetto di
recupero delle strade militari, senza asfalto e con tecniche ricalcanti
quelle originali delle strade, e poi con la sperimentazione della chiusura
al transito domenicale della strada del colle delle Finestre.
Purtroppo, come molti di voi avranno letto sulla
stampa locale, è in atto una decisa controffensiva, portata avanti dai
gestori dell'agriturismo di Pian dell'Alpe e da vari gruppi motociclistici.
Questi ultimi hanno anche organizzato un raduno ecologico (???) al colle,
oltre ad una raccolta di firme che sta mettendo in grave imbarazzo il
sindaco di Usseux, Sgarbanti, ed i vari Enti locali coinvolti.
Urge quindi una decisa presa di posizione contro
il rischio di un "ritorno al passato" e di una decisa marcia
indietro da parte della Provincia.
Inoltre vi sono problemi analoghi anche in
Provincia di Cuneo, con la ventilata asfaltatura della "strada dei
cannoni".
Su sollecitazione del Presidente
dell'Associazione "Le ciaspole", eccomi quindi a proporvi una
riunione per organizzare qualcosa riguardo ai problemi di cui sopra. Vi
propongo mercoledì prossimo, 24 ottobre, alle ore 20,45, presso la Sede
della Sezione CAI di Pinerolo, via Sommeiller n. 26. Fate circolare la
notizia a chi potrebbe essere interessato.
ABBIAMO "LANCIATO", UNITAMENTE AL CAI, WWF, LEGA AMBIENTE, PRO NATURA,
MOUNTAIN WINDERNESS E VARIE ALTRE ASSOCIAZIONI
"LA RACCOLTA FIRME"
PER REGOLAMENTARE L'ACCESSO DEI MEZZI MOTORIZZATI ALLE STRADE DI MONTAGNA ED AI
SENTIERI ALPINI DELLE NOSTRE ALPI.
PER SINTETIZZARVI IL NOSTRO PENSIERO, VI TRASMETTIAMO LA PARTE PIU' PROPOSITIVA
DI UN DOCUMENTO DELLA DELEGAZIONE PIEMONTESE DEL CAI, DEL CONVEGNO
LIGURE-PIEMONTESE-VALDOSTANO DEL CAI E DEL PRESIDENTE DELLA TAM (TUTELA AMBIENTE
MONTANO DEL CAI).
SULLA BASE DI QUESTE PROPOSTE, VI SOLLECITIAMO ALLA RACCOLTA DELLE FIRME TRAMITE
LO STAMPATO CHE VI UNIAMO IN ALLEGATO.
LE FIRME DOVRANNO ESSERE CONSEGNATE ENTRO IL 20 NOVEMBRE 2007 A TONINO CHIRIOTTI
- C.SO TORINO, 125 BIS - PINEROLO. TEL. 0121.397838, CELL. 333.9276627.
"CREDIAMO GIUSTO RIBADIRE UN PRINCIPIO GENERALE DI RISPETTO DELL'AMBIENTE
ALPINO CHE PERMETTA LA PERCORRENZA MOTORIZZATA DI STRADE IN QUOTA SOLO AI
VALLIGIANI PER I LAVORI AGRO-SILVO-PASTORALI ED AI RESIDENTI FINO ALLE LORO
ABITAZIONI. OVVERO, FATTE SALVE LE ECCEZIONI DI "SERVIZIO" (PER OPERE
IDRAULICO-FORESTALI, VIGILANZA, ANTIINCENDIO E SOCCORSO, VEICOLI PER SERVIZIO
PUBBLICO) RITENIAMO CHE IN AMBIENTE MONTANO I MEZZI MOTORIZZATI DEBBONO
ARRESTARSI DOVE STORICAMENTE SI SONO ARRESTATI GLI INSEDIAMENTI UMANI
PERMANENTI".
PER COMPLETEZZA, COME ASSOCIAZIONE "LE CIASPOLE", PROPONIAMO CHE DA
QUESTI INSEDIAMENTI IN POI PER ACCEDERE ALLE EX STRADE MILITARI O COSIDDETTE
STRADE BIANCHE, SI POSSA PROCEDERE UNICAMENTE A PIEDI, IN BICI, A CAVALLO E, PER
COLORO CHE PER I PIU' DISPARATI MOTIVI NON INTENDESSERO PERCORRERLE A PIEDI,
POSSANO USUFRUIRE DEI SERVIZI NAVETTA APPOSITAMENTE ATTIVATI.
Pragelato, chiuse le indagini
della Procura di Pinerolo, tre gli indagati
In Val Troncea 400 alloggi abusivi?
Tra Plan e Pattemouche (compreso il Village
Resort) irregolari (secondo l'accusa) 55mila mc
PRAGELATO - Tre indagati: si è chiusa così l'indagine della
Procura della Repubblica che ha passato al setaccio il mega
complesso ricettivo costruito in questi anni all'imbocco della Val
Troncea. Da Plan a Pattemouche: condomini, baite, fino al lussuoso
"Pragelato Village resort". Un totale di 55mila metri
cubi, che si traducono in quasi 400 alloggi da 50 mq.
Tutto abusivo, secondo il pm Ciro Santoriello che oggi accusa
di "abuso d'ufficio" due dipendenti dell'Ufficio tecnico
comunale e di "falso" il geologo che ha redatto la Carta
di sintesi della pericolosità geomorfologica. Il sindaco Marin: «Da
una prima verifica le cose ci sembrano a posto».
Chiusa l'inchiesta anche sulle demolizioni delle baite di
Joussaud: un cantiere posto sotto sequestro a settembre 2006. Qui
gli indagati sono quattro. Tutti potranno chiedere di replicare
alle accuse davanti al magistrato inquirente.
pag. 15- Sorbino-Prot
È iniziata la turnazione
6X6 con la spiegazione (tra le altre) che così si riuscirà a piazzare i
lavoratori che sono in esubero nei reparti di Torneria e T.T.
Come ALP CUB bocciamo
questa soluzione per diversi motivi:
1)perdita di salario
2)perdita di diritti ( ½ ora pagata per pausa mensa e valore del
pasto)
3)perdita di PAR per ottenere le 40 ore settimanali
4)perdita di un giorno di riposo a settimana
Non sarà il 6x6 a
risolvere i problemi occupazionali della OMVP: Troppeproduzioni sono uscite dal nostro stabilimento. Dove finiscono
queste produzioni perse? Chi fa il lavoro che fino ad oggi facevamo noi?
La risposta ufficiale è: in Estremo Oriente. Ma sarà proprio vero?
È risaputo che molte di
queste produzioni importantissime vengono effettuate da ditte esterne con
i “buoni uffici” di ex dirigenti SKF. Non sono in Asia e non c'è
neanche bisogno di cambiare regioneper
trovarle. Ci stanno portando via il lavoro pezzo per pezzo e giurano che
non sia così.
Non sara' l'orario
6X6, perdere la mensa e i PAR o lavorare al freddo che salveranno il
nostro Stabilimento.
Lo
salveremo solo lottando ! Ma per che cosa ?
Per
bloccare lo spostamento delle linee (MST) e fare rientrare le lavorazioni
date all'esterno.
I dirigenti OMVP
invece di mandare fuori le produzioni pensino piuttosto a progetti per
elevare il livello tecnologico dei prodotti e imporli alla SKF Svedese,
unica soluzione seria viste le difficoltà a vendere lo stabilimento.
Oppure qualcuno ha già in mente di chiuderlo???
I parlamentari eletti
nella nostra zona sia a Roma che a Torino fanno parte della maggioranza e
quindi hanno il potere di intervenire: è' ora che lo facciano!! Non
possono pensare che ci accontentiamo di qualche incontro interlocutorio in
Regione!!! Purtroppo sappiamo che quando siamo alle strette servono gli
sforzi e l'impegno di tutti, intanto noi chiediamo:
1) STOP alle
lavorazioni date in appalto all' esterno.
2) STOP al
trasferimento di linee e macchinari a cominciare dalle rollatrici per
Bari.
3) RIENTRO a VP di
tutte le lavorazioni date a Ditte esterne in tempi passati.
4) CONTROLLI
dell'Ispettorato del Lavoro, ASL, INPS, per verificare in quali condizioni
operano i dipendenti di queste aziende.
5)INTERVENTI dei parlamentari e ministri nativi della zona, o ex
dipendenti SKF che conoscono bene la nostra situazione.
Prepariamoci ad un
periodo duro in cui dovremo lottare per mantenere il lavoro a Villar e lo
stipendio nelle nostre tasche. Non facciamoci illusioni: nessuno ci
regalerà nulla se non ci faremo sentire dalla SKF e dall'opinione
pubblica con le nostre lotte e manifestazioni utilizzando tutte le nuove
forme di comunicazioni esistenti. Una volta a Villar c'era l'avvocato
Agnelli, poi le Olimpiadi, ora non c'è più niente, allora per farci
sentire e notare dobbiamo scegliere i luoghi visibili come la sede
centrale SKF di Airasca, la Regione Piemonte e la sede RAI a Torino, non
tralasciando di mettere al corrente i vertici della multinazionale delle
nostre iniziative.È ora di fare sapere che se lo Stabilimento sarà abbandonato a se
stesso e con il tempo rischierà la chiusura rimarremo tutti in mezzo ad
una strada, impoverendo ulteriormente la nostra Valle.
Quindi,quando
dichiareremo le lotte, sarà per difendere le nostre condizioni di vita e
nessuno potrà più fingere di non vedere e non sentire, salvo poi
rimpiangere amaramente un atteggiamento di menefreghismo che non sarà
piu' giustificato.
SKF, dopo aver
sfruttato il territorio e i lavoratori della nostra Valle non può
lasciarli marcire in queste condizioni di assoluta incertezza sul loro
futuro. Deve dare risposte chiare, o vende lo Stabilimento o lo
mette in condizioni di avere un futuro.
Quanto a noi, così come
abbiamo richiesto l' incontro tra la Regione e l' Aziendaper ottenere finanziamenti per nuove tecnologie e risparmio
energetico, se gli avvenimenti prenderanno una piega non accettabile,
chiederemo che i soldi della Regione vengano destinati ad altre realtà
locali.
RSU e COLLETTIVO
OMVP-TBU – DIRETTIVO ALP/Cub – CUB Nazionale
Una
nuova riunione, sull'OMVP è stata fatta in c.Montana a metà ottobre. Il collettivo e le RSU
Alpcub della OMVP hanno consegnato il volantino sulla situazione
della fabbrica (riprodotto in questa pagina).Chiedono ai parlamentari che
intervengano sul futuro di questa zona. Oggi si continua a mandare via
lavorazioni. SI dice che il 6x6 salva l'azienda... Se continuano a uscire
lavorazioni ed altre vengono spostate all'estero lo stabilimento è perso.
>>>> Il
5 novembre ore 15,30 incontro sulla situazione produttiva
della valle presso la C.Montana.
* Da anni tentiamo di stimolare un dibattito sul futuro
con convegni molto modesti organizzati dalla Cisl. Gli amministratori su
questi argomenti li vedo molto spaesati con difficoltà a capire cosa sta
avvenendo nel mondo del lavoro. Molti sindaci sono in pensione e perciò
fuori del mondo del lavoro.
Noi non possiamo andare avanti a oltranza a fare 'manutenzione'.
Ne abbiamo già fatta troppa- Abbiamo in valle,e non solo, delle aziende
che ormai fanno prodotti 'maturi e con poca capacità di trasformazione e
innovazione.Questo argomento va affrontato sul serio e a fondo.
Non possiamo illuderci di poter rifare le cose che
facevamo.
- Abbiamo qualche tentativo di innovazione , ad esempio
alla Sachs di Villar Perosa. Se non parliamo ancora di azienda
decotta oggi lo dobbiamo alla capacità di poche persone che hanno cercato
di innovare passando ad esempio dagli ammortizzatori per auto a quelli per
moto - facendo anche le forcelle per moto. Pur andando in esaurimentogli
ammortizzatori per macchina, oggi la Sachs ha dei problemi e avrà degli esuberi
, ma resta in piedi. Dobbiamo far sì che non venga trasferita e potrà
forse assestarsi su 150 addetti dopo qualche anno di mobilità e un
periodo di riorganizzazione ecc.
- Sono più preoccupato per la SKF
di Villar Perosa: dove la OMVP, ( da anni e stata scorporata dal resto del
gruppo, anche se è totalmente controllata dalla SKF,) soffre per assenza
di investimenti, sia sul prodotto che nel processo, e dove se a breve non
viene venduta a qualcuno con vocazione industriale, che faccia i necessari
investimenti ( presse verticali in grado di stampare pezzi più complessi,
e inoltre stampare a semifreddo; oltre che una riorganizzazione interna
mirata ad ottimizzare le competenze) rischia di chiudere, a meno
che sia la stessa SKF a farli. Inoltre lo stabilimento senza i
ribaltamentidei costi , sia
in termini di servizied
altro,alla sede di Airasca,
piuttosto che a Gotenbourg, farebbe nonostante tutto ancora utili,
malgrado nel tempo il gruppo si sia organizzato per divisione di prodotto
con la conseguenza di avere dei veri doppioni che possono generare oltre
che costi a volte anche inefficienze. Rispetto alla vendita da alcuni mesi
è in Italia un manager svedese che cura una possibile vendita. Fino a
ieri avere a disposizione grandi quantità di acqua, e energia a basso
costo ( fiume Chisone, tre centrali idroelettriche poi vendute), oggi
alcuni interventi logisticie
tecnici rispetto ai processi di riutilizzo delle acque per le fucine,
nuovi generatori di aria sganciati dal resto, ci dicono che le cose che
ieri erano strategiche per fare il prodotto oggi lo sono meno.
SKF
in generale i prodotti finiti e innovativi (eolico, ecc) li fa comunquenei paesi come Svezia o Germania, mentre investe nei paesi asiatici
sui prodotti maturi, o comunque per lo sviluppo di quei mercati, pertanto
anche lo stabilimento sia AIO che PRECISI vengono misurati sul rendimento
rispetto ai concorrenti esterni , ma anche rispetto agli altri
stabilimenti del gruppo stesso
- La Manifattura Legnano di Perosa è
sopravvissuta per ora alla crisi del gruppo. Stiamo arrivando al
capolinea. Siamo partiti dalla incapacità gestionale della
proprietà Roncoroni, investimenti assurdi e difficoltà di mercato.
Abbiamo fatto una via crucis con cassa integrazione e mobilità e
infine si sono scaricati gli oneri sullo stato. Oggi vuole vendere per
disfarsi anche della nicchia di mercato che è rimasta . Si vedrà se c'è
un compratore...Forse Perosa rimane in piedi: a che condizioni? Io penso
che la flessibilità deve avere un volto umano. Con la mobilità resta in
fabbrica una parte di lavoratrici con problemi di salute: dovranno reggere
la richiesta della direzione di far girare gli impianti su 8000 ore
l'anno. Inciderà forse sulle ferie, ma poi le macchine e le
lavoratrici reggono ritmi di questo tipo? Sarà possibile mantenere la
volontarietà su determinati turni o bisognerà ruotare tutti? Occorrerà
una bella discussione con le lavoratrici e a direzione...
- La
miniera della Rio Tinto. Le prospettive?Oggi il valore della miniera è fatto dal giacimento attuale e da
quello che si sta ricercando nella zona (rilevato da sonde del 1964).
Altro punto forte è la professionalità dei minatori. Fra alcuni anni
altri italiani andranno in pensione. Si troverà altro talco? Resterà
solo manodopera straniera o si ha interesse in valle a ritornare a
impararee praticare il lavoro di miniera? Cosa dicono i comuni di montagna?
La Rio Tinto haintenzione di vendere le attività minerarie di talco e borati e
invece sfruttare nell’alluminio e acciaio la forte richiesta di mercato.
La vendita secondo noi deve avvenire a breve per non perdere
professionalità tecniche, deve essere un progetto industriale vero e non
finanziario. ….
E.Tron / sindacalista Cisl) 23-10-07
-------------
(....)Da che cosa è determinata questa
situazione? C'è un problema di concorrenza internazionale?
C'è la concorrenza dei paesi emergemti: la Cina in primo luogo, l'India, il
Pakistan. C'è effettivamente in altre parole un problema legato al costo
della manodopera. Tieni conto che degli altri 10 stabilimenti della
Manifattura Legnano, tre chiudono. Se Perosa ancora boccheggia, è perché lì
si produce un prodotto di qualità. Un cotone fine, pregiato.
Se la crisi è così ampia, nazionale,
verrebbe da dire che c'è poco da fare...
Noi rispondiamo: la soluzione sta nello sviluppo, nella ricerca,
nell'innovazione tecnologica, nei prodotti di qualità. Solo in questo modo
possiamo opporci al declino. E' una crisi generale, di sistema: è il nostro
modello che non regge più! E non se ne esce con la competizione sul basso
costo del lavoro e con la flessibilità: proprio la manifattura di Perosa ce
lo insegna, con la sua storia di flessibilità, di part-time e di contratti
week-end.(....)vedi
Intervista a Mandarano (cgil) ottobre 2004 - link
Sembra una storia della serie: se non son pazzi non li
vogliamo. La disoccupazione viaggia sul dieci per cento e chi non ha lavoro
non lo accetta quando glielo offrono. Come mai? E' solo perchè, come dice
il senso comune, i giovani vogliono tutto per diritto acquisito, non si
accontentano mai e non hanno spirito di adattamento? Non hanno ancora
imparato che "per far da papa bisogna saper far da sagrestano",
come insegnavano i proverbi di padron 'Ntoni?
Mentre si dice che gli stranieri sono un problema perchè
ci rubano il lavoro, le imprese non sanno dove sbattere la testa e
cominciano ad assumere extracomunitari alla grande in tutto il nord con
l'aria di chi non trova di meglio e fa malvolentieri una cosa perchè
proprio non ne può fare a meno.
Prima o poi la grana doveva scoppiare. Ho cercato di
parlarne in un dialogo a distanza con alcuni protagonisti del mondo del
lavoro, dell'impresa, del sindacato, dell'Università e della politica. Solo
il dialogo è immaginato, ma i contenuti rispecchiano fedelmente il pensiero
espresso da ciascuno degli interlocutori. Ho legittimato punti di vista
anche lontani da quelli cui sono affezionato. Volevo comprenderli a ragion
veduta, e ho preferito rifiutare di farne prima la caricatura nella
speranza, magari, di poterli così demolire meglio. Gli altri esprimono
visioni, interessi, aspirazioni da conoscere: non appartengono geneticamente
al mondo della corruzione, del complotto e dell'incompetenza, come talvolta
per consolarci siamo tentati di pensare. (....)
********* da : Quel che la
sinistra non ha capito- Aldo Bonomi
La questionesettentrionale rimanda in primo luogo al cambiamento
strutturale delle forze produttive e
della composizione sociale, entrambe profondamente mutate,dagli anni ‘90
in avanti, dalla globalizzazione.(...)
Negli anni ‘90 cosa è successo? In primo luogo la
crisi profonda che ha investito quel po’ di grandi imprese che noi
avevamo. Alcuni grandi gruppi fordisti
non riescono a reggere l’urto della globalizzazione, della competizione
internazionale. Si smantella l’Iri... Sono grandi cambiamenti che hanno
come epicentro alcuni territori: Genova,
Torino, Porto Marghera,(...)
Il secondo grande processo è quello che disarticola i
distretti produttivi, la cosiddetta
"terza Italia", che perde il vantaggio competitivo della
svalutazione e del costo del lavoro, i vantaggi,
cioè, su cui era cresciuto parte del capitalismo italiano.(...)
Io ricordo che la prima volta che ho sentito parlare di
globalizzazione, ci tengo sempre a dirlo, non fu a
una riunione di no-global, ma a Pistoia, nel 1989, a un incontro della
Confartigianato, in cui un gruppo di artigiani
del tessile dissero che erano sotto stress per la globalizzazione. Era iniziata la competizione, sul costo del lavoro
innanzitutto, dei paesi dell’Est. Ed erano
stressati per questo, non per una questione ideologica. Quindi
oltre ai grandi gruppi, entra in crisi il modello produttivo dell’economia
diffusa, del capitalismo molecolare.
Tutto questo cosa produce sulla composizione sociale?
Produce tre soggetti sociali che io ho
chiamato gli orfani del fordismo, gli stressati e gli spaesati. (...)
I primi: allora una delle mie prime ricerche, che venne
commentata dalla Rossanda, che ne
discusse anche con Gad Lerner, fu quella sulla paura operaia. Non gli operai
che facevano paura, ma gli operai che avevano paura. Ricordo
che nell’83, uno degli operai che frequentavano le 150 ore disse: "Siamo
come nei campi di concentramento, non abbiamo più soggettività".
Gli stressati erano quei padroncini inseriti dentro i
distretti produttivi che, non avendo più come fattore competitivo il basso
costo del lavoro e la svalutazione,andavano in crisi a migliaia. Solo
che mentre degli orfani del fordismo ce ne occupavamo tutti, "facevano
questione" culturale -gli operai della Fiat, l’aumento dei suicidi
fra i cassaintegrati- di quello che avveniva nel mondo degli stressati non
se ne occupava nessuno. Alla fine degli anni ‘80, primi anni ‘90, erano
tantissime le imprese che fallivano, interi cicli produttivi andavano in
crisi, le banche chiudevano i fidi e ovviamente intere famiglie che avevano
tirato su il capannone attaccato alla villetta andavano sul lastrico.
Infine gli spaesati, quelli
che, letteralmente, cominciavano a rimanere senza paese. Questi abitavano
non tanto nel cuore delle aree urbane, o pedemontane, dove c’era il
modello produttivo degli stressati, ma nelle vallate alpine, nelle periferie
o nei piccoli paesi, che cambiavano completamente. Quello che veniva meno
era la dimensione del paese, anche nei paesi arrivava la ipermodernità, che
poi non voleva dire altro che arrivava il tossicodipendente, chiudevano i
negozi di prossimità, aprivano gli ipermercati, chiudevano i circoli Acli.Di
tutto questo noi, allora, ce ne occupammo? Ci occupammo
della"rivoluzione" che stava succedendo? Non ce ne occupammo. La
politica era già dentro un meccanismo di autoreferenzialità.(...)
...)La
destra, in qualche modo, a quelli che tu chiami gli spaesati, gli stressati,
e gli orfani del fordismo, una risposta l’ha data…
Negli anni ‘90 è vero che tutti questi
ceti si trovarono di fronte a una sola proposta: il populismo. Si disse
loro: "Tu, orfano del fordismo, sei rimasto senza appartenenza di
classe; tu, stressato, sei rimasto senza più appartenenza di individualismo
proprietario; tu, spaesato, sei rimasto senza paese. Beh, la risposta è
nell’identità di territorio". Non le pluri-identità complesse, ma
quella più facile, più disponibile, l’identità di territorio. (...)
(...)Invece
di accompagnare questi soggetti, gli orfani del fordismo, gli stressati, gli
spaesati,al cambiamento epocale che stava avvenendo, la sinistra ha
cominciato a dire che, secondo i grandi
parametri della globalizzazione -che la sinistra ha fatto propria in maniera
neutra- questo era un paese totalmente declinante.
Quindi, dopo quella
che tu chiami la transizione, che tipo di capitalismo abbiamo
in Italia?
Noi siamo un capitalismo di territorio. Siamo partiti da
una situazione in cui c’erano gli 8000
comuni, i distretti produttivi, tendenzialmente ci siamo ristrutturati
in una quindicina di piattaforme produttive. Cosa è successo?Quello che era
orizzontale è stato verticalizzato dal sistema delle medie imprese, che
hanno fatto sistema del territorio. Quindi tu hai enormi piattaforme
produttive, specie di enormi fabbriche a cielo aperto. Ad esempio
sull’asse Torino-Ivrea, certamente la leadership è la Fiat, però poi hai
tutto l’indotto dell’auto che si è
ristrutturato per andare nel mondo. Queste piattaforme
potremmo elencarle: la piattaforma produttiva che va da Cuneo ad Alessandria,
con la Ferrero e tante medie imprese innovative; le piattaforme della
logistica compreso il porto di Genova; la pedemontana lombarda, che io chiamo la "città infinita", che va da Varese
fino a Brescia; la pedemontana veneta; tutta la
via Emilia e tutta la città adriatica. Ho citato solo le enormi piattaforme
produttive del Nord. Fermiamoci qui, non andiamo giù, perché poi, per
fortuna, questo modello è andato avanti, perché c’è anche l’asse Bari
–Matera, l’enorme piattaforma produttiva di Roma, ma restiamo sulla
questione settentrionale.
Questo enorme distretto produttivo si è ristrutturato e
noi competiamo nella globalizzazione
partendo dai sistemi territoriali, non competiamo più solo partendo
dal numero delle grandi imprese. Infatti se vai a vedere le tabelle,
in quella della competizione tra imprese, quelle italiane non sono mai ai
primi posti; invece nella tabella della
competizione tra i sistemi territoriali (ed è un modello
applicato da soggetti che non ci vogliono bene, la Datar è del governo francese) le piattaforme produttive italiane sono
sempre ai primi posti nella competizione
internazionale.
Allora, se noi prendiamo come epifenomeno la piattaforma
produttiva lombarda, la "città
infinita": hai mezzo milione di imprese, fra capitalisti molecolari,
medie imprese o grandi imprese transnazionali, Ibm, Microsoft, eccetera;
con due milioni di addetti. Apro una parentesi: se qualcuno ha nostalgia
della classe operaia e dei grandi numeri, eccoli qua. Non è che siano scomparsi, non è che non ci siano più, solo che non
sono più concentrati in un unico luogo,
come nel fordismo. Noi, noi sinistra dico, con quei due milioni di addetti,
non abbiamo rapporti. Ma non solo, vado oltre: in quella piattaforma produttiva,
hai il maggior numero di agenzie del lavoro interinale in Italia, il maggio
numero di sportelli bancari, il maggior numero di università decentrate, il maggior numero di centri commerciali e il maggior
numero di sale cinematografiche... E’
cambiato tutto. (...)
**********
- Per il momento qui si sta affrontando
solo il problema della bassa valle, dove ci sono le fabbriche. Nella bassa
e soprattutto nella alta valle esiste un mondo di lavoro, il 70% , fuori
della fabbrica...
-Cosa pensiamo noi della vita in
valle?
I ragazzi che conosco
della mia età, sui vent'anni, se non continuano a studiare guardano a
quelli che studiano e hanno tempo per divertirsi. Dicono: lavoriamo,
mettiamo un po' di soldi da parte, altri li spendiamo per la macchina e le
vacanze; stiamo in famiglia coi nostri genitori, diamo un po' di soldi in
casa e facciamo la vita che ci piace nel tempo libero. Per l'occupazione:
tutti i miei amici hanno subito trovato lavoro, in aziende medio-piccole,
oppure fanno gli artigiani o i muratori, uno è si spostato a lavorare in
fabbrica in Val Pellice. Altri che studiano lavoricchiano nei ristoranti.
L'idea che ho della valle è che
per un ragazzo non è difficile trovare lavoro, se si accontenta.
- Riguardo alle opportunità che
offre la valle, non c'è ovviamente la scelta che offre Pinerolo o
Torino. C'è chi è soddisfatto di quel che trova in valle,
chi viaggia ogni tanto verso centri più lontani per servizi o offerte per
il tempo libero e infine chi se ne va a stare fuori della valle, anche per
non viaggiare tutto il tempo.
Si va via per lavoro, per
togliersi da un ambiente che si conosce già, oppure per studiare. Si
comincia così. C'è tanta gente che va a lavorare da altre parti, magari
all'estero.
- Sul futuro della valle, non so,
mi sembra che i giovani che conosco vivano tranquilli, senza interrogarsi
ne interferire più di tanto delle attività degli altri.
Da quando sono nato io ho sentito
raccontare che si va sempre peggio, oggi c'è una diminuzione del tasso di
crescita dell'economia.
Siamo in un periodo di regresso
nella maggior parte d'Italia, da noi come stiamo? Meglio o peggio o
uguale? Bisognerebbe capire questo punto.
Gli
adulti che sono sempre vissuti qua sanno benissimo come sono le cose e non
si aspettano che figli risolvano problemi che loro non sanno
affrontare. Comunque
le famiglie dei miei amici hanno dei risparmi, la maggior parte dei
genitori non ha studiato e ha cominciato a lavorare molto presto e ha
messo da parte dei soldi e tampona di solito le emergenze.
******* Simone
Nel
2000 una indagine
sulla realtà giovanile della valle aveva raccolto dati
su un campione di 528 (su 701) ragazzi tra 15 e 19 anni. Per quanto
riguarda il titolo di studi dei genitori emerge un livello di scolarità
generalmente basso.
** Può
essere interessante andare a vedere indietro nel tempo, negli anni
Settanta-Ottanta in valle c'erano gruppi di fabbrica, di paese, di donne
ecc.
1. Il gruppo
OPERAI-STUDENTI nasce a Perosa Argentina nel 1970 a ridosso del '68 edelle lotte operaie del '69. Giovani il cui nucleo si può definire di
impegno cristiano, chestampano "il ciclostilato"
dal nov. 1971. Diventa nel '72 "il punto interrogativo", calano
gli articoli "ecclesiastici" per una maggiore attenzione ai
problemi sociali e il gruppo Operaistudentidiventa
Collettivo. (...)
2. Il Collettivo Operaio
di Perosa A. si costituisce nel 1972. E' frequentato in prevalenza da
delegati e operai della Gutermann, ma vede anche la partecipazione di
membri del grupporesidente
di Agape e di altri operai di varie fabbriche della zona. L'obiettivo del
collettivo è quello di contribuire alla costruzione dal basso di un
movimento operaio organizzato. (...)
3.Molte delle donne che poi
hanno dato vita al gruppo di Perosa Argentina-Pomaretto erano già
inserite nel gruppo del consultorio di Pinerolo, del quale condividevano le
motivazioni e la pratica, pur fornendo una collaborazione saltuaria.
Quando (legge 29 luglio 1975, n. 405) vengono
istituiti i consultori familiari.... (...)
4.Il Gruppo Donne di S.
Germano Chisone e Villar Perosa nasce intorno al 1976/’77, sulla spinta di alcune donne di Villar che negli anni precedenti avevano fatto
parte del gruppo legato a Democrazia Proletaria. Eravamo
molto giovani (circa vent’anni come età media) e ben assortite (operaie,
casalinghe,studentesse, impiegate, insegnanti). (...)
4. Vallecontro era il
periodico del gruppo di Democrazia Proletaria di Villar Perosa. Era un
giornale "artigianale"
uscito prima in ciclostile e poi a stampa tra il '77 e l'80. Molto legato
alle questioni locali e
amministrative. (...)
5. IL Collettivo operaio di informazione Fiat-MVP. Nato verso la fine del
'79 dall'incontro di alcuni operai, col passare dei mesi aveva prodotto i primi volantini e organizzato riunioni saltuarie a Perosa con una ventina
di persone. Alcuni erano delegati, finiti poi fuori del cdf per
forzature in trattativa a proposito del lavoro di sabato. A un certo
punto la Fiat mise in CIG a zero ore una trentina di operai col pretesto della riduzione di produzione della Delta. Fra questi buona parte degli
operai legati al collettivo. Il collettivo restò operante quindi per
una paio d'anni ('80-'81). (...)
6. Comitato Pace Val
Chisone e Germanasca. Nasce spontaneamente alla fine degli anni ‘70 all’interno
della Chiesa Valdese. Nel Sinodo dell’82 i temi della pace sono stati
discussi e proposti come oggetto di riflessione/azione nella comunità. Con l’installazione
dei missili a Comiso (1983) il gruppo si allarga comprendendo persone
non appartenenti alla Chiesa Valdese. Nell’84 aderisce all’Associazione
Pace che si costituirà ufficialmente a livello nazionale a Bari con il 1°
Congresso del 26/28 febbraio 1988.Dopo l’88 il Comitato pace Valli Chisone e
Germanasca opera in collegamento con altriComitati locali ( Pinerolo e Val
Pellice) e il Coordinamento regionale (Torino). (...)
7.DP inizia nel corso
del 1982 un intervento
continuativo sulle fabbriche di Perosa,Manifattura eFilseta. Questo
intervento è coordinato da Paolo Ferrero e Franco Polastro. L’interventoconsiste in riunioni informali che vengono fatte con gruppi di
lavoratori e lavoratrici a fine turno. La scadenza delle riunioni è legata ai
problemi e non ad una periodicità definita. Nelle riunioni si discutono i
problemi di fabbrica e il risultato delle discussioni viene tradotto involantini che poi vengono distribuiti dall’esterno davanti agli
stabilimenti.
8. 'Nontuttoèvalle'- Un
settimanale di informazione operaia (125 copie vendute): Nato
nell'ottobre '90 per raccogliere appunti da passare agli amici, è poi diventato un notiziario operaio dall'aria più
"seria". Conciso e animato da grafica
rubata a vari vignettisti, il settimanale ha la testata che sfotte il bollettone promozionale trimestrale "Tutto
valli " della C.Montana (...)Gli
ultimi arrivi hanno portato la diffusione a 125 copie così divise:FABBRICHE
46 ( miniera 13, SKF Villar 11, SKF Pinerolo 5, Beloit Italia 5,Manifattura
5, Cascami Seta 2, Tecnomaiera 3, Boge 2 ); PAESI 40 ( Perrero 6, Perosa 17,
Pomaretto 5, Villar 3, S.Germano 3, altri 6); PINEROLO 39 ( Liceo/Buniva 9,
vari 20, Stranamore 10).
(...)Perché
occuparsi dell’assetto del territorio ?Perché su di esso si svolge la
nostra vita : è lo spazio materiale e , dal punto di vista temporale,
attuale della nostra esistenza ; è la sede propria degli indispensabili
rapporti sociali.Dal suo assetto dipendono tante cose: l’abitare,la
possibilità di intessere relazionisoddisfacenti e ( perché no ?) il senso
del piacevole, del bello … eppure il rapporto che abbiamo con il nostro
" habitat" è profondamente alienato.(...)
Luciano B.
*** Dietro il diffuso attacco alla politica, bollato
come ‘qualunquismo’ - comoda definizione della critica ai politici - ci
sono problemi reali del nostro paese.
La
giovane repubblica italiana è lontana anni luce, nei comportamenti dei
cittadini, nella struttura produttiva e amministrativa e nelle
istituzioni da molte democrazie vecchio-europee. La coabitazione con lo
stato del Vaticano è una contraddizione tipica dell'Italia e per molti
aspetti frenante…
Il
sistema parlamentare italiano dimostra la sua inadeguatezza rispetto agli
interessi da un lato dei poteri forti e dall’altro delle masse. Può
reggere anche con astensioni di livello USA ma non è più riconosciuto come
progressivo. Senza farsi illusione su una sua rinascita morale -
appellandosi ai valori della Costituzione- ma trattandolo semplicemente come
amministratore di condominio, sarebbe bene che l’indennità parlamentare
fosse ricondotta nella media europea tagliando privilegi e prebende. Per me
una indennità pari a due volte il salario medio operaio starebbe bene in un
programma minimo socialdemocratico sulla riforma del parlamento e delle
amministrazioni decentrate… Per quanto mi
riguarda non ho mai ritenuto di avere la stoffa perfarmi delegare in politica, resto uno di base. Inoltre dall’80 non
ho più i nervi per sopportare le riunioni fiume tipiche della politica
ufficiale – amministrativa o no.
Piero B.
E' prevista una commissione per
elaborare il
nuovo piano di sviluppo... Si attendono direttive dalla Regione sulle
normative. Si spera che come scriveva il piano precedente,
non si lavori al piano solo nel chiuso degli uffici dei responsabili della
Comunità Montana,
ma si attui 'la partecipazione
allargata' preventiva e non si debba assistere come utenti finali, 'cittadini
consumatori' (così il piano del 1999 definisce la collettività), a
scelte fatte in nome della politica delegata.
Il
piano del 1999, scritto 'per obbligo' di legge, ai tempi della
gestione di Erminio Ribet, inoltre non è consultabile che nella forma
cartacea di due dossier voluminosi. Si spera che questa volta ci sia
informazione preventiva anche sul sito della Comunità Montana , a
disposizione di ogni cittadino e forza sociale.
*** il piano di sviluppo territoriale
dovrebbe essere un processo aperto a tutti perchè tutti dovrebbero avere
l'opportunità di confrontarsi su che tipo di sviluppo si vuole per noi e per
i nostri figli e non un'occasione di ripartizione di risorse tra i titolari
del territorio
marta
La mia famiglia è arrivata in valle
negli anni 70.Abbiamo tutti
lavorato nelle varie aziende.
Se la valle perde le industrie attuali
e si arriva al livello più basso dell’occupazione, bisognerà, in
eventuali nuove aziende ricominciare con le paghe e la sindacalizzazione
da capo e partendo dal livello più. basso. Questa è una visione
pessimistica personale: ma a chi tocca pensare a che cosa ci attende
avanti negli anni?
Mi raccontano, e ho anche visto
servizi in TV e sui giornali, che nel Veneto, nel Cadore c’è stata fino
a dieci anni fa una nuova economia di piccole e medie aziende, vedi la
produzione degli occhiali, che tiravano ed erano sorte in zone prive di
industrie.
Poigli occhiali ed altre produzioni sono finiti in Romania, all'estero. E non c’è verso di fermarle, le produzioni vanno via,
si può solo andargli dietro. C’era tutto il settore delle scarpe,
scarponi,vestiti sportivi (Diadora ecc) che tirava e dava lavoro
anche a domicilio. Finita la giornata si andava a casa e arrivavano camion
di materiale semilavorato da rifinire a domicilio in nero. Si son viste le
cose più strane. Non è mica così bello il modello del nord-est! Adesso
la pratica della delocalizzazione all’estero vale per tutta Italia,
altro che contare nella nostra valle sulla sua tradizione industriale…
Come si vive? Io non mi posso
lamentare ... ma la situazione in valle non è uguale per tutti. Ci
sono poi dei casi significativi.. Un agente immobiliare mi ha detto che
dai controlli che fanno a chi vuole comprare alloggi saltano fuori cose
strane . C’è chi vorrebbe centomila euro di mutuo, ma per comprare,
oltre la casa, la macchina ecc . E poi si trovano impiccati ai mutui.
Altri, con reddito sui 2000 euro in due hanno già da pagare finanziamenti
per 6-800 euro. Stanno pagando telefonini, impianti tv stereo ecc. Un
conto è avere rate da 800 per la casa… Al giorno d’oggi ci sono molti
che vogliono ‘apparire’, cambiare telefonino ogni anno ecc.
Finchè ci son i soldi del nonno….,
Chi ha tantisoldi c’è
sempre ma per gli altri si torna al Medioevo, chi è nel castello mangia,
gli altri fuoriraccolgono gli avanzi che cascano dalle mura.
I servizi in valle non son male, ma
adesso con l’accorpamento delle ASL, c’è qualcuno che dovrà fare il
pendolare fino a Chieri- Collegno per lavorare ed anche chi ha dei guai con qualche
pratica rischia di dover andare lontano, altro che Pinerolo. E sarebbe
questo facilitare i servizi?
Sul turismo in valle.
Oltre
l’impianto de Clot della Soma che è arrivato a fine vita, a Pragelato
la seggiovia di Plan che hanno rinnovato non ha girato.Poi c’è l’ultima arrivata , quella che va al Sestriere. Ferma
in attesa di gestione.
A Prali invece la seggiovia girando
d’estate salva la stagione invernale. Con un abbonamento giornaliero di
20 euro si possono fare 5-6 ‘verdi’ al giorno d’inverno. D’estate
il biglietto di salita costa 6 euro per una sola corsa, 8 per
salita-discesa. Tutto di guadagno, senza problemi come d’inverno per la
manutenzione delle piste.
Il ‘Village’ 4 stelle di Pragelato
riapre all’inizi di dicembre sta fermo quattro mesi l’anno. Di dove
saltano fuori i soldi per la gestione?. Hanno voluto massificare il
turismo. Adesso vorrebbero fare a Pragelato altri 23 condomini. Per chi?
Non ci sono più i soldi nemmeno per campare, altro che per lo sport…
I trampolini: ci sono quattro gatti a
vedere. Per i campionati di skiroll : gli sportivi erano tutti del
Bergamasco, trentini. A vedere le gare c’erano alcuni anziani del posto,
si sentiva parlare in dialetto friulano: ‘abbiamo fatto 500 chilometri
per fare queste gare qui, non c’è nessuno a vedere!
Leggevi sui giornali: folta presenza, ottima accoglienza.
Anche a Sestriere finito il periodo
invernale non c’è niente. Parlano di turismo ma non siamo nel Trentino.
Secondo criteri economici
le strutture industriali dislocate come quelle della val Chisone non hanno
interesse per eventuali investitori perché sono vecchie, le infrastrutture
dovrebbero essere rifatte, perchè sono dislocate rispetto alle vie di
comunicazione principali. Si ha oggi una tendenza un po’ ottocentesca a
privilegiare al trasporto su gomma la ferrovia o l’aereo ( per prodotti
tecnologici avanzati).
Inoltre
si dice che la manodopera costa troppo, anche se si sa che i salari italiani
sono inferiori a quelli europei. Le aeree più interessanti per nuoviinsediamenti sono in Lombardia o nel torinese, possibilmente
affacciate sulle linee ad alta velocità e sugli aeroporti.
Se
va così,la valle e il
pinerolese sono tagliati fuori…
Chi
ha messo in piedi strutture turistiche sta morendo, perché il turismo
torinese di fine settimana , che una volta portava tanto denaro, si è
notevolmente affievolito perché la crisi economica ha colpito i torinesi
che non si spostano più verso le periferie…
Adesso
che c’è la strada che arriva fino a Perosa, si vede a Villar Perosa
arrivare nuovi abitanti da fuori perché le case costano di meno. Molti di
questihanno problemi
economici.
In
valle non c’è un vero progetto. Gli Amministratori? Prinzio, che mi pare
una persona illuminata, in passatoha
tentato di pensare al futuro della valle, ma poi ha dovuto fare iconti con un sistema politico che praticamente non può farci nulla.
Per promuovere uno sviluppo economico in una zona bisogna avere degli
agganci, delle relazioni forti. E Prinzio che è un uomo di sinistra,
moderato, dopo aver provato, ha rinunciato perchè non aveva idea di cosa
fare.Un industriale per venire
qui deve avere intenzione di radicarsi, spendere poco per impiantare
l’azienda, avere degli aiuti per poterci guadagnare sul serio. Allora si
ferma.
I
servizi.
L’ospedale
di Pomaretto dava lavoro a molte persone. Ora è molto ridotto. Invece di
farlo diventare un centro valido per tutto il Piemonte, come un centro
riabilitativo di qualità, si è fatto diventare una macro-geriatria,
sprecandol’occasione.
A
Pracatinat, c’è da tempo, nelle strutture rinnovate dei vecchi Sanatori,
una struttura educativo-alberghiera valida che organizza corsi e soggiorni
per studenti, prevalentemente delle scuole medie, di tutta la regione.
Funziona.
(Nota
red. Il centro di Agape in alta Val Germanasca, pur avendo un suo ruolo
specifico, di tipo internazionale ed ecumenico, ha poche ricadute sulla
valle, salvo a Prali.)
Perché
nella bassa valle non c’è niente di privato per utilizzare queste
iniziative e integrarne l’offerta rispetta alle caratteristiche della
valle?
Facciamo
un po’ di fantascienza… perché non progettare una grande pista
riservata alle biciclette e percorribile a cavallo che passasse lungo il
Chisone, per favorirel’accesso
in valle a chi fa sport e turismo di quel tipo. Invece di pensare di
fermarsi tre giorni al Sestriere spendendo molto, magari c’èla prospettiva di sviluppare un turismo su ruota. Si potrebbe anche
pensare a fare pagare un abbonamento sull’uso della pista. Chi viene da
Torino in bassa valle con i figli e il nonno potrebbe utilizzare questa
opportunità e anche spendere un po’ di soldi sui prodotti della valle…
Bisogna
pensare a sviluppare una cultura di accoglienza nelle case, tipo ‘bed and
breakfast’, che per il fondo valle è l’unica possibilità turistica.
Ci
sono piccole iniziative, come a Usseaux, di turismo domestico, hanno curato
l’ambiente. E’ il nuovo turismo, bello ed evoluto.
Il
problemache hanno: sono troppo
tassati. Bisogna avere una tassazione differente per la ditta individuale da
quella del grande commercio e della grande impresa. Non è pensabile che una
ditta individualeo famigliare
paghi le tasse nello stesso modo, della SKF o della Carrefour.
La
micro-industria familiare integra tutta una serie di situazioni lavorative
non deve essere maltrattata perché qualcuno ha un po' di iniziativa.
Purtroppo è stato fatto sistematicamente dalla sinistra, che ha cercato di
castigare i micro- piccoli imprenditori.
Oppure
si vuole che vada tutto in nero?
Nella
valle la popolazione è sbilanciata verso gli anziani. Nella poca
agricoltura rimasta è difficile il ricambio generazionale. Il patrimonio
boschivo è sufficientemente valorizzato?L’industria del legno in Austria
e Germania è stata normata ed incentivata da norme specifiche, qui sono
sufficienti le segherie…e le industrie del legno?
Riassumendo:
la situazione imprenditoriale è molto complessa: la valle è dislocata
rispetto alle grandi vie di comunicazione, ci sono pochi giovani, non ci
sono progetti che favoriscano nuove attività produttive.
***Il turismoche abbiamo conosciuto per decenni, nella alta Val Chisone, era il
turismo della grande massa, le strutture recettive sono state fatte per
questo scopo. Ora viene avanti un'altra visione, ci sono vari esempi in
valle , ma ètutta da costruire la mentalità e l’attrezzatura. Fino ad
ora è stata proposta quella vecchia e si vededa molti con diffidenza un turismo più distribuito eanche democratico. CI va un nuovo approccio.
Penso
che se andiamo avanti così in val Germanasca e val Chisone possono fare
il parco naturalistico dappertutto e noi facciamo gli animali in via di
estinzione…
Tutto
quello che ci portano i turisti? Vengono portandosi il cibo da casa,
scendono la domenica sera buttando dal finestrino dell’auto gli avanzi…
Per
l’industria va sempre peggio.
E
noi commercianti stentiamo o chiudiamo. Vedi le macellerie, ce n’erano 12
tra Perosa e Pomaretto. Adesso sono tre. E’ cambiato il modo di mangiare,
sono venuti i supermercati… Noi vorremmo che gli operai e i pensionati
prendessero il doppio. Finiti i pensionati noi non abbiamo futuro…. La
valle sta morendo , diventerà solo più un dormitorio, se non cambia
radicalmente.
Io
non sono un missionario, lavoro per i soldi, però fornisco un servizio.
Hanno
solo sempre detto contro Agnelli, ma a Villar la famiglia Agnelli ha fatto
qualcosa. Certo poi ha venduto alla multinazionale SKF. Poi il ricambio dei
vecchi padroni delle industrie di valle non c’è più stato…
Il
Sestriere si è sviluppato con gli Agnelli-. Sestriere SPA adesso è stata
venduta a una ditta mista tra Sauze d’Oulx e francesi. Hanno tolto le auto
ai dirigenti ecc. e ridotto le spese e …fanno filare. Prima se la
prendevano congli
Agnelli….adesso li rimpiangono.
Il programma prende in considerazione l'eredità lasciata dai giochi
olimpici in Val Chisone, Val Pellice e Pinerolo, facendone un panorama di
inchiesta tra contraddizioni e punti in sospeso. In seguito passa ad esaminare
l'impatto sulla provincia
Dopo
Olimpiadi
Val Chisone 1
Seconda
Puntata (Val Chisone 2)
Terza Puntata (ValPellice)
Quarta
Puntata(Val Pellice2)
Da segnalare sulla Val Pellice,
anche i seguenti articoli di Indymedia Italia:
Tornano le ombre sul futuro occupazionale dei 250 dipendenti, quasi tutte
donne, della Manifattura di Perosa Argentina. Lo stabilimento, che fa parte
del gruppo Legnano, sembrava che potesse prendere le distanze dalle
disavventure che hanno portato alla chiusura di altri stabilimenti del gruppo,
perché è considerato un polo di eccellenza per la qualità dei filati. Ma
oggi le organizzazioni sindacali sono in allarme: è giunta la notizia che la
proprietà ha deciso di chiudere il rapporto di lavoro con i vertici
direzionali e si profila un possibile acquisto dello stabilimento di Perosa da
parte della Newcocot, una società indiana. Ci sono timori per il futuro dei
dipendenti.
A.GIA.
--------------------------------------
Siamo a una
svolta. Continuano a circolare voci da mesi. Enrico Tron della Cisl ha
scritto una lettera aperta alla proprietaria della Manifattura,
Roncoroni, chiedendo di dare l'informazione adeguata. Per quanto riguarda la
Newcocot e i suoi metodi ecco come si comporta con il gruppo Olcese (tessile)
con cui il gruppo Legnano aveva tentato una fusione..
Olcese,
approvato il passaggio alla Newcocot
Scritto
da Redazione di Radio Adamello
giovedì 28 settembre
2006
I lavoratori degli stabilimenti Olcese
di Cogno e Sondrio hanno approvato la proposta del ministero dello
Sviluppo economico sul destino dell’azienda, che si trova in
amministrazione straordinaria, sul passaggio alla Newcocot srl. Si
tratta di un’impresa indiana con sede a Milano, che assumerebbe solo
75 lavoratori su 151 dello stabilimento di Cogno, e 73 dipendenti su
136 in quello di Sondrio, azzerando i contratti aziendali. La vendita
ha ottenuto il parere positivo del Ministero per lo sviluppo economico
e del Comitato di sorveglianza del Tribunale di Milano. L’acquirente
avrà in comodato gratuito gli immobili di Cogno per dodici anni e di
Sondrio per sei, con un diritto di opzione di sei milioni di euro per
Cogno e sette per Sondrio. La proposta Borghini prevede il passaggio
immediato di 155 dipendenti nei tre impianti di Cogno, Sondrio e
Milano, con altre 15 assunzioni entro il 31 dicembre e un altro gruppo
di 15 entro 18 mesi. In tutto manterranno il posto di lavoro 185
persone su 300. Il sindaco di Sondrio Bianca Bianchini ha annunciato
la convocazione di un Tavolo istituzionale per la prossima settimana.
**** “ A proposito di Pracatinat
– Era partito negli
anni ’80 con la Valtur come albergo. Poi se ne sono andati.
Poi
è venuta l’idea di fare un laboratorio didattico per studenti.
Adesso
non si fanno più soggiorni settimanali, ma solo di metà settimana perché
sono diminuiti i soldi a disposizione della regione, delle scuole, dei
genitori.
Problemi
sono venuti dalla ristrutturazione del secondo edificio, in cui è stato
realizzato un albergo a tre stelle. C’è poca affluenza. Si fanno alcuni
convegni…L’albergo
per ora mangia gli utili della parte laboratorio didattico, ma dicono che il
bilancio del Consorzio è in attivo…
Ci
lavorano oggi in trenta del centro di soggiorno, più una dozzina di animatori
esterni della cooperativaTarta Volante, più le cucine, in appalto, con venti persone.
Il
personale gestisce le due strutture, molto personale è dell’alta valle. Ora
si ha preoccupazioni per il domani.”
La
nascita del complesso edilizio di Pracatinat risale al 1926. In un periodo
storico in cui la tubercolosi causa, solo in Italia, circa 60.000 vittime ogni
anno, un comitato di persone propone la realizzazione di un sanatorio in alta
montagna, alle cui spese di costruzione decide di partecipare il Senatore
Giovanni Agnelli. Fra
il 1926 e il 1928 vengono così erette le due strutture definite
"Sanatori Popolari" e dedicate ai figli del Senatore: Edoardo
Agnelli e Tina Nasi Agnelli.
Negli
anni '70 la funzione ospedaliera del complesso Pracatinat diminusce
progressivamente, fino a quando nel 1981 una Legge Regionale lo svincola dalle
finalità sanitarie. Nel 1982 l'edificio Edoardo Agnelli diviene Centro di
Soggiorno e la gestione è affidata ad un Consorzio composto da Provincia di
Torino, Comuni di Torino e di Fenestrelle, Comunità Montana Valli Chisone e
Germanasca. Successivamente entrano a far parte del Consorzio i Comuni di
Pinerolo, Moncalieri, Asti e Rivoli.
Nel
1984 il Centro di Soggiorno diventa Laboratorio Didattico sull'Ambiente con
un'attività prevalentemente rivolta al mondo della scuola.
Due
edifici dotati di servizi confortevoli e ricercati. La loro collocazione
geografica, la loro storia , la loro natura di ente pubblico, la coesistenza
con il
Laboratorio , hanno favorito uno sviluppo dell'offerta alberghiera del
tutto originale, sia dal punto di vista organizzativo e
relazionale, sia da quello strutturale. Una trentina di addetti più alcune
ditte esterne.
La
Convenzione per la protezione delle Alpi é una convenzione quadro
intesa a salvaguardare l'ecosistema naturale delle Alpi e a
promuovere lo sviluppo sostenibile in quest'area, tutelando gli
interessi economici e culturali delle popolazioni residenti dei
Paesi aderenti.
Al tempo stesso quest'area riveste una grandissima importanza anche
per le regioni extra- alpine per molteplici ragioni, non ultima
quella delle Alpi storicamente attraversate da grandi vie di
comunicazione.La Convenzione quindi muove dalla considerazione che
un crescente sfruttamento da parte dell'uomo possa minacciare il
territorio alpino e le sue funzioni ecologiche in misura sempre
maggiore, e che solamente l'armonizzazione degli interessi economici
con le esigenze ecologiche può prevenire danni, la cui riparazione,
se possibile, comporterebbe grande dispendio di risorse e di tempo.
Sulla base di tali considerazioni i Paesi
dell'Arco Alpino riuniti per la prima volta a Berchtesgaden dal
9 all' 11 ottobre del 1989 hanno convenuto di stipulare la
Convenzione per la protezione delle Alpi firmata il 7 novembre del
1991.
Essa costituisce così il positivo esito di una prima fase che
riconosce le Alpi come spazio unitario in una prospettiva globale,
cioè uno spazio caratterizzato dall'insieme e dall'interdipendenza
di natura, economia e cultura, le cui diverse specificità si
traducono in un'identità che richiede una tutela sovranazionale.
****Le cose stanno andando
talmente male che non si vede la possibilità di soluzione. Il sindacato
concertativo non organizza più le lotte come una volta, col governo di
centrosinistra se fai qualcosa contro ti dicono che vuoi buttare giù Prodi e
sei di destra.
Nella
vallata si ha paura e preoccupazione, se prima si faceva ancora della
resistenza, delle lotte, adessonon si ha più voglia di impegnarsi, di contrastare. Il sindacato si
occupa di chi ha il lavoro. Il lavoro è precario, soprattutto per i giovani,
chi sta bene sono alla finesolo gli anziani. La sera non si vede nessuno che vada a spasso per le
strade, la valle si sta spopolando. Dall’alta valle si scende a fondo valle
o a Pinerolo, si ha paura in alta valle di rimanere soli, si vede solo
cartelli vendesi o affittasi. Si fatica. Non ho più voglia di pensare al
futuro, si vive alla giornata. Ho parlato con una donna argentina che è qui
per lavoro: le sembra di ritornare ai tempi che ha vissuto nel suo paese al
momento della grande crisi. Dice che dovremmo preoccuparci.
Per
la Manifattura si sta ripetendo quel che è avvenuto per la Gutermann eper la Cascami. Allora dicevano di non preoccuparsi, lasciavano a casa
persone, chiedevano la mobilità, c’erano continuiproblemi organizzativi e nel lavoro di tutti i giorni ecc.
Gli
amministratori locali e quelli della Comunità Montana si preoccupano sul
serio di questi problemi?
*** Le principali
aziende manifatturiere del nostro territorio stanno quasi tutte vivendo
una situazione di incertezza dal punto di vista produttivo che crea gravi
preoccupazioni soprattutto dal punto di vista occupazionale.
-Indesit,
con i ventilati trasferimenti di produzione in Polonia
-PMT(ex
Beloit) accordi recenti sulla mobilità e mancanza di certezze
-Sachs
–ZF calo di volumi produttivi e richiesta di cassa integrazione
straordinaria
-OMVP è
la situazione più delicata e più importante per il numero di occupati
-Manifattura
di Perosa- dopo la speranza di salvarsi dalla ristrutturazione del gruppo
Legnano, oggi sembra che sia in vendita a gruppi stranieri (rischio di
trasferire lavorazioni altrove)
-Miniere
– intenzione della multinazionale di uscire dal settore del talco
Stesse preoccupazioni anche per altre aziende sul
territorio fra cui
-Caffarel
– che continua a perdere occupati e esternalizza
- Microtecnica – si parla di un’eventuale
vendita.
A
distanza di oltre un anno dall’evento Olimpico emerge che la previsione
tanto sbandierata del superamento del manifatturiero si è rivelata
completamente errata..Il nostro territorio continua ad essere, dal punto di
vista economico, generalista - con una forte predominanza del manifatturiero.
Le
altre attivitàche possiamo
andare a fare sul nostro territorio (turismo, artigianato, commercio, servizi
alla persona, agricoltura ) sono interessanti ma hanno un ruolo complementare
e non di traino rispetto al futuro economico del nostro territorio.
La
situazione che conosco meglio è l’OMVP di Villar Perosa. Ricordo alcuni
punti:
1.Calo di
volumi produttivi e quindi un calo degli occupati – è un taglio strutturale
– si sono persi oltre 150 posti di lavoro in quattro anni.
2.L’azienda
continua a dire che vuole vendere questo sito produttivo – a tutta una serie
di condizioni ( mantenerlo collegato alla SKF come fornitore privilegiato
ecc). Viene continuamente rinviata la vendita.
3.Non ci
sono in questa fase investimenti che garantiscano il futuro dello
stabilimento.
La
questione della vendita è delicata. Lo stabilimento non stimola grandi
appetiti, ormai ha cento anni. E’ difficile da scaldare, raffreddare, e non
è assolutamente appetibile per una sua riconversione o urbanizzazione.La
parte più appetibile è quella della fucinatura a caldo. Chi volesse comprare
dovrà investire molto e credo che questo dissuada i compratori.
4.Per gli investimenti l’azienda, in accordo con gli Enti Locali,ha inserito nel piano territoriale integrato (PTI) la richiesta di
fondi pubblici per due investimenti
-La
costruzione di una centrale a olio di colza per la produzione di energia
elettrica ( ritenuto prioritario e garanzia di futuro – anche in vista della
vendita). La produzione di energia fino al 92-93 avveniva in proprio, le
centrali sono state vendute all’Energie spa, per vari anni le condizioni di
vendita hanno permesso risparmi, ora ci si trova a dove comprare energia a
prezzi di mercato. Ecco la necessità di una costruzione di una nuova centrale
( si parla di 5-6 milioni di euro parzialmente finanziati con fondi europei
che la Regione dovrebbe girare all’SKF).
-Altro
investimento dovrebbe essere peruna
pressa verticale, si dice che è un progresso tecnologico e di processo
produttivo ( si parla di costi sui 10-15 milioni da recuperare in parte coi
finanziamenti).
L’incontro in C. Montanadel 5 novembre dovrebbe portare a un successivo incontro in
Regione con enti locali, sindacati ed azienda per capire come affrontare
questi problemi e far uscire l’azienda dalle sue reticenze. La contribuzione
da parte dell’ente pubblico ha un senso se ci sono impegni precisi
sull’occupazione e sull’assetto proprietario.
A luglio l’azienda era venuta in regione a esporre
i suoi progetti, agli assessori all’industria e all’ambiente. L’azienda
non aveva dato risposte precise sull’assetto proprietario, confermando
l’intenzione di vendere.
Questa settimana ci sarà un’interpellanza
parlamentare al ministro dell’industria Bersani sulla situazione dell’OMVP
per fare pressioni pubblichesull’azienda.
Il nostro territorio dal punto di vista politico ha
perso già alcune occasioni per cercare di dotarsi di strumenti di
pianificazione e di intervento sulle politiche economiche ed industriali
locali. Ci sono pochi che pensano…
Quando c’è stato il Patto territoriale 6-7 anni
fa, poteva essere una buona occasione non solo per portare a casa delle
risorse ma anche per individuare le strategie produttive e interessi
particolari e specifici del nostro territorio.
Il Patto Territoriale era un meccanismo simile a
quello attuale dei Piani Territoriali Integrati - ci si riuniva intorno a un
tavolo, si facevano delle analisi, si decidevano gli obiettivi su cui
investire rispetto alle vocazioni del territorio.
Il Tavolo ha funzionato finché si sono raggiunti i
risultati e incassati i soldi, poi tutto è finito lì.
Altri territori invece si sono dotati di agenzie di
sviluppo territoriale che analizzano e seguono il territorio, si confrontano
costantemente col territorio per poi arrivare a fare delle proposte.
Nel Pinerolese questo non c’è, non c’è nessuno
che abbia dal punto di vista politico un ruolo di indirizzo, si vive alla
giornata.
Il Progetto di Piano Territoriale Integrato
presentato dal Pinerolese, fra i 40che
sono arrivati alla Regione, si colloca agli ultimi posti.Il Progetto non è
un’analisi dettagliata del territorio con delle prospettive definite, ma una
serie di richieste messe assieme(SKF
ecc).
*****Davide
Biolghini è il coordinatore scientifico del Forum Cooperazione e Tecnologie.
Intervenendo sul tema dello spreco spiega il paradosso del benessere e quale
nuovo immaginario deve scalzare l'attuale visione consumistica.
Registrazione effettuata presso l'università libera di Alcatraz durante il
CONVEGNO SULLO SPRECO DELLO STATO ITALIANO:
*** Premetto che
la mia identità non si riassume nella ’valle’ in cui vivo. Io sto vivendo
alla giornata. Il futuro? Non so che dire. L’alta valle non dipende dalle fabbriche,
sono tutti piccoli imprenditori, ci sono pochi abitanti… Sta andando
abbastanza male, ma non così tanto da far fallire i piccoli imprenditori.
Tutti incassano di meno e si lamentano.
Sapevo
già prima che le Olimpiadi non avrebbero portato un salto di qualità
significativo, anzi. Io ero contro le Olimpiadi fin all’inizio perché
sapevo che sarebbe andata così, come altri. Avendo contatti col resto
d’Europa, conoscendo come sono andate le Olimpiadi invernali in Francia,
come hanno chiuso, l’anno dopo, tutti i grandi e piccoli negozi nati con le
Olimpiadi, già intuivamo che sarebbe successo anche qua. Ne abbiamo avuto un
grande svantaggio visto che viviamo su un turismo diverso. La gente che ama la
natura e cammina da una valle all’altra non va nei posti dove hanno fatto le
Olimpiadi, perchè c’è una distruzione di molti luoghi naturali.
E’
stata positiva in alta valle la riasfaltatura delle strade che ha tolto molte
buche, ma il tunnel di Fenestrelle è stata una spesa inutile. In trent’anni
una volta sola la neve ha bloccato in quel punto la strada. E’ stato un
grande spreco.
Pragelato
e Sestriere sono esempi negativi di uso del territorio di montagna, di
edificazione speculativa.
A
Pragelato d’estate ci sono state le gare di trampolino ma non sono state
pubblicizzate, c’erano solo gli atleti e i parenti.
Intanto
i rumeni venuti a lavorare nelle opere olimpiche stanno andando via, molto
lentamente, non c’è più lavoro.
La
strada di Pian dell’Alpe non era da asfaltare. Adesso è tardi intervenire,
non ha senso mettere le sbarre. Succederà che alla fine passeranno tutti,
come si fa altrove. Non bisognava asfaltare. Ma fra qualche anno sarà tutto
un buco e non ci andrà più nessuno.. Soldi buttati: una strada dai 1500 a
2000 metri senza manutenzione continua è tutto un buco.
Bisognerebbe
usare i soldi per incentivare il fotovoltaico , le pale a vento per produrre e
vendere energia, visto che siamo in pochi e terreni ne abbiamo tanti.
I
turisti che vengono in alta valle la domenica, si portano da mangiare dalla
città perchè su costa il doppio. Anchei proprietari delle seconde case a parte l’Ici non portano soldi in
valle. Anzi pretendono servizi.
Il
forte di Fenestrelle è illuminato tutti i giorni tutto l’anno . Perché?
C’è
molto individualismo in alta valle. Non c’è coscienza sociale e politica.
Ognuno pensa per sé. Non si sente come un problema la sorte delle fabbriche
della bassa valle. Si sentirà forse quando succederà che qualcuno che ha
fame andrà su a prendere la verdura dagli orti… Se va ancora peggio
succederà e allora qualcuno si preoccuperà, giusto per il proprio orto.
*******
Ho consultato
il sito e ho letto con attenzione quanto vi compare, compresi i vari
interventi di analisi e proposte relativamente alla situazione delle nostre
valli.
Da tempo non faccio più vita amministrativa e
perciò non voglio entrare nel vivo del dibattito senza una documentazione
aggiornata e una riflessione approfondita: alcune osservazioni, però, posso
farle fin d’ora.
Le nostre valli, nonostante il processo di
accentuata deindustrializzazione che tiene “la valle sull’orlo della
crisi”, conservano una vocazione industrial-artigianale, con inevitabile
indotto commerciale, come stanno a dimostrare la vitalità della “nuova”
area artigianale di Villar Perosa e delle aziende pinaschesi, unitamente
all’insediamento commercial-artigianale (Coop e recupero del Mulino) tra
Perosa e Pinasca. La stessa Perosa, nonostante il disastro rappresentato dalla
chiusura della Gütermann e della Cascami, ha visto nascere un bel polo
artigianale negli edifici dell’ex setificio (unico neo, fortemente quanto
inutilmente combattuto dall’amministrazione da me allora presieduta, la
vendita delle centrali idroelettriche) e mi pare che anche S. Germano qualche
cosa abbia recuperato.
Ciò
che è in crisi è il vecchio assetto industriale dato dalle grandi fabbriche
a cui eravamo abituati (Omvp, Sachs, Manifattura di Legnano, Luzenac).
Ovviamente occorre pensare ad un tessuto di piccole aziende, d’ora in poi,
la cui collocazione e permanenza in valle può essere incoraggiata da una
viabilitàpiù scorrevole di un
tempo (fino a Perosa), la quale rappresenta peraltro, a mio avviso, l’unico
vantaggio per noi dato dal grande evento olimpico.
Ovviamente
collocazione e permanenza vanno incoraggiate anche dalle amministrazioni
locali con ogni sforzo possibile e grande intraprendenza. E’ per me motivo
d’orgoglio ricordare che, proprio quando a Perosa la Cascami chiudeva, si
trasferiva nell’ex area Gütermann la Martin (invece che andare a Frossasco,
come stava per fare), con un processo di ricollocazione a monte del tutto in
controtendenza con lo slittamento a valle generalmente praticato da tante
altre aziende. E va sottolineato che il fatto non è stato frutto del caso:
trattai personalmente col dott. Velo e pretesi che, a fronte del caos sociale
e occupazionale creato dalla chiusura del vecchio stabilimento, fosse svenduta
(per 50 milioni di lire) l’area su cui la Martin era interessata ad
insediarsi e su cui sorge oggi. E questo successo non fu il risultato del
tutto estemporaneo di un unico contatto, ma il frutto di una serie di contatti
che cercai con alcuni grandi imprenditori perché, approfittando della
disponibilità degli edifici ex Gütermann e magari interessati all’acquisto
delle centrali idroelettriche, trovassero modo di dislocare qualche reparto
produttivo a Perosa. Incontrai di persona a Torino l’avv. Agnelli, a Quarona
il dott. Loropiana, a Biella il dott. De Martini, tramite il sen. Donat-Cattin
la Miroglio di Alba. Cercai, inoltre, di alleggerire, per quanto
l’amministrazione poteva, certi oneri a carico delle aziende, facendo pagare
la raccolta rifiuti limitatamente ai locali destinati ad ufficio (considerato
che già altri oneri, per rifiuti speciali e quant’altro, gravavano già,
giustamente, sugli stabilimenti e sui laboratori artigianali).
Insomma,
un centrovalle di piccole aziende e di servizi artigianal-commerciali ha
ancora ragione di essere e va sostenuto in tutti i modi.
C’è
anche una vocazione turistica della valle che va incoraggiata e maggiormente
sostenuta. Finora la parola turismo è stata esclusivamente associata a quella
di Sestriere. Ma fortunatamente, di recente, l’attenzione si è rivolta
anche al recupero del forte di Fenestrelle, una grande futura risorsa per la
valle, soprattutto se collocata in un bel quadro d’insieme con il Centro di
Pracatinat e il parco Orsiera-Rocciavrè. E poi c’è la conca di Prali e la
val Troncea.
Il
centro e la bassa valle credo che dal punto di vista turistico possano far di
meno, ma il recupero a passeggiata di bei percorsi verdi (ovviamente ben
tenuti e non abbandonati a se stessi), una maggiore attenzione all’arredo
urbano, alla pulizia e all’ordine dei centri abitati e delle borgate, una
valorizzazione dei centri storici (senza prendere in giro i potenziali
visitatori con indicazioni turistiche che li conducono a poggi su cui non c’è
assolutamente nulla), unitamente a qualche iniziativa estiva di
intrattenimento e di svago, contribuiscono sicuramente a rendere appetibili
tranquilli paesini come Perosa.
Naturalmente
per fare tutto ciò occorrono soldi, molti soldi. E i comuni dicono di non
averne. Ma questo non giustifica una politica amministrativa di dissennata
gestione del territorio, rendendo edificabili le aree più impensate (per far
rapida cassa con gli oneri di urbanizzazione) invece che incentivare il
recupero e l’uso dell’esistente. E’, così, che a Perosa (un comune che
con il drastico calo di popolazione, ormai ridotta a 3400 abitanti, ha almeno
un terzo delle unità immobiliari - condominiali e no - del tutto disabitate)
vengono rese ad edilizia privata, per la costruzione di un condominio, aree
centrali del paese, di proprietà comunale, con un’azione che, soprattutto
guardando a chi la pratica, sarebbe risultata impensabile fino a qualche tempo
fa e molto difficilmente autorizzata ad un proprietario privato perché
sbrigativamente liquidata come speculazione edilizia.
C’è,
poi, da chiedersi se è del tutto vero che i comuni non hanno soldi. Qualche
volta viene da pensare di no. Per esempio, quando si legge (per restare a
Perosa) che si spendono 31.000 euro (circa sessanta milioni delle vecchie
lire, non bruscolini!) per cambiare il sistema informatico attualmente in uso
negli uffici comunali, su cui nel tempo si è investito molto e che, a quanto
pare, risponde pienamente alle esigenze degli uffici; oppure, quando si vede
che, approfittando della donazione di un generoso privato (fatto più unico
che raro a Perosa), si vanno a spendere ben 90.000 euro (centottanta milioni
delle vecchie lire) per realizzare una balconata al Bec Dauphin, che, ammesso
e non concesso che sia cosa (anche turisticamente) utile, con i tempi che
corrono sarebbe stato più opportuno destinare ad altro (il recupero del
vecchio borgo, ad esempio, o della scala di salita Sabotino: trasandata, a
selciato disfatto e a erbacce, area abbandonata al centro del paese),
lasciando alla Provincia o ad altri Enti tale realizzazione.
E,
poi, bisogna saper cogliere “l’attimo fuggente”, cioè le occasioni
offerte dalle circostanze, chiedendo, ad esempio, in occasione delle olimpiadi
qualcosa di consistente e significativo (come hanno fatto altri comuni, anche
più piccoli di Perosa), al di là del rifacimento o prolungamento dei
marciapiedi, dato proprio a tutti. E, invece di proporre certi progetti
estrosi quanto costosi, puntare ad ottenere, anche in forza del mancato
realizzo della circonvallazione e della strozzatura che si viene a creare
nell’accesso al paese, una più razionale e gradevole sistemazione di piazza
Marconi, ad esempio, con la realizzazione magari di un parcheggio sotterraneo
per soddisfare le legittime esigenze dei commercianti e dei turisti di
passaggio.
Ma
per una cosa del genere, occorrono idee chiare e una forza che non può
derivare dall’incerta e ambigua navigazione di chi, da una parte, sostiene
la necessità di soluzioni radicali (trafori e quant’altro) e, dall’altra,
ricorda ai commercianti perosini, ad ogni piè sospinto, che è merito
dell’amministrazione comunale se la circonvallazione non è stata
realizzata.
Avrei da aggiungere parecchie altre cose. Ma non
mancherà l’occasione.
Quando
sono arrivata nella valle, c’era stata da tempo immigrazione dal Veneto
perché qui c’era molto lavoro. Adesso siè ribaltata la situazione e il Veneto tira con la Lombardia
l’economia del nord. Mi domando cos’è successo qui?
Nell’84 partivano da
Perosa tre pulman per la miniera, adesso in miniera c’è solo una ventina di
italiani…C’erano migliaia di posti di lavoro in valle nell’industria..
La nostra situazione nella
vallata: la Manifattura Legnano di Perosa stanno per comprarla indiani o
pakistani, la Taltos di Pinasca l’hanno comprata i russi, la Luzenac- Rio
Tinto del talco vuole vendere ed è di una multinazionale franco-inglese, la
Sachs-ZF è una multinazionale tedesca, la SKF-OMVP di Villar è degli
svedesi.
Quello
che voglio dire che fra poco di italiano resterà ben poco in valle e non so
nel resto d’Italia. Mi chiedo con tutte queste multinazionali straniere
saremo completamente ricattabili – nel lavoro quotidiano e anche nei
confronti di una politica economica del governo – da multinazionali che
possono dire ‘ o vi va così o ce ne andiamo’. Non è rischioso?
Ma
ci sono anche casisignificatividi padroni italiani come alla Martin di Perosa, che oggi ricorrono alle
produzioni cinesi e ci mettono il loro marchio Alla Martin ci sono 45 operai,
per coordinarli 4 capi, un direttore,quattro
padroni. Molte macchine ferme.
Se
arriva un nuovo padrone a Perosa alla manifattura dice: ‘le condizioni per
tenere aperto lo stabilimento le metto io, non le mettete voi sindacati e
lavoratori. I padroni attuali, i Roncoroni, non hanno rispettato il piano
presentato per ottenere finanziamenti dalle banche e cassa integrazione.
La
Fiat con la Cinquecento ha investito milioni in pubblicità per lanciare la
nuova vettura ma non è un prodotto nazionale, si fa in Polonia. A noi non ha
portato niente viene solo commercializzata… e venduta cara.
Io
una valle senza fabbriche non la posso pensare, perché è una vallata morta ,
per me. Sicuramente gli operai da soli non possono fare molto, sono anche le
istituzioni che devono dare dei segnali. Forse c’è qualcuno che non se n’è
ancora accorto.
Sono
almeno dieci anni che vedo la valle morire. I giovani vanno via. Quelli che
lavorano nelle fabbrichenon si
muovono, condizionati da contratti, fatti apposta per togliere diritti e
possibilità di sindacalizzarsi, e dal lavoro precario.
Le
istituzioni stentano a valutare la grossa crisi che sta venendo. Qualcosa
bisogna fare. Interveniamo col governo, cerchiamo di tenere il lavoro
industriale qui.
Non
vuol dire che devo rimetterci io sullo stipendio e sulle condizioni di lavoro,
non è che voglio lavorare per 500 euro al mese per incentivare padroni a
venire.
Bisogna
semmai che ci siano incentivi di altro tipo, finanziamenti , agevolazioni,
meno tasse, meno burocrazia.
Nell’artigianato
ho sentito dire che ci va quasi un anno per aprire una attività, vedi il
grissinificio che deve spostarsi a S.Sebastiano da Porte: non gli danno il
via. E’ un esempio delle difficoltà che ci sono per nuove attività.
Dovrebbe
esserci un intervento nella struttura economica da parte del Governo di
sostegno alle imprese, soprattutto a quelle piccole. Intanto cominciare
diminuendo le tasse a noi operai e ai piccoli imprenditori. I giovani non
possono lavorare nemmeno nei due mesi estivi perchè comunque devono essere
messi a posto. E’ giusto che abbiano la mutua, infortunio e il resto, però
i piccoli datori di lavoro devono essere agevolati e non tartassati a livello
di tasse o assunzioni. Altrimenti i giovani non riescono nemmeno a imparare
lavori manuali che si rischia di perdere perché non vengono trasmessi alle
nuove generazioni. Nemmeno in neronon
prendono più ‘perché i giovani non hanno esperienza’.Tanti dicono ’ faccio quel che posso e non assumo più’, perché mi
costano troppo e non sanno far niente..
Si
deve dichiarare per forza un reddito annuo, se poi stai male e non lavori due
mesi, se dichiari meno fatturato, non ti credono e ti tassano normalmente.
Un
altro , unartigiano, vorrebbe
aumentare l’attrezzatura–vedi
secondo ponte per macchine in carrozzeria – ma il commercialista dice non
vale la candela perché devi dichiarare un fatturato più alto in base
all’attrezzatura nuova. Per la mutua: quando un operaio di una piccola
officina si mette in mutua per venti giorni mette in difficoltà il padroncino
che deve tenere dietro agli ordini…
Le
istituzioni vanno molto piano. A livello alto e basso. Ma c’è del
menefreghismo e individualismo anche in fabbrica. Chi si confronta coi
compagni di lavoro capiscee
parla di questi problemi, la maggior parte invece preferisce non parlare. Infabbrica ci sono anche altri comportamenti menefreghisti ,
vedi sulla mutua: invece di contrastare l’aumento dei ritmi e il
peggioramento delle condizioni di lavoro c’è chi si mette in mutua perché
non regge e non vuole difendersi con la lotta. Certo dipende anche se i
delegati e i sindacati sono svegli e non lasciano marcire i problemi. I
lavoratoridevono saper
controllare e non dare la delega in bianco, ma bisogna studiare , parlarsi,
esporsi: non tutti hanno ancora voglia. Non siamo più negli anni Settanta.
Con la globalizzazione e
l’ingresso nella produzione mondiale di nuovi paesi, si era visto che col
lavoro a bassi salari, in condizioni assurde per noi, inquinamento pazzesco,
avrebbero creato problemi per l’occidente.
Ci siamo arrivati in pieno.
Io
non so come si possa rispondere a questa sfida.
Ogni
tanto vado a Torino, in alcuni posti, a compraree guardare piccoli oggetti. L’ultima volta ho notato che
tutto era made in Cina. Non vorrei passare per una che vuole vedere solo merce
prodotta qui. Sappiamo benissimo che nei paesi asiaticifinora non hanno avuto nessun rispetto per i modi, i tempi di lavoro
ecc: possibile chenon si riesca
a fare dei nuovi patti?Il mondo
è cambiato bisogna fare dei nuovi patti: affrontare problemi che una volta,
nel mercato occidentale si davano per scontati, la sicurezza del lavoro,
quella dei materiali ecc.
Quanti
adesso vivono alimentandosi con dei sottoprodotti perchè vanno a comprare , a
causadei prezzi crescenti, merci
di pessima qualità. Una volta magari mangiavano pane e cipolla sane , solo
quelli… ma erano genuini, adesso invece…
Il
valore della forza lavoro diminuisce in tutto il mondo, per la concorrenza
asiatica e la maggior produttività generale. Una volta su certi paletti non
si transigeva, c’erano delle garanzie minime che erano ‘rispettate’ da
tutti. Adesso siamo andati troppo in là, non possiamo dire ‘adesso con te
non commercio’ ? Bisognerebbe dare delle regole alla finanza e ai capitali
ma non si puo’ , sappiamo benissimo cos’è il potere del denaro, anche
virtuale.
I
paesi europei hanno avuto una storia industriale di un certo tipo, che
sappiamo è partita nel Settecento in Inghilterra anche col lavoro dei bambini
nelle filande e nelle miniere, che andavano a dormire nelle fogne… ha visto
nei secoliche passo dopo passo
il lavoro è diventato più dignitoso, con un rapporto ‘equo’ tra ore di
lavoro e salario. Non è possibile che ora non si possa più affermare questo
e non si possa direa chi produce
in modi per noi non corretti: da noi i tuoi prodotti non entrano..
Mesi
fa ho comprato una maglietta di cotone, Benetton. A casa ho guardato
l’etichetta: made in Thainlandia. Ho detto: depennata dalla lista dei
fornitori.
Poi
mi dico: chi sto danneggiando? Li dietro a queste merci ci stanno popoli,
paesi dove comunque si lavora e si ha bisogno di reddito…di vivere.
Si
parla di pensare a una nuova economia meno consumistica…
L’inversione
di tendenza passa attraverso le scelte della quotidianità dei comportamenti
delle singole persone. Peròse
chiude una fabbrica chi resta a piediconsuma
certo di meno , ma non è una scelta, è una costrizione.
***** Mi
sembra che ci sia passività in valle. Mi sembra che ci sia una scarsa
produzione di reddito. Una volta la maggior parte del reddito era da lavoro,
adesso molti sono pensionati. Il grosso del reddito è ‘patrimonio’ (la
casa, la terra).
Ormai le fabbriche hanno
sempre meno addetti. Nel giro di vent’anni c’è stato un salasso
occupazionalee la
ristrutturazione ha aumentato la produttività degli impianti con meno
addetti. La popolazione torna qui a dormire, molti lavorano fuori. Nella
scuola molti vengono da fuori siafra
gli insegnanti che fra gli ATA.Nei
servizi c’è stato l’insediamento della COOP ( molto part-time e lavori
precari). Alcuni dicono che può funzionare il turismo ma sembra un sogno. Che
turismo viene avanti? A Massello ci sono state innovazioni provocando
divisioni e polemiche. I campi e le vignesono marginali o nicchie (ramìe).
Io ho pensato a che futuro
posso immaginare perla valle, ma
non so che cosa dire.
Le persone che lavorano nella
sanità vengono per lo più da fuori. Il personale sanitario residente in
valle era stato preparato a Pinerolo, oggi la scuola infermieri è a Torino…
C’è il problema degli
studenti universitari. Si dice che siano circa duecento in val Chisone , 280
in val Pellice. Il problema è che per andare all’ università ci vogliono
dei soldi. Devono stare a Torino: bisogna avere dei soldi per l’alloggio,
per le tasse: se i genitori non hanno soldi per mantenere uno studente che
fatica o prolunga il periodo di studi finiscono per dire ‘ o studi o vai a
lavorare’… non possono mantenere il figlio per anni e anni giù a Torino.
Se uno viaggia c’è il
problema del trasporto pubblico: come mai l’abbonamento Formula vale solo da
Pinerolo?(nota red. Come mai non si paga ad esempio un biglietto
urbano fino a Pinerolo- 1 euro? La distanza non è superiore a quella del
concentrico di Torino) . Poi c’è il problema delle coincidenze e delle
corse.
Nella scuola elementare i
problemi di cui ho parlato prima si sentono di meno, ma si vede anche lì la
passività nei confronti dei problemi della società. La passività è
l’effetto del cambiamento della società. Si devefareun discorso più generale che riguardi anche la
globalizzazione… E’ vero che in valle c’è stato il paternalismo dei
vecchi padroni, e si vede ancora quando a scuola genitori e figli pretendono
solo diritti, ma scordano spesso e volentieri i loro doveri …
C’è un forte
individualismo, dovuto alla dispersione dei luoghi di lavoro …
Quando eravamo più
giovani, nessuno ci ha organizzati, ci si trovava, si discuteva. E’ cambiato
il modo di vivere. Oggi non succede più , c’è individualismo , si comunica
coi messaggini sul cellulare. Come si fa a parlare? I ragazzini che vedo a
scuola non sono capaci di organizzarsi un gioco,o lo organizzano le maestre
oppure corrono come dei disperati. Sembrano topolini in gabbia. Non c'è
organizzazione. Quando sono a casa non si trovano, non c’è più la
socializzazione di cortile, l’andare nei prati ecc. Stanno chiusi in casa
coi genitori. Se scendono a Pinerolo coi genitorinon sanno nemmeno cosa c’è per la valle, viaggiano chiusi in
macchina, isolati, inscatolati.
Il modo di vivere è
completamente cambiato, non si sa come trovare una forma di partecipazione
collettiva. Penso che però debba venire dal basso la soluzione.
Molti che pensano di stare
bene o relativamente bene, scopriranno presto che sono poveri.
Già oggi ci sono problemi
nel dover sostenere i figli anche se trovano qualche lavoro.Non possono andare
fuori di casa.
***** Spererei di no , ma immagino la valle tra
dieci anni, molto spopolata per la mancanza di lavoro nelle fabbriche. Già
oggi la valle è un dormitorio, molti rientrano a casa dopo illavoro fuori della valle, non vedo un futuro roseo. Il problema,
specialmente nell’alta val Chisone è che il grosso della popolazione è
formata da anziani. Questi non possono più collaborare e far sentirela
loro voce nella comunità per progetti nuovi e i giovani sono pochi.
La conseguenza
dellaglobalizzazione eraprevedibile ed è andata come si pensava. Molti non hanno ancora
capito. E’ un problema enorme.
**** Il futuro della valle è un problema grave,
le aziende stanno smantellando. Non ci sono grosse prospettive. Gli amministratori
puntavano sul turismo ma non porta molta occupazione. A Perosa hanno fatto un
museo, un altro alla miniera: hanno investito soldi su questi progetti, ma
sulle industrie sono carenti. I musei non hanno portato molta occupazione…
Non
sento che ci si preoccupi molto, chi ha un lavoro per ora non ci pensa.
***** Incidere sulla globalizzazione
è sempre più difficile. Le conseguenze della globalizzazione da noi? La più
grossa azienda del Pinerolese è l’ASL: tutte le aziende della zona hanno
perso sempre più peso occupazionale.
I lavori diventano
sempre più precari , soggetti a ricatti per le conferme, con sempre meno
diritti
Io lavoro
all’Asl a Pinerolo , vedo che non ci sono più concorsi. Si entra con
agenzie interinali, lavori a tempo determinato, part-time. C’è un grande
ricambio di personale nelle basse qualifiche, pulizie , camere mortuarie,
trasporti . Lavori dati in appalto. tempi strettissimi di lavoro, turni di
poche ore in modo da risparmiare sulla mensa. Ci sono molti extracomunitari. .
In
valle penso che ci sarebbe dello spazio per il turismo, sicuramente per creare
occupazione bisognerebbe coordinare in rete le varie strutture piccole e
grandi del territorio. Non credo che il turismo possa sostituire il lavoro di
fabbrica. Per me sono importanti i legami che si creano all’interno di
un’azienda tra i lavoratori che certo non si creanonel lavoro individuale disperso sul territorio dei servizi,
dell’artigianato ecc.
Interessante
questa raccolta firme per la difesa delle strade di alta montagna, per una
nuova viabilità che rispetti la montagna…
L’unica
possibilità di agire nella valle è a livello di piano di zona, fattocerto dalle strutture della Comunità Montana , ma in collaborazione
con le varie realtà e sentendo la popolazione….
****
- Il futuro della valle è legato al futuro
dell’Italia, è ovvio. Ci sono delle trasformazioniin corso notevolissime e non credo che quila situazione sia diversa. Si chiudono fabbriche dovunque. Non ho
strumenti per fare previsioni, oggi ormai gli strumenti sfuggono moltissimo.
Credo che una volta gli operai e in genere i lavoratori dipendenti avessero la
possibilità di capire come andavano le cose. Adesso ci sono solo
voci…’vendite’ che si trascinano, logiche che sfuggono al controllo.
La
valle sta invecchiando in maniera molto forte. E’ quindi prevedibile unfuturo calo di popolazione. Tuttavia ci sono segnali contrastanti: per
esempio si continua a costruire, vedi l’insediamento di Pinasca. Le case le
comprano i giovani, chi mette su una famiglia. Credo che la valle diventi una
specie di grosso dormitorio. C’è chi è attirato a vivere qui perché le
case costano ‘poco’, in confronto ad altre località. Per quanto riguarda
la popolazione dobbiamo tenere presenti i nuovi flussi migratori, anche se qui
non sono ancora tanto vistosi.
I nuovi
abitanti avranno bisogno di servizi che in parte saranno forse forniti proprio
dagli immigrati.. Mi sembra che reggano lavori antichi:artigiani (specialmente legati all’edilizia) .Può darsi che così la popolazione della valle resti numerosa.
- Una forza lavoro che è arrivata in valle è quella delle badanti, in genere
rumene. Una di esse mi ha parlato di desideri contrastanti tra le sue
connazionali : quello di ritornare a casa nel paese di origine e quello di
radicarsi qui.
La
presenza delle badanti ci conduce al discorso sugli anziani, che vivono sempre
di più.
Nel
passato nelle famiglie c’erano sovente più persone che lavoravano. Questo
ha prodotto piccole ricchezze, che in una certa misura garantiscono le nuove
generazioni.
Merito
degli anziani che dunque meriterebbero maggiori attenzioni, per esempio quella
di restare il più a lungo possibile nella propria abitazione, anche se molto
spesso non accettano la presenza di estranei come le badanti che tuttavia sono
una grande risorsa, preferibile al ricovero in un istituto.
Non so
fino a che punto le ragazze italiane si adatterebbero al lavoro di badante.
Forse preferiscono restare disoccupate. Le straniere dell’EST sono molto
preparate, hanno studiato eppure si adattano a questi lavori,benché ci siano molte persone che tendono a sfruttarle.
Mi sono
resa conto che avere una badante vuol dire avere nuovi problemi, comericordarsi di pagare i contributi, capire il linguaggio burocratico
dell'Inps. Sono piccoli problemi, ma nuovi per le famiglie. E’ comunque
interessante il rapporto che si crea con gli stranieri, portano dei valori che
ci arricchiscono, c’è un confronto. Abbiamo anche discusso dell'attualità,
delle espulsioni degli immigrati pericolosi. Gli immigrati che lavorano sono
più ‘feroci’ di noi italiani con chi delinque e genera un clima avverso
agli immigrati, si sentono minacciati nella loro reputazione.
Leggo sui
giornali e sui libri di temi legati alla globalizzazione. Io penso che la
globalizzazione sarà governabile anche se ci saranno dei prezzi da pagare. La
globalizzazione intesa come mescolanza di culture pensoche sia governabile: lo è stata anche nel Medioevo, per certi periodi
e in certe regioni ( la Sicilia di Federico II e la Spagna degli Arabi).
Certamente la popolazione dominante ha sempre stabilito le regole della
convivenza.
Negli
ultimi due secoli l’Europa ha teso ad isolarsi e vedere come una minaccia
l’arrivo di culture diverse, ma la mescolanza c’è sempre stata. Se
fossimo austriaci o ungheresi avremmo avuto una storia fatta di dominazioni,
invasioni, mescolanza di etnie. Sono riusciti a convivere benissimo, almeno
credo.
Certamente
vedo l’integralismo religioso come un grande pericolo.
C’è
una tendenza dello straniero a sentirsi vittima , tanto più quando c’è una
componente religiosa tanto radicata come quella musulmana. A me va benissimo
che ci siano le moschee, a patto che queste persone a contatto con la nostra
cultura accettino di confrontarsi. Non sto dicendo che la nostra cultura è
migliore della loro, ma in alcuni casi lo è come nel modo di considerare le
donne. Accusano l’Occidentedi
mercificare la donna : ma io vorrei che le donne afgane avessero gli stessi
diritti che ho io.
- A proposito della scolarità, nel dibattito ci sono i dati suglistudenti universitaridella
valle-che sono circa duecento. Penso che sia importante studiare,
ma non bisogna illudersi che una laurea o un diploma rappresentino un sicuro
accesso al lavoro. Venti anni fa, la molla non era il desiderio di cultura, i
ragazzi dicevano che volevano studiare per avere un lavoro migliore – quelli
di adesso si trovano di fronte il precariato. . .
La scelta
di studiare dipendeva poi dai genitori. Se erano laureati facilmente i figli
li avrebbero seguiti su questa strada. Era un ‘dovere’. Per molte famiglie
nelle quali c’era il desiderio di evolvere socialmente far studiare i figli
voleva dire dare loro degli strumenti . Già allora dicevo che era giusta la
scuola di massa per far crescere il livello culturale italiano, ma ci sarebbe
stato difficilmente lavoro per tutti i laureati. Infatti si è visto.
Oggi pare che i
numerosissimi laureati cinesi e indiani ci seppelliscano, sono bravissimi
nelle materie scientifiche. I grossi limiti della scuola italiana sono la
matematica e le lingue straniere a quanto ho letto sui giornali..
Nella
nostra cultura occidentale almeno fino a qualche tempo fa, lo studio e la
cultura erano visti come un privilegio, mentre nei paesi del socialismo
dell’Est si cercava di valorizzare le capacità intellettuali e di alzare il
livello culturale della popolazione. Un ingegnere era pagato poco di più di
un operaio, quindi non si studiava per prestigio sociale o con motivazioni
economiche ma perché si era interessati a farlo.Speriamo che anche in Italia lo studio non sia visto soltanto come un
lasciapassare per lavori di prestigio del resto ormai introvabili.
*****
Io in valle vivo bene,
ma non per il mio lavoro nei servizi, è per la valle in sé, per le
montagne….
Se penso a un futuro
lavorativo? Non so come sarà. Le valli una volta erano molto popolata,
tutte le borgate anche in alta montagna erano abitate, ora sono vuote o con
pochi anziani. Lavoro in valle ce ne sarà sempre meno, la valle sarà abitata
da gente che ama la montagna e la valle e decide di rimanerci nonostante che
il lavoro sia altrove. Ci potranno essere piccole realtà, magari legate al
turismo…
Non do per scontato
che non ci siano più fabbriche , ma la tendenza è a spostarle dove la manodopera
costa meno…Bisogna vedere se i proprietari della fabbriche hanno voglia di
rimanere, di studiare produzioni da fare qui, perché se vendono non so cosa
succederà. Un ragazzo argentino
che è venuto qua mi ha detto che rischiamo di finire come il suo paese…Chi
ha ‘il potere’ deve rendersi conto dei problemi gravi dell’Italia.
Qualcuno dei miei
coetanei si preoccupa un pò di più e si interessa e cerca d fare qualcosa,
la maggior parte non ci pensa. I miei amici lavorano in valle e molti sono
precari.
Questa situazione la
vivo molto passivamente, non sono impegnata, non leggo i giornali.
Ogni tanto seguo in
televisione trasmissioni di approfondimento sull’attualità.
**** Esistono vari
modelli economici regionali che competono nel mondo globalizzato, questo,
descritto nel libro 'Gomorra' è quello napoletano. Lontanissimo da quello
della valle e del pinerolese, ma elemento essenziale del sistema economico
italiano di cui fanno parte la Manifattura e le altre aziende che resistono in
valle...
(...)Tutto
quello che esiste passa di qui. Qui dal porto di Napoli. Non v'è manufatto,
stoffa, pezzo di plastica, giocattolo, martello, scarpa, cacciavite,
bullone, videogioco, giacca, pantalone, trapano, orologio che non
passi per il porto. Il porto di Napoli è una ferita. Larga. Punto finale dei
viaggi interminabili delle merci. Le navi arrivano, si immettono nel golfo
avvicinandosi alla darsena come cuccioli a mammelle, solo che loro non
devono succhiare, ma al contrario essere munte. Il porto di Napoli è il buco
nel mappamondo da dove esce quello che si produce in Cina, Estremo
Oriente come ancora i cronisti si divertono a definirlo. Estremo. Lontanissimo.
Quasi inimmaginabile. Chiudendo gli occhi appaiono kimono, la barba di
Marco Polo e un calcio a mezz'aria di Bruce Lee. In realtà quest'Oriente
è allacciato al porto di Napoli come nessun altro luogo. Qui l'Oriente
non ha nulla di estremo. Il vicinissimo Oriente, il minimo Oriente
dovrebbe esser definito. Tutto quello che si produce in Cina viene sversato
qui. A
Napoli ormai si scarica quasi esclusivamente merce proveniente dalla Cina,
1.600.000 tonnellate. Quella registrata. Almeno un altro milione passa
senza lasciare traccia. Nel solo porto di Napoli, secondo l'Agenzia delle
Dogane, il 60 per cento della merce sfugge al controllo della dogana, il
20 per cento delle bollette non viene controllato e vi sono cinquantamila contraffazioni:
il 99 per cento è di provenienza cinese e si calcolano duecento milioni
di euro di tasse evase a semestre.(….)
Avrò
sentito centinaia di volte chiamare la zona del foggiano la Califoggia,
oppure il sud della Calabria Calafrica o Calabria Saudita, o magari
Sahara Consilina per Sala Consilina, Terzo Mondo per indicare una
zona di Secondigliano. Ma qui Las Vegas è davvero Las Vegas. Qualsiasi
persona avesse voluto tentare una scalata imprenditoriale in questo
territorio, per anni avrebbe potuto farlo. Realizzare il sogno. Con un prestito,
una liquidazione, un forte risparmio, metteva su la sua fabbrica. Puntava
su un'azienda: se vinceva riceveva efficienza, produttività, velocità,
silenzi, e lavoro a basso costo. Vinceva come si vince puntando sul rosso
o sul nero. Se perdeva chiudeva in pochi mesi.
Las
Vegas. Perché nulla era dato da precise pianificazioni amministrati ed
economiche. Scarpe, vestiti, confezioni erano produzioni che si
imponevano al buio sul mercato internazionale. Le
città non si facevano fregio di questa produzione preziosa. I prodotti
erano tanto più riusciti quanto assemblati in silenzio e
clandestinamente. Territori che da decenni producevano i migliori capi
della moda italiana. E quindi i migliori capi di moda del mondo. Non
avevano club di imprenditori, non avevano centri di formazione, non
avevano nulla che potesse essere altro dal lavoro, dalla macchina per
cucire, dalla piccola fabbrica, dal pacco imballato, dalla merce spedita.
Null'altro che un rimbalzare di queste fasi. Ogni altra cosa era
superflua. La formazione la facevi al tavolo da lavoro, la qualità imprenditoriale
la mostravi vincendo o perdendo. Niente finanziamenti, niente progetti,
niente stage. Tutto e subito nell'arena del mercato. O vendi o perdi. (…)
Il
prete guardò per terra. Era in tuta. Non tentò di rispondere, non la guardò
neanche in viso e continuando a fissarsi le scarpe da ginnastica bisbigliò:
«Il fatto è che qui si impara solo a morire». «Cosa padre?» «Niente
signora, niente.»
Ma non tutti qui
sono sotto terra. Non tutti sono finiti nel pantano della sconfitta. Per
ora. Esistono ancora fabbriche vincenti. La forza di queste imprese è
tale che riescono a far fronte al mercato della manodopera cinese perché
lavorano sulle grandi griffe. Velocità e qualità. Altissima qualità. Il monopolio
della bellezza dei capi d'eccellenza è ancora loro.
Il
made in Italy si costruisce qui. Caivano, Sant'Antimo, Arzano, e via via
tutta la Las Vegas campana.
"Il volto dell'Italia nel mondo" ha i lineamenti di stoffa adagiati
sul cranio nudo della provincia napoletana. Le griffe non si fidano a
mandare tutto a est, ad appaltare in Oriente. Le fabbriche si ammonticchiano
nei sottoscala, al piano terra delle villette a schiera. Nei capannoni
alla periferia di questi paesi di periferia. Si lavora cucendo, tagliando
pelle, assemblando scarpe. In fila. La schiena del collega davanti agli
occhi e la propria dinanzi agli occhi di chi ti è dietro. Un operaio del settore
tessile lavora circa dieci ore al giorno. Gli stipendi variano da cinquecento
a novecento euro. Gli straordinari sono spesso pagati bene. Anche
quindici euro in più rispetto al normale valore di un'ora di lavoro. Raramente
le aziende superano i dieci dipendenti. (…)
Più
della metà dei dipendenti di queste aziende sono donne. Abili, nate
dinanzi alle macchine per cucire. Qui le fabbriche formalmente non
esistono e non esistono nemmeno i lavoratori. Se lo stesso lavoro di alta
qualità fosse inquadrato, i prezzi lieviterebbero e non ci sarebbe più
mercato, e il lavoro volerebbe via dall'Italia. Gli imprenditori di
queste parti conoscono a memoria questa logica. In queste fabbriche
spesso non c'è astio tra operai e proprietari. Qui il conflitto di
classe è molle come un biscotto spugnato. (...)
**** Il livello
di bassezza culturale, etica e politica cui siamo giunti evidenzia, a mio
giudizio, il grado di decadenza della nostra società, all’interno della
quale, al vertice della Piramide, troviamo l’unico “valore” di
riferimento che le società capitalistiche avanzate hanno saputo costruire e
consolidare: il denaro/merce. In nome della “produttività” e del
“prodotto interno lordo”, il capitalismo “globalizzato” ha
ulteriormente determinato, come conseguenza del suo essere, una riduzione dei
tempi da destinare ai bisogni individuali (tempo per sé) e di quelli da
dedicare alla comunicazione/socializzazione (relazioni/incontri con altri/e);
lo stesso va ribadito per il tempo da “spendere” per i bisogni
culturali/formativi (tempo per il sapere e per “l’ozio creativo”).Innome del profitto più sfrenato e della concorrenza interna ed
internazionale si lavora di notte, a 40° di calore, a ritmi sempre più
sostenuti. (...) Vito Prudente
*****
La difesa dell’occupazione
in valle e dei siti produttivi della Val Chisone e Germanasca devono essere la
priorità assoluta di tutti i sindacati dei lavoratori. Sto notando che
invece, per una competizione tra i sindacati, viene messo al secondo posto
questo obiettivo. Vedo troppe dichiarazioni, troppe prese di posizione di
sindacati che neanche si parlano più fra loro dimenticando il bene primario
che è quello della difesa dell’occupazione nella valle.
Ad
esempio sulla Manifattura di Legnano di Perosa:conosciamo i disastri finanziari del gruppo Legnano, sappiamo che il
settore tessile in Italia ha grandi difficoltà e che anche il progetto
industriale raggiunto e sottoscritto con la proprietà viene messo in
discussione e non realizzato perchè insufficiente. Si parla di un buco di 40
milioni di euro.
Quindi
non è stato neanche sufficiente dimezzare gli stabilimenti del gruppo che da
10 sono diventati 4, e la situazione continua ad essere disastrosa.
Sappiamo che anche conl’eventuale vendita della manifattura di Perosa, già annunciata, il
nostro obiettivo comunque è quello di salvare l’azienda in questa valle.
Noi tutti dobbiamo lavorare su questo.
Perle aziende metalmeccaniche dico solo che sarebbe meglio sedersi attorno
ad un tavolo una volta per tutte, tutti i sindacati dei lavoratori di questo
territorio e stabilire un percorso unitario.
Fedele
MANDARANO – CGIL14-11-07
------------
***************** vi invio la
pubblicazione trimetrale sui Centri Permanenti per l' Iimpiego contenente
anche dati interessanti e utili sull'andamento del Mercato del Lavoro nella
Provincia di Torino da poter utilizzare nel dibattito politico o per ulteriori
analisi sui fenomeni dell'occupazione e disoccupazione. C-- Giusy
***** (...)La
delocalizzazione, per molte imprese, è più
una minaccia che non un passaggio effettivo. Ma produce egualmente risultati:
nel 39% delle imprese che magari l'hanno solo minacciata le condizioni di
lavoro sono peggiorate di molto. Ma la stessa organizzazione del lavoro ha
subito un incredibile percorso ad U. Nel taylorismo la mansione individuale
avveniva nell'arco di circa un minuto; la critica degli anni '70 portò a
nuove modalità organizzative (job enrichment, «volvismo» svedese) che
comportavano un'attività più varia e dilatata nel tempo. Con gli anni '90 si
torna indietro, al punto che oggi il «toyotismo» è tornato a mansioni
cicliche di un minuto. L'unica differenza è ora avviene in un lavoro di
squadra, anziché sulla singola postazione.
Dall'analisi della nuova divisione sociale del lavoro emergono perciò almeno
quattro aree, tutte al momento egualmente necessarie per il capitale: il «lavoro
neotaylorista» e il «lavoratore imprenditore di se stesso» (additato ormai
nei media come un «modello di ruolo» cui identificarsi) vanno a strutturare
quello che viene definito «lavoro sicuro». Mentre il lavoro temporaneo o «atipico»
e lo «pseudo imprenditore» compongono l'area del precariato (o «taylorismo
flessibile»). Nessuna di queste forme sembra prevalere, ma tutte hanno in
comune una cosa: i diritti di chi vende la propria forza lavoro sono di meno,
poco stabili, erosi giorno dopo giorno. La divisione, come sempre, a qualcuno
conviene(....)
-
Premessa. Io mi
sento solo di dire qualcosa sulla mia situazione di lavoro e di lì
cercare di capire cosa succede in aziende simili. Le condizioni di crisi sono
presenti ormai in quasi tutte le fabbriche del pinerolese: le soluzioni che
vedo io nella mia fabbrica possono interessare anche altri. Certo ci sono
diversità produttive, ci sono variazioni grandi di occupati dai 500 a 20
delle piccole aziende, però le condizioni sono simili. Purtroppo non mi
ritengo più un ‘estremista’ di sinistra, le condizioni attuali non ci
permettono quei comportamenti, credo di non esserlo più. Mi sembra che la
politica che abbiamo sperimentato ed appoggiato tutti insieme, sindacati
tradizionali e di base, partiti ecc, pensando di risolvere i problemi delle
fabbriche, sia fallita. Vediamo che le fabbriche chiudono, il numero degli
addetti diminuisce... Vediamo che non basta la qualità del lavoro e la
tecnologia -che noi da quindici anni diciamo sia la risoluzione .
Probabilmente, tutti assieme, abbiamo sbagliato in qualcosa.
Probabilmente
siamo stati molto di più ad ascoltare le direzioni aziendali e le esigenze
dei padroni…. Quando vediamo che un imprenditore investe su una fabbrica,
pensiamo che voglia mantenere le produzioni e l’occupazione, perché
sappiamo che ne trarrà un profitto. Ma non sempre quello che i padroni ci
proponevano è poi risultato sufficiente a mantenere il nostro lavoro.
Credo che un
sindacato che sia degno di tale nome,deve dentro la fabbrica, fare delle
proposte e combattere perché vadano a buon fine.
-
Nella mia fabbrica eravamo negli anni Novanta in grado di capire che come si
era mosso il sindacato negli anni Settanta non funzionava più. Gli anni
Ottanta sono stati un periodo di riflessione. Abbiamo poi capito che in una
fabbrica che aveva avuto 1000 dipendenti come la Beloit non potevamo più
‘congelare’ l’occupazione. Esistevano altre fabbriche che facevano le
nostre lavorazioni: non potevamo pensare di impedire loro di fare gran parte
della nostra produzione.
Abbiamo
pensato di puntare sulla tecnologia. Abbiamo accettato di ridurre gli occupati
in Beloit. Scopriamo che nonbasta.
Abbiamo
puntato sulla qualità, rinnoviamo gli impianti proviamo a produrre in modo più
tecnologico e non basta neanche questo.
Alla fine
della storia sono abbastanza sicuro che anche il padrone, o chi gestisce le
fabbriche o le varie aziende che siano private o pubbliche, cercano
l’interesse a breve termine. L’interesse a breve termine probabilmente per
i padroni è quello che rende di più , ma sicuramente non garantisce i
lavoratori.
In Beloit –
azienda altamente tecnologica- pensavamo, negli ultimi cinque anni, di poter
sopravvivere alle crisi aziendali del territorio perché avevamo un know-how (
conoscenze tecniche), un’esperienza lavorativa nel nostro campo della
macchina della carta che ci permetteva di sopravvivere e ‘vincere’ in quel
campo.
Scopriamo
invece che non basta mantenere il ‘core-businnes’ del lavoro (il core-
business è l'attività principale dell'azienda. Ogni azienda infatti può
ricavare reddito da diverse attività ma il core business è quello più
importante e per cui l'azienda è nata). Una volta la Beloit aveva 800
persone, oggi il core-busines il padrone della PMT-ex Beloit lo vede
rappresentato da una trentina di persone – ingegneri e pochi altri.
-
Noi non possiamo pensare di far sopravvivere le industrie della valle in
questo modo, salvando solo il core-businnes, per cui resta solo il cuore della
tecnologia e del lavoro, pochissimi addetti. Significa ‘chiudere’ le
fabbriche come le abbiamo conosciute e spopolare la valle.
Io credo che
è possibile mantenere la tecnologia. ma c’è una tecnologia che costa poco,
vedi il computer con cui un ingegnere un progettista può lavorare anche da
casa.
E c’è una
tecnologia che costa di più. Macchine utensili, ricerca nel campo meccanico-
strutturale, investimenti in progetti di macchine sperimentali, in cui
effettivamente gran parte dei lavoratori hanno un ruolo. Per mantenere
adeguata questa tecnologia, bisogna che il padrone abbia voglia di restare, di
investire; bisogna costringere anche il padrone ad investire.
Dobbiamo fare
una rivoluzione per imporre a chi ha i capitali di fare quello che vogliamo
noi? Credo che sia difficile.
Invece nella
storia di ogni azienda c’è un momento in cui le maestranze hanno la
possibilità di gestire ed indirizzare chi ha il capitale per fare delle
scelte.Però bisogna saper cogliere l’attimo, perché sfuggito
quell’attimo non riesci più ad ottenere nulla.
Il padrone o
chi gestisce ha la necessità di sentire anche i suoi dipendenti,
semplicemente perché si passa in momenti di mercato particolari in cui se i
lavoratori provano a fare delle cose il padrone per forza di cose li deve
ascoltare.
La mia
esperienza in Beloit- PMT . Siamo andati in crisi alcuni anni fa.
Il nuovo padrone Nugo ha avuto la forza all’inizio di fare degli
investimenti, di imporsi sul mercato. Non era in grado di pensare di fare
altrove il tipo di produzione che si faceva a Pinerolo. Era impensabile, per
lui e per noi. Abbiamo visto che lasciando gestire a una persona che decide
per tutti, la suavolontà di
cambiare quell’azienda in qualche cos’altro può essere condizionata anche
da cose ‘banali’. Se Nugo, invece di essere della Val D’Ossola, fosse un
pinerolese noi non avremmo problemi. Invece lui e tutta la sua famiglia vivono
in val D’Ossola, molti lavorano in PMT e devono spostarsi e fare i pendolari
fino a Pinerolo.
E’ ovvio cheNUgo sia allettato dall’idea di spostarsi altrove, se intravede delle
prospettive per lui più soddisfacenti.Ed
è umanamente comprensibile.
Però noi
abbiamo avuto un momento in cui potevamo imporgli, con delle azioni, che
facesse gli investimenti a Pinerolo per garantirci un futuro. Non l’abbiamo
fatto.
Uno de momenti
cruciali è stato quello in cui si doveva decideredove mettere una macchina sperimentale: nessuno di noi ha fatto un
minimo di forzatura perché fosse messa a Pinerolo. Pinerolo poteva iniziare
ad essere un po’ il centro della tecnologia vera della macchina da carta.
Noi tutti sapevamo che questa macchina sperimentale era importante. In quel
momento eravamo anche un po’ forti e in grado diimporci, perché sapevamo che Nugo non aveva alternative a noi.
All’interno dell’azienda non siamo stati attenti, il sindacato che ci era
vicino non lo ha probabilmente intuito, i politici di Pinerolo quando ne hanno
sentito parlare non si sono resi conto dei problemi… Ad alcuni anni di
distanza scopriamo che il padrone, poco alla volta si è organizzato per poter
fare le stesse cose da un’altra parte. Adesso è tardi.
Noi non
abbiamo più abbastanza fiducia in noi stessi o nella società che ci
circonda, e pensiamo di non poter più modificare nulla . Io credo che
possiamo modificare poco, ma quel poco, fatto in determinati momenti, può
anche essere importante.
Tornando alla
valle il problema diventa quasi drammatico. Ci siamo mangiati la cultura
industriale che c’era. Nel frattempo né gli amministratori locali né noi
siamo stati, e siamo in grado di pensare e proporre delle soluzioni che ci
permettano di pensare che i nostri figli che studiano o lavorano abbiano delle
possibilità di sviluppo in valle. Nella poca politica che seguo della valle,
quando si tratta di eleggere il sindaco, si fanno dei piccoli progetti, che
potrebbero essere realizzabili.
Però i nostri
politici, come quelli ad alto livello, promettono e possono anche avere la
capacità di proporre qualcosa per la valle, poi, una volta eletti se ne
strafottono. Mi piacerebbe alle nuove elezioni verificare cosa hanno
‘provato’ a fare.
Un po’ di
sviluppo nella valle ci potrebbe essere. Un po’ di turismo a misura
d’uomo, e non i trampolini…. la nostra valle potrebbe svilupparsi, come
hanno fatto altre, nella montagna, nel turismo, in una valle in cui veramente
si vive bene. Invece si vuole applicare il modello ‘industriale’ al
turismo…e cementificare e stravolgere.
Sento parlare
della filiera del legno: perché non può funzionare? Sia per il risparmio
energetico che per il lavoro dei giovani: ma bisogna crederci e provare
veramente, non fermarsi allo studio iniziale.
Probabilmente
sono pessimista, ma per non esserlo dovrei avere degli esempi che qualcosa di
positivo si è provato a fare. Invece all’interno delle fabbriche e nel
territorio prevale la mentalità che ormai non cambia più nulla.
Probabilmente
siamo un po’ troppo soli. Una volta si facevano le cose, insieme:l’aggregazione era naturale, ognuno cercava l’altro. Ora sembra che
non abbiamo bisogno di nessuno, invece abbiamo bisogno di tutti.
Quando si dice
che le cose passano per la piazza significa che dobbiamo stare vicini e non
chiusinelle nostre case…
****
Mentre è ufficiale l'intenzione della Rio Tinto di
vendere il settore del talco, si svolgono grandi manovre a livello
internazionale nel settore minerario. Vedi articolo 'la stampa'- economia-pg26
18.121.07
Ritengo che la
“casta” politica che ci ha governato negli ultimi 15 anni nonostante si
trovasse nellaposizione
privilegiata per analizzare la situazione, si sia occupata in prevalenza deifatti propri e di continue beghe spartitorie, al punto da non
accorgersi o peggio manco capire quali erano le trasfor-mazioni in atto.
Troppi i partiti perennemente occupatia
creare nuovi gruppi con cui captare ulte-riori finanziamenti e poter ricattare
gli “alleati”. E' una tipica abitudine nazionale quella di voler
controllare la situazione con quote percentuali risibili sia di voti in
politica, che di quote azionarie nelle aziende, in entrambi i casi il rischio
lo si scarica sugli altri.
La sicurezza è un esigenza primaria di tutti i cittadini, immigrati
compresi. Ma i due fronti contrapposti del teatrino della politica, hanno
ideologizzato e personalizzato lo scontro, come se fossero i problemi ad avere
un colore invece che le possibili soluzioni.
Strettamente
uniti invece al momento di concedersi aumenti di stipendio o di difendere i
privilegi di casta:(08/11/07 al Senato non passa per 266 voti contro 36 la
proposta di Turigliatto e Rossi di ridurre del 50% lo stipendio dei
senatori...)
Ora, io credo nella meritocrazia e
non sono contrario per principio allo stipendio dei manager
se rapportato all'incremento degli utili della “azienda Stato” in
seguito ad una buona gestione;
ma se parto da questi dati ne
ricavo che i cittadini dovrebbero semmai essere rimborsati.
Al minimo sono stati incapaci e se avessero una qualche forma di dignità
si farebbero da parte.
Persino l'ingresso in Europa che
era sentito come positivo da gran parte della popolazione è
stato gestito con operazioni congiunte dei vertici dei partiti e delle
banche, lasciando cadere la
spinta ideale della gente, che si
è ritrovata sola e delusa di fronte alle speculazioni sui prezzi...
E' poi storia recente lo
smantellamento di tutti i luoghi dove gli operai contavano qualcosa.
I
rappresentanti referenziati dai partiti, quelli che per buffa consuetudine ci
ostiniamo a chiamare ancora “nostri rappresentanti” in gran parte, non
certo tutti sia chiaro, hanno assistito inerti.
La prova che in loro permanesse
una qualche forma di vita, sia pure con attività cerebrale ridot-ta, si
desumeva dal fatto che questi cosiddetti nostri, anzi per meglio dire altrui
“onorevoli”, conti-nuavano ad alimentarsi, ad assorbire risorse. Ogni
tanto è vero che lo stato comatoso era interrotto da brevi periodi d'iperattività,
ma questo sempre in sincrono col liberarsi d'una poltrona presso un qualche
Ente, poi inevitabile la ricaduta. Diciamoci la verità, nel ricordo di
antiche battaglie comuni un poco c'eravamo affezionati, e non abbiamo mai
trovato il coraggio di staccare la spina...
Oggi la cannibalizzazione spinta
dell'economia va a braccetto con quella della politica.
Parlare di “casta” è un
termine fin troppo gentile se l'aggiotaggio è considerato un normale
mezzo di
finanziamento, o quando si trasferisce chi indaga per “lesa maestà”.
La colpa è anche della
globalizzazione certo, ma da sempre il lavoro si sposta dove costa meno,
ci siamo proprio dimenticati di come il lavoro tessile era arrivato
nelle Valli?
Era tutto dolorosamente, tristemente, maledettamente prevedibile, un
semplice déjà vu! (...) Roby B.
**** Il
mio contatto con la val Chisone e Germanasca è stato molto intenso
all’epoca in cui abitavo a Torino evenivo
al Brancato (Perosa) il sabato e la domenica, e un mese d’estate.
Era
la fine degli anni Settanta ed ero da pochi anni arrivato dalla Sicilia. È
stata un’epoca di scoperte: la montagna, l’escursionismo, le feste delle
borgate, le polente e coniglio sulla stufa a legna, l’odore di fumo, il
patouà... Ne ho un bellissimo ricordo. Anche per le persone che ho
conosciuto: molti di questi erano operai che lavoravano alla Fiat o a Villar e
mi ha sorpreso che anche durante la festa della borgataparlassero di problemi di fabbrica, della dialettica sindacale, mentre
si mangiava e si beveva.
Ho
vissuto le valli molto di più allora che nei sette anni passati più tardi a
Pomaretto, dove invece praticamente venivo solo a dormire, facendo il
pendolare.
Non
sono tanto pessimista sul futuro della valle, già in passato mi sono accorto
di come alcune cose negative rivelano dei sorprendenti risvolti positivi.
All’inizio degli anni Ottanta, con l’ondata di chiusura delle grosse
fabbriche, molti di quelli che lavoravano nella Fiat e nell’indotto sono
ritornati a casa, si sono ritrovati in cassa integrazione o semplicemente
buttati fuori: un momento anche quello abbastanza grave per la valle. Ho
scoperto qualche tempo dopo che molti erano andati ad aggiustare le loro case
nelle borgate, e in certi casi vi erano praticamente tornati a vivere. Una
cosa che sul momento sembrava negativa, ha avuto alla fine un risvolto
positivo: le case erano state aggiustate, le borgate erano rifiorite, c’era
chi era tornato ad allevare le mucche nelle borgate.
Mi
piace pensare che anche in futuro possa succedere una cosa di questo tipo, e
che stavolta, oltre ad aggiustare le case, si possa ricreare nei paesi e nelle
borgate un micro tessuto economico, basato su unmercato di nicchia, perché nel frattempo siamo diventati un po’ più
attenti ai gusti e alle tradizioni alimentari e locali, e i prodotti
alternativi alla grande distribuzione e alla grande industria hanno
conquistato un ruolo nel mercato. Mi piace pensare che un minimo di tessuto
economico basato sulla zootecnia e sulla agricoltura di montagna si possa
ricostruire, anche a costo di inventarsi delle tradizioni e di
infiocchettarle, come ‘l’omaggio del formaggio’, il ‘plaisentif’, il
‘ramié’...
Credo
che da questo punto di vista conti molto l’iniziativa individuale, la
singola persona, il nucleo familiare, piccole società e piccoli consorzi.
Gente che decida di tornare ad abitare qui, mettere a posto terrazzamenti,
coltivare, allevare; e, a differenza del passato, vendere a prezzi
remunerativi buoni prodotti per palati attenti.
Io
ho conosciuto la valle quando l’industria era già in calo, il tessile già
metà spacciato, non ho conosciuto l’epoca d’oro. Ma devo dire che quello
basato sulla grande industria di fondo valle non mi è mai sembrato un gran
modello di economia. Era basato su condizioni che fatalmente sarebbero finite.
Basta cambiare certi sistemi di trasporto merci, fare una autostrada, che so,
nel nord-est e, una fabbrica a Perosa Argentina di colpo non vale niente: se
non sparisce in breve è solo perché l’INPS paga, lo stato paga.
Mi
è invece sembrato un granmodello
quello su cui si è basata l’esistenza in questi posti nei secoli, che è
stato l’equilibrio tra le risorse e la popolazione: tante mucche quanto sia
possibile nutrire nei pascoli, tanti pascoli quanti non tolgano terra ai
campi, tanti campi quanti non tolgano terra ai boschi, e tante persone quante
sia possibile, sfamare, scaldare e coprire. Tutto era basato su un equilibrio,
che è stato di sicuro più costante rispetto alla pianura, devastata nei
secoli da carestie ed epidemie, che non sono altro che fenomeni di squilibrio
di questi fattori.
Certo,
in base ai parametri di oggi diremmo che erano poveri, e quindi tornare a
vivere qui in qualche modo vuol dire “tornare poveri”. Se pensiamo che
tutti dobbiamo avere due automobili, e girare per necessità e divertimento in
macchina, e spendere quel che vogliamo spendere in benzina, più tutte le
comodità in casa,evidentemente
una economia di nicchia nelle valli non può bastare, nemmeno con
l’assistenza dello stato. E quindi si tratta davvero di “tornare
poveri”, ammesso che povertà e ricchezza siano le categorie appropriate a
cui fare riferimento. Io penso, in generale, che uno standard di vita più
basso nei nostri paesi ad alti consumi sia diventato indispensabile nella
macro economia mondiale. Non credo sia possibile che tutto il pianeta viva su
uno standard di consumi come il nostro: l’ingresso nella scena di enormi
popolazioni, necessariamente vorrà dire un livellamento al ribasso, pena
grandissimi scontri e conflitti.
Non
vedo quindi quali alternative vi possano essere, sia a livello globale che
locale. Non credo nella terziarizzazione spinta della montagna. Chi punta a un
modello di economia basato sul turismo, sull’industria dello sport e del
tempo libero, compie un doppio grave errore: ignora i macro processi di
redistribuzione delle risorse, e, cosa forse più grave, propone la montagna
come un grande parco giochi, fatto di piste da sci, campi da golf, alberghi,
ristoranti, discoteche, attrazioni ed animazioni. E veloci vie di
comunicazione. Ma in realtà nemmeno lui è in grado di mantenere la promessa
di uno standard di vita alto nelle valli: nella migliore delle ipotesi c’è
qualcuno che apre un ristorante, un locale di richiamo, fa i soldi e dopo un
paio d’anni va a fare altro, e lascia quella struttura lì, fatiscente. Il
beneficio per l’occupazione della valle? Un paio di camerieri part-time per
un paio d’anni.
Gli
amministratori, nel complesso, mi sembrano votati a questa cultura, ma anche
se fossero dei buoni amministratori non so quanto vi si possa fare affidamento
per poter indirizzare risorse verso queste zone, per finanziare un modello di
sviluppo quale descrivo. Temo che nessuno sia interessato ad esempio a
finanziare il ripristino dei terrazzamenti a secco di Pomaretto. Quando
cominceranno a franare proporranno di cementificarli. E invece io son convinto
che lo stato dovrebbe addirittura stipendiare il contadino che coltivando la
sua piccola vigna mantiene il bosco vicino, taglia l’erba nel prato,
aggiusta il muretto a secco, tiene aperti i sentieri; perché lui sta facendo
una cosa che possiamo vedere, che è portare avanti la sua aziendina, e una
cosa che non possiamo vedere ma ancora più grande, che è mantenere
l’equilibrio tra i fattori in gioco in montagna, un territorio complesso,
delicato, difficile e nonostante l’apparenza fragile.
**** La Cgil monitorizza
salari e stipendi da cinque anni. E sono cinque anni che il sindacato
parla di tagli consistenti. Il 2007 non sfugge alla regola. Anche quest'anno
le buste paga hanno lasciato sul terreno circa 400 euro. Oggi, però, ci si
rende conto che "il mal da profitto" di cui soffre il sistema
Italia, sta intaccando la produttività e quindi la possibilità di produrre
richezza per tutti. Il meccanismo è duplice: da una parte lavoratori e
lavoratrici demotivati da una retribuzione che non cresce si sentono poco
coinvolti nella produzione. Dall'altra, i profitti che invece di essere
reinvestiti nell'innovazione e nella ricerca prendono la strada dell'impiego
finanziario. In Italia la produttività è cresciuta di appena 2,9 punti dal
1998 al 2007 a fronte dei 20 punti del Regno Unito, dei 12,5 della Francia e
degli 8,4 della Germania.(...) Liberazione
****Io sono nato in valle e
le sono legato, con i suoi ‘pregi’ e i suoi difetti, amo la montagna. Ho
lavorato in varie aziende della valle, poi per conto mio ed adesso ho una
attività commerciale. Penso che ci sia molto da fare per crescere, per anni
siamo stati legati alla crescita che c’era intutto il paese, da anni non è più così. Secondome questa valle ha delle potenzialità, come altre valli più rinomate,
sia per il turismo che per altri aspetti. Non ci dobbiamo più guardare
indietro, altrimenti rischiamo di rimanere con un pugno di mosche in
mano.
Non cambierei questo posto con altri.
Qui
ho casa, una famiglia, a meno che ne fossi costretto non cambierei con altre
zone.
Per altri aspetti non ho la preparazione, sono solo un
commerciante…Da un po’ di tempo, e continua anche adesso, non è un buon
periodo …Certo come occupazione la valle sta calando bruscamente,viene meno soprattutto la certezza sul futuro dell’occupazione. Mio
padre ha lavorato 37 anni in SKf e mia madre 35 al Cotonificio. Ho sempre
raccolto le loro impressioni, hanno lavorato una vita e conoscono questo
ambiente, hanno i piedi per terra. Mi hanno sempre detto che c’è un
peggioramento.
Si potrebbero affrontare vari discorsi a partire
dall’istituzione dell’euro…Tutte le aziende, ma soprattutto quelle
aziende medio grandi, guardano al guadagno finale, senza molti scrupoli. I
vertici decidono nel fatto di delocalizzare o chiudere uno stabilimento senza
tanti problemi.
Da quel che mi risulta la manifattura di Legnano qui a
Perosa produce un filato di altissima qualità.
L’OMVP, in vendita da anni, sta perdendo valore,
come va il mercato oggi non ci si può permettere questo. La comunicazione da
parte delle aziende non è trasparente coi dipendenti, si sanno le cose all’
ultimo momento o dopo. Si dovrebbe investire e in questo la regione o il
governo dovrebbero guardare avanti, con un programma di lungo periodo. Mi
sembra che la Germania abbia un piano energetico di cento anni…Mi sembra che
in Italia non vengano più fatti investimenti adeguati per stare al passo.
Noi non dobbiamo mollare. Dobbiamo essere più vivi.
Negli anni scorsi ho partecipato alla manifestazione della Manifattura. Per la
OMVP oggi al centro dell’attenzione, vedo che c’è poca attenzione nei
cittadini. Se veramente questo tipo di società ci porta a separarci l’uno
dall’altro…non ci sono speranze.
In questa valle non abbiamo ‘la forza’ e il numero
di persone per far sentire la voce. Abbiamo visto in val Susa un movimento
vasto che si è fatto valere. Qui in valle, per ora,stiamo a vedere…
Dovrebbe partire da noi, perchè nelle alte sfere
altrimenti non ci sentono– a partire dai comuni locali –che dovrebbero far
trasparire un po’ di interesse per questi problemi. Se dobbiamo cambiare ,
nell’arco di una generazione, possiamo riuscire a impostare una economia
diversa,sul turismo ecc.
Le
situazioni che conosco meglio sono Salza e Massello
e la parrocchia di Trossieri nel comune di Perrero. Il comune di Perrero è
uno dei più estesi come viabilità.La
mia stessa parrocchia di Trossieri ha un percorso lunghissimo, va fino all’Albarea
dalla parte di Combagarino. Cà nostra, tutto il vallone di Faetto, Chiotti e
il piccolo nucleo di Trossieri, con le Sagne.
Devo rimarcare che c’è
un incremento di presenza, questo fa ben sperare. Famiglie giovani –
qualcuna che è ritornata o è venuta per la prima volta, in modo stabile.
E’ significativo, da tutti i punti di vista, che un piccola comunità
registri un incremento di 8-10-15 persone. A maggior ragione sesono famiglie giovani, che magari hanno acquistato o stanno acquistando
e intendono stabilire la loro vita in zona. Questo per quanto riguarda
Trossieri.
Lo
stesso fenomeno si può registrare più a Salza che aMassello.Avviene
che per lo più vedove o persone che prima erano scese per motivi di lavoro,
di studio, di famiglia, sono rientrate e si sono stabilite lassù in montagna.
Con la passione di stare in montagna, di coltivare un campicello, accudire
qualche piccolo animale e anche ristrutturare le case. Questo lavoro sulle
case, con legno e pietra, fa onore alle nostre montagne.
A
Massello i residenti sono una settantina, più o meno come Salza, ma molto
anziani, pochi i nuclei giovanili; inoltre c’è una dispersione molto larga
nelle borgate, che sono 17.Nel
periodo invernale la più parte sono vuote. C’è stata la novità della
Foresteria, questa costruzione molto ardita, su cui non mi pronuncio e dove
sono andato con vari gruppi,anche
per dar lavoro ai gestori.
Per
il futuro come montanaro non devo essere pessimista perché la montagna ha le
sue risorse, e come prete meno ancora, perché predicherei invano: lo devo dire a me stesso e anche agli
altri. Ci sono dei segni leggeri di ripresa, nel gusto della vita sul posto,
con le risorse che abbiamo. E’ chiaro che non sono eclatanti, evidenti o così
immediate.Forse c’è la fatica
‘lunga’di chi crede che
stando in montagna si può vivere e vivere bene, e faticando costruisce questa
prospettiva. E’ comunque una testimonianza. Ci sono famiglie che hanno
scelto di vivere in montagna ancorchè giovani, viaggiando per il lavoro verso
altre realtà, o addirittura cercando lavoro sul posto. Sono degne di
rispetto. Sono varie e significative per questa valle.
Non
mi pronuncio su Prali che conosco di meno. Là si è giocato e si deve giocare
sul turismo, oculato a tutti gli effetti, valido. Anche da noi un po’ di
turismo non è da disdegnare; non so se si po’ vivere sul turismo, per il
momento. Ci sono delle esperienze significative, sia a Salza che a Massello.
La pista di pattinaggio, la pista di fondo, lo skilift a gestione familiare
consortile a Salza - un po’ aleatorie perché dipendono dalle nevicate.
Non
voglio essere pessimista. La montagna ha mantenuto generazioni di persone,
numero elevato di capi di bestiame, estate e inverno. E’ vero: si andava a
sfalciaresopra ai 2000 metri, si
tirava giù il fieno… Fatiche immani, ma vivevano ed erano sereni. Non posso
pensare che la natura non abbia delle risorse per soddisfare le esigenze
dell’uomo, se ci sta volentieri e si adatta a vivere qui lui e la sua
famiglia.
La
viabilità è buona, i servizi essenziali ci sono: telefono, luce, acqua.
Bisogna anche amare la vita con un certo spirito, non dico spartano –
sarebbe troppo – ma francescano.
Io
come montanaro, come prete da 35 anni, vedo la necessità di formare dei
giovani e delle famiglie che – senza spingersi ad amare il sacrificio –
siano pronti al sacrificio e alla lotta. Se vuoi ‘tutto e subito’, non si
può.
Penso
aungiovane formato, temprato alla fatica anche fisica: vuol dire spalare
neve, far legna, vuol dire non avere tutto e subito, vuol dire creare anche
delle forme associative, aiutarsi l’un l’altro ed essere contento di poter
aiutare e di farsi aiutare. Questa è la dimensione dell’uomo che per sua
natura è socievole.
Vedo
con una certa amarezza la situazione dell’attuale Rio Tinto, con
vicissitudini alterne che non conosco a fondo. Un tempo centinaia di minatori
andavano sottoterra e tornavanomadidi
di sudore, sudici masereni e
contenti pur avendo una busta paga minima, oggi tutto questo è quasi sparito.
Non so le cause , non accuso nessuno, ma provo amarezza. Vedevamo i nostri papà
e fratelli che tornavano sereni, Questa serenità vorrei che ritornasse. Perché
lafatica del lavoro mi sta bene,
ma se ha anche la gioia di stare nella famiglia,in questa valle- che ha
il talco, che è il migliore del mondo.
Ricorderò
questo alla festa di S, Barbara ormai imminente: lo spirito di corpo - per cui
il compagno di lavoro aveva una forza, era nel cuore del minatore, forse più
del vincolo di sangue. ‘Lu sociu ‘d travail’ era sacro. Era una forza
psicologica, spirituale che forse si è persa.
Ho
raccolto questo dai minatori che ho conosciuto.
Dunque dopo la comunicazione da parte della Rio
Tinto di avere messo sul mercato la Luzenac, in Val Chisone sono tre
le aziende ufficialmente o quasi in vendita: oltre alla società
mineraria, la Omvp del Gruppo Skf e la Manifattura di Perosa (anche se
in quest'ultimo caso l'operazione non è mai stata resa ufficiale). Da
qui la preoccupazione dei sindacati sulla tenuta del sistema
produttivo in valle e la conseguente richiesta di intervento agli
amministratori locali e non, ufficializzata in un incontro in Comunità
montana avvenuto nelle settimane scorse. Dopo quella sollecitazione i
vertici della Comunità montana Valli Chisone e Germanasca hanno chiesto
ufficialmente un incontro urgente con il vice-presidente della Giunta
regionale Peveraro, per trattare in particolare - si legge su un
comunicato stampa emesso dall'ente - «la
situazione della Omvp di Villar Perosa». La Comunità montana
inoltre chiede il coinvolgimento dei consiglieri regionali, dei
deputati e senatori di zona e dichiara l'intenzione di avanzare una
richiesta di incontro con i ministri Ferrero e Damiano.
Il 12 dicembre ore 16
incontro in
Comunità Montana con la Regione su OMVP, Sachs, Manifattura Legnano.
prima coi sindacati e poi con le aziende .
******Il caso Buriasco
fa riflettere sullo spreco dei terreni agricoli
Discarica no, palazzi e capannoni sì
Si difendono tre ettari, ma dal 2000 il Pinerolese
ne ha cementificati 825
La battaglia degli abitanti di Buriasco per evitare la
collocazione della discarica nel suoi confini ha come perno centrale la
difesa dei terreni agricoli di pregio. «Sarebbe un delitto
compromettere tre ettari di campi fertilissimi» affermano. E su
questa posizione, oltre la Coldiretti, si sono attestati via via i
principali esponenti politici del Pinerolese.
Che bello, verrebbe da pensare, noi pinerolesi ci scopriamo, se
non proprio ecologisti, particolarmente attenti alla tutela del
territorio. Ma subito, guardando le periferie di Pinerolo e degli altri
centri del Pinerolese allungate come lingue di lava su colline e
campagna, dove palazzi, capannoni e villette a schiera hanno per sempre
ricoperto ettari ed ettari di terreni di ogni categoria senza che si
levasse un solo grido di dolore, sorge il dubbio: non è che ci stiamo
prendendo in giro?
Vediamo qualche dato estrapolato dall'Osservatorio trasformazione
del suolo dell'assessorato alla Pianificazione territoriale della
Provincia di Torino. Sono numeri impressionanti. Tra il 2000 e 2006 nei
Comuni del Consorzio Acea sono stati consumati in nuove edificazioni
(senza contare le strade) 825 ettari di terreno, di cui ben 530
appartenti alle classi di pregio (si tenga conto che un ettaro equivale
a quasi due campi di calcio). Mentre per realizzare l'autostrada e
sistemare le Statali se ne sono andati 35 ettari di pregiatissimo suolo.
Se poi andiamo a vedere i singoli Comuni scopriamo (i dati
riguardano terreni anche non pregiati, ma in generale questi ultimi sono
la minoranza) che Pinerolo ha consumato qualcosa come 144 ettari, ma in
proporzione realtà ben più piccole non sono state da meno. Vediamo
qualche esempio dei più spreconi (le cifre sono espresse sempre in
ettari): Volvera 85, Cumiana 80, Cavour 47, Bricherasio 38, Vigone 36,
Bibiana 35, None 32, Cantalupa 24, Piscina 22, la piccola Osasco 17.
Nelle valli il record naturalmente spetta a Pragelato con 17 ettari. E
Buriasco? Vi chiederete… Beh, loro in effetti sono stati tutto sommato
coerenti: nel periodo considerato hanno consumato 9 ettari (la discarica
comunque ne occuperebbe tre).
Si tratta di Comuni dove hanno amministrato, direttamente o
indirettamente, i politici che oggi si ergono a difesa dei terreni
agricoli. Senza nulla togliere alla battaglia di Buriasco, sarebbe il
caso di chiedere loro un po' di coerenza. Basterebbe che i Comuni
adottassero il Piano territoriale di coordinamento (lo stesso a cui si
appellano i buriaschesi) per vincolare i terreni di pregio, ma le
Amministrazioni se ne guardano bene.
Il presidente del Consiglio provinciale Sergio Vallero ha provato
a richiamare tutti alla coerenza, proponendo di approvare in Consiglio
provinciale una mozione in cui si impegnava l'ente «ad esprimere, là
dove è richiesto, parere negativo alla realizzazione di ogni opera, sia
essa di natura pubblica o privata, che comporti l'utilizzo di terreni di
pregio agricolo». Naturalmente non ci è riuscito: «Così si
bloccano i Piani regolatori» gli hanno spiegato dalla sua stessa
maggioranza. Allora ci ha provato con una formula più annacquata, ma
anche quella sta facendo fatica a finire in Consiglio nonostante ci sia
l'avallo della minoranza.
Chiosa Vallero: «Anch'io sono per la difesa dei suoli di
pregio, ma questo deve valere per le opere di interesse pubbliche, ma
ancora di più per le iniziative che riguardano i privati». A buon
intenditor poche parole.
Alberto Maranetto- eco del Chisone - 28.11.07ù
altri servizi su l'Eco del Chisone:
*** Vedi : cinque comuni vogliono uscire dall'Acea e gestire in
proprio acquedotti e fognature. Nuova ipotesi per le strade dell'Assietta.
La funivia Pragelato -Sestriere. Gestione tedesca per il 'Resort',
albergo di Pragelato. - Luca Prot
Inoltre sulla difficoltà a trovare manodopera per il
turismo " Pochissimi dal Pinerolese. «Preferiremmo dare continuità al lavoro, ma
sembra impossibile far salire le persone fin quassù. Vitto e alloggio non
bastano. E nemmeno stipendi a partire da 1.050-1.100 euro netti più tfr»."
- Eco del Chisone 31.1.2007 vedi pdf
****
Alleanza Nazionale ed altre liste della
diaspora fascista hanno avuto in val Chisone più di un migliaio di voti
alle ultime politiche. Naturale che gestiscano questo spazio politico.
Dagli incontri sindacati- amministratori sulla crisi di varie aziende e dagli
scioperi sono venuti segnali...Ma sul tema del futuro della valle
non ci sono stati altri appuntamenti pubblici organizzati da amministratori o
forze politiche presenti sul territorio, diversamente dalla Val Pellice e da
Pinerolo. Pb
In valle
non si starebbe male se ci fosse lavoro pagato meglio.
Oggi per quanto riguarda moltedonne,
fuori della fabbrica, ci si deve accontentare di lavori poco pagati, nei
servizi. Oggi spingono perché ti metti la partita IVA ecc, vogliono poco
personale fisso. Io per lavoro mi sposto in macchina, perché ho un orario
‘a pezzetti’ nei servizi.
Mi piace la
tranquillità che c’è ancora nella valle, si riesce ancora ad avere dei
rapporti. Non mi ha mai interessato lasciare la valle.
Il futuro
non lo vedo roseo, i problemi di sopravvivenza, di pagare l’affitto con
paghe sempre più basse sono comuni a molte zone d’Itala…Le fabbriche
locali davano da viverea tanti e
oggi hanno problemi crescenti. La maggior parte dei lavoratori non lavora in
valle. Chi si deve spostare a lavorare fuori ha dei costi ulteriori…
Continuano
a costruire, fra un po’ non ci sarà più del verde a fondo valle.
Non saprei
dire cosa si possa fare di fronte a questa situazione. Il turismo non può
dare lavoro a tutta la valle. Il turismo deve essere adatto, non caro, forse a
livello famigliare, come in altre regioni, magari solo per il fine settimana.
La mia
esperienza di lavoro in fabbrica mi ha fatto capire che nonostante la
resistenza dei lavoratori, quando un padrone vuole andarsene non riesci a
fermarlo. Oggi mi sembra che sia tardi: bisognava cominciare tanti anni fa a
pensarci. Ad esempio non dare finanziamenti alle aziende senza impegni per
l’occupazione ecc. Anche la ricerca deve essere finanziata ma legata alla
presenza sul territorio, altrimenti le aziende prendono i soldi e poi fanno
quello che vogliono.
Bisognava
fare questa azione preventiva tutti assieme , ora siamo nel pieno della
globalizzazione,sta crescendo
l’immigrazione. Si dice che gli italiani non voglionopiù fare certi lavori: a me sembra che dopo anni di battaglie
sindacali e di miglioramenti salariali e di diritti, sia comprensibile
che molti si rifiutino di accettare lavori con paghe sempre più basse.
E’ meglio
stare a casa a riposarsi che lavorare per due euro e mezza l’ora.
Io
spero solo che mi mandino in pensione, sto pagando i contributi volontari.
IL 12
DICEMBRE è fissato l'incontro presso la Comunità Montana con il Vice
Presidente della Regione Piemonte per fare il punto sulle situazioni di crisi
in Valle.
Il dopo
olimpiadi non ha lasciato, come molti ci avevano detto, elementi concreti di
sviluppo nelle nostre Valli Chisone e Germanasca.
Si
ripropone oggi più che mai un intervento per arginare le situazioni di crisi
presenti nell'industria “manifatturiera”, fonte di lavoro, di reddito per
le famiglie e per i giovani. Non è solo un problema di reddito, ma con il
ridimensionarsi delle fabbriche, si riduce una presenza operaia che è ha
fatto la storia non solo sindacale del nostro territorio. Oggi sono proprio le
categorie che in passato hanno fatto grandi e significative lotte come i
minatori, i tessili, i metalmeccanici a rischiare un pesante ridimensionamento
produttivo, dunque economico e anche sociale. Le lotte che in passato
coinvolsero l'insieme della valle sembrano lontane, così come la solidarietà
tra i lavoratori, sembra oggi lasciare spazio ai problemi individuali, al
massimo della propria famiglia o parentela.
Per
tutti questi motivi saremo presenti il 12 e pensiamo che la buona riuscita
dello sciopero del 9 novembre alla OMVP che ha riunificato gli operai nella
difesa del lavoro, possa essere allargato a tutta la Valle, anche perchè
senza iniziative e lotte non solo non si difendono lavoro e diritti, ma si da
anche spazio alla destra, cosa mai successa nella nostra Valle.
***** e-mail
> Ancora un video per documentare.
> Durante il convegno "Vediamoci Chiaro" tenutosi a Torino
> sabato 1 dicembre il Presidente dell'Osservatorio e Commissario
> straordinario per la Torino Lyon, Architetto Mario Virano dichiara
che
> la linea ferroviaria Torino-Modane esistente ha una capacità
tripla
> rispetto l'utilizzo attuale e sottopone a forte critica Transpadana
che
> da anni promuove il Tunnel di Base e una nuova linea veloce in
Valle
> di Susa. Virano inoltre definisce "fesseria" il vecchio
progetto RFI ed
> ammette che servono le politiche dei trasporti e la soluzione
tecnica
> del nodo di Torino.
> Tutte cose che noi dicevamo da anni.
> E adesso? Si continua con la farsa dei sondaggi?
> Si va avanti con "nuovi progetti" all'infinito?
> QUESTO E' IL MOMENTO DI FERMARE TUTTO.
> SE LA TORINO-LYON ESISTE GIA' SI UTILIZZINO LE RISORSE DELLA UE PER
> MIGLIORARE L'ESISTENTE. LA COMMEDIA E' DAVVERO FINITA!
>
> Vedetevi il video e diffondete questo messaggio
> http://www.youtube.com/watch?v=TtgamOTs4mk
Ancora una volta
ricordiamoci che gli “omicidi” in fabbrica non avvengono per caso ma
solo perchè si vuole risparmiare sulla sicurezza e pensare solo ai
profitti degli azionisti.
Nei luoghi di lavoro
dove in passato ci sono stati morti e infortuni sul lavoro e si è
lavorato seriamente, è dimostrato che si può fare qualcosa per tutelare
la vita dei lavoratori e la loro salute.
Quello che per noi è
la normalità deve esserlo per tutti i lavoratori.
PER
QUESTO DICHIARIAMO PER LUNEDI' 10 DICEMBRE 2007
SCIOPERO
GENERALE DI 8 ORE
PER
TUTTI I TURNI E PER TUTTI I REPARTI
MANIFESTAZIONE A
TORINO. CI TROVIAMO ALLA STAZIONE FF.SS DI PINEROLO ALLE ORE 7,30 LUNEDI
10 DICEMBRE
Facciamo in modo che
alla sera tutti possano tornare vivi a casa dalle loro famiglie.
**** Una repressione
strisciante, silenziosa, colpisce gli operai. La massa dei NO dalle grandi
fabbriche al protocollo sul welfare ha impressionato i padroni.
I salari da fame
diventano sempre più insopportabili.
Gli operai morti sul
lavoro sono all’ordine del giorno.
Si aspettano una reazione
operaia e cercano in tutti i modi di prevenirla. A cominciare dalle fabbriche
FIAT. A Melfi hanno fatto la grande prova. Quattro operai sono stati
licenziati, uno è un delegato sindacale.
Il sistema è stato
semplice: la magistratura iscrive, per qualche ragione, nel registro degli
indagati gli operai che danno più fastidio, il padrone li licenzia sostenendo
che con il procedimento in corso "è venuto meno il rapporto
fiduciario…" Esattamente così è successo a Melfi, due dei licenziati
sono stati perquisiti senza nessun risultato nell’ambito di un’inchiesta
su "associazione sovversiva con finalità terroristiche". Il quarto,
il delegato, è stato licenziato a causa di una querela di un capo nominato in
un volantino per la sua prepotenza sugli operai. La direzione prima li ha
sospesi e poi licenziati, non ha avuto bisogno di prove di colpevolezza, di
sentenze, di niente.
Con un tale sistema, i
padroni possono ripulire le fabbriche dagli operai ribelli nel pieno silenzio
stampa e con il tacito consenso dei gruppi dirigenti dei "grandi"
sindacati nazionali.
Uno strato di operai ribelli si è formato nelle fabbriche più
importanti dell'industria, ha manifestato la sua presenza guidando tutti gli
operai al netto rifiuto dell’accordo di CGIL CISL e UIL. (...)
Tocca
a tutti pensare, non solo alla valle , ma ai problemi di oggi, cercare di
cavalcare questi tempi moderni, questi cambiamenti che sono in atto rispetto
al passato. Io ho cinquant’anni: solo vent’anni fa la situazione era
ancora tutt’altra.
La
situazione attuale è sotto gli occhi di tutti. E’ una transizione.Posso partire da quando andavo a scuola a Pomaretto, c’erano due
pulman che salivano con i minatori verso le miniere. Adesso poche auto e il
pulman vuoto che va e viene . A Perosa c’erano due attività importanti, la
fabbriche tessili: un mondo in declino. Io ho lavorato 8 anni in Manifattura,
sono uscito nell’88. Iniziavano dei problemi, oggi di nuovo: si può dire
che questa situazione di declino va avanti dagli anni Sessanta.
Io
sono un agente immobiliare, dal 1994 a Perosa.
Perosa
soffre moltissimo negli ultimi tempi sui residenti: pochi giovani – che
stanno scendendo in pianura legati al lavoro. vanno magari a Pinerolo. Perosa
ha una carta forte da giocare, forse l’unica che ci rimane, legata alla
nuova viabilità portata dalle Olimpiadi invernali. Molti che hanno acquistata
una casa venendo dalla pianura, hanno scelto i dintorni diPerosa perché ci mettono 35 minuti a venire qui. Perosa è un posto
che piace, alla confluenza di due vallate, tranquilla.
Purtroppo
il tessuto urbanistico di Perosa non ha potuto svilupparsi come in altri
posti, vedi ad esempio Pinasca. Ci sono problemi di eccessiva densità, ma
dovrebbero pensarci i piani regolatori. Purtroppo ci vogliono dieci anni per
decidere una semplice variante. Pinasca ha avuto uno sviluppo, ha una
popolazione di classi elementari in crescita. Perosa invece ha avuto un
depauperamento, perché non ci sono zone per nuova edilizia.
Ristrutturare
l’esistente è un dramma: dovrebbe avere delle caratteristiche di un certo
tipo. Un’ impresa che ristruttura dovrebbe avere la possibilità di togliere
tutto il vecchio fabbricato e rifarlo con le caratteristicheesterne precedenti. Altrimenti i costi sarebbero maggiori :
tenere in piedi una struttura, intervenire con iniezioni di consolidamento su
un impianto vecchio. Sono pochissimi i fabbricati vecchi che possono avere
un’unica proprietà che decide di vendere per una ristrutturazione.
Il
vecchio è sovente plurifrazionato, ci sono molti proprietari e non tutti
abitanoin valleeddifficile metterli
d’accordo. Così si ristruttura un alloggio e gli altri restano com’erano.
Inoltre oggi si chiede il riscaldamento autonomo.
A
Perosa ci sono molti alloggi sfitti.Negli
anni Sessanta sono stati costruiti tre grossi condomini : l’Argentina,
l’Europa e il Terminal. Poi, per l’effetto del fallimento dell’impresa a
Perosa, c’era stato un blocco edilizio. Questi appartamenti di condominio ,
senza riscaldamento autonomo, senza caratteristiche che tengano conto dei
cambiamenti della struttura familiare: sono poco richiesti. Oggi si chiedono
alloggi più piccoli, con riscaldamento autonomo. Ci sono molti alloggi in
offerta, non solo a Perosa, per effetto della frenata del mercato immobiliare
( effetto mutui). L’offerta di alloggi tiene conto anche dell’andamento
demografico. Le persone anziane vengono a mancare, non c’è molto ricambio,
scarsa la discesa dalle valli, non c’è una grossa risalita dalla pianura…
Che
cosa si può fare?
Se
noi andiamo a risalire la val Pellice ,che ha comunque difficoltà simili,
vediamo che dall’innesto post-tangenziale a Luserna compresa c’è tutta
una serie di capannoni.
Non
grandi industrie ma piccole localizzazioni: abbiamo una ventina di capannoni
che riescono a impiegare penso un centinaio di persone in lavorazioni varie.
In
val Chisone questa realtà non c’è. In parte per la tipologia del
territorio che non può prevedere più di tanto insediamenti di questo tipo,
tolto Villar e Pinasca.
Questo
è stato molto penalizzante.
Oggi
si dice bisogna andare sui servizi…ma quali? Il turismo che si diceva fosse
un’occasione da cogliere con le Olimpiadi, per quello che ha potuto essere
per l’alta valle e la val Susa è stato colto. Di meno a Prali.
Nella
media valle non ci sono grandi occasioni per il turismo.
Forse
abbiamo qualcosa di interessante: il forte di Fenestrelle. Stranamente non
c’è un interessamento adeguato né dai politici locali né dalla Comunità
Montana, eppure ha delle grosse potenzialità. Questa costruzione se fosse in
Francia avrebbe un posteggio da trenta pullman e un indotto di un centinaio di
persone. Non abbiamo una grossa tradizione nella valorizzazione turistica.
Le
fabbriche che sono in crisi penso siano destinate ad andarsene. Un cliente di
Rivoli con una piccola azienda è andato ad esplorare una zona della Maurienne,
con una facilità estrema , in due incontri ha concluso. Mentre a Rivoli ha
speso un anno a vuoto con la burocrazia, in Francia si è trovato col sindaco,
e dai tecnici comunali, con su un tavolo tutte le offerte che il comune faceva
per nuovi insediamenti, su cui si poteva decidere seduta stante. Dopo un anno
e mezzo di attività aveva già una trentina di dipendenti. Aveva avuto
agevolazioni sul prezzo dell’energia, contributi per abbassare le tasse:
ponti d’oro, come a tutti quelli che andavano lì.
***** Adesso
il lavoro in valle nell’edilizia va abbastanza bene, Il lavoro è buono,
ci si sposta poco. Certo la situazione delle fabbriche è un po’ triste.
Il
turismo in valle è poco valorizzato. Anche a Prali, mi sembrano un po’
chiusi. Le seconde case sono in proprietà, ci vanno in pochi. A Prali c’è
poi i problema della segheria, dopo la morte del proprietario. I miei coetanei
non parlano tanto dei problemi della valle; conosco molti che lavorano fuori.
Il
futuro? Spero che il mio lavoro nell’edilizia continui. Poi se si dovrò
andare fuori, per uno che ha un mestiere non dovrebbe essere un problema,
certo un disagio se ha famiglia.
Le
fabbriche perdono addetti ma non penso che ci siano problemi immediati,
dipende dal settore. Penso che la SKF sela caverà. Non ci metto la mano sul fuoco. Le aziende in vendita :
certo non si sanno le intenzioni degli eventuali compratori.
Una volta negli anni
Sessanta la RIV era un posto ambito, un lavoro interessante e ben retribuito.
Mio fratello lavora alla SKF a Villar.
Puntare
sul turismo: è una possibilità da sfruttare. sarebbe bene ristrutturare le
borgate ma bisogna sentire i proprietari della case. Purtroppo chi ha una casa
piuttosto la tiene chiusa sei mesi, cerca di affittarla tutto l’anno o
venderla e non di far girare molti ‘turisti’.
Il
futuro della valle dipende dalla decisione della gente del posto, che conosce
la valle, non da esterni. Pochi però si interessano all’amministrazione. Io
per primo. Non leggo molto i giornali. Chi si prova a dire qualcosa viene
subito catalogato, si dice che si interessa per motivi personali. Le
amministrazioni comunali? Fanno cose strane, vedi a Perosa ‘Poggio Oddone’,
oppure le telecamere per l’ordine pubblico…
In valle si vive per adesso abbastanza degnamente.
Si vive però sfruttando, per una buona parte di giovani, le ricchezze
modeste, quel po’ di surplus che hanno accumulato gli anziani lavorando
duramente.
Io
sono figlio di un minatore chenella
sua vita abbastanza lunga – adesso ha 79 anni – è riuscito a fare in modo
che i suoi cinque figli avessero una casa, ha dato una mano a tutti ad
aggiustarla. Mia madre ha sempre fatto la casalinga;comunque senza mai vedere il mare e prendersi una giornata di riposo
sono riusciti a fare questo.
I
giovani sembrava che avrebbero avuto un futuro migliore, in un certo senso
l’hanno avuto, dal punto di vista materiale. Ma sono stati penalizzati dal
sistema , a differenza da altre regioni che hanno tutelato la montagna, la
Regione Piemonte che non ha fatto nulla. Se ci fosse stato un qualche piccolo
contributo, molti giovani sarebbero rimasti, avrebbero curato la manutenzione
della montagna. Non c’è più un viottolo, una strada, non c’è più
niente di quello che è stato fatto di nostri vecchi che funzioni. Ci sono
rovi dappertutto. Ci sono prati e campi abbandonati che hanno mantenuto
generazioni – vuol dire che qualcosa rendevano.
Cosa
si può fare? Per dare una mano a questa vallebisognerebbe innanzitutto rilanciare l’economia montana, lo sfruttamento
del legname, delle risorse, magari delle piccole centraline per le borgate.
Bisognerebbe fare delle strade, facendo sì che chi ha ancora voglia di
lavorare in montagna abbia un piccolo reddito garantito e poi possa essere
agevolato nei trasporti in montagna.
Incentivare
non il turismo ma le piccole economie locali. Le razze di animali da
allevamento , piccoli e grandi si potrebbero rilanciare, puntando sul
biologico. Oggi c’è chi lo fa , riesce a mettersi qualcosa da parte, ma lo
fa come secondo lavoro, dopo la fabbrica, magari dopo magari due ore di
viaggio. E’ una cosa massacrante, ormai non si ha più la tempra di una
volta.
Chi
lo deve fare: la politica, lo possono fare i rappresentanti della Regione, le
persone che a parole hanno cura della vallata.
Ma
questi, al di là di un impianto di risalita, di sfruttare ciò che è già
supersfruttato, purtroppo non sanno fare altro.
Quindi
penso a piccoli aiuti mirati, dati alla popolazione, non a grandi strutture.
Il
lavoro delle Olimpiadi è servito a zero, è rimasta solo la strada nuova.Per il resto passatala
festa gabbato lo santo.Alla
popolazione a chi viveva con le sue poche mucche non è venuto niente. Se si
fosse deciso di dare almeno 400 euro al mese, ci sarebbero abitanti che
tornerebbero avendo almeno il pane sicuro, farebbero rifiorire la montagna,
progetterebbero unnuovo sviluppo, finirebbe l’abbandono, ci sarebbe il
radicamento di nuove realtà.
I
politici della Regione potrebbero dare finanziamenti, piccoli, piccole
certezze per
le
persone che abitano la montagna. perché non basta dire la montagna è brutta
ed abbandonata e poi buttare miliardi nelle città per opere che non servono a
nessuno.
La
parte industriale è quella che sta facendo più acqua. E’ quella che ha
fatto si che la popolazione della valle avesse una forma mentale legata a
lavoro industriale: il problema è che pezzo dopo pezzo si riduce. La miniera
è ridotta a pochi addetti, stranieri, il cotonificio sta facendo una misera
fine, il setificio è già chiuso da tempo, la SKF a Villar non va bene.
Invece
di dare soldi che vanno direttamente nelle tasche degli azionisti, chi
gestisce il potere dovrebbe dare soldi finalizzandoli al mantenimento
dell’occupazione della zona. Non basta la decontribuzione dei salari , sono
soldi che vengono intascati senza fare niente per l’economia locale. Vengano
inveceinvestimenti per
l’energia pulita, per le ricerche tecnologiche, per l’innovazione dei
prodotti, ma legati all’occupazione del territorio.
Siamo preoccupati,
perdiamo sempre posti di lavoro, fra qualche anno la valle sarà spopolata.
E’ difficile vedere delle
prospettive. L’imprenditoria non sembra avere grandi interessi in zona,
vuole realizzare dei soldi e vendere e mandare tutti a casa. Dovrebbe
intervenire lo Stato facendo in modo che questi diano un resoconto dell’uso
dei finanziamenti. Poi c’è uno scarso impegno del sindacato , una volta il
sindacato stava dava dalla parte dei lavoratori, oggi ci sono tante parole dei
vertici e i lavoratori devono stare zitti e produrre.
Io non so molto sulla globalizzazione,
penso che ci possa ancora essere spazio da noi ma bisogna che chi ha i
capitali abbia voglia di restare. Sembra che dopo aver preso tutto il
possibile facciano fagotto. Sull’OMVP sento dire che molto lavoro si fa
fuori e tanti girano a vuoto. Sulla Manifattura si trascina la vendita, non si
ha informazione.
Mio figlio lavora in valle , ma non sa
quale sarà il suo futuro… Bisognerà fare la valigia e andare a lavorare
per l’Europa, se tiene l’economia in altri paesi. Una volta dal Sud si
veniva qui, adesso tocca a noi emigrare.
Molti pensano che toccherà ai giovani
affrontare questi problemi,ma bisognerebbe dare delle direttive. Vedere cosa
si può proporre al di là del lavoro di fabbrica. Questa vallata se si
organizza, anche sul turismo, potrebbe pian piano avere dei risultati. Perché
non valorizzare i boschi?
Adesso abbiamo i rumeni
nell’edilizia, anche in valle. Lavorano sotto costo e cadono sovente dalle
impalcature. Ma tutti questi morti quotidiani, italiani e stranieri, non sono
‘eroi’ come quelli di Nassyria, sono solo caduti su lavoro.
Vedi
i morti della Thyssen: non si ha più difese per rifiutarsi lavori pericolosi,
si è ricattati dai lavori a termine, dalla necessità di mangiare ecc. ( Un
pensionato metalmeccanco di Villar)
CLEMENT
(PRC):
PREOCCUPAZIONE PER INDUSTRIE IN VAL CHISONE,
POSITIVO L’IMPEGNO DELLA REGIONE
Mercoledì 12 dicembre si è svolto presso la
Comunità Montana Valli Chisone e Germanasca un incontro per analizzare le
criticità di alcune industrie della Val Chsione. Presenti il Presidente
della Comunità Montana Andrea Coucourde, l’Assessore al Lavoro Viller
Manfredini, il Vice Presidente della Regione con delega all’Industria
Paolo Peveraro, il Presidente della Commissione Lavoro del Consiglio
Regionale Juri Bossuto, il Capogruppo regionale del Prc Gian Piero Clement,
i vertici di Skf-Omvp, Luzenac, Sachs, le organizzazioni sindacali
metalmeccaniche (Fim, Fiom, Uilm), Fismic, Alp e altri sindacati di
categorie in rappresentanza di Cigl, Cisl e Uil.
Manifattura di Perosa: inspiegabilmente
assente la dirigenza dell’azienda. Le incertezze derivano dalle intenzioni
della proprietà (il gruppo Roncoroni), orientata a vendere. Ci sono due
possibili acquirenti: la Newcocot di Cologno Monzese e la famiglia
bergamasca Felli, proprietaria in passato del marchio Lovable. Il futuro
sembra comunque garantito per almeno 200-220 dipendenti (quasi tutti) in
quanto la Manifattura produce in esclusiva i filati per la Lacoste ed altre
importanti camicerie europee.
SKF/OMVP: gli elementi di criticità
riguardano i volumi produttivi (l’azienda prevede un calo per il 2008 di
circa il 10%). Giampaolo Desderi delle Relazioni Esterne ha confermato
la volontà dell’azienda di vendere la Omvp e tale notizia troverà
conferma o meno entro il mese di marzo. In alternativa l’azienda prevede
di attuare un piano industriale con riduzione dei costi (taglio del
personale?)
Luzenac: la multinazionale inglese Rio
Tinto ha confermato la volontà di vendere il ramo d’azienda del talco.
Sono coinvolti 80 dipendenti.
Sachs: la proprietà ha annunciato 40
esuberi sui circa 200 dipendenti. L’azienda ha comunque buone prospettive
essendo riuscita ad attuare intelligenti politiche di diversificazione del
prodotto, producendo molti più ammortizzatori per moto (settore di nicchia)
che per le auto.
Martin: sembra che la scelta
dell’azienda sia sempre più indirizzata verso la commercializzazione di
sfere di provenienza cinese o comunque “orientali” e continua a non fare
investimenti dal punto di vista produttivo.
Karmak: occupa 190 dipendenti, è
presente come azienda di servizi in tutti gli stabilimenti Skf del nostro
territorio; i lavoratori sono molto preoccupati quindi del futuro della Omvp
e vivono anche forti condizioni di disagio soprattutto dal punto di vista
salariale
“L’incontro – commenta Gian Piero
Clement – è stato utile per avere una fotografia precisa della situazione
dell’industria in Val Chisone che, ricordiamocelo sempre, rappresenta la
vocazione principale del territorio, il primo settore occupazionale ed è la
garanzia dell’attuale livello economico per le classi più deboli ”.
“La situazione generale – continua Clement
- presenta delle grandi incertezze che devono essere al più presto
chiarite. In tal senso ritengo positivo l’impegno della Regione che si è
data disponibile a convocare in tempi strettissimi, prima della fine
dell’anno, la proprietà della Manifattura per analizzare la situazione e,
in caso di vendita avvenuta, per verificare con il nuovo acquirente il piano
industriale”.
“Nel mese di gennaio – conclude Clement
- verrà inoltre attivato un tavolo di confronto con la Skf-Omvp. I
lavoratori hanno posto con forza, con lo sciopero del 9 novembre,
l’esigenza di avere certezze sul futuro produttivo ed occupazionale del
loro stabilimento. Questo potrà avvenire solo se partirà immediatamente un
piano industriale con forti investimenti per rilanciare e qualificare i
livelli produttivi, sia nel caso lo stabilimento venga venduto sia rimanga
nel gruppo Skf. Inoltre la Regione valuterà le proposte di Skf rispetto ai
Piani Territoriali Integrati: eventuali finanziamenti pubblici (centrale
elettrica e nuova pressa verticale) potranno essere concessi solo se vengono
garantiti livelli occupazionali su quel sito produttivo”.
Torino, 14 Dicembre 2006
Mercoledì
12 ore 16 incontri in Comunità Montana a Perosa con aziende e
sindacati sulla crisi delle fabbriche - spezzone
audio-mp3
Siamo andati anche noi a Torino per rispetto ai morti e
alle loro famiglie.
Abbiamo ritrovato una Torino operaia disorientata,
arrabbiata ma una Torino operaia sconfitta. La città non si è vista, non
si è fatta sentire, non era vicino agli operai, qualche pensionato
disorientato. La città olimpica non vuole più saperne degli operai gli
ricordano un passato da dimenticare.
Ne parleranno ancora per qualche giorno i giornali e
tv, si faranno delle collette, quelle si perchè lavano la coscienza, poi
tutto torneràal silenzio.
Non abbiamo sentito un minimo di autocritica da parte
del sindacato. Non sono solo gli estintori o il telefono che non funzionano.
Le cause arrivano da quando il sindacato, come la sinistra, ha giorno per
giorno accettato la filosofia dominante che il centro è il mercato,la competizione esasperata, le privatizzazioni, il futuro in mano
alla finanza come le pensioni integrative.
A questa logica si è sacrificato tutto e le imprese
hanno fatto ottimi risultati ma hanno trascurato i soggetti che producono la
ricchezza. I loro salari sono da fame, la precarietà è la norma, e in
particolare si sono trascurati gli interventi per tutelare la vita e la
salute dei produttori di ricchezza, con il ricatto che la fabbrica avrebbe
preso la strada dell'Est, della Cina, dove appunto i problemi della
sicurezza sono marginali.
Ha ragione il Ministro
Ferrero quando dice che le leggi ci sono, ma bisogna avere il coraggio
umano, sindacale e politico per farle rispettare. Ma questo coraggio lo
abbiamo messo da parte in questi anni riconosciamolo.
Il modo migliore per
rispettare questi morti è di impedirne altri. A partire da noi, dal
nostro impegno sindacale. Siamo un paese dove i salari sono in fondo alla
classifica mentre per le morti e infortuni siamo tra i primi.
COUCOURDE Andrea Presidente
BALZANI Laura Vicepresidente, Assessore
BOUNOUS Clara Assessore
BOURLOT Marco Assessore
MANFREDINI Viller Assessore
PERA Sergio Assessore
LAZZARINI Bruno Assessore
GRILL Franco Assessore
TRON Renzo Assessore
DELEGHE
COUCOURDE Andrea
Funzioni istituzionali, Ufficio Stampa, Comunicazione, Politiche
internazionali e comunitarie, Piano di sviluppo, Personale e legale, Servizi
Associati, Rappresentanza;
BALZANI Laura
Cultura, Istruzione e politiche giovanili
BOURLOT Marco
Turismo
BOUNOUS Clara
Servizi e politiche sociali e sanitarie, Volontariato sociale
***Il
livello economico della maggioranza della popolazione della valle si sta
notevolmente abbassando, con una diretta conseguenza della qualità della
vita. Questo è dovuto prevalentemente alla continua perdita di posti di
lavoro: miniera ormai residuale, Manifattura forse molto ridimensionata,
sganciamento della OMVP- SKF , per fortuna che la Sachs tiene e la Data
continua ad essere in buona salute. In questa situazione il posto pubblico (
scuole, ospedali,comuni, comunità. montane) comincia ad avere un peso
preponderante: però questa occupazione è legata ai servizi e se cala la
popolazione anche questi servizi verranno ridimensionati.
Quale futuro? La valle complessivamente con il numero attuale di
abitanti senza una forte presenza industriale fino a Perosa non ha futuro.Il turismo post olimpico non ha funzionato e non funziona.
Nell’immaginario dei potenziali turisti continua ad esserci solo lo sport
invernale legato a Sestriere. In media e bassa valle il turismo è
inesistente. Eppure in questo settore è stato investito molto-o sprecato?
Cosa
si può fare? Prendendo spunto da uno slogan ‘la decrescita felice’
bisognerà programmare interventi sul territorio con bassi investimenti ed
alto numero di addetti.
A chi tocca farlo? E’ fin troppo facile individuare le responsabilità
amministrative di comuni , comunità montane e livelli superiori. Però
comincia ad essere preoccupante anche nella nostra vallela mentalità che nell’investimento pubblico sul territorio
non è importante l’INTERVENTO, A COSA SERVE e CHE PROBLEMIAFFRONTA , ma :‘ intanto ci sono i soldi, spendiamoli noi
altrimenti li spendono altri.’
Impegno di Peveraro dopo l'incontro in Comunità
montana Omvp-Skf e Manifattura sull'agenda del
vice-presidente della Regione
Luci ed ombre, e forse non poteva essere diversamente, caratterizzano
il risultato dell'incontro dello scorso 12 dicembre sulla situazione di
alcune industrie della Val Chisone. Alla riunione svoltasi nella sede
della Comunità montana Valli Chisone e Germanasca erano presenti
amministratori della valle (tra cui il presidente della Comunità
montana Andrea Coucourde e l’assessore al Lavoro Viller Manfredini),
il vice-presidente della Regione con delega all’Industria Paolo
Peveraro, il presidente della Commissione Lavoro del Consiglio regionale
Juri Bossuto, il capogruppo regionale del Prc Gian Piero Clement, i
vertici di Skf-Omvp, Luzenac, Sachs, le organizzazioni sindacali
metalmeccaniche (Fim, Fiom, Uilm), Fismic, Alp e altri sindacati di
categoria in rappresentanza di Cgil, Cisl e Uil.
Sotto la lente d'ingrandimento c'erano le criticità di alcune
aziende a cui da tempo si guarda con preoccupazione per i motivi che
ormai tutti sappiamo. Ci riferiamo alla Manifattura e alla Martin di
Perosa, Omvp (Skf) e Sachs di Villar Perosa, Luzenac e l'impresa di
servizi Karmac.
I motivi di preoccupazione sono stati confermati senza che dai
responsabili delle aziende siano state comunicate sostanziali novità.
Non era presente, tra l'altro, alcun rappresentante della proprietà
della Manifattura di Perosa. Nessun chiarimento, dunque, è arrivato
sullo stato delle trattative per la vendita della Manifattura di Legnano
(e quindi di Perosa). Da fonti sindacali è stata confermata l'esiste
nza
di due possibili acquirenti: la Newcocot di Cologno Monzese e la Felli
di Bergamo. L'assenza (non giustificata della proprietà) è stata
interpretata dai presenti come un segnale negativo. Il timore è che non
si vogliano dare garanzie sulla volontà dei futuri proprietari di
confermare il Piano industriale concordato di recente. Per questo motivo
il vice-presidente della Regione Paolo Peveraro ha messo al primo posto
sul suo taccuino degli appuntamenti l'incontro con la proprietà,
incontro che nelle intenzioni si dovrebbe tenere prima della fine
dell'anno.
Un altro impegno che si sono assunti i rappresentanti della Regione
è quello di attivare un tavolo di confronto con la Skf-Omvp per il
rilancio dello stabilimento di Villar Perosa, sia nel caso rimanga in
capo all'attuale proprietà, sia nel caso avvenga l'annunciata vendita.
A questo proposito Giampaolo Desideri delle Relazioni esterne Skf,
presente all'incontro, ha confermato che entro il mese di marzo verrà
presa una decisione in merito. Se la vendita non si sarà concretizzata
(intanto si parla dell'interessamento di un'azienda di Avigliana), la
Skf intende porre in atto un Piano industriale con riduzione dei costi.
Occorrerà capire su quali leve intendono agire. Su Sach, Martin e
Luzenac niente di nuovo. La Rio Tinto ha comunque confermato la messa in
vendita del settore Talco, precisando (anche con una lettera inviata al
nostro giornale dall'amministratore delegato D'Orazio) che «non è
stata presa alcuna decisione definitiva in merito» e assicurando
che «indipendentemente dal suo proprietario, la nostra attività del
talco ha un brillante futuro».
A conclusione il commento del consigliere regionale Gian Piero
Clement: «La situazione generale presenta grandi incertezze che
devono essere al più presto chiarite - afferma -. Ritengo in
quest'ambito positivi gli impegni presi dalla Regione di incontrare i
responsabili di Omvp e Manifattura».